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Computabilità delle maggiorazioni dovute per il lavoro straordinario ai fini del Trattamento di Fine Rapporto

Occorre distinguere in base alle modalità con le quali sono state rese le prestazioni di lavoro straordinario.

Infatti, se le prestazioni di lavoro straordinario sono rese solo in modo saltuario, le maggiorazioni corrisposte al lavoratore per le predette prestazioni non potranno concorrere al calcolo del Tfr.

D’altro canto, se lo straordinario è svolto e retribuito in modo fisso e continuativo, il compenso previsto per il predetto potrà essere assimilato ad un elemento aggiuntivo della retribuzione e, quindi, concorrerà alla determinazione del Tfr, salvo diversa disciplina da parte del contratto collettivo di settore applicabile (Cass., 17 maggio 2006, n.11536).

Cosa deve provare il lavoratore?

La Corte di Cassazione, nella sentenza 14 agosto 2004, n. 15889, pone a carico del lavoratore l’onere di provare il carattere continuativo della prestazione di lavoro straordinario.

Cosa s’intende per continuità?

L’affermazione della continuità dei lavoro straordinario reso per un certo tempo, mentre non può fondarsi sull’accertamento di una semplice reiterazione delle prestazioni eccedenti l’orario normale, trova invece giustificazione allorchè il carattere costante e sistematico di queste ultime venga individuato nella duplice condizione di una verificata regolarità o frequenza o periodicità della prestazione e di una ragionata esclusione dei caratteri di occasíonalità, transitoríetà o saltuarietà; in particolare, si è aggiunto, occorre misurare la riconoscibilità di regolarità, frequenza o anche mera periodicità di una prestazione eccedente l’orario ordinario con riguardo al suo ripetersi con costanza ed uniformità “per un apprezzabile periodo di tempo”, così da divenire abituale nel quadro dell’organizzazione del lavoro (Cass. n. 20278 del 2004).

Inoltre, la Suprema Corte ha più volte affermato che la continuità dello straordinario ai fini della sua computabilità ai fini dell’indennità di anzianità, se pure ammette una certa oscillazione quantitativa e distributiva nella effettuazione delle prestazioni e prescinde dalle ragioni che ne giustíficano lo svolgimento, richiede comunque la ricorrenza delle ore eccedenti (anche in quantità diverse) in ciascuno dei periodi di paga considerati, o almeno in quasi tutti, sì da potersi escludere la configurazione di tali prestazioni come saltuarie, occasionali o transitorie.

Cosa deve provare il datore di lavoro?

Specifica sempre la Suprema Corte che, una volta che il lavoratore abbia fornito la suddetta prova attraverso il deposito delle buste paga, sarà onere del datore di lavoro provare che non vi è corrispondenza fra le somme riportate in busta e la prestazione di lavoro straordinaria prestata in via continuativa (Cass., 14 agosto 2004, n. 15889).

Occorre distinguere in base alle modalità con le quali sono state rese le prestazioni di lavoro straordinario.

Infatti, se le prestazioni di lavoro straordinario sono rese solo in modo saltuario, le maggiorazioni corrisposte al lavoratore per le predette prestazioni non potranno concorrere al calcolo del Tfr.

D’altro canto, se lo straordinario è svolto e retribuito in modo fisso e continuativo, il compenso previsto per il predetto potrà essere assimilato ad un elemento aggiuntivo della retribuzione e, quindi, concorrerà alla determinazione del Tfr, salvo diversa disciplina da parte del contratto collettivo di settore applicabile (Cass., 17 maggio 2006, n.11536).

Cosa deve provare il lavoratore?

La Corte di Cassazione, nella sentenza 14 agosto 2004, n. 15889, pone a carico del lavoratore l’onere di provare il carattere continuativo della prestazione di lavoro straordinario.

Cosa s’intende per continuità?

L’affermazione della continuità dei lavoro straordinario reso per un certo tempo, mentre non può fondarsi sull’accertamento di una semplice reiterazione delle prestazioni eccedenti l’orario normale, trova invece giustificazione allorchè il carattere costante e sistematico di queste ultime venga individuato nella duplice condizione di una verificata regolarità o frequenza o periodicità della prestazione e di una ragionata esclusione dei caratteri di occasíonalità, transitoríetà o saltuarietà; in particolare, si è aggiunto, occorre misurare la riconoscibilità di regolarità, frequenza o anche mera periodicità di una prestazione eccedente l’orario ordinario con riguardo al suo ripetersi con costanza ed uniformità “per un apprezzabile periodo di tempo”, così da divenire abituale nel quadro dell’organizzazione del lavoro (Cass. n. 20278 del 2004).

Inoltre, la Suprema Corte ha più volte affermato che la continuità dello straordinario ai fini della sua computabilità ai fini dell’indennità di anzianità, se pure ammette una certa oscillazione quantitativa e distributiva nella effettuazione delle prestazioni e prescinde dalle ragioni che ne giustíficano lo svolgimento, richiede comunque la ricorrenza delle ore eccedenti (anche in quantità diverse) in ciascuno dei periodi di paga considerati, o almeno in quasi tutti, sì da potersi escludere la configurazione di tali prestazioni come saltuarie, occasionali o transitorie.

Cosa deve provare il datore di lavoro?

Specifica sempre la Suprema Corte che, una volta che il lavoratore abbia fornito la suddetta prova attraverso il deposito delle buste paga, sarà onere del datore di lavoro provare che non vi è corrispondenza fra le somme riportate in busta e la prestazione di lavoro straordinaria prestata in via continuativa (Cass., 14 agosto 2004, n. 15889).