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La debolezza del processo amministrativo telematico

Comunicazione dell’Avv. Giorgio Rognetta al DAE 2010 (Roma, Consiglio di Stato, 16 dicembre 2010)

Il nuovo codice del processo amministrativo, emanato con il D.Lgs. n. 104/2010, mostra poco coraggio in tema di processo telematico; si ha l’impressione, già ad una prima lettura, di trovarsi di fronte alla volontà di creare un rito telematico occasionale, non un processo telematico strutturato.

L’emblema di tale debolezza strutturale è l’art. 136 (all. I), ove si prevede, al primo comma, la possibilità per il difensore di indicare nel ricorso o nel primo atto difensivo l’indirizzo PEC (per inciso accostato impropriamente al recapito fax) dove ricevere le comunicazioni relative al processo; nel secondo comma dello stesso articolo si definisce, con una certa generosità, come “deposito informatico” la possibilità per il difensore di fornire, spontaneamente o su richiesta della segreteria, copia informatica degli atti cartacei di parte.

E’ forse questo il processo amministrativo telematico?

Si tratta invece di fragili stratagemmi, legati a contingenze di singoli processi, sganciati da una infrastruttura informatica processuale sulla quale innestare il vero processo telematico che, quando strutturato, prescinde da attività del difensore relative a comunicazioni dei suoi recapiti informatici nel singolo processo.

Il vero processo telematico si basa su procedure informatiche di certificazione sicura del ruolo del difensore, comprensive anche del suo indirizzo elettronico, filtrato da un albo informatico tenuto secondo precise e rigorose regole tecniche.

Certo non è vero processo telematico quel “deposito informatico” che consiste in una mera produzione di copie informatiche di originali cartacei depositati. Il processo telematico è ben altro: è firma digitale degli atti in originale informatico, validazione temporale, procura informatica alle liti, notifiche telematiche, pagamenti telematici, albo informatico dei difensori, deposito telematico degli atti in originale informatico.

L’occasionalità caratterizza anche l’art. 52, ove si prevede la possibilità che il presidente autorizzi notificazioni per via telematica: ma queste non sono notifiche telematiche strutturate.

Non ci sembra che tale mancanza di coraggio del nuovo codice possa essere messa in dubbio, neanche considerando il rinvio operato dall’art. 13 (all. II) a successive regole tecnico-operative “per la sperimentazione, la graduale applicazione, l’aggiornamento del processo amministrativo telematico”.

Ma a quale processo amministrativo telematico si intende far riferimento? Se il riferimento è alle norme del nuovo codice, non occorrerebbero nuove regole tecniche, tanta è la loro debolezza informatica.

Dovremmo resuscitare, allora, il vetusto DPR 123/2001, il cui art. 18 ci potrebbe regalare un’ancora di salvezza per restituire la dignità di processo telematico al nuovo codice del processo amministrativo, partorito nel 2010 ma incredibilmente più vecchio, per quanto concerne la disciplina del processo telematico, di un regolamento di quasi dieci prima.

Com’è possibile che un codice emanato in un’epoca così matura delle tecnologie informatiche, un codice che aspiri alla modernità del rito, non abbia tracciato un cammino più coraggioso per recepire le più avanzate istanze del processo telematico? Com’è possibile che non abbia ispirato la filosofia, fornito adeguati stimoli e indicato i confini in cui le successive regole tecniche del processo amministrativo dovranno muoversi?

Comunicazione dell’Avv. Giorgio Rognetta al DAE 2010 (Roma, Consiglio di Stato, 16 dicembre 2010)

Il nuovo codice del processo amministrativo, emanato con il D.Lgs. n. 104/2010, mostra poco coraggio in tema di processo telematico; si ha l’impressione, già ad una prima lettura, di trovarsi di fronte alla volontà di creare un rito telematico occasionale, non un processo telematico strutturato.

L’emblema di tale debolezza strutturale è l’art. 136 (all. I), ove si prevede, al primo comma, la possibilità per il difensore di indicare nel ricorso o nel primo atto difensivo l’indirizzo PEC (per inciso accostato impropriamente al recapito fax) dove ricevere le comunicazioni relative al processo; nel secondo comma dello stesso articolo si definisce, con una certa generosità, come “deposito informatico” la possibilità per il difensore di fornire, spontaneamente o su richiesta della segreteria, copia informatica degli atti cartacei di parte.

E’ forse questo il processo amministrativo telematico?

Si tratta invece di fragili stratagemmi, legati a contingenze di singoli processi, sganciati da una infrastruttura informatica processuale sulla quale innestare il vero processo telematico che, quando strutturato, prescinde da attività del difensore relative a comunicazioni dei suoi recapiti informatici nel singolo processo.

Il vero processo telematico si basa su procedure informatiche di certificazione sicura del ruolo del difensore, comprensive anche del suo indirizzo elettronico, filtrato da un albo informatico tenuto secondo precise e rigorose regole tecniche.

Certo non è vero processo telematico quel “deposito informatico” che consiste in una mera produzione di copie informatiche di originali cartacei depositati. Il processo telematico è ben altro: è firma digitale degli atti in originale informatico, validazione temporale, procura informatica alle liti, notifiche telematiche, pagamenti telematici, albo informatico dei difensori, deposito telematico degli atti in originale informatico.

L’occasionalità caratterizza anche l’art. 52, ove si prevede la possibilità che il presidente autorizzi notificazioni per via telematica: ma queste non sono notifiche telematiche strutturate.

Non ci sembra che tale mancanza di coraggio del nuovo codice possa essere messa in dubbio, neanche considerando il rinvio operato dall’art. 13 (all. II) a successive regole tecnico-operative “per la sperimentazione, la graduale applicazione, l’aggiornamento del processo amministrativo telematico”.

Ma a quale processo amministrativo telematico si intende far riferimento? Se il riferimento è alle norme del nuovo codice, non occorrerebbero nuove regole tecniche, tanta è la loro debolezza informatica.

Dovremmo resuscitare, allora, il vetusto DPR 123/2001, il cui art. 18 ci potrebbe regalare un’ancora di salvezza per restituire la dignità di processo telematico al nuovo codice del processo amministrativo, partorito nel 2010 ma incredibilmente più vecchio, per quanto concerne la disciplina del processo telematico, di un regolamento di quasi dieci prima.

Com’è possibile che un codice emanato in un’epoca così matura delle tecnologie informatiche, un codice che aspiri alla modernità del rito, non abbia tracciato un cammino più coraggioso per recepire le più avanzate istanze del processo telematico? Com’è possibile che non abbia ispirato la filosofia, fornito adeguati stimoli e indicato i confini in cui le successive regole tecniche del processo amministrativo dovranno muoversi?