x

x

La nozione di controllo degli organismi di diritto pubblico nella normativa comunitaria e in quella italiana

La sentenza 224/2012 del TAR Lazio sez. Terza quater interviene in merito alla legittimità dell’inclusione delle casse privatizzate nel conto consolidato dello Stato ai sensi dell’articolo 1, comma 3, l. 31 dicembre 2009 n.196.

In tale decisione, il TAR evidenzia che la nozione di controllo, quale elemento decisivo ai fini dell’inclusione nel perimetro contabile pubblico, prevista dal regolamento Sec è nozione non coincidente con quella adottata dal decreto legislativo 509/1994 nel definire i poteri di vigilanza dei Ministeri.

Per tale ricostruzione il regolamento SEC adotta una nozione di controllo che si sostanzia nel potere per un’ amministrazione pubblica di determinare la politica generale e i programmi della singola unità istituzionale stabilendo in via autonoma gli obiettivi che essa è chiamata a raggiungere e i modi che deve seguire per realizzarli con atti che, in effetti, sono di amministrazione attiva e quindi non verificabili nella loro concreta esistenza con riferimento agli atti di controllo nel significato specifico e nella funzione ad essi assegnati dall’ordinamento nazionale .

Tuttavia in concreto il ruolo dei ministeri vigilanti nello statuto complessivo previsto dal 509/1994 sembra incidere anche nel merito dell’attività delle casse con un potere che diretto alla verifica dell’attività degli enti adotta criteri gestionali.

Del resto, già all’indomani della privatizzazione la dottrina ha ricondotto il potere ministeriale nell’alveo del controllo gestionale anche in considerazione di profili d’opportunità vagliati nell’esercizio di tale attribuzione di controllo .

La combinazione tra controllo gestionale e controllo sull’atto, cosi come rilevata in termini generali dalla dottrina, non sembrerebbe sminuire il ruolo di “indirizzo gestionale ” svolto dalle componenti governative sulle casse fino a sottintendere la preminenza di un controllo esclusivo il controllo formale o di legittimità sugli atti.

Gli atti oggetto di controllo, essenzialmente bilanci, decisioni di investimento e rendicontazione sono provvedimenti generali in cui si concreta l’attività di indirizzo e gestione degli enti superando in questo modo ogni vicinanza con il controllo formale del singolo atto privo di incidenza generale sull’attività dell’ente .

La funzione svolta dai Ministeri vigilanti sembra pertanto risolversi nel garantire che la gestione delle casse sia conforme agli obiettivi del legislatore con un potere di conformazione nel merito, per esempio delle decisioni d’investimento a garanzia dell’adeguatezza e sostenibilità del sistema previdenziale, quale interesse generale, che sembra prescindere dalla mera regolarità contabile o della legittimità formale in qualche modo evocata nella sentenza citata .

Ai sensi dell’articolo 3, del decreto legislativo 509/1994, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, d’intesa con gli altri Ministeri competenti, “può formulare motivati rilievi su: i bilanci, preventivi e i conti consuntivi; le note di variazione al bilancio di previsione; i criteri d’individuazione e di ripartizione del rischio nella scelta degli investimenti così come sono indicati in ogni bilancio preventivo; le delibere contenenti criteri direttivi generali. Nel formulare tali rilievi il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, d'intesa con i Ministeri di cui al comma 1, rinvia gli atti al nuovo esame da parte degli organi di amministrazione per riceverne una motivata decisione definitiva”.

Del resto, è sempre il decreto legislativo 509/1994 a prevedere con l’articolo 2 che “ la gestione economico-finanziaria delle casse debba assicurare l'equilibrio di bilancio mediante l'adozione di provvedimenti coerenti alle indicazioni risultanti dal bilancio tecnico”, ma che qualora risulti un disavanzo economico-finanziario, rilevato dai rendiconti annuali e confermato anche dal bilancio tecnico, il Ministro del lavoro con decreto, di concerto con i Ministri competenti provveda alla nomina di un commissario straordinario, il quale adotta i provvedimenti necessari per il riequilibrio della gestione.

La riconducibilità del controllo delineato nel decreto legislativo citato con quella prevista nel regolamento SEC appare pertanto chiara considerando che il riferimento al controllo sembra essere fatto al fine di attribuire all’ente preso in considerazione la qualifica di ente pubblico. Le stesse innovazioni apportate dal dl 98/2011 e resisi concrete nell’‘emanazione del Decreto Ministeriale del 5 giugno 2012 testimoniano di un’attività di vigilanza e di controllo rafforzata e sempre più specializzata.

I poteri di controllo della Covip partendo dalla redazione di una relazione annuale da trasmettere al Ministero del lavoro e delle politiche sociale e al Ministero dell’economia e delle Finanze arrivano poi a concretizzarsi in un vero e proprio potere ispettivo sulle Casse delineando un’incidenza pubblica su tali enti molto ampia. Tale potere d’influenza parte dall’individuazione degli obiettivi di massima, interessa la vigilanza sulle modalità d’attuazione di tali indirizzi, con evidenti poteri di conformazione, fino ad arrivare ad un controllo ispettivo vero e proprio al fine di garantire il rispetto dell’equilibrio finanziario.

Per certi versi il reale atteggiarsi dei poteri Ministeriali nella fattispecie concreta sembrerebbe risolversi in una nozione di controllo più completa e generale che ingloba quella comunitaria senza travalicarne i termini per eccesso.

L’attribuzione alla Covip del potere di illustrare attraverso la relazione annuale:

a) le politiche di investimento e disinvestimento, relative alla componente mobiliare con particolare riferimento al monitoraggio e alla gestione del rischio;

b) la composizione del patrimonio e soprattutto i risultati della gestione finanziaria con l’evidenziazione dei fattori positivi e negativi che ne hanno determinato il risultato nonché le iniziative assunte dagli enti previdenziali privati con riguardo agli eventi che hanno inciso negativamente sul risultato conseguito;

c) la composizione del patrimonio distinto in mobiliare e immobiliare con la disaggregazione delle componenti mobiliari e immobiliare distinte per tipologia di investimento sembrerebbe risolversi in una valutazione, per quanto ex post della capacità di investimento e della situazione finanziaria degli enti finalizzata a mettere a disposizione dei Ministeri vigilanti un patrimonio informativo necessario anche all’esercizio dei poteri di cui all’articolo 3, comma 3 del decreto legislativo 509/1994.

La stessa contemporanea incidenza sulle Casse dei Ministeri vigilanti e di un’autorità amministrativa indipendente come la Covip non sembra certo ridimensionare qualità e funzione dell’influenza pubblica esercitata su tali enti.

Inoltre, pur disconoscendo la ricostruzione effettuata con la conseguente valorizzazione, del carattere di mera regolarità formale della vigilanza effettuata dai Ministeri sulle casse, l’iter motivazionale della sentenza in questione appare quanto meno parziale. Infatti, seppur la diversità di nozione di controllo potrebbe essere invocata proprio facendo riferimento alle osservazioni del Regolamento CE 2223/96 di cui la punto 1.05, si può rilevare come sia il regolamento citato che il successivo manuale inglobino nell’ambito dell’amministrazione pubblica il sottosettore previdenza.

Tale sottosettore, secondo il SEC così come esplicitato dal Manuale relativo, “comprende le unità che rispondono a ciascuno dei seguenti criteri”:

a) in forza di disposizioni legislative o regolamentari determinati gruppi della popolazione sono tenuti a partecipare al regime o a versare contributi;

b) le amministrazioni pubbliche sono responsabili della gestione dell’istituzione per quanto riguarda la fissazione o l’approvazione dei contributi e delle prestazioni indipendentemente dal loro ruolo di organismo di controllo o datore di lavoro.

Tuttavia, in tema di identificazione degli organismi di diritto pubblico occorre segnalare le recentissime conclusioni dell’Avvocato Generale nella causa C-526/2011.

La questione concerne l’applicabilità della direttiva 2004/18 sugli appalti pubblici da parte dell' Ordine dei Medici della Repubblica Federale di Germania  .

L’adozione di tale normativa dipende dalla possibilità di attribuire la qualificazione di organismo di  diritto pubblico a tale ordine.

La ricostruzione effettuata dall’Avvocato Generale esclude, la riconducibilità in capo all’ordine dei medici dei requisiti del controllo e del finanziamento pubblico necessari a ricondurre un ente alla nozione  di organismo di diritto pubblico cosi come delineato dalla citata direttiva.

L’influenza statale sull’ordine si concretizza in un controllo a posteriori che di per sè escluderebbe la soggezione di tale organismo al potere pubblico inteso  quale condizionamento dell’attività gestionale.

Inoltre, l’importanza del requisito concernente il potere impositivo di esigere i contributi non pare  riconducibile ad una potestà di imperio pubblica.

Infatti, nonostante la contribuzione sia prevista da una legge della Repubblica Federale di Germania, l’Avvocato ritiene impossibile ricostruire in termini di delega della potestà d'imperio il potere impositivo spettante all'ordine . La coincidenza tra l’ordine dei medici quale organismo composto dai rappresentanti della categoria e la restante parte dei professionisti quali soggetti passivi della contribuzione impedirebbe la configurabilità di un trasferimento della potestà d’imperio pubblica (d’esazione) dall’autorità statale all’ente citato.

In altri termini, nelle conclusioni citate si rileva “che l’importo dei contributi è deciso dal consiglio dell’Ordine dei medici a cui l’insieme dei membri partecipa con diritto di voto e che pertanto, ciascuno dei membri può influire su di esso. Se l’argomento della commissione dovesse essere accolto, ciò vorrebbe dire ammettere che i membri dell’ordine dei medici , i quali fanno parte del consiglio di tale ordine godono di un trasferimento di potestà di imperio da esercitare, paradossalmente, su di essi stessi”.

A margine di tale ricostruzione, si rileva però  come sia la legge sulle professioni mediche del Land della Renania settentrionale – Vetsfalia ad attribuire tale potere all’ordine ben potendo per esempio il legislatore prevedere altro modello organizzativo che possa prescindere in tutto o in parte da un ente come quello attuale prevedendo altra modalità organizzativa con diverse modi d'esercizio d' attribuzioni di funzioni e poteri.

Ciò nonostante, il potere dell’ordine di scegliere il livello di contribuzione a cui assoggettare tutti i componenti dello stesso impedisce, a giudizio dell’Avvocato, di configurare come pubblico e quindi delegabile il potere d’esazione esercitato dall’ente stesso .

Tale impostazione comporterebbe la non riconducibilità dell’ente in questione alla nozione di organismo pubblico.

Le conclusioni dell’Avvocato, divergenti dalle valutazioni della Commissione sembrano in qualche modo prefigurare la possibilità di un affidamento diretto degli appalti per l’ente in questione. In tal modo si adotta un’ interpretazione restrittiva dei poteri di influenza pubblica che determinano la stretta dipendenza degli organismi di diritto pubblico da altra amministrazione aggiudicatrice come lo stato, gli enti pubblici territoriali.

Tuttavia, la stessa ricostruzione non sembrerebbe avere automatica capacità espansiva giacché la non applicabilità della direttiva 2004 /18 necessità di una valutazione caso per caso circa il tipo di controllo e statuto normativo a cui è soggetta ogni singolo ente presi in considerazione .

Inoltre, l’accettazione di tale prospettiva da parte della Corte di Giustizia Europea presuppone una valutazione sulla compatibilità sostanziale della soluzione prospettata con i principi comunitari in tema di libera circolazione dei servizi e delle merci nonchè l’apertura ad una concorrenza non falsata e più ampia possibile.

La sentenza 224/2012 del TAR Lazio sez. Terza quater interviene in merito alla legittimità dell’inclusione delle casse privatizzate nel conto consolidato dello Stato ai sensi dell’articolo 1, comma 3, l. 31 dicembre 2009 n.196.

In tale decisione, il TAR evidenzia che la nozione di controllo, quale elemento decisivo ai fini dell’inclusione nel perimetro contabile pubblico, prevista dal regolamento Sec è nozione non coincidente con quella adottata dal decreto legislativo 509/1994 nel definire i poteri di vigilanza dei Ministeri.

Per tale ricostruzione il regolamento SEC adotta una nozione di controllo che si sostanzia nel potere per un’ amministrazione pubblica di determinare la politica generale e i programmi della singola unità istituzionale stabilendo in via autonoma gli obiettivi che essa è chiamata a raggiungere e i modi che deve seguire per realizzarli con atti che, in effetti, sono di amministrazione attiva e quindi non verificabili nella loro concreta esistenza con riferimento agli atti di controllo nel significato specifico e nella funzione ad essi assegnati dall’ordinamento nazionale .

Tuttavia in concreto il ruolo dei ministeri vigilanti nello statuto complessivo previsto dal 509/1994 sembra incidere anche nel merito dell’attività delle casse con un potere che diretto alla verifica dell’attività degli enti adotta criteri gestionali.

Del resto, già all’indomani della privatizzazione la dottrina ha ricondotto il potere ministeriale nell’alveo del controllo gestionale anche in considerazione di profili d’opportunità vagliati nell’esercizio di tale attribuzione di controllo .

La combinazione tra controllo gestionale e controllo sull’atto, cosi come rilevata in termini generali dalla dottrina, non sembrerebbe sminuire il ruolo di “indirizzo gestionale ” svolto dalle componenti governative sulle casse fino a sottintendere la preminenza di un controllo esclusivo il controllo formale o di legittimità sugli atti.

Gli atti oggetto di controllo, essenzialmente bilanci, decisioni di investimento e rendicontazione sono provvedimenti generali in cui si concreta l’attività di indirizzo e gestione degli enti superando in questo modo ogni vicinanza con il controllo formale del singolo atto privo di incidenza generale sull’attività dell’ente .

La funzione svolta dai Ministeri vigilanti sembra pertanto risolversi nel garantire che la gestione delle casse sia conforme agli obiettivi del legislatore con un potere di conformazione nel merito, per esempio delle decisioni d’investimento a garanzia dell’adeguatezza e sostenibilità del sistema previdenziale, quale interesse generale, che sembra prescindere dalla mera regolarità contabile o della legittimità formale in qualche modo evocata nella sentenza citata .

Ai sensi dell’articolo 3, del decreto legislativo 509/1994, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, d’intesa con gli altri Ministeri competenti, “può formulare motivati rilievi su: i bilanci, preventivi e i conti consuntivi; le note di variazione al bilancio di previsione; i criteri d’individuazione e di ripartizione del rischio nella scelta degli investimenti così come sono indicati in ogni bilancio preventivo; le delibere contenenti criteri direttivi generali. Nel formulare tali rilievi il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, d'intesa con i Ministeri di cui al comma 1, rinvia gli atti al nuovo esame da parte degli organi di amministrazione per riceverne una motivata decisione definitiva”.

Del resto, è sempre il decreto legislativo 509/1994 a prevedere con l’articolo 2 che “ la gestione economico-finanziaria delle casse debba assicurare l'equilibrio di bilancio mediante l'adozione di provvedimenti coerenti alle indicazioni risultanti dal bilancio tecnico”, ma che qualora risulti un disavanzo economico-finanziario, rilevato dai rendiconti annuali e confermato anche dal bilancio tecnico, il Ministro del lavoro con decreto, di concerto con i Ministri competenti provveda alla nomina di un commissario straordinario, il quale adotta i provvedimenti necessari per il riequilibrio della gestione.

La riconducibilità del controllo delineato nel decreto legislativo citato con quella prevista nel regolamento SEC appare pertanto chiara considerando che il riferimento al controllo sembra essere fatto al fine di attribuire all’ente preso in considerazione la qualifica di ente pubblico. Le stesse innovazioni apportate dal dl 98/2011 e resisi concrete nell’‘emanazione del Decreto Ministeriale del 5 giugno 2012 testimoniano di un’attività di vigilanza e di controllo rafforzata e sempre più specializzata.

I poteri di controllo della Covip partendo dalla redazione di una relazione annuale da trasmettere al Ministero del lavoro e delle politiche sociale e al Ministero dell’economia e delle Finanze arrivano poi a concretizzarsi in un vero e proprio potere ispettivo sulle Casse delineando un’incidenza pubblica su tali enti molto ampia. Tale potere d’influenza parte dall’individuazione degli obiettivi di massima, interessa la vigilanza sulle modalità d’attuazione di tali indirizzi, con evidenti poteri di conformazione, fino ad arrivare ad un controllo ispettivo vero e proprio al fine di garantire il rispetto dell’equilibrio finanziario.

Per certi versi il reale atteggiarsi dei poteri Ministeriali nella fattispecie concreta sembrerebbe risolversi in una nozione di controllo più completa e generale che ingloba quella comunitaria senza travalicarne i termini per eccesso.

L’attribuzione alla Covip del potere di illustrare attraverso la relazione annuale:

a) le politiche di investimento e disinvestimento, relative alla componente mobiliare con particolare riferimento al monitoraggio e alla gestione del rischio;

b) la composizione del patrimonio e soprattutto i risultati della gestione finanziaria con l’evidenziazione dei fattori positivi e negativi che ne hanno determinato il risultato nonché le iniziative assunte dagli enti previdenziali privati con riguardo agli eventi che hanno inciso negativamente sul risultato conseguito;

c) la composizione del patrimonio distinto in mobiliare e immobiliare con la disaggregazione delle componenti mobiliari e immobiliare distinte per tipologia di investimento sembrerebbe risolversi in una valutazione, per quanto ex post della capacità di investimento e della situazione finanziaria degli enti finalizzata a mettere a disposizione dei Ministeri vigilanti un patrimonio informativo necessario anche all’esercizio dei poteri di cui all’articolo 3, comma 3 del decreto legislativo 509/1994.

La stessa contemporanea incidenza sulle Casse dei Ministeri vigilanti e di un’autorità amministrativa indipendente come la Covip non sembra certo ridimensionare qualità e funzione dell’influenza pubblica esercitata su tali enti.

Inoltre, pur disconoscendo la ricostruzione effettuata con la conseguente valorizzazione, del carattere di mera regolarità formale della vigilanza effettuata dai Ministeri sulle casse, l’iter motivazionale della sentenza in questione appare quanto meno parziale. Infatti, seppur la diversità di nozione di controllo potrebbe essere invocata proprio facendo riferimento alle osservazioni del Regolamento CE 2223/96 di cui la punto 1.05, si può rilevare come sia il regolamento citato che il successivo manuale inglobino nell’ambito dell’amministrazione pubblica il sottosettore previdenza.

Tale sottosettore, secondo il SEC così come esplicitato dal Manuale relativo, “comprende le unità che rispondono a ciascuno dei seguenti criteri”:

a) in forza di disposizioni legislative o regolamentari determinati gruppi della popolazione sono tenuti a partecipare al regime o a versare contributi;

b) le amministrazioni pubbliche sono responsabili della gestione dell’istituzione per quanto riguarda la fissazione o l’approvazione dei contributi e delle prestazioni indipendentemente dal loro ruolo di organismo di controllo o datore di lavoro.

Tuttavia, in tema di identificazione degli organismi di diritto pubblico occorre segnalare le recentissime conclusioni dell’Avvocato Generale nella causa C-526/2011.

La questione concerne l’applicabilità della direttiva 2004/18 sugli appalti pubblici da parte dell' Ordine dei Medici della Repubblica Federale di Germania  .

L’adozione di tale normativa dipende dalla possibilità di attribuire la qualificazione di organismo di  diritto pubblico a tale ordine.

La ricostruzione effettuata dall’Avvocato Generale esclude, la riconducibilità in capo all’ordine dei medici dei requisiti del controllo e del finanziamento pubblico necessari a ricondurre un ente alla nozione  di organismo di diritto pubblico cosi come delineato dalla citata direttiva.

L’influenza statale sull’ordine si concretizza in un controllo a posteriori che di per sè escluderebbe la soggezione di tale organismo al potere pubblico inteso  quale condizionamento dell’attività gestionale.

Inoltre, l’importanza del requisito concernente il potere impositivo di esigere i contributi non pare  riconducibile ad una potestà di imperio pubblica.

Infatti, nonostante la contribuzione sia prevista da una legge della Repubblica Federale di Germania, l’Avvocato ritiene impossibile ricostruire in termini di delega della potestà d'imperio il potere impositivo spettante all'ordine . La coincidenza tra l’ordine dei medici quale organismo composto dai rappresentanti della categoria e la restante parte dei professionisti quali soggetti passivi della contribuzione impedirebbe la configurabilità di un trasferimento della potestà d’imperio pubblica (d’esazione) dall’autorità statale all’ente citato.

In altri termini, nelle conclusioni citate si rileva “che l’importo dei contributi è deciso dal consiglio dell’Ordine dei medici a cui l’insieme dei membri partecipa con diritto di voto e che pertanto, ciascuno dei membri può influire su di esso. Se l’argomento della commissione dovesse essere accolto, ciò vorrebbe dire ammettere che i membri dell’ordine dei medici , i quali fanno parte del consiglio di tale ordine godono di un trasferimento di potestà di imperio da esercitare, paradossalmente, su di essi stessi”.

A margine di tale ricostruzione, si rileva però  come sia la legge sulle professioni mediche del Land della Renania settentrionale – Vetsfalia ad attribuire tale potere all’ordine ben potendo per esempio il legislatore prevedere altro modello organizzativo che possa prescindere in tutto o in parte da un ente come quello attuale prevedendo altra modalità organizzativa con diverse modi d'esercizio d' attribuzioni di funzioni e poteri.

Ciò nonostante, il potere dell’ordine di scegliere il livello di contribuzione a cui assoggettare tutti i componenti dello stesso impedisce, a giudizio dell’Avvocato, di configurare come pubblico e quindi delegabile il potere d’esazione esercitato dall’ente stesso .

Tale impostazione comporterebbe la non riconducibilità dell’ente in questione alla nozione di organismo pubblico.

Le conclusioni dell’Avvocato, divergenti dalle valutazioni della Commissione sembrano in qualche modo prefigurare la possibilità di un affidamento diretto degli appalti per l’ente in questione. In tal modo si adotta un’ interpretazione restrittiva dei poteri di influenza pubblica che determinano la stretta dipendenza degli organismi di diritto pubblico da altra amministrazione aggiudicatrice come lo stato, gli enti pubblici territoriali.

Tuttavia, la stessa ricostruzione non sembrerebbe avere automatica capacità espansiva giacché la non applicabilità della direttiva 2004 /18 necessità di una valutazione caso per caso circa il tipo di controllo e statuto normativo a cui è soggetta ogni singolo ente presi in considerazione .

Inoltre, l’accettazione di tale prospettiva da parte della Corte di Giustizia Europea presuppone una valutazione sulla compatibilità sostanziale della soluzione prospettata con i principi comunitari in tema di libera circolazione dei servizi e delle merci nonchè l’apertura ad una concorrenza non falsata e più ampia possibile.