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Redditometro: la CTP di Lecce dà ragione al contribuente

Nota a Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, Sentenza 16 giugno 2011, n.375

Con una importante sentenza pronunciata il 16 giugno 2011 (n. 375/04/11) la Sezione quarta della Commissione tributaria Provinciale di Lecce ha sancito un fondamentale principio che, superando la sterile applicazione dei coefficienti del redditometro, si pone a salvaguardia della reale capacità contributiva del soggetto sottoposto ad accertamento.

Nel caso di specie l’Ufficio, prendendo le mosse dalla omessa dichiarazione annuale Iva, emette un avviso di accertamento basandosi sulla presunta capacità di spesa desunta dal possesso di due autovetture, di un immobile che costituisce abitazione principale nonché dalle spese sostenute per alcune utenze elettriche.

Il contribuente, costituitosi in giudizio a mezzo dell’Avv. Maria Leo, contesta in toto l’accertamento operato sottolineando, fra le altre eccezioni, l’irragionevolezza del calcolo fondato sul provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 17/05/2005 creato al fine della determinazione presuntiva del reddito prodotto sulla base della capacità di spesa del contribuente.

L’Ufficio si costituisce in giudizio sostenendo l’assoluta legittimità del proprio operato.

Orbene, i motivi della decisione in esame che hanno portato il Collegio ad accogliere integralmente il ricorso presentato dal contribuente, con conseguente annullamento dell’atto impugnato, sono meritevoli di cenno per diversi motivi.

In primis, perché il Collegio ha volto lo sguardo, dando così l’importanza che merita, all’art. 53 della Costituzione, il cui significato sempre più spesso viene sacrificato e superato dalle metodologie accertative di tipo presuntivo.

In secondo luogo, il Collegio entra nel merito della questione, o meglio analizza tutte le voci di spesa scaturite dall’applicazione dei coefficienti di cui al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 17/05/2005 per ritenerle assolutamente irrazionali, soprattutto se rapportate alla reale situazione del contribuente.

In effetti, il Giudice premettendo che la flessibilità degli strumenti presuntivi trovano origine e fondamento proprio nell’art. 53 Cost., invita gli uffici a fare uno sforzo per individuare la reale capacità contributiva, tenendo conto della situazione concreta del contribuente.

Nel caso di specie tali principi sono stati del tutto disattesi poiché gli elementi posti alla base dell’accertamento non possono essere assolutamente rilevatori di ricchezza. Infatti il giudice, analizzando le prove addotte dalla parte e condividendone il contenuto, sottolinea che per quanto concerne il possesso delle due autovetture si tratta di vetture alquanto vetuste e acquistate solo dopo diversi passaggi di proprietà. Pertanto, nessuno dei veicoli può essere considerato valido indice espressivo di capacità contributiva.

L’importo pagato per l’utenza elettrica in realtà è minore rispetto a quello contestato ed, infine, per quanto concerne il possesso della casa, con l’applicazione dei succitati coefficienti è stato attribuito un valore pari a € 15.885,00 quale indice di capacità contributiva.

Orbene, tale valore è apparso al Collegio del tutto irrazionale tenuto conto della situazione in cui versava il contribuente nell’anno in contestazione.

Infatti, lo stesso aveva posto fine alla sua attività ed era stato costretto a lavorare alle dipendenze altrui.

Alla luce di ciò, il coefficiente di valutazione, elaborato in ragione della capacità di spesa sottesa alla gestione e al mantenimento dell’abitazione, non può essere considerato idoneo a costituire fonte sicura di rilevamento della capacità contributiva in relazione all’anno di imposta in contestazione.

Tanto, poiché quell’immobile acquistato dal contribuente in anni lontani e in condizioni economiche sicuramente migliori, semmai poteva rispecchiare la capacità contributiva di quegli anni.

Per tali ragioni, il Collegio sostiene che essendo venuta meno la capacità contributiva di un tempo, anche il valore indiziario del coefficiente deve essere ridimensionato per renderlo più adeguato alla situazione concreta.

Tanto in virtù del principio di flessibilità richiamato dallo stesso Giudice in premessa. Il giudice conclude affermando che, argomentando a contrario, per il contribuente venutosi a trovare in una situazione di crisi economica l’unico rimedio per sottrarsi al fisco sarebbe stato quello di spogliarsi immediatamente della propria abitazione.

Oltre ai motivi succitati la sentenza in commento appare ancor più meritevole di pregio se rapportata all’uso selvaggio che a volte l’Agenzia delle Entrate fa dell’accertamento sintetico. In effetti sono abituali gli accertamenti di questo tipo che prendono come indici di capacità di spesa l’unica abitazione posseduta dal contribuente, magari realizzata in epoca lontana rispetto all’anno di imposta contestato, e delle autovetture usate e vetuste.

Tanto in totale spregio delle direttive sancite dalla stessa Agenzia delle Entrate con la circolare n. 49 del 2007 che stabilisce che per il sintetico si deve fare riferimento a due liste selettive: AU=Autovetture che prende in considerazione autovetture immatricolate dall’anno 2003 con potenza uguale o superiore a 21 cv; T=Incrementi Patrimoniali che prende in considerazione le persone fisiche che hanno dichiarato imponibili incongruenti rispetto agli esborsi risultanti dagli atti di compravendita o di conferimento di somme di denaro.

Il tutto nel rispetto della cd famiglia fiscale e quindi tenendo conto anche del reddito prodotto dai familiari del soggetto contestato nonché delle innumerevoli esimenti (quali donazioni, mutui, finanziamenti,vincite, eredità, possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte, ecc…) presenti nella stessa circolare.

Con una importante sentenza pronunciata il 16 giugno 2011 (n. 375/04/11) la Sezione quarta della Commissione tributaria Provinciale di Lecce ha sancito un fondamentale principio che, superando la sterile applicazione dei coefficienti del redditometro, si pone a salvaguardia della reale capacità contributiva del soggetto sottoposto ad accertamento.

Nel caso di specie l’Ufficio, prendendo le mosse dalla omessa dichiarazione annuale Iva, emette un avviso di accertamento basandosi sulla presunta capacità di spesa desunta dal possesso di due autovetture, di un immobile che costituisce abitazione principale nonché dalle spese sostenute per alcune utenze elettriche.

Il contribuente, costituitosi in giudizio a mezzo dell’Avv. Maria Leo, contesta in toto l’accertamento operato sottolineando, fra le altre eccezioni, l’irragionevolezza del calcolo fondato sul provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 17/05/2005 creato al fine della determinazione presuntiva del reddito prodotto sulla base della capacità di spesa del contribuente.

L’Ufficio si costituisce in giudizio sostenendo l’assoluta legittimità del proprio operato.

Orbene, i motivi della decisione in esame che hanno portato il Collegio ad accogliere integralmente il ricorso presentato dal contribuente, con conseguente annullamento dell’atto impugnato, sono meritevoli di cenno per diversi motivi.

In primis, perché il Collegio ha volto lo sguardo, dando così l’importanza che merita, all’art. 53 della Costituzione, il cui significato sempre più spesso viene sacrificato e superato dalle metodologie accertative di tipo presuntivo.

In secondo luogo, il Collegio entra nel merito della questione, o meglio analizza tutte le voci di spesa scaturite dall’applicazione dei coefficienti di cui al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 17/05/2005 per ritenerle assolutamente irrazionali, soprattutto se rapportate alla reale situazione del contribuente.

In effetti, il Giudice premettendo che la flessibilità degli strumenti presuntivi trovano origine e fondamento proprio nell’art. 53 Cost., invita gli uffici a fare uno sforzo per individuare la reale capacità contributiva, tenendo conto della situazione concreta del contribuente.

Nel caso di specie tali principi sono stati del tutto disattesi poiché gli elementi posti alla base dell’accertamento non possono essere assolutamente rilevatori di ricchezza. Infatti il giudice, analizzando le prove addotte dalla parte e condividendone il contenuto, sottolinea che per quanto concerne il possesso delle due autovetture si tratta di vetture alquanto vetuste e acquistate solo dopo diversi passaggi di proprietà. Pertanto, nessuno dei veicoli può essere considerato valido indice espressivo di capacità contributiva.

L’importo pagato per l’utenza elettrica in realtà è minore rispetto a quello contestato ed, infine, per quanto concerne il possesso della casa, con l’applicazione dei succitati coefficienti è stato attribuito un valore pari a € 15.885,00 quale indice di capacità contributiva.

Orbene, tale valore è apparso al Collegio del tutto irrazionale tenuto conto della situazione in cui versava il contribuente nell’anno in contestazione.

Infatti, lo stesso aveva posto fine alla sua attività ed era stato costretto a lavorare alle dipendenze altrui.

Alla luce di ciò, il coefficiente di valutazione, elaborato in ragione della capacità di spesa sottesa alla gestione e al mantenimento dell’abitazione, non può essere considerato idoneo a costituire fonte sicura di rilevamento della capacità contributiva in relazione all’anno di imposta in contestazione.

Tanto, poiché quell’immobile acquistato dal contribuente in anni lontani e in condizioni economiche sicuramente migliori, semmai poteva rispecchiare la capacità contributiva di quegli anni.

Per tali ragioni, il Collegio sostiene che essendo venuta meno la capacità contributiva di un tempo, anche il valore indiziario del coefficiente deve essere ridimensionato per renderlo più adeguato alla situazione concreta.

Tanto in virtù del principio di flessibilità richiamato dallo stesso Giudice in premessa. Il giudice conclude affermando che, argomentando a contrario, per il contribuente venutosi a trovare in una situazione di crisi economica l’unico rimedio per sottrarsi al fisco sarebbe stato quello di spogliarsi immediatamente della propria abitazione.

Oltre ai motivi succitati la sentenza in commento appare ancor più meritevole di pregio se rapportata all’uso selvaggio che a volte l’Agenzia delle Entrate fa dell’accertamento sintetico. In effetti sono abituali gli accertamenti di questo tipo che prendono come indici di capacità di spesa l’unica abitazione posseduta dal contribuente, magari realizzata in epoca lontana rispetto all’anno di imposta contestato, e delle autovetture usate e vetuste.

Tanto in totale spregio delle direttive sancite dalla stessa Agenzia delle Entrate con la circolare n. 49 del 2007 che stabilisce che per il sintetico si deve fare riferimento a due liste selettive: AU=Autovetture che prende in considerazione autovetture immatricolate dall’anno 2003 con potenza uguale o superiore a 21 cv; T=Incrementi Patrimoniali che prende in considerazione le persone fisiche che hanno dichiarato imponibili incongruenti rispetto agli esborsi risultanti dagli atti di compravendita o di conferimento di somme di denaro.

Il tutto nel rispetto della cd famiglia fiscale e quindi tenendo conto anche del reddito prodotto dai familiari del soggetto contestato nonché delle innumerevoli esimenti (quali donazioni, mutui, finanziamenti,vincite, eredità, possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte, ecc…) presenti nella stessa circolare.