Tre lezioni di archivistica non ortodossa

Tre lezioni di archivistica non ortodossa
1. L’entanglement archivistico e la scienza del contesto
1. Il vincolo archivistico
Ogni archivio si sedimenta in maniera naturale. In poche parole, un archivio può esistere addirittura prima del soggetto cui si riferisce. Si pensi, ad esempio, all’atto istitutivo di un ente pubblico: dapprima è assunto il provvedimento di istituzione – che sarà anche il primo documento dell’archivio proprio – e poi il soggetto inizierà a operare. Non a caso, la caratteristica della naturalezza, a differenza dell’artificialità, rappresenta uno degli elementi più importanti per l’identificazione di un archivio.
Ora, attenzione a un passaggio cruciale. I documenti, a differenza degli atti naturali, sono sempre artificiali, cioè opera dell’uomo. Qui sarà sufficiente richiamare il concetto di Francesco Carnelutti sulla differenza tra l’atto dello scrivere e lo scrittoche ne deriva, cioè il documento. Per scriverlo, dunque, è necessaria l’opera dell’uomo. Questa è la ragione per la quale definiamo il documento come opera artificiale.
Ma non l’archivio. In questa occasione non stiamo descrivendo i singoli documenti, materia di riferimento per la diplomatica, ma i documenti intesi nel complesso rapporto intercorrente tra di essi e chi li produce.
A questo punto, possiamo definire un archivio come «il complesso dei documenti prodotti da un soggetto nel corso della propria attività». Così come possiamo definire, infine, il rapporto tra i documenti e chi li produce rapporto di provenienza (da cui il concetto giuridico, prima che archivistico, di principio di provenienza, che esamineremo nella prossima lezione).
Infine, chiameremo il rapporto reciproco tra i documenti vincolo archivistico. Esso possiede almeno tre caratteristiche:
- Naturalezza = Non artificiale ed esistente fin dall’atto della nascita di un archivio (da qui scaturisce anche la caratteristica della originarietà);
- Necessarietà = Imprescindibile per garantire il mantenimento dell’archivio nella sua qualificazione giuridica di universitas rerum, cioè come un complesso organico di documenti interrelazionati;
- Determinatezza = Anche se viene smembrato, il vincolo logico e il principio di provenienza persistono sempre, da un lato legato al concetto di ordine archivistico, dall’altro al soggetto produttore.
L’archivistica, dunque, non si occupa di documenti in sé o singolarmente intesi, ma possiamo definirla anche come scienza del contesto. Anzi, al di fuori del proprio contesto, il documento non risulta avere un valore archivistico apprezzabile, in quanto decontestualizzato e privo di una visione complessiva di un affare, di un’attività o di un procedimento amministrativo. Tuttavia, un singolo documento isolato può continuare ad avere in sé un valore giuridico-probatorio, organizzativo, storico, etc., ma soltanto in sé e non in relazione con gli altri. In pratica, è come osservare un fotogramma di un film, senza assistere alla proiezione dell’intera pellicola. Le informazioni che se ne potrebbero ricavare sono da un lato parziali, dall’altro potenzialmente fuorvianti, in quanto prive di un approccio olistico, che di contro è imprescindibile per una visione storico-giuridica.
Facciamo un esempio concreto. Il documento unico di regolarità contributiva (DURC) non ha destinatario ed è privo di contesto procedimentale. Contiene delle informazioni sullo stato dei pagamenti legali di un fornitore in una data determinata ed è soggetto a rapida obsolescenza. Sarà soltanto l’inserzione in un fascicolo che potrà far comprendere a quale affare, attività o procedimento amministrativo si riferisce il DURC. In ambito processuale, l’inserzione di documenti nel fascicolo di parte equivale alla loro produzione in udienza, quando essi vengono messi nella reale disponibilità dell’ufficio e dell’altra parte che può prenderne concreta conoscenza (Cassazione civile, sez. II, 29 gennaio 1983, n. 821, ma anche artt. 74 e 87 disp. att. c.p.c.). In pratica, la fascicolatura determina il contesto e una buona amministrazione non permette l’utilizzo di documenti sciolti, cioè decontestualizzati.
Tra l’archivio e gli altri beni culturali sussiste un’altra differenza sostanziale: non esiste alcuna volontà o alcuna scelta discrezionale alla base della produzione di un archivio. Ad esempio, una biblioteca pubblica si forma per volontà di chi la dirige, di chi orienta le scelte d’acquisto, di chi avvia gli scambi bibliografici o di chi esprime dei desiderata.
Non solo. In una biblioteca potrebbe non esserci un libro determinato per svariati motivi: scelte differenti rispetto a un autore o a un argomento, esaurimento, scarto bibliografico, etc. In archivio, invece, sono conservati tutti i documenti prodotti, con le eccezioni che conosciamo legate alla selezione qualificata delle fonti o, purtroppo, alle dispersioni, riferite all’ente (persona fisica o giuridica) che chiameremo, per queste ragioni, soggetto produttore.
Da ultimo, soffermiamoci sull’aggettivo produttore. In archivistica, la produzione dei documenti risulta un concetto esteso non soltanto alla materiale formazione, ma anche alla ricezione, all’acquisizione, alla traditio dei singoli complessi documentari.
Dunque, quando parliamo di soggetto produttore intendiamo le azioni specifiche di chi spedisce, riceve, acquisisce, gestisce, seleziona e, di norma, conserva i documenti d’archivio avendo come faro il rispetto e il mantenimento del vincolo archivistico. Per inciso, abbiamo scritto “di norma” perché abbiamo (e avremo sempre più frequentemente) casi di soggetto conservatore non produttore, come, ad esempio, gli Archivi di Stato o i conservatori esterni di servizi digitali (ex accreditati, oggi fiduciari/affidabili, in armonia con eIDAS 2.0).
2. Paul Dirac e l’entanglement quantistico
Paul Adrien Maurice Dirac (1902-1984) fu uno dei fisici più importanti del XX secolo. I suoi studi, che sfruttarono intuizioni di altri scienziati, furono determinanti per comprendere alcuni misteri dell’universo e per chiarire gli aspetti pratici di alcune teorie, tra le quali quella della relatività.
In questa foto lo vediamo al Congresso Solvay del 1927 in seconda fila a destra di Albert Einstein e di altri uomini e donne che nel tempo divennero premi Nobel, tra cui Marie Curie.
Tuttavia, a noi qui interessa intrufolarci per qualche rigo nella sua vita privata.
In famiglia e al lavoro, Paul Dirac era noto per essere un uomo perbene, ma taciturno, schivo, al limite dello scontroso. Un giorno, mentre stava per partire per un congresso, la moglie gli chiese una parola d’amore e di conforto. Lui le sorrise, prese un foglietto e scrisse questa formula (oggi modificata e corretta, grazie allo sviluppo della scienza):
La moglie lo guardò attonita senza capirne il significato, ma lui la tranquillizzò, accennando un sorriso.
- Vedi, cara, anche se noi due stiamo per separarci, non importa se il tempo sarà lungo o breve, la nostra distanza sarà sempre uguale a zero, perché anche se siamo altrove i nostri cuori sono vicini nel loro battito e si sentono a vicenda, in una reciprocità indissolubile.
Paul Dirac aveva appena descritto uno dei fenomeni più importanti e affascinanti della fisica moderna, l’entanglementquantistico, teorizzato un secolo fa, nel 1928. In pratica, quando due o più particelle entrano in connessione per un periodo di tempo significativo, non possono essere più descritte le une indipendentemente dalle altre e dal loro stato, dal momento che si influenzano vicendevolmente, anche da lontano. Pertanto, un evento o una misurazione effettuata su una particella avrà istantaneamente ricadute sullo stato dell’altra, indipendentemente dalla distanza che le separa. Questo fenomeno fu chiamato da Einstein come azione spettrale a distanza.
L’entanglement non è solo teoria, ma ha anche applicazioni sulla crittografia quantistica, che lo utilizza per creare canali di comunicazione affidabili. Inoltre, l’entanglement è alla base del funzionamento dei computer quantistici, che stanno rivoluzionando le nostre conoscenze sulle potenze di calcolo, avviando la soluzione di problemi impensabili attraverso i “semplici” computer.
3. L’entanglement archivistico
A questo punto dovrebbe essere facilmente disceso un corollario sulle similitudini tra archivistica e fisica quantistica. Se è vero che ogni documento è legato intrinsecamente agli altri del medesimo soggetto produttore, anche in caso di dispersioni, smembramenti e altre calamità, il vincolo archivistico tra i documenti non verrà mai meno.
Gli archivisti, con afflato poetico e nell’impossibilità di ricondurre tutti i documenti, i fascicoli e le serie all’archivio unico di un soggetto produttore, hanno iniziato a descriverli come se fossero conservati in maniera unitaria. Il vincolo archivistico, infatti, non è un nesso meccanico, ma un nesso logico.
Per queste ragioni, è nata l’espressione avvincente di Intervento non sulle carte, ma sulla carta. Pur mantenendo gli archivi “a distanza” per mille ragioni (rivendicazioni istituzionali, incardinamento secolare, cesure storiche, etc.), gli scienziati del documento hanno scelto di descriverli come se fossero logicamente un solo corpus e non come sub-corpora sparpagliati e disseminati fisicamente in ogni dove. Si tratta di comporre un puzzle virtuale, ricostruendo e ricostituendo i gangli logici sempre persistenti tra i documenti.
In ambiente digitale, in cui il nesso fisico non sussiste, è ancor più importante mantenere il vincolo. Infatti, come abbiamo visto, l’archivistica non studia i documenti presi nella loro singolarità, ma si occupa di mantenere nel tempo prove affidabili dei legami intercorrenti. Quindi si tratta di una scienza che analizza, individua, determina e riconduce i nessi logici, i contesti e le relazioni tra i documenti, non tanto i documenti in sé.
Il vincolo, in conclusione, potrebbe essere definito anche come quel filo invisibile che lega gli uni agli altri i documenti cui si riferiscono a matrice e a livello. Esiste, infatti, un vincolo di 1° livello per i documenti afferenti a un’unità archivistica o a un’aggregazione documentale ed esiste un vincolo di 2° livello tra le unità archivistiche e le aggregazioni documentali da una parte e l’archivio dall’altra, come in una matrice a intersezione. Quel filo è talmente resistente che non può essere spezzato, proprio in quanto logico. Ed ecco perché, in questo caso, possiamo descrivere il vincolo come entanglement archivistico.