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Il Green Public Procurement

Green Public Procurement
Green Public Procurement

Abstract

Lo scritto analizza il Green Public Procurement, cioè gli acquisti di beni e servizi fatti dalle pubbliche amministrazioni tenendo conto della loro eco-sostenibilità, ne chiarisce il significato e le fonti normative e il ruolo che hanno in materia vari organismi pubblici

 

Indice

1. Origine e definizione del concetto

2. L’attuale regolamentazione del GPP nell’ordinamento nazionale

3. Le linee guida sul Green Procurement

4. Gli organismi pubblici chiamati a collaborare alla realizzazione del GPP

5. Qualche osservazione conclusiva

 

1. Origine e definizione del concetto

Il 16 luglio del 2008 la Commissione europea emise la comunicazione n. 400 indirizzandola ai principali organi dell’Unione europea.

Vi si osservava che

Ogni anno le amministrazioni pubbliche europee spendono l’equivalente del 16% del prodotto interno lordo europeo per l’acquisto di beni, quali attrezzature da ufficio, materiali da costruzione e veicoli da trasporto, o servizi, quali manutenzione degli edifici, servizi di trasporto, servizi di pulizia e ristorazione, e opere. Gli appalti pubblici possono determinare le tendenze della produzione e del consumo e grazie a una domanda sostenuta di beni “più ecologici” da parte delle pubbliche amministrazioni si potranno creare o ampliare i mercati di prodotti e servizi meno nocivi per l’ambiente, oltre a incentivare le imprese a sviluppare tecnologie ambientali. Un utilizzo più sostenibile delle risorse naturali e delle materie prime andrebbe a vantaggio tanto dell’ambiente quanto dell’economia in generale, fornendo occasioni vantaggiose alle economie “verdi” emergenti. Esso potrebbe anche incentivare la competitività dell’industria europea stimolando l’innovazione nelle ecotecnologie, un settore a crescita elevata in cui l’Europa gode già di una posizione di leader mondiale. Una serie di studi ha messo in evidenza che esistono notevoli opportunità per acquisti verdi della pubblica amministrazione (Green Public Procurement o GPP) economicamente efficienti – soprattutto in settori in cui i prodotti ecologici non sono più costosi rispetto agli equivalenti non ecologici (se si prende in considerazione il costo del ciclo di vita del prodotto). Poiché i beni “più verdi” vengono definiti sulla base del ciclo di vita, il GPP toccherà tutta la catena di approvvigionamento, oltre a stimolare l’applicazione di norme verdi negli appalti privati”.

In un altro passaggio il GPP veniva definito come

un processo mediante cui le pubbliche amministrazioni cercano di ottenere beni, servizi e opere con un impatto ambientale ridotto per l’intero ciclo di vita rispetto ai beni, servizi e opere con la stessa funzione primaria ma oggetto di una procedura di appalto diversa”.

La comunicazione 400/2008 CE era parte di una più ben più articolata azione europea in cui si inserivano

il Piano d’azione per il consumo e la produzione sostenibili (SCP) e la politica industriale sostenibile (SIP),

la revisione di EMAS (acronimo che sta per Eco-Management and Audit Scheme, cioè sistema comunitario di eco-gestione e audit), ECOLABEL (il marchio europeo usato per certificare, ai sensi del Regolamento CE 66/2010, il ridotto impatto aziendale dei prodotti e servizi offerti da alcune aziende) e della Direttiva Ecodesign (la Direttiva della Commissione europea sull’efficienza energetica).

 

2. L’attuale regolamentazione del GPP nell’ordinamento nazionale

In passato il GPP era considerato come uno strumento volontario ed era regolato dal Piano d’azione nazionale per il Green Public Procurement (PAN GPP), approvato con un Decreto interministeriale dell’11 aprile 2008, aggiornato con un ulteriore Decreto del 10 aprile 2013.

La situazione è decisamente cambiata con l’adozione della Legge 221/2015 (il cosiddetto Collegato ambientale) contenente “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali”, al cui articolo 18 si deve, in particolare, l’obbligatorietà dei criteri ambientali minimi (CAM), cioè i requisiti ambientali definiti per le varie fasi del processo di acquisto, volti ad individuare la soluzione progettuale e il prodotto o il servizio migliore sotto il profilo ambientale lungo il ciclo di vita, tenuto conto della disponibilità di mercato.

I CAM, attualmente definiti per 17 categorie di forniture e affidamenti, sono parte del PAN GPP la cui adozione spetta al Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, e si considera che la loro adozione sistematica ed omogenea agevoli la diffusione delle tecnologie ambientali e dei prodotti di minore impatto ambientale e produca una sorta di effetto leva, spingendo le imprese ad adeguare la loro produzione al nuovo standard richiesto.

Il rilievo dei CAM è stato ribadito dal Decreto legislativo 50/2016, meglio noto come Codice degli appalti, il cui articolo 34, rubricato “Criteri di sostenibilità energetica ed ambientale”, ha imposto la loro applicazione a tutte le stazioni appaltanti.

Del resto, allargando lo sguardo a un panorama più esteso di quello interno, il PAN GPP, e gli strumenti che ne consentono la migliore attuazione, si inseriscono a pieno titolo nel percorso tracciato dall’Agenda ONU 2030.

Questo programma delle Nazioni Unite dà per scontata l’insostenibilità ambientale, economica e sociale dell’attuale modello di sviluppo delle società umane e indica un modello alternativo il cui raggiungimento è collegato a 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (meglio noti come SDGs, acronimo dell’espressione anglosassone Sustainable Development Goals).

Interessa qui specialmente l’obiettivo 12, denominato “Garantire modelli di consumo e produzione sostenibili”, così sintetizzato nell’Agenda 2030: “Il nostro pianeta ha bisogno di essere rispettato e salvaguardato: in quest’ottica entro il 2030 è importante ridurre gli sprechi e le sostanze chimiche rilasciate soprattutto dalle grandi aziende multinazionali, tramite politiche sostenibili e improntate sul riciclaggio dei prodotti”.

Il GPP e ii CAM e il Piano d’azione di cui sono parte integrante costituiscono dunque la via italiana per il raggiungimento dell’obiettivo 12.

 

3. Le linee guida sul Green Procurement

La Legge 132/2016, che ha istituito il Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente (SNPA) e disciplinato l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), ha anche istituito il Consiglio del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente (Consiglio SNPA), affidandogli il compito di promuovere e indirizzare lo sviluppo coordinato delle attività del Sistema nazionale.

Nel gennaio del 2017 il Consiglio ha approvato le nuove ed ancora vigenti Linee guida Green Public Procurement del Sistema agenziale con cui è stato aggiornato l’omologo atto adottato per il triennio precedente.

Le Linee guida danno vita a un modello che viene posto a disposizione di tutte le amministrazioni pubbliche che non abbiano ancora definito un percorso strutturato e coerente per il GPP o abbiano bisogno di migliorarlo.

Il documento constata che il potenziale del GPP è stato sfruttato assai poco nel nostro Paese, soprattutto a causa del breve tempo passato dalla sua configurazione come strumento non più volontario ma obbligatorio.

Raccomanda che la policy in tema di GPP delle pubbliche amministrazioni punti a:

fornire indirizzi coerenti al personale responsabile delle determinazioni a contrattare;

aumentare la sensibilità del medesimo personale verso la riduzione dell’impatto ambientale;

agevolare la diffusione degli strumenti indicati dalla strategia di consumo e produzione sostenibile e quindi non solo il GPP, ma anche le certificazioni ambientali di processo e prodotto, a livello locale e nazionale, mediante la partecipazione dell’ente a gruppi di lavoro sul tema e ad iniziative di informazione e formazione nazionali e regionali.

Altri punti qualificanti delle Linee guida sono il riconoscimento del ruolo strategico dell’analisi dei bisogni che va accompagnata da un’attentissima valutazione delle alternative disponibili per la loro soddisfazione, l’adozione di un programma d’azione, il monitoraggio e l’analisi dei risultati ottenuti (da rilevare in un apposito registro) che si raccomanda di divulgare sia all’interno che all’esterno così che i cittadini abbiano un’adeguata informazione sulle direttrici seguite dagli enti che li rappresentano e sul loro grado di efficacia.

Alle Linee guida sono allegati i documenti di policy GPP adottati dalle agenzie dell’ambiente delle Regioni Emilia Romagna e Calabria e alcuni esempi di audit, programmi d’azione e procedure di monitoraggio.

 

4. Gli organismi pubblici chiamati a collaborare alla realizzazione del GPP

La complessità degli obiettivi delle politiche pubbliche in tema di Green Public Procurement rende necessari plurimi apporti di competenze ed esperienze che affianchino l’azione del dicastero dell’Ambiente.

 

4.1 L’ANAC

Uno spazio significativo di intervento è stato riconosciuto all’Autorità nazionale anti-corruzione (ANAC) con la quale il Ministero dell’Ambiente ha stipulato il 19 marzo 2018 un protocollo di intesa che impegna le parti contraenti a collaborare, ciascuna secondo le proprie competenze istituzionali, allo scopo di garantire il rispetto delle disposizioni di valenza ambientale del Codice degli appalti.

La collaborazione è stata specialmente focalizzata sul monitoraggio e la vigilanza sull’applicazione dei CAM, sull’attività regolatoria e di indirizzo la quale impegna le parti condividere atti di indirizzo, linee guida, clausole-tipo per bandi e atti simili e sull’attività di formazione da impartire ai funzionari della pubblica amministrazione.

 

4.2 La CONSIP

La CONSIP è una società pubblica per azioni il cui azionista è il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Il suo ruolo di centrale nazionale per gli acquisti la rende fisiologicamente uno degli attori principali nello scenario delle policy di GPP.

I cosiddetti “acquisti verdi” rappresentano uno dei cardini del Programma per la realizzazione degli acquisti.

In particolare, la CONSIP definisce i “criteri verdi” da inserire come requisiti premianti nelle proprie iniziative di acquisto, le quali rispettano una precisa sequenza: l’analisi della normativa di settore e delle ecoetichette esistenti, l’analisi del ciclo di vita del prodotto o servizio, il confronto con il mercato e la definizione del criterio.

Dal sito web istituzionale web della CONSIP si apprende che

Nel corso degli ultimi anni il numero di iniziative di e-procurement che prevedono criteri e requisiti ambientali è aumentato progressivamente arrivando al risultato di oggi: circa il 91% delle convenzioni attive e aggiudicate, il 60% degli Accordi quadro attivi, l’85% delle iniziative sul MEPA e circa il 71% di quelle sul Sistema dinamico di acquisto della PA integrano criteri di sostenibilità. Grazie a tali iniziative, gli acquisti “verdi” effettuati dalle PA attraverso strumenti CONSIP sono stati pari a 13,2 miliardi di euro negli ultimi quattro anni”.

Pare importante sottolineare che il parametro del ciclo di vita prende in considerazione non più soltanto i costi di produzione di un bene o servizio ma anche i costi effettivi per la collettività.

Questo mutamento di rotta rispetto al passato ha prodotto, per il solo anno 2017, non solo risparmi finanziari complessivamente pari a 380 milioni di euro ma una altrettanto significativa riduzione di emissioni di CO2, in misura equivalente a 1,9 milioni di tonnellate.

Sempre nello stesso anno, la CONSIP stima che il nuovo approccio GPP consentirà il risparmio di 50 milioni di fogli di carta il cui valore non si esaurisce nella riduzione dei costi ma in una migliore salvaguardia del patrimonio boschivo del pianeta.

 

5. Qualche osservazione conclusiva

Il Green Public Procurement è uno degli strumenti, certo non da solo, che possono contribuire più efficacemente all’avvicinamento delle pubbliche amministrazioni italiane alle nuove sensibilità contemporanee.

In fondo, nessuno possiede la Grande Madre Terra e tutti ne siamo soltanto custodi, nel rispetto di un patto tra generazioni che impegna chi opera adesso a concorrere nella protezione dell’habitat che ha ricevuto e nel mantenerlo intatto per chi verrà dopo.

Le politiche e gli strumenti normativi e regolamentari esposti in sintesi stanno producendo risultati che, sebbene promettenti, sono ancora decisamente migliorabili.

Occorrono altri sforzi:

quello delle istituzioni, da cui ci si aspetta che promuovano in misura sempre maggiore politiche pubbliche improntate al rispetto dell’ambiente;

quello dei suoi dipendenti che dovrebbero abbracciare con decisa convinzione quelle politiche, attuarle nella loro attività quotidiana, gestirle in modo da renderle efficienti e produttive;

quello del sistema delle imprese produttrici dei beni e dei servizi necessari alle pubbliche amministrazioni, che dovrebbero puntare sempre di più sull’innovazione e fare della green economy il loro credo.

Si può fare, è bene farlo.