Il rapporto tra la trascrizione integrale del titolo esecutivo e la menzione del provvedimento nel precetto
Il secondo comma dell’articolo 480 c.p.c. prescrive che il precetto debba contenere la trascrizione integrale del titolo esecutivo “quando è richiesta dalla legge”. Ci si chiede se tale norma faccia anche riferimento al secondo comma dell’articolo 654 c.p.c., laddove il legislatore afferma che “nel precetto deve farsi menzione del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà e l’apposizione della formula”.
Secondo la dottrina prevalente, la trascrizione integrale del titolo all’interno del precetto è richiesta anzitutto in quei casi in cui il titolo circola solo in originale, come avviene per le cambiali e gli altri titoli di credito. Questo requisito viene ravvisato infatti nell’articolo 63 Legge cambiaria e nell’articolo 55 Legge assegno; a ben vedere, però, le disposizioni citate non richiedono una trascrizione “integrale”, e la giurisprudenza ha avuto modo di affermare che, agli effetti della validità del precetto, è sufficiente l’indicazione degli elementi essenziali per l’individuazione della cambiale o assegno (cfr. Cassazione Civile 3593/90, 5531/86 2895/85).
La trascrizione integrale è invece sicuramente necessaria per le scritture private autenticate, visto l’espresso richiamo dell’articolo 474, 3° comma c.p.c.: anche in questo caso, tale meccanismo è dovuto al fatto che generalmente esiste un solo esemplare di scrittura privata, quindi essa non può essere spedita in forma esecutiva.
Ai sensi dell’articolo 482 c.p.c. va poi trascritto nell’atto di precetto anche il decreto di autorizzazione all’esecuzione immediata; la mancata trascrizione in tal caso non determinerebbe una nullità. La Cassazione infatti, con sentenza 3792/89, ha affermato che “l’omessa trascrizione, nella copia del precetto notificata all’intimato, del decreto che, ai sensi dell’articolo 482 c.p.c., autorizza l’esecuzione immediata, determina una irregolarità che la parte interessata può far valere, con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, al fine di conseguire una pronuncia di nullità del pignoramento eseguito dal creditore prima della scadenza del termine legale ordinariamente concesso al debitore per l’adempimento”.
Il discorso è diverso per quanto riguarda la norma di cui all’articolo 654 2° comma c.p.c.: il legislatore impone che nel precetto si faccia menzione del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà del decreto ingiuntivo.
La norma, a differenza dei casi precedenti, non parla di trascrizione, ma di semplice menzione.
La differenza a livello testuale è evidente, ma essa emerge chiaramente anche in base alle diverse logiche sottese alle due norme: l’articolo 654 c.p.c., contrariamente al 480, è volto a semplificare l’inizio del procedimento esecutivo, evitando un’inutile duplicazione della notifica del titolo, già avvenuta ai fini della decorrenza del termine per proporre opposizione al decreto ingiuntivo (1° comma), ed integrandola se il titolo in quel momento non era dotato di esecutività (2° comma). Per “menzione” il legislatore intende quindi la semplice informazione diretta al debitore della conseguita esecutorietà del decreto, senza che sia necessaria la completa trascrizione del provvedimento.
La questione è stata ben sottolineata dalla sentenza Cassazione Civile Sezione III, 16/01/2007, n. 839: “l’articolo 654 c.p.c., comma 2, delinea una forma di precetto più sintetica rispetto a quella indicata dall’art. 480 c.p.c., comma 2. Questa forma è rispettata quando l’atto di precetto contenga l’indicazione delle parti, la data della notificazione del decreto ingiuntivo e che il decreto ingiuntivo, a suo tempo notificato, è diventato esecutivo. L’indicazione che il decreto ingiuntivo è diventato esecutivo è, poi, realizzata con la menzione nell’atto del provvedimento che dispose l’esecutorietà e dell’apposizione della formula esecutiva. Il creditore che promuove l’esecuzione forzata avvalendosi di un decreto ingiuntivo, pertanto, può limitarsi alla sola menzione (intesa come citazione, riferimento) nell’atto di precetto del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà del decreto e dell’avvenuta apposizione della formula esecutiva, come questa Corte ha avuto già modo di ritenere con la sentenza 26/9/2000 n. 12766” (dello stesso tenore anche le recenti pronunce Giudice di Pace di Milano Sezione II del 15/10/2009, e Tribunale di Genova Sezione VII del 03/01/2006).
Il secondo comma dell’articolo 480 c.p.c. prescrive che il precetto debba contenere la trascrizione integrale del titolo esecutivo “quando è richiesta dalla legge”. Ci si chiede se tale norma faccia anche riferimento al secondo comma dell’articolo 654 c.p.c., laddove il legislatore afferma che “nel precetto deve farsi menzione del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà e l’apposizione della formula”.
Secondo la dottrina prevalente, la trascrizione integrale del titolo all’interno del precetto è richiesta anzitutto in quei casi in cui il titolo circola solo in originale, come avviene per le cambiali e gli altri titoli di credito. Questo requisito viene ravvisato infatti nell’articolo 63 Legge cambiaria e nell’articolo 55 Legge assegno; a ben vedere, però, le disposizioni citate non richiedono una trascrizione “integrale”, e la giurisprudenza ha avuto modo di affermare che, agli effetti della validità del precetto, è sufficiente l’indicazione degli elementi essenziali per l’individuazione della cambiale o assegno (cfr. Cassazione Civile 3593/90, 5531/86 2895/85).
La trascrizione integrale è invece sicuramente necessaria per le scritture private autenticate, visto l’espresso richiamo dell’articolo 474, 3° comma c.p.c.: anche in questo caso, tale meccanismo è dovuto al fatto che generalmente esiste un solo esemplare di scrittura privata, quindi essa non può essere spedita in forma esecutiva.
Ai sensi dell’articolo 482 c.p.c. va poi trascritto nell’atto di precetto anche il decreto di autorizzazione all’esecuzione immediata; la mancata trascrizione in tal caso non determinerebbe una nullità. La Cassazione infatti, con sentenza 3792/89, ha affermato che “l’omessa trascrizione, nella copia del precetto notificata all’intimato, del decreto che, ai sensi dell’articolo 482 c.p.c., autorizza l’esecuzione immediata, determina una irregolarità che la parte interessata può far valere, con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, al fine di conseguire una pronuncia di nullità del pignoramento eseguito dal creditore prima della scadenza del termine legale ordinariamente concesso al debitore per l’adempimento”.
Il discorso è diverso per quanto riguarda la norma di cui all’articolo 654 2° comma c.p.c.: il legislatore impone che nel precetto si faccia menzione del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà del decreto ingiuntivo.
La norma, a differenza dei casi precedenti, non parla di trascrizione, ma di semplice menzione.
La differenza a livello testuale è evidente, ma essa emerge chiaramente anche in base alle diverse logiche sottese alle due norme: l’articolo 654 c.p.c., contrariamente al 480, è volto a semplificare l’inizio del procedimento esecutivo, evitando un’inutile duplicazione della notifica del titolo, già avvenuta ai fini della decorrenza del termine per proporre opposizione al decreto ingiuntivo (1° comma), ed integrandola se il titolo in quel momento non era dotato di esecutività (2° comma). Per “menzione” il legislatore intende quindi la semplice informazione diretta al debitore della conseguita esecutorietà del decreto, senza che sia necessaria la completa trascrizione del provvedimento.
La questione è stata ben sottolineata dalla sentenza Cassazione Civile Sezione III, 16/01/2007, n. 839: “l’articolo 654 c.p.c., comma 2, delinea una forma di precetto più sintetica rispetto a quella indicata dall’art. 480 c.p.c., comma 2. Questa forma è rispettata quando l’atto di precetto contenga l’indicazione delle parti, la data della notificazione del decreto ingiuntivo e che il decreto ingiuntivo, a suo tempo notificato, è diventato esecutivo. L’indicazione che il decreto ingiuntivo è diventato esecutivo è, poi, realizzata con la menzione nell’atto del provvedimento che dispose l’esecutorietà e dell’apposizione della formula esecutiva. Il creditore che promuove l’esecuzione forzata avvalendosi di un decreto ingiuntivo, pertanto, può limitarsi alla sola menzione (intesa come citazione, riferimento) nell’atto di precetto del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà del decreto e dell’avvenuta apposizione della formula esecutiva, come questa Corte ha avuto già modo di ritenere con la sentenza 26/9/2000 n. 12766” (dello stesso tenore anche le recenti pronunce Giudice di Pace di Milano Sezione II del 15/10/2009, e Tribunale di Genova Sezione VII del 03/01/2006).