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La restituzione degli atti al p.m.: l’erronea asserzione di nullità del decreto di citazione a giudizio e la conseguente regressione del provvedimento è da ritenersi abnorme?

[Questo scritto è dedicato ad un carissimo amico scomparso, il Prof. Proietto Benito, Prof. di Diritto Comparato all’Università degli studi La Sapienza di Roma, uomo molto socievole, semplice, fecondo di intuizioni, stimato per le sue elevate doti di serietà scientifica e di rimarchevole equilibrio]

Abstract:

La suprema Corte, in sede di legittimità, nell’esaminare la rilevanza dei vasti sistemi di esperienza nei processi in tema di nullità per indebita regressione – attraverso il laborioso itinerario giurisprudenziale – se sia abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento, ritenuta la mancata notificazione all’imputato dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, disponga la restituzione degli atti al Pubblico Ministero dopo avere dichiarato per errore la nullità del decreto di citazione a giudizio, risolve il contrasto giurisprudenziale sul punto de quo affermando che non sia da stimarsi abnorme, il provvedimento emesso nell’esercizio del potere di adottarlo se ad esso non consegua lo stallo del procedimento o del processo per l’ineseguibilità da parte del P.M. di seguitarlo, senza realizzare un atto nullo rilevabile in itinere del procedimento. Dunque, dottrina e giurisprudenza hanno chiarito il concetto di abnormità, assegnandole il ruolo di legalizzare la deroga ai citati principi e la consequenziale tollerabilità del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti abnormi (abstract).

SOMMARIO:

1. Premessa

2. La vicenda

3. Il decisum della Corte

4. Il principio di tassatività delle impugnazioni: nullità degli atti e i suoi effetti

5. Note conclusive

1. PREMESSA.

Più di una volta le Sezioni della Cassazione hanno dovuto affrontare una vicenda processuale rimettendo alle Sezioni Unite il ricorso con l’invito di precisare le eventuali soluzioni sull’eventuale considerazione dell’abnormità del provvedimento con cui il giudice del dibattimento, stimata in maniera erronea la nullità della notificazione all’imputato dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, sia portato ad affermare la nullità del decreto di citazione a giudizio rimettendo, così, gli atti all’organo della pubblica accusa.

La problematica della definibilità degli atti processuali abnormi, con cui molte volte ha impegnato la Consulta nel risolvere la dibattuta questione, è tesa a fronteggiare circostanze d’impasse generate dalla scelta attuativa di provvedimenti che, in relazione alla propria struttura e alla funzione, si rivelavano lontani dall’ordinamento.

Con il decisum in rassegna la Consulta, ha composto il contrasto reperibile in sede di legittimità sulla quaestio se sia abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento, ritenuta la mancata notificazione all’imputato dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, disponga la restituzione degli atti al Pubblico Ministero dopo avere dichiarato per errore la nullità del decreto di citazione a giudizio.

Dunque, in tale prospettiva, la Corte ha ritenuto che non è abnorme, poiché espressione di un potere riconosciuto dall’ordinamento, il provvedimento con cui il giudice del dibattimento, rilevata la mancata notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, invero regolarmente notificato, dispone la restituzione degli atti al p.m. dichiarando, seppure per errore, la nullità del decreto di citazione a giudizio (1).

Quindi, le SS.UU. nell’affrontare fondamentalmente la tematica della abnormità del provvedimento del giudice del dibattimento ed in linea con il proprio orientamento, hanno sanato un contrasto giurisprudenziale (2).

2. LA VICENDA

La questione concerne la mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice di cui all’art. 388 c.p. commesso da due imputati. Il giudice perugino, nell’individuare la nullità della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini ad entrambi gli imputati, procedeva all’affermazione dichiarativa di nullità del decreto di citazione in giudizio, ordinando la trasmissione degli atti alla segreteria della pubblica accusa.

Ma, avverso tale provvedimento, il Procuratore della Repubblica di Perugia ricorrendo per cassazione rimarcava che il giudice era incorso in errore, essendo state le notifiche ritualmente realizzate a mezzo posta, per cui era stato generato l’effetto abnorme della restituzione degli atti al P.M. con l’indebita regressione del procedimento e chiedendo, quindi, l’annullamento dell’ordinanza.

Le Sezioni Unite, più volte impegnate su tale fattispecie, hanno fatto risaltare il fine affrontando circostanze d’impasse generate dall’utilizzo di rimedi la cui struttura o la funzione delineano l’estraneità all’ordinamento.

In buona sostanza, il concetto di “...abnormità dell’atto processuale che può riguardare tanto il profilo strutturale, allorchè l’atto per la sua singolarità si pone al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo” (3).

In particolare, le medesime Sezioni Unite nella dichiarazione avevano prospettato delle precisazioni ossia fintanto che la nullità del decreto di citazione disciplinata dal comma 2 dell’art. 555 c.p.p., rappresenta unica ragione tipica di regressione del processo, nell’ipotesi di nullità della notifica del decreto di citazione o di inadempienza del termine come sancito dal comma 3 dell’art. 552 c.p.p., al giudicante debba spettare personalmente il rinnovo della notifica, ex art. 143 disp. att., con il consequenziale atto di abnormità del provvedimento che si traduceva nella restituzione degli atti al p.m., obbligandogli di provvedere al rinnovo della notificazione (4)

La soluzione adottata dalla Corte, che ha stimato strutturalmente non configurabile la fattispecie giuridica citata, nel sostenere che ciò che caratterizza l’abnormità della scelta di un provvedimento è la reale presenza dell’autorità di impiegare siffatto atto con la conseguenza di non potere evincere l’abnormità dall’esito conclusivo, nella fattispecie, l’inopportuna regressione del processo. In tale accorto panorama, ultimamente si erano comparate delle tendenze in ordine alla vicenda proposta al parere di valutazione della Corte. Il principio di regressione del procedimento è strutturalmente atipico ed implica, naturaliter, l’abnormità del connesso provvedimento se discende da un atto utilizzato dal giudice scevro di potere, mentre il provvedimento con cui il medesimo, declarata la nullità del decreto di citazione, disponga la restituzione degli atti alla segreteria della pubblica accusa, non è ritenuto abnorme anche nell’eventualità ipotetica ove stimasi di una affermazione dichiarativa generata da un qui pro quo, posto che l’atto fa parte nell’ambito di competenza del giudice ed implica la insolita e particolare trasmissione degli atti al p.m. (5).

Si rinviene, poi, sul piano delle massime un indirizzo che, nel sostenere in maniera energica una palese fisionomia riduttiva dell’atto abnorme, non consentiva di avvalersi del concetto di abnormità, allorquando l’atto ovvero il provvedimento che si intendeva destituire faceva parte del potere del giudice che lo aveva emesso, non soltanto ma si sarebbe incorso in una mera difficoltà nel dedurre l’abnormità dall’effetto generato per cui era essenziale un netto distinguo del procedimento regresso originato dall’impiego di provvedimenti avulsi, sia dell’ordinamento sia della struttura dell’apparato del processo, dalla regressione del procedimento a causa di un atto facente parte delle funzioni e poteri del giudice che aveva emesso il provvedimento.

In buona sostanza, benché le premesse idonee a regolarizzare legittimamente l’emissione del provvedimento del giudice siano state stimate inesattamente, la Corte, come correttamente avvalorato, sostiene che se il provvedimento del giudice è manifestazione di un autentico potere che gli viene attribuito dall’ordinamento, si manifesta chiaramente una presente configurabilità di una regressione acconsentita. In sostanza, con riguardo al rinnovo della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini nei confronti degli indagati, si viene a prospettare un problema che non implica intralcio alcuno nell’attività della pubblica accusa.

Orbene, pacifico oramai che la questione inerente l’adozione del provvedimento del giudicante, benché emesso con declaratoria di nullità del decreto di citazione a giudizio in maniera erronea, non sia qualificabile quale concetto di abnormità bensì illegittimo, posto che le eventuali conseguenze derivanti dagli esiti dell’atto non rappresentano pregiudizio alcuno nello svolgimento in itinere del processo.

In breve, il concetto di regressione del procedimento oppure del processo, dalla fase dibattimentale a quella delle indagini preliminari, non generando esiti negativi impone la rimozione della tanto affermata abnormità poiché, come già ribadito, non si configura difficoltà impeditiva alcuna dell’esercizio del p.m. nell’attività di rinnovo della notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini.

3. IL DECISUM DELLA CORTE

La Corte, per il tema particolarmente controverso, ha fatto risaltare l’interessante pronuncia della Cass. pen. Sez. Unite, 29-05-2002, n. 28807, Manca (6) per la quale la regressione del procedimento va essenzialmente valutata strutturalmente atipica coinvolgendo l’abnormità del collegato provvedimento nell’ipotesi derivasse da un atto adottato dal giudice carente di potere, mentre il provvedimento con cui il medesimo, declarata la nullità del decreto di citazione, provveda alla restituzione degli atti alla segreteria del p.m., non è da ritenersi abnorme, anche nell’eventualità ipotetica si ritenga di una affermazione dichiarativa generata da un qui pro quo, posto che l’atto fa parte nell’ambito di competenza del giudice ed implica la insolita e particolare trasmissione degli atti al p.m.

E’ significativo, peraltro, che l’orientamento seguito dalla giurisprudenza della Corte di legittimità, il concetto di abnormità funzionale va misurato al caso nel quale il provvedimento del giudice obblighi la pubblica accusa ad un’esecuzione che realizzi un atto nullo che può essere evidenziato in itinere del procedimento o del processo. Quindi, evidenziati tali aspetti, la regressione non può e non deve essere stimata un aspetto peculiare dell’abnormità, nel senso di ripresa dalla fase dibattimentale a quella delle indagini preliminari. Le ragioni di questa scelta, come fatta risaltare dalla Corte nel proprio decisum, vanno individuate nella ragione di non fondatezza di difficoltà del p.m. nel procedere al rinnovo della notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini.

Così, nelle conclusioni della Corte, è stata esclusa la configurabilità di un’ipotesi di abnormità nell’esercizio del potere del giudice di impiegare il provvedimento, a condizione che non venga a realizzarsi lo stallo del procedimento, per l’inattuabilità dell’accusa nel portare avanti il procedimento evitando, così, la nullità dell’atto che può essere desunta in itinere del medesimo

Ma la Corte, andando al di là di tali attente valutazioni e facendo ressa, con l’obiettivo di semplificare le barriere dell’abnormità e di conservare l’evento nei margini del concetto atipico e residuale, ha con risolutezza acclarato che il “limite logico previsto per evitare un eccessivo ricorso alla categoria dell’abnormità è rappresentato, innanzitutto, dai c.d. vizi innocui, che si riscontrano nei casi in cui vi è una irrilevanza sopravvenuta dell’anomalia” le quali ritraggono “ipotesi in cui il giudice ha esercitato un potere che non gli spettava, ma non si è comunque realizzata alcuna stasi del processo, anche se vi sia stata indebita regressione” posto che, gli effetti da essi scaturenti, possono essere sanabili.

La critica, pertanto, ha un essenziale caposaldo che si mostra in modo indiscutibile. In realtà alcune dottrine, sul concetto di abnormità (7), non contestano il loro modus operandi né tanto meno la sua utilizzazione. Ma la concreta e vasta esperienza giurisprudenziale ha avvalorato che così non è, poiché la regressione del procedimento o del processo non è un elemento qualificante, « nel senso di “ritorno” dalla fase del dibattimento a quella delle indagini» e, quindi, «deve ribadirsi che se l’atto del giudice è espressione di un potere riconosciutogli dall’ordinamento, si è in presenza di un regresso “consentito”, anche se i presupposti che ne legittimano l’emanazione siano stati sussistenti in modo errato. A questi criteri, con ogni evidenza, non importa «che il potere sia stato male esercitato, giacchè in tal caso esso sfocia in un atto illegittimo, ma non in un atto abnorme».

La conclusione, pertanto, non può che essere quella enunciata dalla decisione che mette in risalto l’opportunità di contenere l’ipotetico concetto di abnormità strutturale nell’ipotesi di esercizio da parte

del giudice di un potere che l’ordinamento processuale non gli conferisce ovverosia impiegato totalmente in una circostanza processuale difforme da quella, naturaliter, rappresentata dall’ordinamento giudiziario, giungendo, così, alla dichiarazione che il provvedimento del giudice formulato nell’esercizio del potere di impiegarlo non è abnorme se ad esso non realizzi lo stallo del procedimento a causa dell’irrealizzabilità da parte della pubblica accusa di seguitarlo senza conseguire ad un atto nullo rilevabile in itinere del procedimento.

4. IL PRINCIPIO DI TASSATIVITA’ DELLE IMPUGNAZIONI: NULLITA’ DEGLI ATTI E I SUOI EFFETTI

Del resto, la disposizione di cui all’art. 111, 7° co., Cost. (8), nel suo dato testuale, tesa a valorizzare ed accrescere le disposizioni inerenti il tema sulle impugnazioni, aggregò un’indipendente stimolo di ricorso per legittimità avverso i provvedimenti concernenti la violazione di legge (9) per la quale la ricomposizione di individuazione dei tratti che caratterizzano il concetto di atto abnorme, continuativamente sbiadito ed ambiguo, ebbe a subire indiscutibilmente delle innovazioni.

La comparsa della Costituzione, e nel caso di specie, particolarmente l’art. 111, comma 7 concorse a totalmente a modificare l’apparato sulle modalità essenziali del fenomeno ove statuiva che «contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge».

La tempestiva affermata realizzazione del citato articolo, naturaliter da recepire quale «norma generale di diritto processuale», tese ad accrescere e valorizzare le norme inerenti le impugnazioni in quanto ebbe ad inserìre una motivazione autosufficiente di ricorso per legittimità avverso tutti i provvedimenti giurisdizionali che, come già ribadito, riguardavano la «violazione di legge» su cui ebbe a modificare il concetto de abnormità.

Per altro verso, e come pure si è già ribadito, il concetto di abnormità è frutto di una elaborazione giurisprudenziale maturato nella vigenza del codice Rocco al fine di asservire a gravame i provvedimenti non affetti da fattezze di invalidità e, quindi, per nulla impugnabili, ma alterati da pesanti difformità il cui composito quadro li colloca all’esterno dell’ordinamento giuridico (10).

Anche il Conditor nel codice vigente non ha manifestato angoscia alcuna nell’argomentare, senza sottintesi, la nozione dell’abnormità posto che, all’atto dei lavori in corso del codice, si annunciava una palese difficoltà di rendere conforme a tipo le teorie (11).

Alla luce di tutte le svolte considerazioni, è necessario fare espresso richiamo agli artt. 568 e 592 ove il giudice delle leggi sancisce le “disposizioni generali” inerenti le norme ai vari mezzi di impugnazione.

A fondamento del sistema vige il principio di tassatività interpretato in senso oggettivo vale a dire esteso ai provvedimenti impugnabili nonché in senso soggettivo in relazione ai soggetti che intendono proporre ricorso ad un mezzo di gravame.

Notevoli, quindi, sono state le pronunce che hanno risolto, grazie al principio di tassatività, notevoli diatribe impiegate (12) nonché dottrine che hanno sostenuto, fermamente, che “ Il principio di tassatività dei casi e dei mezzi di impugnazione è finalizzato alla realizzazione della duplice esigenza che il controllo investa, parallelamente i provvedimenti che la legge stessa non considera inoppugnabili e che esso si effettui con le forme che la legge individua, fermi restando il temperamento derivante dal principio della conservazione dell’impugnazione – per il quale ai sensi dell’art. 568, 5° comma c.p.p., l’erronea qualificazione data dalla parte non può pregiudicare l’ammissibilità di quel mezzo di impugnazione di cui l’interessato, ad onta dell’inesatta «etichetta», abbia effettivamente inteso avvalersi, operando l’automatica «conversione» (rectius, qualificazione) dell’impugnazione – e le altre ipotesi di deroga di seguito trattate” (13).

L’essenza caratteriale conferita al principio di tassatività delle impugnazioni nonché l’art. 111, 7° comma Cost., che dava la possibilità di proporre il ricorso avverso i provvedimenti abnormi per “violazione di legge” (14) conservarono pienamente detta tipologia fino alla entrata in vigore del nuovo codice (15).

A riguardo, occorre, peraltro, dare rilievo che il nostro sistema processuale delinea una considerevole percentuale di garanzie tutelate dalla nullità degli atti. In particolare, secondo tale schema, l’elemento caratterizzante della nullità si desume dal comma 3° dell’art. 185 c.p.p. ove “ la dichiarazione di nullità comporta la regressione del procedimento allo stato o al grado in cui è stato compiuto l’atto nullo, salvo che sia diversamente stabilito” per il quale fra l’altro la Corte Costituzionale era stata chiamata a pronunciarsi sull’illegittimità costituzionale del disposto combinato articolo nonché dell’art. 429 comma lett. f) che, secondo il giudice rimettente, tale norma esprime una trasgressione del principio di ragionevole durata del processo, come statuito dall’art. 111 Cost., in quanto la nullità del decreto che dispone il giudizio per erronea indicazione del luogo di comparizione consegue, inevitabilmente, alla regressione del procedimento nella fase degli atti introduttivi dell’udienza preliminare, essendo tenuto il g.u.p., previa fissazione dell’udienza, al rinnovo del decreto.

Alla luce, quindi, dei rilievi sinora svolti, il concetto di abnormità è quello che espone irregolarità genetiche o razionali da sostenere mutamenti sostanziali e da non potere essere collocato nel modello con valore di legge del processo.

D’altra parte, anche la dottrina e la giurisprudenza si sono prodigate a posizionare la tipologia dell’abnormità in profondo rapporto con il principio della tassatività che, sine dubio, è volta a devastare il sistema delle impugnazioni in genere e, conseguentemente, del ricorso per cassazione.

Sotto questo profilo, la categoria dell’abnormità assimila un dirottamento dell’autentica finalità giurisdizionale che non riflette in modo alcuno il prototipo secondo ex lege, ma si pone oltre l’ambito in cui è accreditata dall’ordinamento.

Tuttavia, tale categoria è riconoscibile unicamente per l’assenza di successivi dispositivi di gravame, ossia come ribadito, di opportunità circostanziali donate dall’impianto per conseguire celermente ad un espediente risolutivo alla singolare irregolarità della decisione nella sfera del processo e delle proprie fasi.

Ad oggi, la duttilità della categoria dell’abnormità non ha cambiato crosta neppure con il cambiamento dal vecchio al nuovo codice, consentendo – atteso l’assenza di previsioni normative – la permanenza dei segni caratteristici del fenomeno che da allora era giunto al processo di maturazione (16).

Ci si chiede, tuttavia, quale ragione di norme codificate del fenomeno dell’abnormità, al di là di tale categoria (atipica ed anomala), debba essere preso in considerazione la effettiva reiterazione del principio di tassatività delle impugnazioni nella misura del rito all’epoca in vigore, ove veniva statuito che è “la legge a stabilire i casi nei quali i provvedimenti del giudice sono soggetti ad impugnazione” così, stabilendo “il mezzo con cui possono essere impugnati” (17).

Alla stregua, pertanto, dei citati parametri di valutazione si può addivenire alla definizione concettuale della nullità quale “sanzione processuale” che, nell’ipotesi e nelle linee estreme rigorosamente statuite, vulnera l’atto ex lege validamente fondato, ma dissimile in relazione all’apparato giuridico.

L’atto nullo, qualsiasi sia il sistema sanzionatorio, anche nella massima estensione (nullità insanabile, c.d. assoluta), genera gli effetti che gli viene attribuito dalla legge processuale fino a che, la nullità non venga verificata in circostanze endoprocessuali, naturaliter, antecedentemente alla fase realizzativa del giudicato non solo, bensì in una situazione anteriore, nel caso di specie, nell’ipotesi di giudizio di rinvio a seguito di annullamento della Cassazione (18).

Un’altra considerazione potrebbe emergere nell’ipotesi dell’esclusione del concetto di abnormità, soltanto in casi di puri provvedimenti nulli che in ordine a questi, il principio di tassatività (19) non può essere in assoluto valicato (20).

5. NOTE CONCLUSIVE

Consegue, alle considerazioni svolte, l’indebita regressione del provvedimento con cui il giudice dispone la restituzione degli atti al P.M. che esula, invero, dal sistema.

Oltre a ciò, a fronte di atti contrassegnati da piena particolarità in relazione al sistema giuridico del procedimento ossia di quella natura da generare l’irrealizzabilità del prosieguo del procedimento, la giurisprudenza di legittimità ha stimato in maniera energica di correggere anzidette circostanze con l’impugnazione in cassazione, con il meticoloso scopo di eliminare un provvedimento per nulla inserito nel sistema e che, in buona sostanza, rappresenta una seria difficoltà alla evoluzione processuale.

D’altra parte, i confini sistematici e razionali per sottrarsi al principio di abnormità sono caratterizzati dalle imperfezioni inette che si possono rilevare nelle ipotesi nelle quali espunge una scarsa importanza sopraggiunta dell’irregolarità, connaturata ad un provvedimento susseguente.

Di tale circostanza, trattasi del giudice che, benché si sia servito di un potere che non gli è stato attribuito, non si è verificato stallo alcuno del processo, nonostante la regressione indebita, i cui effetti logici, grazie alle valide legali energie propulsive, siano in grado di porvi rimedio.



(1) Cfr., a riguardo, nello specifico Cassazione penale, Sez. Un. Penali, 26 marzo 2009 ( dep. 22 giugno 2009), n. 25957, p.m./Toni ed altro, massimata in Cassazione penale, 2009, 1, 269, ove si evidenzia un cambio di direzione. Sul tema in giurisprudenza si rinvia, per i più recenti apporti, a Cass. pen. Sez. III, 3 dicembre 2009 – 3 marzo 2010, n. 8305; Cass. pen. Sez. I, 20-04-2010, n. 17706 (rv. 247066); Cass. pen. Sez. III, 13-04-2010, n. 22020 (rv. 247603); Cass. pen. Sez. III, 25-03-2010, n. 17198 (rv. 246989); Cass. pen. Sez. III, 25-03-2010, n. 18540 (rv. 247154); Cass. pen. Sez. II, 10-03-2010, n. 22668 (rv. 247404); Cass. pen. Sez. IV, 05-03-2010, n. 15652 (rv. 247027); Cass. pen. Sez. I, 21-01-2010, n. 13531 (rv. 246829); Cass. pen. Sez. VI, 01-12-2009, n. 47348 (rv. 245490); Cass. pen. Sez. IV, 19-11-2009, n. 48033 (rv. 245795); Cass. pen. Sez. II, 19-11-2009, n. 46623 (rv. 245465); Cass. pen. Sez. I, 27-10-2009, n. 44195 (rv. 245678); Cass. pen. Sez. I, 21-10-2009, n. 42469 (rv. 245573); Cass. pen. Sez. III, 07-07-2009, n. 36059 (rv. 244899); Cass. pen. Sez. III, 25-06-2009, n. 35189 (rv. 244599); Cass. pen. Sez. V, 18-03-2009, n. 24589 (rv. 244089); Cass. pen. Sez. I, 26-02-2009, n. 13592 (rv. 243557); Cass. pen. Sez. Unite, 22-11-2000, n. 33 (rv. 217244); Cass. pen. Sez. Unite, 10-12-1997, n. 17 (rv. 209603); adde, Cass. pen. Sez. Unite, 29-05-2002, n. 28807, Manca (rv. 221999), con nota, in senso favorevole alla decisione, C. DELL’AGLI, L’autorità competente alla rinnovazione della citazione e la regola di regressione: un equanime definitivo rimedio delle sezioni unite ad uno sterile empasse ermeneutica giurisprudenziale in Arch. n. proc. penale, 2005, 485; Sez. I, 27 gennaio 2009, Schepis, in C.E.D. Archivio penale RV242223; in dottrina vds., G. SANTALUCIA, L’abnormità dell’atto processuale penale, Ed. Cedam, Padova 2003; nota a Cassazione in rassegna, G. TODARO, Erronea declaratoria di nullità del decreto di citazione a giudizio conseguente regressione del procedimento: spunti per una riflessione sull’abnormità dell’atto processuale penale, in Cass. Pen. 2009, 12, 4549 il quale condivide la conclusione cui perviene la Corte poiché “costituisce stimolo di riflessione intorno ad una categoria ancora nebulosa qual’ è l’abnormità dell’atto processuale penale”.

(2) Conformi, Cass. pen. Sez. IV, 25-03-2010, n. 14579 (rv. 247030); Cass. pen. Sez. VI, 29-09-2009, n. 49525 (rv. 245647); Cass. pen. Sez. III Ord., 28-05-2008, n. 26770 (rv. 240272); Cass. pen. Sez. V, 02-07-2007, n. 31904 (rv. 237571); Cass. pen. Sez. II, 23-11-2006, n. 40230 (rv. 235808); Cass. pen. Sez. V, 13-06-2006, n. 30369 (rv. 235321); Cass. pen. Sez. V Ord., 17-03-2005, n. 16212 (rv. 233591); Cass. pen. Sez. V, 06-11-2000, n. 4601 (rv. 217446); contrarie, Cass. pen. Sez. III Sent., 03-04-2007, n. 16836 (rv. 236811); Cass. pen. Sez. IV, 08-06-2006, n. 26867 (rv. 234810); Cass. pen. Sez. I, 13-01-2006, n. 6921 (rv. 233576); Cass. pen. Sez. III, 03-03-2004, n. 14756 (rv. 228531); vds., A. MONTAGNA, Regressione del processo e abnormità, Osservatorio Corte di Cassazione in Dir. Pen. e Processo, 2009, 9, 1098; Rivista penale, 2010, 3, 320 massimario; Il sole 24 ore, Mass. Repertorio Lex24.

(3) Ex plurimis S.U. 22 novembre 2000, dep. Il 13 dicembre 2000, n. 33, P.M. in proc. Boniotti; Cass. pen. S.U. 24 novembre 1999, dep. 26 gennaio 2000 n. 26, Magnani; altresì, La pronuncia in rassegna trovasi pubblicata [RV243590] in Rivista penale, 2010, 3, 320 Mass. adde, M. CATALANO, Il concetto di abnormità fra problemi definitori ed applicazione giurisprudenziale, in questa Diritto penale e processo, 9, 2000, 1240; A. BELLOCCHI, Si amplia il catalogo dell’abnormità: l’indebita restituzione degli atti al pubblico ministero per la rinnovazione del decreto di citazione a giudizio, in Giur. it., 2006, 1919; M. CAIANIELLO, Sull’abnormità della sentenza emessa dal giudice collegiale senza ritirarsi in camera di consiglio, in Cass. pen., 2005, 3957; A. MACCHIA, Ma rilevare una nullità inesistente non può ritenersi atto abnorme, in D& G, 2004, 9, 41; A. MARANDOLA, Impugnazioni in Trattato di procedura penale (a cura di G. Spangher), 2009, 14 ove l’autore, con l’intervento delle Sezioni Unite, stima valicata la quaestio connaturata alla foggia del provvedimento con cui il giudice declara la nullità del decreto di citazione a giudizio.

(4) L’affermazione della Corte a Sez. Un., era dettata particolarmente dalla decisione del 29 maggio 2002, dep. 26 luglio 2002, n. 28807, Manca, in Diritto penale e processo, 2002, 10, 1199; In dottrina e in giurisprudenza la categoria dell’abnormità sembra essere assimilata in quella dell’inefficacia degli atti processuali penali, posto che un atto può definirsi abnorme poiché non conforme ai criteri normativi di richiamo. Cfr, sull’argomento, CAPRIOLI, Commento all’art. 568 c.p.p., in Commentario breve al codice di procedura penale, a cura di Conso-Grevi, Cedam, 2005, 1955.

(5) Con specifica relazione al decisum in rassegna allo scopo di consentite al p.m. la rinnovazione del decreto di citazione che sembrerebbe abnorme e, conseguentemente, in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo (art. 111 2° comma) cfr., Cass. pen. sez. un., 26 luglio 2002, n. 28807, Manca, cit., con nota di C. DELL’AGLI, cit. ove l’atto, con cui il giudice del dibattimento ha disposto con provvedimento la restituzione degli atti al p.m., per mero errore, nel caso di nullità della notifica del decreto di citazione o di omessa osservanza del termine di cui all’art. 552, comma 3° c.p.p. dando origine, quindi, ad una indebita regressione del procedimento, è stato stimato abnorme; GARUTI, La rinnovazione della citazione in giudizio e della notificazione in Diritto penale e processo, 2003, 575.

(6) V., per tutti, C. DELL’AGLI, op. cit., 486; RIVIEZZO, Il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, in AA.VV., Il nuovo processo penale davanti al giudice unico, Milano, 2000, 189; GARUTI, La rinnovazione della citazione a giudizio e della notificazione, in Diritto pen. processo, 2003, 578; POTETTI, Nullità della citazione a giudizio e principio di regressione del procedimento, in Cass. pen., 2003, 2386; BRICCHETTI, Le sezioni unite cancellano l’abnormità della restituzione degli atti al p.m., in Guida al diritto, 2002, 46, 57; PEZZELLA, Notificazione tardiva del decreto di citazione, il giudizio non regredisce, in Diritto e Giustizia, 2002, 37, 28; CREMONESI, Nuove ipotesi di rinnovazione della notifica del decreto di citazione a giudizio, in Arch. n. proc. penale, 2003, 279 ; Cass. pen., Sez. un., 13 luglio 1993, Garonzi (c.c. 18 giugno 1993) in Cass. pen. 1993, 2511 ed ivi 1993, 572 ove i principi assegnati dalle Sezioni unite – con riferimento all’interpretazione dell’istituto del rinnovo della citazione – sono sostenuti energicamente dal giudizio, oramai, acclarato che l’art. 143 disp. att. c.p.p. illustri la palese espressione in un particolare scenario normativo di compatti modelli che si reperiscono nel rito codicistico. I principi ermeneutici, poi, sui quali si adeguano le Sezioni unite, in ordine alla interpretazione dell’istituto della rinnovazione, si poggiano pienamente sull’art. 143 att. disp. c.p.p. il quale rappresenta un preciso ambito del testo normativo di articolati principi che si recuperano; Sulla nozione di abnormità, vista da un quadro restrittivo, sez. I, 4 novembre 2004, Istvan, n. 46064, in Ced Cass 230528; sez. I, 27 giugno 2006, Papeo, n. 30828, ivi, 234794 sez. V, 17 marzo 2005, Latifi, n. 16212, ivi, 233591;; sez. V, 2 luglio 2007, Fantin, n. 31904, ivi,237571; sez. V, 2 marzo 2006, Belotti, ivi, 234707; sez. V, 13 giugno 2006, Nanna, ivi, 235231; sez. II, 23 novembre 2006, Celona, ivi, 235808; sez. III, 28 maggio 2008, Amatucci, n . 26770, ivi, 240272. Mentre visto da un ampio indirizzo sez. III, 3 aprile 2007, Di Stefano, n. 16836, rv 236811 sez. III, 3 marzo 2004, Genovese, n. 14756, in Ced cass 228531; sez. IV, 8 giugno 2006, Panichelli, n. 26867, ivi, 234810; sez. IV, 13 aprile 2005, Venuda, n. 20894, ivi, 231823; sez. I, 13 gennaio 2006, Rejewski, n. 6921, rv 233576; sez. II, 4 maggio 2007, Singh, n. 26528, rv 237160; Cass. pen. S.U., 24 marzo 1995, Cirulli in Cass. pen., 1995, 2829 con nota di A. GALANTI, Una nuova decisione delle sezioni unite sull’autorità competente alla rinnovazione della citazione degli imputati nel procedimento pretoriale e con nota di RIGO, Questioni varie in tema di rinnovo della citazione in Diritto penale e processo, 1996, 461 ; G. DI NARDO, La rinnovazione del decreto di citazione nel giudizio pretorile, in Arch. nuova procedura penale, 1992, 315; si vedano, fra le diverse pronunce, Cass. pen. sez. I, 8 ottobre 1991, Bellini, in Giu. It., 1992II, 421; Cass. pen., sez. V, 11 marzo 1993, P.G. in proc. Mezzani; G. VERRINA, Principio di tassatività delle impugnazioni, provvedimenti abnormi e ricorso per cassazione, in Giur.it, 2003, 3, 561; VITELLO, Il rinnovo della citazione ad opera del pretore: casi e limiti, in Diritto penale e processo, 1995, 700; D. ZIGNANI, Diniego del giudizio abbreviato: tra abnormità e conflitto di competenza, in Diritto penale e processo, 2003, 982; ID., Sulla nozione di abnormità nel processo penale, in RDPr, 2003, 245; E. ZURLI, Osservazioni in tema di modificazione dell’imputazione da parte del giudice dell’udienza preliminare, in Cass. Penale, 1997, 1470.

(7) V. amplius, A. MARANDOLA, Impugnazioni in Trattato di procedura penale (a cura di G. Spangher), 2009, 10; D. ZIGNANI, op. cit.; SANTALUCIA, L’abnormità dell’atto processuale penale, Padova, 2003, 69 ove l’autore mette in risalto l’enorme sforzo di individuare in maniera severa i limiti dell’atto giurisdizionale nonché della propria natura ordinatoria o meno; M. CATALANO, Il concetto di abnormità fra problemi definitori ed applicazione giurisprudenziale, in Diritto pen. e processo, 2000, 1243; CIARNIELLO, Un’ipotesi di abnormità, in Cass. pen., 2001, 2167; F. MENCARELLI, Il provvedimento abnorme nella teoria del processo penale, Editore Jovene; M. CATALANO, Il concetto di abnormità fra problemi definitori ed applicazione giurisprudenziale, in Dir. pen. proc., 2000, III, 1240; BERNIERI, La impugnabilità dei provvedimenti così detti abnormi, in Annali di diritto e procedura penale, 1942, 669. R. CANTONE, Note minime a proposito del provvedimento abnorme, in Cass. pen., 1996, I, 184; Eadem., Puntualizzazioni sull’abnormità, in Cass. pen., 1998, VI, 3077; A. CASSIANI, Abnormità: prende il via la casistica nel procedimento innanzi al giudice di pace, in Cassazione penale, 2005, 2013; E. M. CATALANO, Giurisprudenza creativa nel processo penale italiano e nella common law: abnormità, inesistenza e plain error rule, in Riv .it. dir. proc .pen., 1996, 299; M. CATALANO, Il concetto di abnormità fra problemi definitori ed applicazione giurisprudenziale, in Dir. pen. proc., 2000, III, 1240; G. CONSO, Questioni nuove di procedura penale, Milano, 1959; F: CORDERO, Procedura penale, Giuffré, 1991, 121; A. A. DALIA – M. FERRAIOLI, Manuale di diritto processuale penale, V ed., Cedam, 2004; A. A. DALIA – R. NORMANNO, voce Nullità degli atti processuali, II) Diritto processuale penale, in Enc. giur., Treccani, vol. XXI, Roma 1990; C. U. DEL POZZO, La disciplina delle impugnazioni del provvedimento abnorme nel nuovo ordinamento processuale, in Giust. pen., 1958, II, c. 606; Cass., sez. I, 25 febbraio 2004, n. 12317/04, Cicero ed altri con nota di F. TETTO, Metamorfosi dell’imputazione e abnormità processuali: un singolare caso di regressione del procedimento a seguito di contestazione suppletiva dibattimentale, in Archivio della nuova procedura penale, 2005, 16, 214; O. MAZZA, La controversa rilevabilità d’ufficio dell’abnormità, in Cass. pen., 2005, 45, 3383; G. SANTALUCIA, L’abnormità dell’atto processuale penale, Cedam 2003; F. SANTANGELO, Il concetto di atto abnorme come tutela dagli atti “extra vagantes”, in Crit. Dir., 1991, n. 4, 27, 123.

(8) V. Relazione tenuta all’incontro di studio “ Art. 111 della Costituzione – le modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di formazione e di valutazione della prova di cui alla legge 1 marzo 2001, n. 63”, organizzato dall’ufficio dei referenti distrettuali per la formazione decentrata Distretto Corte di Appello di Salerno – Salerno 26 giugno 2001.

(9) Per indicazioni, in tal senso vedasi, TESAURO, Ancora sull’art. 111 della Costituzione ed il sistema delle impugnazioni penali, Foro penale, 1950, 249.

(10) Buona parte della dottrina, con l’entrata in vigore delle modifiche annunciate dalla l. 18 giugno 1955, n. 517 dall’art. 5 all’art. 190 del codice di procedura penale, aveva stimato che la pecca di violazione ex lege dell’art. 111 Cost. fosse inclusiva anche della nozione di abnormità, con i relativi effetti che tale anomalia non si sarebbe riflessa principalmente sulle sentenze. A tale proposito v. CATALANO, op. cit., 1240.

(11) In tal senso, Cass. pen., sez. un., 1 febbraio 2008, Battistella, con nota di C. DELL’AGLI, Le vicende dell’imputazione generica: poteri-doveri di esercizio di controllo dell’azione e dell’imputazione spettanti al Giudice per l’udienza preliminare in Arch. n. proc. penale, 2010, 2, 177, ove, conformemente alla pronuncia, sostiene che “sarebbe, invece, da ritenere atto qualificato abnorme il provvedimento con il quale il g.u.p. disponga la restituzione degli atti al pm per la genericità o l’indeterminatezza dell’imputazione, senza averlo invitato di precisarla e, quindi ricorribile in cassazione” e, con nota di PISTORELLI, Imputazione generica o indeterminata e poteri del giudice dell’udienza preliminare nell’interpretazione delle Sezioni Unite della Cassazione, in Cass. pen. 2008, 2318; adde, M. L. DI BITONTO, Richiesta di rinvio a giudizio con capi di imputazione generici in Diritto penale e processo, 1999, 1021; D. SIRACUSANO, Abnormità e ricorribilità per cassazione dei provvedimenti giurisdizionali del pubblico ministero, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 1963, 315; A. M. ROMANO, Declaratoria di nullità della richiesta di rinvio a giudizio: un problema di abnormità in Giurisprudenza Italiana, 1993, II, 706; F. MENCARELLI, Il provvedimento abnorme nella teoria del processo penale, Napoli 1984; M. MUSCO, Un’ipotesi di atto processuale difforme dalla fattispecie legale tra “abnormità” e “irregolarità”, in Cass. pen., 2004, 44, 1002; G. PETRELLA, Le impugnazioni nel processo penale, Milano 1965, I; DENTI, In tema di provvedimenti giudiziali abnormi, in Giur. it., 1955, sez. I, parte II, c. 532.

(12) L’opinione è, nondimeno, nella giurisprudenza di legittimità. V., a riguardo Cass., sez. II, 25 settembre 2003 n. 47389 del 2003, p.m. in proc. Morleo ove viene affermato l’inammissibilità del ricorso per cassazione avverso l’ordinanza con la quale il giudice – constatata la nullità dell’avviso di conclusione delle indagini che non era stato allegato nel fascicolo del dibattimento – abbia proceduto alla trasmissione degli atti alla segreteria dell’accusa, atteso che nell’ordinamento che ci appartiene, che prevede il principio di tassatività delle impugnazioni, la relativa ordinanza non è in condizioni di subire gravame alcuno, dato che, in tale logicità non sussiste una enunciata ipotesi; ancora Cass., sez. II, 18 novembre 2003, n. 47075 del 2003, Manzi che non ha stimato non impugnabile l’emesso provvedimento di rigetto del g.i.p. della richiesta di ammettere la testimonianza, con le modalità dell’incidente probatorio, di un teste chiamato dalla difesa dell’imputato che non ha presieduto l’udienza per rendere le dovute dichiarazioni.

(13) Tale nozione è fatta proprio da A. MARANDOLA, Provvedimenti impugnabili a mezzo di impugnazione: riserva di legge (Tassatività)- Impugnazioni in Trattato di procedura penale (a cura di G. Spangher), 2009, 4.

(14) Cass. S.U., 12-2-1998, Di Battista, RIDPP, 1999, 324; Cass. S.U., 9-5-1989, Goria, CP, 1989, 1435.

(15) Cfr. Cass. pen., sez. I, 16-1-1986, Minore, in Mass. Uff., 172088; Cass. pen., sez. I, 10-10-1980, Vargiu, ivi, 146339.

(16) Addirittura alla Cassazione, all’epoca del codice abrogato, veniva conferito il merito per la “lodevole creazione giurisprudenziale”, con riguardo v. BELLAVISTA-TRANCHINA, Lezioni di diritto processuale penale, Milano, 982, 528.

(17) V., a riguardo, il 1° comma dell’art. 568 c.p.p.; adde, RAMAIOLI, Le impugnazioni penali: appello, cassazione, revisione, Padova, 1994, 5; SPANGHER, Le impugnazioni penali, in Digesto discipline penalistiche, VI, Torino, 1992, 217.

(18) Per l’orientamento, a riguardo cfr. art. 627, comma 4 c.p.p.; DOMINIONI, in Commentario Amodio- Dominioni, vol. II, p. 271; quanto, invece, alla formazione del giudicato v. Cass. pen. sez. un., 11 maggio 1993, Ligresti in Arch. n. proc. penale, 1993, 441; Cass. pen. sez. un. 23 novembre 1990, Agnese; adde, Cass. pen. 1993, 2499 con nota di G. SPANGHER.

(19) Il disposto art. 177 c.p.p. secondo cui “L’inosservanza delle disposizioni stabilite per gli atti del procedimento è causa di nullità soltanto nei casi previsti dalla legge” si riferisce a tutte le sanzioni per cui il principio di tassatività non è esteso alla sanzione di nullità come farebbe ritenere lo stesso articolo. Infatti, il principio di tassatività è stato, secondo la giurisprudenza, applicato in maniera rigorosa e costante.

(20) Si veda, quale esempio, Cass. pen. sez. IV, 4 febbraio 2004, n. 22859/04, Boukessra, C.E.D., Cass., n. 228780 la quale ha stimato che il provvedimento con cui il g.u.p., rilevato l’omesso invio dell’avviso della conclusione delle indagini preliminari per il disposto art. 415-bis, declara “de plano” fuori dall’udienza nonché in assenza del contraddittorio tra le parti, la nullità della richiesta di rinvio a giudizio inoltrata dalla pubblica accusa, è illegittimo e non abnorme, poiché – come si è ribadito – fa parte dell’ambito dei poteri attribuiti al giudice e, quindi non cagiona lo stallo processuale non diversamente rimovibile; ex plurimis, Cass. Penale, sez. II, 14-06-2010 (10-03-2010), n. 22668 la quale sostiene che non può ritenersi abnorme la richiesta rivolta dal tribunale in composizione monocratica al PM di occuparsi della notificazione del decreto di citazione a giudizio alle persone offese, nella contestuale fissazione del rinvio dell’udienza, poiché, posto la non previsione ex lege, essa non è né avulsa al sistema normativo, né vantaggiosa di una circostanza di stallo processuale. V. correlazioni di giurisprudenza Cass. pen., sez. II, 25-06-2008, n. 25769 - RV241443; Cass. pen., sez. Unite, 12-02-1998, n. 17 - RV209603; Cass. pen., sez. Unite, 13-12-2000, n. 33 - RV217244; Cass. pen., sez. Unite, 26-07-2002, n. 28807 - RV221999; Cass. pen., sez. Unite, 22-06-2009, n. 25957 - RV243590; Cass. pen., sez. I, 12-04-2010 (21-01-2010), n. 13531 (ord.), la quale sostiene che non è abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento, constatando l’omessa notifica del decreto di citazione a giudizio al difensore di fiducia dell’imputato, rinvia il procedimento ad altra udienza, disponendo che la pubblica accusa si preoccupi alla notificazione del suddetto atto; adde, inoltre Cass. pen., sez. VI, 22-02-2010, n. 7088 - RV246089.

[Questo scritto è dedicato ad un carissimo amico scomparso, il Prof. Proietto Benito, Prof. di Diritto Comparato all’Università degli studi La Sapienza di Roma, uomo molto socievole, semplice, fecondo di intuizioni, stimato per le sue elevate doti di serietà scientifica e di rimarchevole equilibrio]

Abstract:

La suprema Corte, in sede di legittimità, nell’esaminare la rilevanza dei vasti sistemi di esperienza nei processi in tema di nullità per indebita regressione – attraverso il laborioso itinerario giurisprudenziale – se sia abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento, ritenuta la mancata notificazione all’imputato dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, disponga la restituzione degli atti al Pubblico Ministero dopo avere dichiarato per errore la nullità del decreto di citazione a giudizio, risolve il contrasto giurisprudenziale sul punto de quo affermando che non sia da stimarsi abnorme, il provvedimento emesso nell’esercizio del potere di adottarlo se ad esso non consegua lo stallo del procedimento o del processo per l’ineseguibilità da parte del P.M. di seguitarlo, senza realizzare un atto nullo rilevabile in itinere del procedimento. Dunque, dottrina e giurisprudenza hanno chiarito il concetto di abnormità, assegnandole il ruolo di legalizzare la deroga ai citati principi e la consequenziale tollerabilità del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti abnormi (abstract).

SOMMARIO:

1. Premessa

2. La vicenda

3. Il decisum della Corte

4. Il principio di tassatività delle impugnazioni: nullità degli atti e i suoi effetti

5. Note conclusive

1. PREMESSA.

Più di una volta le Sezioni della Cassazione hanno dovuto affrontare una vicenda processuale rimettendo alle Sezioni Unite il ricorso con l’invito di precisare le eventuali soluzioni sull’eventuale considerazione dell’abnormità del provvedimento con cui il giudice del dibattimento, stimata in maniera erronea la nullità della notificazione all’imputato dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, sia portato ad affermare la nullità del decreto di citazione a giudizio rimettendo, così, gli atti all’organo della pubblica accusa.

La problematica della definibilità degli atti processuali abnormi, con cui molte volte ha impegnato la Consulta nel risolvere la dibattuta questione, è tesa a fronteggiare circostanze d’impasse generate dalla scelta attuativa di provvedimenti che, in relazione alla propria struttura e alla funzione, si rivelavano lontani dall’ordinamento.

Con il decisum in rassegna la Consulta, ha composto il contrasto reperibile in sede di legittimità sulla quaestio se sia abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento, ritenuta la mancata notificazione all’imputato dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, disponga la restituzione degli atti al Pubblico Ministero dopo avere dichiarato per errore la nullità del decreto di citazione a giudizio.

Dunque, in tale prospettiva, la Corte ha ritenuto che non è abnorme, poiché espressione di un potere riconosciuto dall’ordinamento, il provvedimento con cui il giudice del dibattimento, rilevata la mancata notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, invero regolarmente notificato, dispone la restituzione degli atti al p.m. dichiarando, seppure per errore, la nullità del decreto di citazione a giudizio (1).

Quindi, le SS.UU. nell’affrontare fondamentalmente la tematica della abnormità del provvedimento del giudice del dibattimento ed in linea con il proprio orientamento, hanno sanato un contrasto giurisprudenziale (2).

2. LA VICENDA

La questione concerne la mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice di cui all’art. 388 c.p. commesso da due imputati. Il giudice perugino, nell’individuare la nullità della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini ad entrambi gli imputati, procedeva all’affermazione dichiarativa di nullità del decreto di citazione in giudizio, ordinando la trasmissione degli atti alla segreteria della pubblica accusa.

Ma, avverso tale provvedimento, il Procuratore della Repubblica di Perugia ricorrendo per cassazione rimarcava che il giudice era incorso in errore, essendo state le notifiche ritualmente realizzate a mezzo posta, per cui era stato generato l’effetto abnorme della restituzione degli atti al P.M. con l’indebita regressione del procedimento e chiedendo, quindi, l’annullamento dell’ordinanza.

Le Sezioni Unite, più volte impegnate su tale fattispecie, hanno fatto risaltare il fine affrontando circostanze d’impasse generate dall’utilizzo di rimedi la cui struttura o la funzione delineano l’estraneità all’ordinamento.

In buona sostanza, il concetto di “...abnormità dell’atto processuale che può riguardare tanto il profilo strutturale, allorchè l’atto per la sua singolarità si pone al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo” (3).

In particolare, le medesime Sezioni Unite nella dichiarazione avevano prospettato delle precisazioni ossia fintanto che la nullità del decreto di citazione disciplinata dal comma 2 dell’art. 555 c.p.p., rappresenta unica ragione tipica di regressione del processo, nell’ipotesi di nullità della notifica del decreto di citazione o di inadempienza del termine come sancito dal comma 3 dell’art. 552 c.p.p., al giudicante debba spettare personalmente il rinnovo della notifica, ex art. 143 disp. att., con il consequenziale atto di abnormità del provvedimento che si traduceva nella restituzione degli atti al p.m., obbligandogli di provvedere al rinnovo della notificazione (4)

La soluzione adottata dalla Corte, che ha stimato strutturalmente non configurabile la fattispecie giuridica citata, nel sostenere che ciò che caratterizza l’abnormità della scelta di un provvedimento è la reale presenza dell’autorità di impiegare siffatto atto con la conseguenza di non potere evincere l’abnormità dall’esito conclusivo, nella fattispecie, l’inopportuna regressione del processo. In tale accorto panorama, ultimamente si erano comparate delle tendenze in ordine alla vicenda proposta al parere di valutazione della Corte. Il principio di regressione del procedimento è strutturalmente atipico ed implica, naturaliter, l’abnormità del connesso provvedimento se discende da un atto utilizzato dal giudice scevro di potere, mentre il provvedimento con cui il medesimo, declarata la nullità del decreto di citazione, disponga la restituzione degli atti alla segreteria della pubblica accusa, non è ritenuto abnorme anche nell’eventualità ipotetica ove stimasi di una affermazione dichiarativa generata da un qui pro quo, posto che l’atto fa parte nell’ambito di competenza del giudice ed implica la insolita e particolare trasmissione degli atti al p.m. (5).

Si rinviene, poi, sul piano delle massime un indirizzo che, nel sostenere in maniera energica una palese fisionomia riduttiva dell’atto abnorme, non consentiva di avvalersi del concetto di abnormità, allorquando l’atto ovvero il provvedimento che si intendeva destituire faceva parte del potere del giudice che lo aveva emesso, non soltanto ma si sarebbe incorso in una mera difficoltà nel dedurre l’abnormità dall’effetto generato per cui era essenziale un netto distinguo del procedimento regresso originato dall’impiego di provvedimenti avulsi, sia dell’ordinamento sia della struttura dell’apparato del processo, dalla regressione del procedimento a causa di un atto facente parte delle funzioni e poteri del giudice che aveva emesso il provvedimento.

In buona sostanza, benché le premesse idonee a regolarizzare legittimamente l’emissione del provvedimento del giudice siano state stimate inesattamente, la Corte, come correttamente avvalorato, sostiene che se il provvedimento del giudice è manifestazione di un autentico potere che gli viene attribuito dall’ordinamento, si manifesta chiaramente una presente configurabilità di una regressione acconsentita. In sostanza, con riguardo al rinnovo della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini nei confronti degli indagati, si viene a prospettare un problema che non implica intralcio alcuno nell’attività della pubblica accusa.

Orbene, pacifico oramai che la questione inerente l’adozione del provvedimento del giudicante, benché emesso con declaratoria di nullità del decreto di citazione a giudizio in maniera erronea, non sia qualificabile quale concetto di abnormità bensì illegittimo, posto che le eventuali conseguenze derivanti dagli esiti dell’atto non rappresentano pregiudizio alcuno nello svolgimento in itinere del processo.

In breve, il concetto di regressione del procedimento oppure del processo, dalla fase dibattimentale a quella delle indagini preliminari, non generando esiti negativi impone la rimozione della tanto affermata abnormità poiché, come già ribadito, non si configura difficoltà impeditiva alcuna dell’esercizio del p.m. nell’attività di rinnovo della notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini.

3. IL DECISUM DELLA CORTE

La Corte, per il tema particolarmente controverso, ha fatto risaltare l’interessante pronuncia della Cass. pen. Sez. Unite, 29-05-2002, n. 28807, Manca (6) per la quale la regressione del procedimento va essenzialmente valutata strutturalmente atipica coinvolgendo l’abnormità del collegato provvedimento nell’ipotesi derivasse da un atto adottato dal giudice carente di potere, mentre il provvedimento con cui il medesimo, declarata la nullità del decreto di citazione, provveda alla restituzione degli atti alla segreteria del p.m., non è da ritenersi abnorme, anche nell’eventualità ipotetica si ritenga di una affermazione dichiarativa generata da un qui pro quo, posto che l’atto fa parte nell’ambito di competenza del giudice ed implica la insolita e particolare trasmissione degli atti al p.m.

E’ significativo, peraltro, che l’orientamento seguito dalla giurisprudenza della Corte di legittimità, il concetto di abnormità funzionale va misurato al caso nel quale il provvedimento del giudice obblighi la pubblica accusa ad un’esecuzione che realizzi un atto nullo che può essere evidenziato in itinere del procedimento o del processo. Quindi, evidenziati tali aspetti, la regressione non può e non deve essere stimata un aspetto peculiare dell’abnormità, nel senso di ripresa dalla fase dibattimentale a quella delle indagini preliminari. Le ragioni di questa scelta, come fatta risaltare dalla Corte nel proprio decisum, vanno individuate nella ragione di non fondatezza di difficoltà del p.m. nel procedere al rinnovo della notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini.

Così, nelle conclusioni della Corte, è stata esclusa la configurabilità di un’ipotesi di abnormità nell’esercizio del potere del giudice di impiegare il provvedimento, a condizione che non venga a realizzarsi lo stallo del procedimento, per l’inattuabilità dell’accusa nel portare avanti il procedimento evitando, così, la nullità dell’atto che può essere desunta in itinere del medesimo

Ma la Corte, andando al di là di tali attente valutazioni e facendo ressa, con l’obiettivo di semplificare le barriere dell’abnormità e di conservare l’evento nei margini del concetto atipico e residuale, ha con risolutezza acclarato che il “limite logico previsto per evitare un eccessivo ricorso alla categoria dell’abnormità è rappresentato, innanzitutto, dai c.d. vizi innocui, che si riscontrano nei casi in cui vi è una irrilevanza sopravvenuta dell’anomalia” le quali ritraggono “ipotesi in cui il giudice ha esercitato un potere che non gli spettava, ma non si è comunque realizzata alcuna stasi del processo, anche se vi sia stata indebita regressione” posto che, gli effetti da essi scaturenti, possono essere sanabili.

La critica, pertanto, ha un essenziale caposaldo che si mostra in modo indiscutibile. In realtà alcune dottrine, sul concetto di abnormità (7), non contestano il loro modus operandi né tanto meno la sua utilizzazione. Ma la concreta e vasta esperienza giurisprudenziale ha avvalorato che così non è, poiché la regressione del procedimento o del processo non è un elemento qualificante, « nel senso di “ritorno” dalla fase del dibattimento a quella delle indagini» e, quindi, «deve ribadirsi che se l’atto del giudice è espressione di un potere riconosciutogli dall’ordinamento, si è in presenza di un regresso “consentito”, anche se i presupposti che ne legittimano l’emanazione siano stati sussistenti in modo errato. A questi criteri, con ogni evidenza, non importa «che il potere sia stato male esercitato, giacchè in tal caso esso sfocia in un atto illegittimo, ma non in un atto abnorme».

La conclusione, pertanto, non può che essere quella enunciata dalla decisione che mette in risalto l’opportunità di contenere l’ipotetico concetto di abnormità strutturale nell’ipotesi di esercizio da parte

del giudice di un potere che l’ordinamento processuale non gli conferisce ovverosia impiegato totalmente in una circostanza processuale difforme da quella, naturaliter, rappresentata dall’ordinamento giudiziario, giungendo, così, alla dichiarazione che il provvedimento del giudice formulato nell’esercizio del potere di impiegarlo non è abnorme se ad esso non realizzi lo stallo del procedimento a causa dell’irrealizzabilità da parte della pubblica accusa di seguitarlo senza conseguire ad un atto nullo rilevabile in itinere del procedimento.

4. IL PRINCIPIO DI TASSATIVITA’ DELLE IMPUGNAZIONI: NULLITA’ DEGLI ATTI E I SUOI EFFETTI

Del resto, la disposizione di cui all’art. 111, 7° co., Cost. (8), nel suo dato testuale, tesa a valorizzare ed accrescere le disposizioni inerenti il tema sulle impugnazioni, aggregò un’indipendente stimolo di ricorso per legittimità avverso i provvedimenti concernenti la violazione di legge (9) per la quale la ricomposizione di individuazione dei tratti che caratterizzano il concetto di atto abnorme, continuativamente sbiadito ed ambiguo, ebbe a subire indiscutibilmente delle innovazioni.

La comparsa della Costituzione, e nel caso di specie, particolarmente l’art. 111, comma 7 concorse a totalmente a modificare l’apparato sulle modalità essenziali del fenomeno ove statuiva che «contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge».

La tempestiva affermata realizzazione del citato articolo, naturaliter da recepire quale «norma generale di diritto processuale», tese ad accrescere e valorizzare le norme inerenti le impugnazioni in quanto ebbe ad inserìre una motivazione autosufficiente di ricorso per legittimità avverso tutti i provvedimenti giurisdizionali che, come già ribadito, riguardavano la «violazione di legge» su cui ebbe a modificare il concetto de abnormità.

Per altro verso, e come pure si è già ribadito, il concetto di abnormità è frutto di una elaborazione giurisprudenziale maturato nella vigenza del codice Rocco al fine di asservire a gravame i provvedimenti non affetti da fattezze di invalidità e, quindi, per nulla impugnabili, ma alterati da pesanti difformità il cui composito quadro li colloca all’esterno dell’ordinamento giuridico (10).

Anche il Conditor nel codice vigente non ha manifestato angoscia alcuna nell’argomentare, senza sottintesi, la nozione dell’abnormità posto che, all’atto dei lavori in corso del codice, si annunciava una palese difficoltà di rendere conforme a tipo le teorie (11).

Alla luce di tutte le svolte considerazioni, è necessario fare espresso richiamo agli artt. 568 e 592 ove il giudice delle leggi sancisce le “disposizioni generali” inerenti le norme ai vari mezzi di impugnazione.

A fondamento del sistema vige il principio di tassatività interpretato in senso oggettivo vale a dire esteso ai provvedimenti impugnabili nonché in senso soggettivo in relazione ai soggetti che intendono proporre ricorso ad un mezzo di gravame.

Notevoli, quindi, sono state le pronunce che hanno risolto, grazie al principio di tassatività, notevoli diatribe impiegate (12) nonché dottrine che hanno sostenuto, fermamente, che “ Il principio di tassatività dei casi e dei mezzi di impugnazione è finalizzato alla realizzazione della duplice esigenza che il controllo investa, parallelamente i provvedimenti che la legge stessa non considera inoppugnabili e che esso si effettui con le forme che la legge individua, fermi restando il temperamento derivante dal principio della conservazione dell’impugnazione – per il quale ai sensi dell’art. 568, 5° comma c.p.p., l’erronea qualificazione data dalla parte non può pregiudicare l’ammissibilità di quel mezzo di impugnazione di cui l’interessato, ad onta dell’inesatta «etichetta», abbia effettivamente inteso avvalersi, operando l’automatica «conversione» (rectius, qualificazione) dell’impugnazione – e le altre ipotesi di deroga di seguito trattate” (13).

L’essenza caratteriale conferita al principio di tassatività delle impugnazioni nonché l’art. 111, 7° comma Cost., che dava la possibilità di proporre il ricorso avverso i provvedimenti abnormi per “violazione di legge” (14) conservarono pienamente detta tipologia fino alla entrata in vigore del nuovo codice (15).

A riguardo, occorre, peraltro, dare rilievo che il nostro sistema processuale delinea una considerevole percentuale di garanzie tutelate dalla nullità degli atti. In particolare, secondo tale schema, l’elemento caratterizzante della nullità si desume dal comma 3° dell’art. 185 c.p.p. ove “ la dichiarazione di nullità comporta la regressione del procedimento allo stato o al grado in cui è stato compiuto l’atto nullo, salvo che sia diversamente stabilito” per il quale fra l’altro la Corte Costituzionale era stata chiamata a pronunciarsi sull’illegittimità costituzionale del disposto combinato articolo nonché dell’art. 429 comma lett. f) che, secondo il giudice rimettente, tale norma esprime una trasgressione del principio di ragionevole durata del processo, come statuito dall’art. 111 Cost., in quanto la nullità del decreto che dispone il giudizio per erronea indicazione del luogo di comparizione consegue, inevitabilmente, alla regressione del procedimento nella fase degli atti introduttivi dell’udienza preliminare, essendo tenuto il g.u.p., previa fissazione dell’udienza, al rinnovo del decreto.

Alla luce, quindi, dei rilievi sinora svolti, il concetto di abnormità è quello che espone irregolarità genetiche o razionali da sostenere mutamenti sostanziali e da non potere essere collocato nel modello con valore di legge del processo.

D’altra parte, anche la dottrina e la giurisprudenza si sono prodigate a posizionare la tipologia dell’abnormità in profondo rapporto con il principio della tassatività che, sine dubio, è volta a devastare il sistema delle impugnazioni in genere e, conseguentemente, del ricorso per cassazione.

Sotto questo profilo, la categoria dell’abnormità assimila un dirottamento dell’autentica finalità giurisdizionale che non riflette in modo alcuno il prototipo secondo ex lege, ma si pone oltre l’ambito in cui è accreditata dall’ordinamento.

Tuttavia, tale categoria è riconoscibile unicamente per l’assenza di successivi dispositivi di gravame, ossia come ribadito, di opportunità circostanziali donate dall’impianto per conseguire celermente ad un espediente risolutivo alla singolare irregolarità della decisione nella sfera del processo e delle proprie fasi.

Ad oggi, la duttilità della categoria dell’abnormità non ha cambiato crosta neppure con il cambiamento dal vecchio al nuovo codice, consentendo – atteso l’assenza di previsioni normative – la permanenza dei segni caratteristici del fenomeno che da allora era giunto al processo di maturazione (16).

Ci si chiede, tuttavia, quale ragione di norme codificate del fenomeno dell’abnormità, al di là di tale categoria (atipica ed anomala), debba essere preso in considerazione la effettiva reiterazione del principio di tassatività delle impugnazioni nella misura del rito all’epoca in vigore, ove veniva statuito che è “la legge a stabilire i casi nei quali i provvedimenti del giudice sono soggetti ad impugnazione” così, stabilendo “il mezzo con cui possono essere impugnati” (17).

Alla stregua, pertanto, dei citati parametri di valutazione si può addivenire alla definizione concettuale della nullità quale “sanzione processuale” che, nell’ipotesi e nelle linee estreme rigorosamente statuite, vulnera l’atto ex lege validamente fondato, ma dissimile in relazione all’apparato giuridico.

L’atto nullo, qualsiasi sia il sistema sanzionatorio, anche nella massima estensione (nullità insanabile, c.d. assoluta), genera gli effetti che gli viene attribuito dalla legge processuale fino a che, la nullità non venga verificata in circostanze endoprocessuali, naturaliter, antecedentemente alla fase realizzativa del giudicato non solo, bensì in una situazione anteriore, nel caso di specie, nell’ipotesi di giudizio di rinvio a seguito di annullamento della Cassazione (18).

Un’altra considerazione potrebbe emergere nell’ipotesi dell’esclusione del concetto di abnormità, soltanto in casi di puri provvedimenti nulli che in ordine a questi, il principio di tassatività (19) non può essere in assoluto valicato (20).

5. NOTE CONCLUSIVE

Consegue, alle considerazioni svolte, l’indebita regressione del provvedimento con cui il giudice dispone la restituzione degli atti al P.M. che esula, invero, dal sistema.

Oltre a ciò, a fronte di atti contrassegnati da piena particolarità in relazione al sistema giuridico del procedimento ossia di quella natura da generare l’irrealizzabilità del prosieguo del procedimento, la giurisprudenza di legittimità ha stimato in maniera energica di correggere anzidette circostanze con l’impugnazione in cassazione, con il meticoloso scopo di eliminare un provvedimento per nulla inserito nel sistema e che, in buona sostanza, rappresenta una seria difficoltà alla evoluzione processuale.

D’altra parte, i confini sistematici e razionali per sottrarsi al principio di abnormità sono caratterizzati dalle imperfezioni inette che si possono rilevare nelle ipotesi nelle quali espunge una scarsa importanza sopraggiunta dell’irregolarità, connaturata ad un provvedimento susseguente.

Di tale circostanza, trattasi del giudice che, benché si sia servito di un potere che non gli è stato attribuito, non si è verificato stallo alcuno del processo, nonostante la regressione indebita, i cui effetti logici, grazie alle valide legali energie propulsive, siano in grado di porvi rimedio.



(1) Cfr., a riguardo, nello specifico Cassazione penale, Sez. Un. Penali, 26 marzo 2009 ( dep. 22 giugno 2009), n. 25957, p.m./Toni ed altro, massimata in Cassazione penale, 2009, 1, 269, ove si evidenzia un cambio di direzione. Sul tema in giurisprudenza si rinvia, per i più recenti apporti, a Cass. pen. Sez. III, 3 dicembre 2009 – 3 marzo 2010, n. 8305; Cass. pen. Sez. I, 20-04-2010, n. 17706 (rv. 247066); Cass. pen. Sez. III, 13-04-2010, n. 22020 (rv. 247603); Cass. pen. Sez. III, 25-03-2010, n. 17198 (rv. 246989); Cass. pen. Sez. III, 25-03-2010, n. 18540 (rv. 247154); Cass. pen. Sez. II, 10-03-2010, n. 22668 (rv. 247404); Cass. pen. Sez. IV, 05-03-2010, n. 15652 (rv. 247027); Cass. pen. Sez. I, 21-01-2010, n. 13531 (rv. 246829); Cass. pen. Sez. VI, 01-12-2009, n. 47348 (rv. 245490); Cass. pen. Sez. IV, 19-11-2009, n. 48033 (rv. 245795); Cass. pen. Sez. II, 19-11-2009, n. 46623 (rv. 245465); Cass. pen. Sez. I, 27-10-2009, n. 44195 (rv. 245678); Cass. pen. Sez. I, 21-10-2009, n. 42469 (rv. 245573); Cass. pen. Sez. III, 07-07-2009, n. 36059 (rv. 244899); Cass. pen. Sez. III, 25-06-2009, n. 35189 (rv. 244599); Cass. pen. Sez. V, 18-03-2009, n. 24589 (rv. 244089); Cass. pen. Sez. I, 26-02-2009, n. 13592 (rv. 243557); Cass. pen. Sez. Unite, 22-11-2000, n. 33 (rv. 217244); Cass. pen. Sez. Unite, 10-12-1997, n. 17 (rv. 209603); adde, Cass. pen. Sez. Unite, 29-05-2002, n. 28807, Manca (rv. 221999), con nota, in senso favorevole alla decisione, C. DELL’AGLI, L’autorità competente alla rinnovazione della citazione e la regola di regressione: un equanime definitivo rimedio delle sezioni unite ad uno sterile empasse ermeneutica giurisprudenziale in Arch. n. proc. penale, 2005, 485; Sez. I, 27 gennaio 2009, Schepis, in C.E.D. Archivio penale RV242223; in dottrina vds., G. SANTALUCIA, L’abnormità dell’atto processuale penale, Ed. Cedam, Padova 2003; nota a Cassazione in rassegna, G. TODARO, Erronea declaratoria di nullità del decreto di citazione a giudizio conseguente regressione del procedimento: spunti per una riflessione sull’abnormità dell’atto processuale penale, in Cass. Pen. 2009, 12, 4549 il quale condivide la conclusione cui perviene la Corte poiché “costituisce stimolo di riflessione intorno ad una categoria ancora nebulosa qual’ è l’abnormità dell’atto processuale penale”.

(2) Conformi, Cass. pen. Sez. IV, 25-03-2010, n. 14579 (rv. 247030); Cass. pen. Sez. VI, 29-09-2009, n. 49525 (rv. 245647); Cass. pen. Sez. III Ord., 28-05-2008, n. 26770 (rv. 240272); Cass. pen. Sez. V, 02-07-2007, n. 31904 (rv. 237571); Cass. pen. Sez. II, 23-11-2006, n. 40230 (rv. 235808); Cass. pen. Sez. V, 13-06-2006, n. 30369 (rv. 235321); Cass. pen. Sez. V Ord., 17-03-2005, n. 16212 (rv. 233591); Cass. pen. Sez. V, 06-11-2000, n. 4601 (rv. 217446); contrarie, Cass. pen. Sez. III Sent., 03-04-2007, n. 16836 (rv. 236811); Cass. pen. Sez. IV, 08-06-2006, n. 26867 (rv. 234810); Cass. pen. Sez. I, 13-01-2006, n. 6921 (rv. 233576); Cass. pen. Sez. III, 03-03-2004, n. 14756 (rv. 228531); vds., A. MONTAGNA, Regressione del processo e abnormità, Osservatorio Corte di Cassazione in Dir. Pen. e Processo, 2009, 9, 1098; Rivista penale, 2010, 3, 320 massimario; Il sole 24 ore, Mass. Repertorio Lex24.

(3) Ex plurimis S.U. 22 novembre 2000, dep. Il 13 dicembre 2000, n. 33, P.M. in proc. Boniotti; Cass. pen. S.U. 24 novembre 1999, dep. 26 gennaio 2000 n. 26, Magnani; altresì, La pronuncia in rassegna trovasi pubblicata [RV243590] in Rivista penale, 2010, 3, 320 Mass. adde, M. CATALANO, Il concetto di abnormità fra problemi definitori ed applicazione giurisprudenziale, in questa Diritto penale e processo, 9, 2000, 1240; A. BELLOCCHI, Si amplia il catalogo dell’abnormità: l’indebita restituzione degli atti al pubblico ministero per la rinnovazione del decreto di citazione a giudizio, in Giur. it., 2006, 1919; M. CAIANIELLO, Sull’abnormità della sentenza emessa dal giudice collegiale senza ritirarsi in camera di consiglio, in Cass. pen., 2005, 3957; A. MACCHIA, Ma rilevare una nullità inesistente non può ritenersi atto abnorme, in D& G, 2004, 9, 41; A. MARANDOLA, Impugnazioni in Trattato di procedura penale (a cura di G. Spangher), 2009, 14 ove l’autore, con l’intervento delle Sezioni Unite, stima valicata la quaestio connaturata alla foggia del provvedimento con cui il giudice declara la nullità del decreto di citazione a giudizio.

(4) L’affermazione della Corte a Sez. Un., era dettata particolarmente dalla decisione del 29 maggio 2002, dep. 26 luglio 2002, n. 28807, Manca, in Diritto penale e processo, 2002, 10, 1199; In dottrina e in giurisprudenza la categoria dell’abnormità sembra essere assimilata in quella dell’inefficacia degli atti processuali penali, posto che un atto può definirsi abnorme poiché non conforme ai criteri normativi di richiamo. Cfr, sull’argomento, CAPRIOLI, Commento all’art. 568 c.p.p., in Commentario breve al codice di procedura penale, a cura di Conso-Grevi, Cedam, 2005, 1955.

(5) Con specifica relazione al decisum in rassegna allo scopo di consentite al p.m. la rinnovazione del decreto di citazione che sembrerebbe abnorme e, conseguentemente, in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo (art. 111 2° comma) cfr., Cass. pen. sez. un., 26 luglio 2002, n. 28807, Manca, cit., con nota di C. DELL’AGLI, cit. ove l’atto, con cui il giudice del dibattimento ha disposto con provvedimento la restituzione degli atti al p.m., per mero errore, nel caso di nullità della notifica del decreto di citazione o di omessa osservanza del termine di cui all’art. 552, comma 3° c.p.p. dando origine, quindi, ad una indebita regressione del procedimento, è stato stimato abnorme; GARUTI, La rinnovazione della citazione in giudizio e della notificazione in Diritto penale e processo, 2003, 575.

(6) V., per tutti, C. DELL’AGLI, op. cit., 486; RIVIEZZO, Il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, in AA.VV., Il nuovo processo penale davanti al giudice unico, Milano, 2000, 189; GARUTI, La rinnovazione della citazione a giudizio e della notificazione, in Diritto pen. processo, 2003, 578; POTETTI, Nullità della citazione a giudizio e principio di regressione del procedimento, in Cass. pen., 2003, 2386; BRICCHETTI, Le sezioni unite cancellano l’abnormità della restituzione degli atti al p.m., in Guida al diritto, 2002, 46, 57; PEZZELLA, Notificazione tardiva del decreto di citazione, il giudizio non regredisce, in Diritto e Giustizia, 2002, 37, 28; CREMONESI, Nuove ipotesi di rinnovazione della notifica del decreto di citazione a giudizio, in Arch. n. proc. penale, 2003, 279 ; Cass. pen., Sez. un., 13 luglio 1993, Garonzi (c.c. 18 giugno 1993) in Cass. pen. 1993, 2511 ed ivi 1993, 572 ove i principi assegnati dalle Sezioni unite – con riferimento all’interpretazione dell’istituto del rinnovo della citazione – sono sostenuti energicamente dal giudizio, oramai, acclarato che l’art. 143 disp. att. c.p.p. illustri la palese espressione in un particolare scenario normativo di compatti modelli che si reperiscono nel rito codicistico. I principi ermeneutici, poi, sui quali si adeguano le Sezioni unite, in ordine alla interpretazione dell’istituto della rinnovazione, si poggiano pienamente sull’art. 143 att. disp. c.p.p. il quale rappresenta un preciso ambito del testo normativo di articolati principi che si recuperano; Sulla nozione di abnormità, vista da un quadro restrittivo, sez. I, 4 novembre 2004, Istvan, n. 46064, in Ced Cass 230528; sez. I, 27 giugno 2006, Papeo, n. 30828, ivi, 234794 sez. V, 17 marzo 2005, Latifi, n. 16212, ivi, 233591;; sez. V, 2 luglio 2007, Fantin, n. 31904, ivi,237571; sez. V, 2 marzo 2006, Belotti, ivi, 234707; sez. V, 13 giugno 2006, Nanna, ivi, 235231; sez. II, 23 novembre 2006, Celona, ivi, 235808; sez. III, 28 maggio 2008, Amatucci, n . 26770, ivi, 240272. Mentre visto da un ampio indirizzo sez. III, 3 aprile 2007, Di Stefano, n. 16836, rv 236811 sez. III, 3 marzo 2004, Genovese, n. 14756, in Ced cass 228531; sez. IV, 8 giugno 2006, Panichelli, n. 26867, ivi, 234810; sez. IV, 13 aprile 2005, Venuda, n. 20894, ivi, 231823; sez. I, 13 gennaio 2006, Rejewski, n. 6921, rv 233576; sez. II, 4 maggio 2007, Singh, n. 26528, rv 237160; Cass. pen. S.U., 24 marzo 1995, Cirulli in Cass. pen., 1995, 2829 con nota di A. GALANTI, Una nuova decisione delle sezioni unite sull’autorità competente alla rinnovazione della citazione degli imputati nel procedimento pretoriale e con nota di RIGO, Questioni varie in tema di rinnovo della citazione in Diritto penale e processo, 1996, 461 ; G. DI NARDO, La rinnovazione del decreto di citazione nel giudizio pretorile, in Arch. nuova procedura penale, 1992, 315; si vedano, fra le diverse pronunce, Cass. pen. sez. I, 8 ottobre 1991, Bellini, in Giu. It., 1992II, 421; Cass. pen., sez. V, 11 marzo 1993, P.G. in proc. Mezzani; G. VERRINA, Principio di tassatività delle impugnazioni, provvedimenti abnormi e ricorso per cassazione, in Giur.it, 2003, 3, 561; VITELLO, Il rinnovo della citazione ad opera del pretore: casi e limiti, in Diritto penale e processo, 1995, 700; D. ZIGNANI, Diniego del giudizio abbreviato: tra abnormità e conflitto di competenza, in Diritto penale e processo, 2003, 982; ID., Sulla nozione di abnormità nel processo penale, in RDPr, 2003, 245; E. ZURLI, Osservazioni in tema di modificazione dell’imputazione da parte del giudice dell’udienza preliminare, in Cass. Penale, 1997, 1470.

(7) V. amplius, A. MARANDOLA, Impugnazioni in Trattato di procedura penale (a cura di G. Spangher), 2009, 10; D. ZIGNANI, op. cit.; SANTALUCIA, L’abnormità dell’atto processuale penale, Padova, 2003, 69 ove l’autore mette in risalto l’enorme sforzo di individuare in maniera severa i limiti dell’atto giurisdizionale nonché della propria natura ordinatoria o meno; M. CATALANO, Il concetto di abnormità fra problemi definitori ed applicazione giurisprudenziale, in Diritto pen. e processo, 2000, 1243; CIARNIELLO, Un’ipotesi di abnormità, in Cass. pen., 2001, 2167; F. MENCARELLI, Il provvedimento abnorme nella teoria del processo penale, Editore Jovene; M. CATALANO, Il concetto di abnormità fra problemi definitori ed applicazione giurisprudenziale, in Dir. pen. proc., 2000, III, 1240; BERNIERI, La impugnabilità dei provvedimenti così detti abnormi, in Annali di diritto e procedura penale, 1942, 669. R. CANTONE, Note minime a proposito del provvedimento abnorme, in Cass. pen., 1996, I, 184; Eadem., Puntualizzazioni sull’abnormità, in Cass. pen., 1998, VI, 3077; A. CASSIANI, Abnormità: prende il via la casistica nel procedimento innanzi al giudice di pace, in Cassazione penale, 2005, 2013; E. M. CATALANO, Giurisprudenza creativa nel processo penale italiano e nella common law: abnormità, inesistenza e plain error rule, in Riv .it. dir. proc .pen., 1996, 299; M. CATALANO, Il concetto di abnormità fra problemi definitori ed applicazione giurisprudenziale, in Dir. pen. proc., 2000, III, 1240; G. CONSO, Questioni nuove di procedura penale, Milano, 1959; F: CORDERO, Procedura penale, Giuffré, 1991, 121; A. A. DALIA – M. FERRAIOLI, Manuale di diritto processuale penale, V ed., Cedam, 2004; A. A. DALIA – R. NORMANNO, voce Nullità degli atti processuali, II) Diritto processuale penale, in Enc. giur., Treccani, vol. XXI, Roma 1990; C. U. DEL POZZO, La disciplina delle impugnazioni del provvedimento abnorme nel nuovo ordinamento processuale, in Giust. pen., 1958, II, c. 606; Cass., sez. I, 25 febbraio 2004, n. 12317/04, Cicero ed altri con nota di F. TETTO, Metamorfosi dell’imputazione e abnormità processuali: un singolare caso di regressione del procedimento a seguito di contestazione suppletiva dibattimentale, in Archivio della nuova procedura penale, 2005, 16, 214; O. MAZZA, La controversa rilevabilità d’ufficio dell’abnormità, in Cass. pen., 2005, 45, 3383; G. SANTALUCIA, L’abnormità dell’atto processuale penale, Cedam 2003; F. SANTANGELO, Il concetto di atto abnorme come tutela dagli atti “extra vagantes”, in Crit. Dir., 1991, n. 4, 27, 123.

(8) V. Relazione tenuta all’incontro di studio “ Art. 111 della Costituzione – le modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di formazione e di valutazione della prova di cui alla legge 1 marzo 2001, n. 63”, organizzato dall’ufficio dei referenti distrettuali per la formazione decentrata Distretto Corte di Appello di Salerno – Salerno 26 giugno 2001.

(9) Per indicazioni, in tal senso vedasi, TESAURO, Ancora sull’art. 111 della Costituzione ed il sistema delle impugnazioni penali, Foro penale, 1950, 249.

(10) Buona parte della dottrina, con l’entrata in vigore delle modifiche annunciate dalla l. 18 giugno 1955, n. 517 dall’art. 5 all’art. 190 del codice di procedura penale, aveva stimato che la pecca di violazione ex lege dell’art. 111 Cost. fosse inclusiva anche della nozione di abnormità, con i relativi effetti che tale anomalia non si sarebbe riflessa principalmente sulle sentenze. A tale proposito v. CATALANO, op. cit., 1240.

(11) In tal senso, Cass. pen., sez. un., 1 febbraio 2008, Battistella, con nota di C. DELL’AGLI, Le vicende dell’imputazione generica: poteri-doveri di esercizio di controllo dell’azione e dell’imputazione spettanti al Giudice per l’udienza preliminare in Arch. n. proc. penale, 2010, 2, 177, ove, conformemente alla pronuncia, sostiene che “sarebbe, invece, da ritenere atto qualificato abnorme il provvedimento con il quale il g.u.p. disponga la restituzione degli atti al pm per la genericità o l’indeterminatezza dell’imputazione, senza averlo invitato di precisarla e, quindi ricorribile in cassazione” e, con nota di PISTORELLI, Imputazione generica o indeterminata e poteri del giudice dell’udienza preliminare nell’interpretazione delle Sezioni Unite della Cassazione, in Cass. pen. 2008, 2318; adde, M. L. DI BITONTO, Richiesta di rinvio a giudizio con capi di imputazione generici in Diritto penale e processo, 1999, 1021; D. SIRACUSANO, Abnormità e ricorribilità per cassazione dei provvedimenti giurisdizionali del pubblico ministero, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 1963, 315; A. M. ROMANO, Declaratoria di nullità della richiesta di rinvio a giudizio: un problema di abnormità in Giurisprudenza Italiana, 1993, II, 706; F. MENCARELLI, Il provvedimento abnorme nella teoria del processo penale, Napoli 1984; M. MUSCO, Un’ipotesi di atto processuale difforme dalla fattispecie legale tra “abnormità” e “irregolarità”, in Cass. pen., 2004, 44, 1002; G. PETRELLA, Le impugnazioni nel processo penale, Milano 1965, I; DENTI, In tema di provvedimenti giudiziali abnormi, in Giur. it., 1955, sez. I, parte II, c. 532.

(12) L’opinione è, nondimeno, nella giurisprudenza di legittimità. V., a riguardo Cass., sez. II, 25 settembre 2003 n. 47389 del 2003, p.m. in proc. Morleo ove viene affermato l’inammissibilità del ricorso per cassazione avverso l’ordinanza con la quale il giudice – constatata la nullità dell’avviso di conclusione delle indagini che non era stato allegato nel fascicolo del dibattimento – abbia proceduto alla trasmissione degli atti alla segreteria dell’accusa, atteso che nell’ordinamento che ci appartiene, che prevede il principio di tassatività delle impugnazioni, la relativa ordinanza non è in condizioni di subire gravame alcuno, dato che, in tale logicità non sussiste una enunciata ipotesi; ancora Cass., sez. II, 18 novembre 2003, n. 47075 del 2003, Manzi che non ha stimato non impugnabile l’emesso provvedimento di rigetto del g.i.p. della richiesta di ammettere la testimonianza, con le modalità dell’incidente probatorio, di un teste chiamato dalla difesa dell’imputato che non ha presieduto l’udienza per rendere le dovute dichiarazioni.

(13) Tale nozione è fatta proprio da A. MARANDOLA, Provvedimenti impugnabili a mezzo di impugnazione: riserva di legge (Tassatività)- Impugnazioni in Trattato di procedura penale (a cura di G. Spangher), 2009, 4.

(14) Cass. S.U., 12-2-1998, Di Battista, RIDPP, 1999, 324; Cass. S.U., 9-5-1989, Goria, CP, 1989, 1435.

(15) Cfr. Cass. pen., sez. I, 16-1-1986, Minore, in Mass. Uff., 172088; Cass. pen., sez. I, 10-10-1980, Vargiu, ivi, 146339.

(16) Addirittura alla Cassazione, all’epoca del codice abrogato, veniva conferito il merito per la “lodevole creazione giurisprudenziale”, con riguardo v. BELLAVISTA-TRANCHINA, Lezioni di diritto processuale penale, Milano, 982, 528.

(17) V., a riguardo, il 1° comma dell’art. 568 c.p.p.; adde, RAMAIOLI, Le impugnazioni penali: appello, cassazione, revisione, Padova, 1994, 5; SPANGHER, Le impugnazioni penali, in Digesto discipline penalistiche, VI, Torino, 1992, 217.

(18) Per l’orientamento, a riguardo cfr. art. 627, comma 4 c.p.p.; DOMINIONI, in Commentario Amodio- Dominioni, vol. II, p. 271; quanto, invece, alla formazione del giudicato v. Cass. pen. sez. un., 11 maggio 1993, Ligresti in Arch. n. proc. penale, 1993, 441; Cass. pen. sez. un. 23 novembre 1990, Agnese; adde, Cass. pen. 1993, 2499 con nota di G. SPANGHER.

(19) Il disposto art. 177 c.p.p. secondo cui “L’inosservanza delle disposizioni stabilite per gli atti del procedimento è causa di nullità soltanto nei casi previsti dalla legge” si riferisce a tutte le sanzioni per cui il principio di tassatività non è esteso alla sanzione di nullità come farebbe ritenere lo stesso articolo. Infatti, il principio di tassatività è stato, secondo la giurisprudenza, applicato in maniera rigorosa e costante.

(20) Si veda, quale esempio, Cass. pen. sez. IV, 4 febbraio 2004, n. 22859/04, Boukessra, C.E.D., Cass., n. 228780 la quale ha stimato che il provvedimento con cui il g.u.p., rilevato l’omesso invio dell’avviso della conclusione delle indagini preliminari per il disposto art. 415-bis, declara “de plano” fuori dall’udienza nonché in assenza del contraddittorio tra le parti, la nullità della richiesta di rinvio a giudizio inoltrata dalla pubblica accusa, è illegittimo e non abnorme, poiché – come si è ribadito – fa parte dell’ambito dei poteri attribuiti al giudice e, quindi non cagiona lo stallo processuale non diversamente rimovibile; ex plurimis, Cass. Penale, sez. II, 14-06-2010 (10-03-2010), n. 22668 la quale sostiene che non può ritenersi abnorme la richiesta rivolta dal tribunale in composizione monocratica al PM di occuparsi della notificazione del decreto di citazione a giudizio alle persone offese, nella contestuale fissazione del rinvio dell’udienza, poiché, posto la non previsione ex lege, essa non è né avulsa al sistema normativo, né vantaggiosa di una circostanza di stallo processuale. V. correlazioni di giurisprudenza Cass. pen., sez. II, 25-06-2008, n. 25769 - RV241443; Cass. pen., sez. Unite, 12-02-1998, n. 17 - RV209603; Cass. pen., sez. Unite, 13-12-2000, n. 33 - RV217244; Cass. pen., sez. Unite, 26-07-2002, n. 28807 - RV221999; Cass. pen., sez. Unite, 22-06-2009, n. 25957 - RV243590; Cass. pen., sez. I, 12-04-2010 (21-01-2010), n. 13531 (ord.), la quale sostiene che non è abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento, constatando l’omessa notifica del decreto di citazione a giudizio al difensore di fiducia dell’imputato, rinvia il procedimento ad altra udienza, disponendo che la pubblica accusa si preoccupi alla notificazione del suddetto atto; adde, inoltre Cass. pen., sez. VI, 22-02-2010, n. 7088 - RV246089.