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La tortuosa via delle semplificazioni ambientali per una Green Economy Italiana

Green economy
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Indice:

1. Le premesse europee

2. La crisi pandemica, incentivo alla transizione ecologica

3. Il Next Generation EU

4. Il panorama nazionale: l’impulso dal mondo delle Imprese

5. Il Piano Colao e il D.L. Semplificazioni

6. Le modifiche alla Legge n. 241/1990: i “nuovi” tempi del procedimento amministrativo

7. L’inefficacia dei provvedimenti tardivi

8. Le modifiche in materia di ambiente e green economy

9. La Verifica di assoggettabilità a VIA

10. Conclusioni

 

Il Consiglio dei Ministri, nella notte tra il 6 e il 7 luglio, ha approvato il Decreto Legge “Semplificazioni”, facendo seguito alla prima bozza, diffusa a mezzo stampa nei giorni precedenti, contenente i principi e le linee guida che hanno orientato il dibattito. L’approvazione del Decreto è avvenuta “salvo intese”, sussistendo la possibilità che le norme possano essere rivedute e corrette prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Il Decreto, articolato in 48 articoli suddivisi per ambito di applicazione, raccoglie le istanze, a livello nazionale, per una nuova politica industriale sostenibile, il Green Deal europeo.

 

1. Le premesse europee

L’11 dicembre 2019, nei mesi immediatamente precedenti all’inizio dell’emergenza pandemica in Europa, la Commissione Europea ha presentato il Green Deal europeo: una “tabella di marcia” per affrontare la crisi climatica e rallentare il ritmo crescente del deterioramento delle risorse naturali, che illustra gli investimenti necessari e gli strumenti di finanziamento disponibili da parte dell’Unione Europea. L’obiettivo principale è la carbon neutrality entro il 2050: per tradurlo in obiettivi di medio e lungo periodo, il 4 marzo 2020 è cominciato l’iter legislativo, presso le Istituzioni europee, di un nuovo Regolamento europeo sul clima, la cui approvazione è prevista entro la fine del 2020.

2. La crisi pandemica, incentivo alla transizione ecologica

Senonché, a seguito della crisi pandemica, all’obiettivo verde della sostenibilità si è aggiunto quello della resilienza ambientale, economica e sociale. A questo scopo, il 20 maggio 2020 la Commissione Europea ha presentato due strategie pluriennali, oggetto delle Comunicazioni COM (2020) 380 final e COM (2020) 381 final, denominate rispettivamente “From farm to fork: Our food, our health, our planet, our future” e “EU Biodiversity Strategy for 2030: Bringing nature back into our lives”, che mettono in sinergia gli sforzi nell’ambito della alimentazione, dell’agricoltura e dell’ambiente per la ripresa dell'UE dalla crisi pandemica.

L’obiettivo è di preservare la biodiversità e realizzare una politica alimentare più sostenibile, con l'ambizione di garantire che i cittadini europei ricevano alimenti accessibili, di alta qualità e sostenibili, garantendo al contempo un tenore di vita dignitoso per gli agricoltori e i pescatori e la competitività del settore agricolo; così facendo, afferma la Commissione Europea, sarà anche possibile “rafforzare la nostra resilienza e prevenire la comparsa e diffusione di malattie future”.

3. Il Next Generation EU

Per mobilitare gli investimenti necessari, la Commissione europea si appresta a varare il Recovery Plan, ribattezzato con il nome di Next Generation EU, descritto nella Comunicazione del 27 Maggio c.a. COM (2020) 442 final dedicata a "Il bilancio dell'UE come motore del piano per la ripresa europea": un progetto per porre delle fondamenta più ambiziose per l’Europa della prossima generazione, parte integrante del Bilancio a lungo termine dell’UE, che catalizzi in tempi rapidi gli investimenti laddove più necessari al fine di sostenere, nel nuovo contesto generato dalla pandemia, la transizione ecologica.

Il Presidente del Consiglio UE, in occasione della presentazione delle proposte, ha affermato: “gli investimenti pubblici nella ripresa dopo la crisi Covid-19 dovrebbero rispettare il giuramento verde di "non danneggiare" e dovremmo cercare di rendere il sostegno finanziario coerente con gli obiettivi dell'Ue in materia di clima e ambiente".

4. Il panorama nazionale: l’impulso dal mondo delle Imprese

A fronte della crescente attenzione per le tematiche della sostenibilità, non più solo appannaggio della politica ambientalista, anche il mondo delle imprese si è mobilitato: oltre 500 tra organizzazioni e imprese di diversi settori, di tutte le dimensioni, rappresentative di molte realtà dell’economia italiana, hanno aderito ad un manifesto intitolato “Uscire dalla pandemia con un nuovo Green Deal per l’Italia”, affinché la ripartenza e il rilancio dell’economia in seguito alla crisi pandemica possano essere incentrati sulle sfide dell’economia circolare, della lotta al cambiamento climatico con un progetto di sviluppo durevole. Nel manifesto i promotori promettono il proprio impegno alla realizzazione di tali obiettivi, e chiedono un intervento pubblico nazionale ed europeo.

5. Il Piano Colao e il D.L. Semplificazioni

Gli impulsi a livello europeo si sono tradotti dapprima con il Rapporto del Comitato di esperti presieduto da Vittorio Colao per le “Iniziative per il rilancio Italia 2020-2022”, noto alle cronache come “Piano Colao”, presentato al Presidente del Consiglio l’8 giugno scorso, contenente sommarie indicazioni sulle azioni specifiche da  intraprendere nelle sei aree di intervento individuate (imprese e lavoro; infrastrutture e ambiente; turismo, arte e cultura; pubblica amministrazione; istruzione e ricerca; individui e famiglie),  recepite poi nel D.L. Semplificazioni.

6. Le modifiche alla Legge n. 241/1990: i “nuovi” tempi del procedimento amministrativo

L’articolo 11 del D.L. Semplificazioni è dedicato alle modifiche normative che incideranno sulla Legge n. 241/1990. Per comprendere appieno le modifiche apportate alla Legge sul procedimento amministrativo, vale la pena richiamare il testo della prima bozza di Decreto, diffusa a mezzo stampa il 29 giugno c.a.. All’articolo 11 richiamato il legislatore ha affermato, alla luce dell’esperienza applicativa della legge sul procedimento, di voler correggere gli ostacoli che hanno impedito la piena realizzazione dei principi di buon andamento, efficacia ed efficienza dell’azione della P.A. e certezza del diritto, di ispirazione europea, accogliendo la improcrastinabile istanza, da parte di privati ed imprese, di snellimento delle procedure amministrative.

Si legge infatti nella prima bozza di D.L.: “I tempi di conclusione dei procedimenti amministrativi, sono tra i problemi che affliggono maggiormente cittadini e imprese. Non solo i tempi sono eccessivamente lunghi, ma per gli utenti è anche difficile conoscere sia i termini entro cui – in base alle previsioni normative – dovrebbero ottenere una risposta dalla PA, sia la durata effettiva di tali procedimenti. Ciò incide inevitabilmente sulla fiducia che si ripone nell’amministrazione”.

A questo scopo, prosegue, sarebbe sufficiente dare effettività alle norme già esistenti: al fine di realizzare l’auspicata semplificazione, la riforma andrà innanzitutto a rendere effettivo il principio generale, espresso dall’art. 20 della Legge 241/1990, che attribuisce all’inerzia dell'amministrazione il valore di provvedimento di accoglimento dell'istanza presentata dal privato (il cosiddetto “silenzio assenso”), “al fine di evitare che l’attesa illimitata di un atto di dissenso espresso, pur se sopravvenuto oltre i termini prefissati”.

Nel testo approvato, sotto il primo profilo tale intento si è tradotto nel dovere, da parte delle Pubbliche Amministrazioni, di pubblicità e trasparenza dei tempi effettivi di conclusione dei procedimenti amministrativi di maggiore impatto per i cittadini e per le imprese, che dovranno essere comparati con i termini previsti dalla normativa vigente secondo modalità indicate in un successivo D.P.C.M..

Quanto invece alla necessità di evitare il cosiddetto “diniego tardivo”, il nuovo dettato normativo prevede, per la prima volta espressamente, la sanzione della inefficacia dei provvedimenti emanati nel mancato rispetto dei tempi di conclusione del procedimento già imposti dalla Legge.

7. L’inefficacia dei provvedimenti tardivi

In particolare, qualora emanati tardivamente saranno ex lege inefficaci, in primo luogo, i provvedimenti adottati in conclusione delle Conferenze di Servizi ai sensi degli articoli 14-bis e 14-ter della L. 241/1990 (che disciplinano, rispettivamente, la Conferenza di Servizi semplificata e simultanea).

Stessa sorte per gli atti adottati successivamente al decorso dei termini imposti dalla Legge per la formazione del silenzio assenso. Tale intervento normativo riguarda non soltanto il cosiddetto “silenzio provvedimentale”, di cui all’articolo 20 della Legge, ma anche gli atti di assenso endoprocedimentali di cui all’articolo 17-bis, che opera in tutti i casi in cui, ai fini dell’adozione di un provvedimento amministrativo di competenza di una determinata Amministrazione, sia necessaria la previa acquisizione di un assenso da parte di un’altra Amministrazione. Particolare menzione merita il richiamo al comma 3 dell’articolo 17-bis da parte del D.L.,  che estende così la disciplina dell’inefficacia anche ai nulla osta richiesti Amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini (come nel caso della autorizzazione paesaggistica).

Gli interventi descritti sono generalmente tesi alla tutela del legittimo affidamento del privato sulla certezza e la stabilità dei rapporti giuridici. Tuttavia, si consideri che, sebbene la formulazione originaria delle norme citate non prevedesse espressamente l’inefficacia degli atti assunti in spregio dei termini imposti, tali atti, come osservato dalla giurisprudenza maggioritaria, fossero comunque da considerarsi illegittimi ed annullabili ai sensi dell’art. 21-octies.

Ad ogni modo, si segnala che, scaduti i termini per la formazione del silenzio assenso, la Pubblica Amministrazione conserva il potere di agire nelle forme e nei casi previsti per l'esercizio dell’autotutela: sempre in relazione all’articolo 17-bis, il D.L. richiama espressamente l’istituto dell’annullamento in via di autotutela (art. 21–nonies della Legge 241/1990), il quale, a seguito della Riforma Madia, deve intervenire, ove ne ricorrano gli specifici presupposti, entro un termine ragionevole massimo di 18 mesi, a tutela del legittimo affidamento del privato sulla certezza e la stabilità dei rapporti giuridici.

La volontà di accelerare la conclusione dei procedimenti amministrativi incide altresì sull’art. 10-bis della Legge; attualmente, la norma prevede che, nei procedimenti ad istanza di parte, l’Amministrazione, ove ritenga sussistano motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, li comunichi al privato prima dell’emanazione del provvedimento di diniego definitivo, affinché questi possa far pervenire proprie osservazioni entro 10 giorni. Ebbene, tale comunicazione interrompe i termini del procedimento, che riprendano a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, trascorsi 10 giorni.

Dalla bozza del D.L. Semplificazioni emerge l’intenzione di prevedere invece la mera “sospensione” del termine, il quale ricomincerebbe così a decorrere solo da dove sospeso, e non ab initio; tale impostazione si rivela certamente più ragionevole ed in linea con i principi dell’azione amministrativa.

8. Le modifiche in materia di ambiente e green economy

Per quanto riguarda la materia ambientale, nell’ottica di una ripartenza post-emergenza, il legislatore pone grande attenzione al tema della durata degli iter autorizzativi dei grandi investimenti nelle infrastrutture energetiche e idriche, con attese ricadute positive sul mercato del lavoro e sull’economia dei territori.

Come noto, il principale procedimento legato alla realizzazione di nuove infrastrutture è l’autorizzazione unica, con valutazione di impatto ambientale, di competenza statale.

La ratio dell’intervento di riforma è efficacemente espresso nella prima bozza di Decreto del 29 giugno c.a.., che, all’art. 37, rubricato “Semplificazione e accelerazione della procedura di VIA”, evidenzia la necessità di ridurre i tempi per l’autorizzazione ambientale della realizzazione e gestione delle opere; la tempistica attuale riferita “… (pre-screening 8 mesi circa, valutazione VIA 20 mesi circa, fase di consultazione 15 mesi circa, provvedimento unico ambientale circa 28 mesi) che, nella realtà, diventano ancora più lunghi arrivando a toccare anche punte estreme di 10 anni circa.”) attesta la consapevolezza, da parte del legislatore, che qualunque attività economica si scontra con un sistema altamente regolato, e che la durata dei procedimenti autorizzativi è del tutto incompatibile da un lato con gli obiettivi del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030, che delinea il percorso dell’Italia verso la decarbonizzazione, e dall’altro con la velocità dell’evoluzione tecnologica; con il paradosso, a tutto discapito della transizione ecologica e dei richiamati principi cardine della Legge n. 241/1990, che, al momento dell’autorizzazione, le tecnologie impiantistiche siano diventate obsolete e, per aggiornarle, sia necessario un nuovo procedimento.

Il Decreto approvato delinea un nuovo procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, modificando profondamente l’articolo 19 del Testo Unico Ambientale.

9. La Verifica di assoggettabilità a VIA

In primo luogo, nel “nuovo” articolo 19 del Testo Unico Ambientale vengono scanditi ex lege i tempi (prima indeterminati) che intercorrono tra l’invio dello studio preliminare ambientale da parte del proponente e la pubblicazione dello stesso per le osservazioni; in questa fase, inoltre, si anticipa e si definisce la possibilità per l’Ente di chiedere integrazioni documentali ai fini istruttori.

Ai sensi dell’articolo 37 del D.L. la Pubblica Amministrazione è chiamata ad esaminare lo studio preliminare ambientale trasmesso dal proponente entro 5 giorni dal ricevimento dello stesso, e nello stesso termine può chiedere eventuali integrazioni, le quali, a loro volta, dovranno essere prodotte entro i 15 giorni successivi, a pena di archiviazione della domanda. Contestualmente al ricevimento della documentazione, ove completa, l’Amministrazione pubblica la stessa sul proprio sito internet e ne fa comunicazione a tutte le Amministrazioni e a tutti gli enti territoriali potenzialmente interessati.

Da quel momento il procedimento torna del tutto simile a quello previgente, salvo la compressione dei termini procedimentali: 30 giorni dalla suddetta comunicazione (non più 45) per le osservazioni di chiunque vi abbia interesse, e successivi 45 giorni per l’emanazione, da parte della PA, del provvedimento conclusivo, con possibilità di proroga “in casi eccezionali, relativi alla natura, alla complessità, all'ubicazione o alle dimensioni del progetto, l'autorità competente”, per una sola volta e per un periodo non superiore a 20 giorni.

Dalla istanza di parte fino all’adozione del provvedimento conclusivo, pertanto, la novella in questione prevede un termine massimo di 115 giorni, contro i 270 giorni dell’attuale articolo 19 del Testo Unico (che, lo si ricorda, comunque non tengono conto del lasso di tempo intercorrente tra l’invio dello studio preliminare ambientale e la pubblicazione dello stesso).

In caso di infruttuoso decorso dei termini sopra descritti, l’articolo 37 richiama espressamente l’obbligo, per la Amministrazione, di individuare un soggetto con poteri sostitutivi ex articolo 2 comma 9-bis della Legge 241/1990. Sul punto si segnala che, ai sensi del comma 9-ter, rimasto invariato, in caso di ulteriore inerzia anche da parte di tale soggetto, sarà comunque onere del privato chiedere l’attivazione del potere sostitutivo.

La norma in argomento si pone pertanto, in maniera incisiva, nel solco della semplificazione, che mette al centro l’elemento del tempo quale bene tutelabile.

10. Conclusioni

L’emergenza pandemica ha posto l’accento sul tema dell’economia circolare, nodo centrale della ripartenza: fin da subito le istituzioni europee hanno promosso il Green Deal da strumento con il quale realizzare i cambiamenti necessari per la transizione all’economia green del futuro, decarbonizzata e circolare, a leva per la sopravvivenza e ripartenza in chiave sostenibile.

Il Green Deal europeo si basa, quindi, su misure che, insieme e nello stesso tempo, affrontano la grave crisi attuale e realizzano alcuni cambiamenti necessari per la transizione all’economia green del futuro, decarbonizzata e circolare.

L’attuale momento di crisi ci sta offrendo, a livello nazionale, l’opportunità di provare a riscrivere le regole della sostenibilità ambientale, economica e sociale: l’auspicio è che le prossime riforme siano in grado di eliminare le incertezze che oggi frenano lo sviluppo.

Vale la pena segnalare però che, pur se sicuramente rilevante, il procedimento di VIA non è l’unico procedimento di natura ambientale che rilevi per lo sviluppo e l’operatività di installazioni industriali; vi sono ancora moltissimi procedimenti (ad esempio le Autorizzazioni Integrate Ambientali e i relativi rinnovi, le autorizzazioni per le attività di gestione di rifiuti ecc.) che meriterebbero maggior attenzione in questa sede da parte del legislatore per prevedere tempi certi e più rapidi per la loro conclusione. La crisi pandemica ha sicuramente avuto un impatto negativo su tanti settori produttivi interessati da procedimenti ambientali, ma sicuramente la burocrazia cui sono soggetti non aiuta a sostenerne le sorti.