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Le sanzioni disciplinari nel rapporto di lavoro. Cenni introduttivi

Il potere disciplinare è riconosciuto al datore di lavoro dall’art. 2106 c.c. secondo il quale l’inosservanza delle disposizioni contenute negli artt. 2104 e 2105 c.c, precisamente l’inosservanza del dovere di diligenza, di obbedienza e dell’obbligo di fedeltà, può dar luogo nei confronti del lavoratore, all’applicazione di sanzioni disciplinari, secondo la gravità dell’infrazione.

Le modalità concrete dell’esercizio del potere disciplinare è fissato dall’art. 7 dello statuto dei lavoratori, che subordina l’adozione della sanzione ad uno specifico procedimento, che è finalizzato a garantire l’effettività del diritto di difesa del lavoratore.

Il codice disciplinare deve essere portato a conoscenza dei lavoratori mediante affissione accessibile a tutti i lavoratori.

L’affissione non può avvenire con mezzi equipollenti, e in mancanza di valida affissione, il datore di lavoro non può sanzionare il lavoratore, pertanto la prima garanzia procedimentale è costituita dalla pubblicità del codice disciplinare, che è diretta a far conoscere al lavoratore le possibili condotte illecite e le relative sanzioni che possono essere irrogate.

L’affissione nei locali aziendali (art. 7 statuto dei lavoratori) costituisce l’indefettibile requisito di legittimità della sanzione e, perseguendo essa lo scopo sia di dichiarare quale sia il codice disciplinare applicabile sia di assicurare un’agevole conoscibilità, è necessario che la suddetta affissione sia in atto al momento del fatto, che concreta la mancanza disciplinare, nonché in quello della contestazione dell’addebito e dell’irrogazione della sanzione, mentre è inidonea la conoscenza del codice da parte dei dipendenti per una precedente e temporanea forma di affissione o per l’avvenuta consegna di copia del codice medesimo.

Le sanzioni possono essere:

- il rimprovero verbale;

- la sospensione dal servizio;

- il rimprovero scritto;

- il licenziamento con preavviso;

- la multa;

- il licenziamento senza preavviso.

Ulteriore garanzia procedimentale è costituita dalla necessaria contestazione dell’addebito al lavoratore. Il datore di lavoro non può adottare nessun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza avergli dato la possibilità di essere sentito a sua difesa, in mancanza la contestazione è nulla.

La contestazione dell’addebito deve essere tempestiva, il datore di lavoro deve procedere alla contestazione dell’addebito tempestivamente, né può ritardarla in modo da rendere difficoltoso per il lavoratore la sua difesa, ma deve effettuarla in immediata connessione temporale con il fatto addebitato al dipendente, cioè l’immediatezza deve essere valutata con riferimento al momento della commissione o della conoscenza del fatto contestato.

La contestazione deve essere puntuale e specifica in modo da consentire al lavoratore una efficace difesa, fissando la portata ed i limiti del suo comportamento “asseritamente” illecito, pertanto deve contenere i dati e gli aspetti essenziali del fatto addebitato, anche se non necessariamente l’indicazione delle norme di legge o del contratto collettivo che si assumono violate.

La stessa non deve essere generica o sommaria. L’inosservanza di tali obblighi comporta la nullità della contestazione. Deve altresì contenere eventuali indicazioni di eventuali episodi precedenti, ove il datore di lavoro intende far pesare nella valutazione complessiva anche tale circostanza.

L’addebito deve essere tempestivamente contestato, l’immediatezza deve essere valutata con riferimento al momento della commissione o della conoscenza del fatto che si contesta. Tale requisito deve essere inteso secondo buona fede ed è perciò compatibile con quell’intervallo di tempo che risulti necessario per il preciso accertamento della condotta del lavoratore.

A seguito della contestazione dell’addebito avente forma scritta, tale requisito è considerato imprescindibile sia per esigenze di certezza e di immutabilità, che per fissare il tempo per l’applicazione della sanzione disciplinare, il lavoratore può entro cinque giorni, presentare le sue giustificazioni scritte od orali.

Il lavoratore nell’esporre le proprie ragioni, può farsi assistere da un rappresentante sindacale cui aderisce o conferire mandato.

Una volta trascorso il termine di cinque giorni previsto dall’art. 7 il datore di lavoro può adottare la sanzione disciplinare.

In conformità dell’art. 2106 c.c. la sanzione disciplinare deve essere proporzionata alla gravità del fatto,. Con riferimento alla applicazione della sanzione, la misura di quest’ultima non deve essere determinata in astratto, ma in concreto prendendo in considerazione, non solo il fatto oggettivo posto in essere dal lavoratore, ma l’insieme delle circostanze nelle quali il lavoratore ha compiuto la condotta contestata.

Il datore di lavoro ha l’onere di provare i presupposti giustificativi delle sanzioni disciplinari con riferimento in linea di principio, anche al profilo della proporzionalità, pur quando questa non sia di particolare entità, poiché non esiste una correlazione necessaria ed immediata tra l’esistenza di inadempimento del lavoratore e l’irrogabilità delle sanzioni disciplinari data la natura e la funzione particolare di quest’ultime, che non trovano il loro fondamento nelle regole generali dei rapporti contrattuali, cioè non sono assimilabili alle penali di cui all’art. 1382 c.c., e non hanno una funzione risarcitoria, ma hanno una portata afflittiva sul piano morale, hanno la funzione di diffidare dal compimento di ulteriori violazioni, (nel penale si chiama stigma sociale o timbro che un soggetto si porta per tutta la vita).

Sempre in conformità dell’art. 2106 c.c., le sanzioni devono essere proporzionate alla gravità dell’infrazione commessa.

Sono comunque vietate sanzioni che comportano mutamenti definitivi del rapporto; sospensione dal servizio e dalla retribuzione per periodi superiori a 10 giorni;

multe per importi superiori a 4 ore di retribuzione base.

Il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può ricorrere anche per mezzo dell’associazione sindacale cui aderisce o conferire mandato, alle procedure conciliative previste dai contratti collettivi, o adire l’autorità giudiziaria, oppure può promuovere, nei 20 giorni successivi, la costituzione di un collegio di conciliazione ed arbitrato.

La costituzione avviene tramite la Direzione provinciale del lavoro, l’esecuzione della sanzione è sospesa fino alla pronuncia del collegio.

Se entro 10 giorni dall’invito il datore di lavoro non nomina un proprio rappresentante, il collegio non provvede, e la sanzione disciplinare non ha effetto.

Il potere disciplinare è riconosciuto al datore di lavoro dall’art. 2106 c.c. secondo il quale l’inosservanza delle disposizioni contenute negli artt. 2104 e 2105 c.c, precisamente l’inosservanza del dovere di diligenza, di obbedienza e dell’obbligo di fedeltà, può dar luogo nei confronti del lavoratore, all’applicazione di sanzioni disciplinari, secondo la gravità dell’infrazione.

Le modalità concrete dell’esercizio del potere disciplinare è fissato dall’art. 7 dello statuto dei lavoratori, che subordina l’adozione della sanzione ad uno specifico procedimento, che è finalizzato a garantire l’effettività del diritto di difesa del lavoratore.

Il codice disciplinare deve essere portato a conoscenza dei lavoratori mediante affissione accessibile a tutti i lavoratori.

L’affissione non può avvenire con mezzi equipollenti, e in mancanza di valida affissione, il datore di lavoro non può sanzionare il lavoratore, pertanto la prima garanzia procedimentale è costituita dalla pubblicità del codice disciplinare, che è diretta a far conoscere al lavoratore le possibili condotte illecite e le relative sanzioni che possono essere irrogate.

L’affissione nei locali aziendali (art. 7 statuto dei lavoratori) costituisce l’indefettibile requisito di legittimità della sanzione e, perseguendo essa lo scopo sia di dichiarare quale sia il codice disciplinare applicabile sia di assicurare un’agevole conoscibilità, è necessario che la suddetta affissione sia in atto al momento del fatto, che concreta la mancanza disciplinare, nonché in quello della contestazione dell’addebito e dell’irrogazione della sanzione, mentre è inidonea la conoscenza del codice da parte dei dipendenti per una precedente e temporanea forma di affissione o per l’avvenuta consegna di copia del codice medesimo.

Le sanzioni possono essere:

- il rimprovero verbale;

- la sospensione dal servizio;

- il rimprovero scritto;

- il licenziamento con preavviso;

- la multa;

- il licenziamento senza preavviso.

Ulteriore garanzia procedimentale è costituita dalla necessaria contestazione dell’addebito al lavoratore. Il datore di lavoro non può adottare nessun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza avergli dato la possibilità di essere sentito a sua difesa, in mancanza la contestazione è nulla.

La contestazione dell’addebito deve essere tempestiva, il datore di lavoro deve procedere alla contestazione dell’addebito tempestivamente, né può ritardarla in modo da rendere difficoltoso per il lavoratore la sua difesa, ma deve effettuarla in immediata connessione temporale con il fatto addebitato al dipendente, cioè l’immediatezza deve essere valutata con riferimento al momento della commissione o della conoscenza del fatto contestato.

La contestazione deve essere puntuale e specifica in modo da consentire al lavoratore una efficace difesa, fissando la portata ed i limiti del suo comportamento “asseritamente” illecito, pertanto deve contenere i dati e gli aspetti essenziali del fatto addebitato, anche se non necessariamente l’indicazione delle norme di legge o del contratto collettivo che si assumono violate.

La stessa non deve essere generica o sommaria. L’inosservanza di tali obblighi comporta la nullità della contestazione. Deve altresì contenere eventuali indicazioni di eventuali episodi precedenti, ove il datore di lavoro intende far pesare nella valutazione complessiva anche tale circostanza.

L’addebito deve essere tempestivamente contestato, l’immediatezza deve essere valutata con riferimento al momento della commissione o della conoscenza del fatto che si contesta. Tale requisito deve essere inteso secondo buona fede ed è perciò compatibile con quell’intervallo di tempo che risulti necessario per il preciso accertamento della condotta del lavoratore.

A seguito della contestazione dell’addebito avente forma scritta, tale requisito è considerato imprescindibile sia per esigenze di certezza e di immutabilità, che per fissare il tempo per l’applicazione della sanzione disciplinare, il lavoratore può entro cinque giorni, presentare le sue giustificazioni scritte od orali.

Il lavoratore nell’esporre le proprie ragioni, può farsi assistere da un rappresentante sindacale cui aderisce o conferire mandato.

Una volta trascorso il termine di cinque giorni previsto dall’art. 7 il datore di lavoro può adottare la sanzione disciplinare.

In conformità dell’art. 2106 c.c. la sanzione disciplinare deve essere proporzionata alla gravità del fatto,. Con riferimento alla applicazione della sanzione, la misura di quest’ultima non deve essere determinata in astratto, ma in concreto prendendo in considerazione, non solo il fatto oggettivo posto in essere dal lavoratore, ma l’insieme delle circostanze nelle quali il lavoratore ha compiuto la condotta contestata.

Il datore di lavoro ha l’onere di provare i presupposti giustificativi delle sanzioni disciplinari con riferimento in linea di principio, anche al profilo della proporzionalità, pur quando questa non sia di particolare entità, poiché non esiste una correlazione necessaria ed immediata tra l’esistenza di inadempimento del lavoratore e l’irrogabilità delle sanzioni disciplinari data la natura e la funzione particolare di quest’ultime, che non trovano il loro fondamento nelle regole generali dei rapporti contrattuali, cioè non sono assimilabili alle penali di cui all’art. 1382 c.c., e non hanno una funzione risarcitoria, ma hanno una portata afflittiva sul piano morale, hanno la funzione di diffidare dal compimento di ulteriori violazioni, (nel penale si chiama stigma sociale o timbro che un soggetto si porta per tutta la vita).

Sempre in conformità dell’art. 2106 c.c., le sanzioni devono essere proporzionate alla gravità dell’infrazione commessa.

Sono comunque vietate sanzioni che comportano mutamenti definitivi del rapporto; sospensione dal servizio e dalla retribuzione per periodi superiori a 10 giorni;

multe per importi superiori a 4 ore di retribuzione base.

Il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può ricorrere anche per mezzo dell’associazione sindacale cui aderisce o conferire mandato, alle procedure conciliative previste dai contratti collettivi, o adire l’autorità giudiziaria, oppure può promuovere, nei 20 giorni successivi, la costituzione di un collegio di conciliazione ed arbitrato.

La costituzione avviene tramite la Direzione provinciale del lavoro, l’esecuzione della sanzione è sospesa fino alla pronuncia del collegio.

Se entro 10 giorni dall’invito il datore di lavoro non nomina un proprio rappresentante, il collegio non provvede, e la sanzione disciplinare non ha effetto.