L’indicazione della data dell’udienza di comparizione (art. 163, 3° co., n. 7, c.p.c.)
[Estratto del volume di Fabio Fiorucci, L’atto di citazione. Requisiti e cause di nullità, Giuffrè, 2011]
A norma dell’art. 163, 3° co., n. 7, c.p.c. l’atto di citazione deve recare l’indicazione del giorno dell’udienza di comparizione nonché l’invito al convenuto a costituirsi nel termine di 20 giorni prima dell’udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall’art. 166 c.p.c., ovvero di 10 giorni prima in caso di abbreviazione dei termini, e a comparire, nell’udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell’art. 168-bis c.p.c., con l’avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c. Le previsioni appena dette configurano la citazione in senso stretto o vocatio in ius.
Occorre ricordare che il presidente del tribunale stabilisce al principio dell’anno giudiziario, con decreto approvato dal primo presidente della corte di appello, i giorni della settimana e le ore delle udienze destinate esclusivamente alla prima comparizione delle parti (art. 163, 2° co., c.p.c.); il suddetto decreto deve essere affisso in tutte le sale d’udienza del tribunale entro il 30 novembre di ogni anno e rimanervi durante il successivo anno giudiziario cui si riferisce (art. 69-bis disp. att. c.p.c.).
L’atto di citazione è ad udienza fissa, nel senso che l’attore fissa la data (giorno, mese e anno) della prima udienza; non è causa di nullità della citazione l’omessa indicazione dell’ora dell’udienza, essendo questa, anche ove manchi la rituale affissione del decreto, comunque conoscibile dal convenuto con l’uso della normale diligenza presso la cancelleria [1].
La data indicata dall’attore nell’atto di citazione non è comunque vincolante, essendo ex lege prevista la possibilità di differimento della prima udienza. Se, infatti, nel giorno fissato per la comparizione il giudice istruttore designato non tiene udienza, la comparizione delle parti è rimandata d’ufficio all’udienza immediatamente successiva tenuta dal giudice designato (art. 168-bis, 4° co., c.p.c.; v. anche art. 82 disp. att. c.p.c.); il giudice istruttore può inoltre (discrezionalmente) differire, con decreto da emettere entro cinque giorni dalla presentazione del fascicolo, la data della prima udienza fino ad un massimo di quarantacinque giorni (nessuna nullità processuale discende comunque dalla violazione di tali termini ordinatori, come attestato anche dalla giurisprudenza: “in mancanza di diversa disposizione il termine di cinque giorni dalla presentazione del fascicolo, entro il quale il giudice designato può differire, con decreto motivato, ai sensi del comma 5 dell’art. 168-bis c.p.c., la data della prima udienza, in base al principio generale contenuto nell’art. 152, comma 2, c.p.c., è ordinatorio”) [2]. In tale ultimo caso il cancelliere comunica alle parti costituite la nuova data della prima udienza (art. 168-bis, 5° co., c.p.c.). Appare evidente l’intento del legislatore di consentire al giudice istruttore designato di giungere alla prima udienza preparato e soprattutto avendo a propria disposizione un tempo adeguato per la trattazione della causa.
La data dell’udienza di comparizione indicata dall’attore nell’atto di citazione, pur potendo risultare, nella realtà, meramente indicativa, conserva comunque una fondamentale importanza, poiché costituisce il momento in base al quale devono essere calcolati i termini a comparire stabiliti nell’art. 163-bis c.p.c. (computati dalla data di avvenuto perfezionamento della notificazione dell’atto di citazione), a meno che tale udienza non sia differita dal giudice istruttore designato ai sensi dell’art. 168-bis, 5° co., c.p.c., nel qual caso il convenuto può costituirsi anche nei termini decorrenti dal giorno di effettivo svolgimento della prima udienza (v. combinato disposto artt. 166 e 168-bis, 5° co., c.p.c.) [3]. L’eventuale automatico differimento, ex art. 168-bis, 4° co., c.p.c., della data della prima udienza non incide, invece, sul computo del termine a comparire, per il quale il dies ad quem continua ad essere rappresentato dall’udienza fissata nell’atto di citazione [4].
Riassumendo, a differenza del rinvio di ufficio all’udienza immediatamente successiva, nel qual caso i termini di comparizione devono essere osservati in relazione all’udienza fissata con l’atto di citazione e dunque anche la costituzione del convenuto (art. 166 c.p.c.), ai fini della tempestività della stessa, deve avvenire in relazione all’udienza indicata nell’atto di citazione e non a quella automaticamente rinviata, nella diversa ipotesi in cui il differimento dell’udienza deriva dal provvedimento del giudice (che avrebbe dovuto tenere udienza, secondo il decreto del Presidente del Tribunale, a norma dell’art. 69-bis c.p.c., nel giorno indicato nell’atto di citazione), i termini di comparizione e di costituzione, anche ai fini della tempestività delle domande di cui all’art. 167 c.p.c., devono esser computati in relazione alla data dell’udienza differita e non a quella indicata nell’atto di citazione, ed ancorché il provvedimento di differimento sia stato adottato oltre il termine di cinque giorni dalla presentazione del fascicolo [5].
In giurisprudenza [6], è stato affermato che l’art. 164 c.p.c., che commina la nullità della citazione quando manchi l’indicazione della data di comparizione davanti al giudice istruttore, deve essere letto in connessione col disposto dell’art. 163, 3° co., n. 7, c.p.c., nel senso cioè che l’udienza di comparizione da indicare a pena di nullità non è quella davanti al giudice istruttore, bensì quella davanti al tribunale, il cui presidente provvederà a designare il giudice istruttore ai sensi dell’art. 168-bis c.p.c.
La nullità della citazione per mancanza dell’indicazione dell’udienza di comparizione sussiste solo se manchi totalmente detta indicazione, ovvero se essa sia assolutamente incerta, cioè tale da non rendere possibile, nemmeno con un minimo di diligenza e di buon senso, di individuare la data effettivamente fissata [7]. L’accertamento se, nonostante l’erronea indicazione della data, sia da escludere ogni incertezza in ordine all’individuazione della stessa è devoluto al giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità ove sorretto da motivazione immune da vizi logici e giuridici [8]
Parimenti, non ricorre la causa di nullità della citazione in riferimento alla indicazione della data dell’udienza di comparizione nei casi in cui tale indicazione si dimostri manifestamente errata per un materiale e riconoscibile scambio di una cifra del numero corrispondente (per il quale, ad es., la data medesima andrebbe a collocarsi in un tempo ormai trascorso rispetto a quello della notificazione e, pertanto, impossibile nella rappresentazione della parte attrice notificante, mentre diverrebbe valida e concreta se letta, secondo una coerente coordinazione con la data della notificazione, per un’epoca posteriore) [9].
Ancora in argomento merita menzione quanto stabilito dalla Suprema Corte [10], secondo cui la nullità della citazione per mancata indicazione dell’udienza di comparizione nella copia notificata sussiste sia se manchi totalmente detta indicazione, sia se essa sia assolutamente incerta, ossia tale da non rendere possibile l’individuazione della data effettivamente fissata, senza che a tal fine possa sopperirsi attraverso le date indicate nell’originale, atteso che la parte interessata non ha il dovere di colmare le lacune ed eliminare le incertezze dell’atto che le viene consegnato, dovendo unicamente riferirsi al contenuto di esso per svolgere le attività processuali che le sono consentite a seguito della chiamata in giudizio. Anche nella circostanza resta confermato che l’accertamento relativo all’effettiva sussistenza di una incertezza nell’indicazione della data e all’insuperabilità di essa alla stregua delle risultanze documentali è accertamento di fatto riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.
L’ipotesi, infine, in cui nell’atto di citazione risultino più date sovrapposte e rettificate, dando luogo ad una fattispecie di data solo virtuale, è equiparabile a quella della mancanza della data di comparizione, che, per l’art. 164, 1° co., c.p.c., rende nullo l’atto in questione; una tale conseguenza è da escludere solo allorché, come già detto, con minima diligenza del destinatario dell’atto l’errore intervenuto si renda riconoscibile [11].
[1] Cass. 22.11.1991, n. 12578.
[2] Cass. 4.11.2003, n. 16526.
[3] Per la giurisprudenza v. Cass. 4.11.2003, n. 16526 e Cass. 11.6.2003, n. 9351.
[4] Cfr., tra le altre, Cass. 10.2.2003, n. 1935 e Cass. 27.5.1991, n. 5981.
[5] Cass. 4.11.2003, n. 16526.
[6] Cass. 25.5.1979, n. 3028.
[7] Cass. 12.12.1981, n. 6579; Cass. 6.12.1999, n. 13618 e, più di recente, Cass. 19.5.2006, n. 11780.
[8] Cass. 11.6.1983, n. 4020; v. anche Cass. 13.12.1976, n. 4625.
[9] Cass. 5.6.1987, n. 4893.
[10] Cass. 2.9.1998, n. 8696; conf. Cass. 7.7.1999, n. 7037 e Cass. 16.4.2003, n. 6017.
[11] Cass. 6.12.1999, n. 13618.
[Estratto del volume di Fabio Fiorucci, L’atto di citazione. Requisiti e cause di nullità, Giuffrè, 2011]
A norma dell’art. 163, 3° co., n. 7, c.p.c. l’atto di citazione deve recare l’indicazione del giorno dell’udienza di comparizione nonché l’invito al convenuto a costituirsi nel termine di 20 giorni prima dell’udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall’art. 166 c.p.c., ovvero di 10 giorni prima in caso di abbreviazione dei termini, e a comparire, nell’udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell’art. 168-bis c.p.c., con l’avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c. Le previsioni appena dette configurano la citazione in senso stretto o vocatio in ius.
Occorre ricordare che il presidente del tribunale stabilisce al principio dell’anno giudiziario, con decreto approvato dal primo presidente della corte di appello, i giorni della settimana e le ore delle udienze destinate esclusivamente alla prima comparizione delle parti (art. 163, 2° co., c.p.c.); il suddetto decreto deve essere affisso in tutte le sale d’udienza del tribunale entro il 30 novembre di ogni anno e rimanervi durante il successivo anno giudiziario cui si riferisce (art. 69-bis disp. att. c.p.c.).
L’atto di citazione è ad udienza fissa, nel senso che l’attore fissa la data (giorno, mese e anno) della prima udienza; non è causa di nullità della citazione l’omessa indicazione dell’ora dell’udienza, essendo questa, anche ove manchi la rituale affissione del decreto, comunque conoscibile dal convenuto con l’uso della normale diligenza presso la cancelleria [1].
La data indicata dall’attore nell’atto di citazione non è comunque vincolante, essendo ex lege prevista la possibilità di differimento della prima udienza. Se, infatti, nel giorno fissato per la comparizione il giudice istruttore designato non tiene udienza, la comparizione delle parti è rimandata d’ufficio all’udienza immediatamente successiva tenuta dal giudice designato (art. 168-bis, 4° co., c.p.c.; v. anche art. 82 disp. att. c.p.c.); il giudice istruttore può inoltre (discrezionalmente) differire, con decreto da emettere entro cinque giorni dalla presentazione del fascicolo, la data della prima udienza fino ad un massimo di quarantacinque giorni (nessuna nullità processuale discende comunque dalla violazione di tali termini ordinatori, come attestato anche dalla giurisprudenza: “in mancanza di diversa disposizione il termine di cinque giorni dalla presentazione del fascicolo, entro il quale il giudice designato può differire, con decreto motivato, ai sensi del comma 5 dell’art. 168-bis c.p.c., la data della prima udienza, in base al principio generale contenuto nell’art. 152, comma 2, c.p.c., è ordinatorio”) [2]. In tale ultimo caso il cancelliere comunica alle parti costituite la nuova data della prima udienza (art. 168-bis, 5° co., c.p.c.). Appare evidente l’intento del legislatore di consentire al giudice istruttore designato di giungere alla prima udienza preparato e soprattutto avendo a propria disposizione un tempo adeguato per la trattazione della causa.
La data dell’udienza di comparizione indicata dall’attore nell’atto di citazione, pur potendo risultare, nella realtà, meramente indicativa, conserva comunque una fondamentale importanza, poiché costituisce il momento in base al quale devono essere calcolati i termini a comparire stabiliti nell’art. 163-bis c.p.c. (computati dalla data di avvenuto perfezionamento della notificazione dell’atto di citazione), a meno che tale udienza non sia differita dal giudice istruttore designato ai sensi dell’art. 168-bis, 5° co., c.p.c., nel qual caso il convenuto può costituirsi anche nei termini decorrenti dal giorno di effettivo svolgimento della prima udienza (v. combinato disposto artt. 166 e 168-bis, 5° co., c.p.c.) [3]. L’eventuale automatico differimento, ex art. 168-bis, 4° co., c.p.c., della data della prima udienza non incide, invece, sul computo del termine a comparire, per il quale il dies ad quem continua ad essere rappresentato dall’udienza fissata nell’atto di citazione [4].
Riassumendo, a differenza del rinvio di ufficio all’udienza immediatamente successiva, nel qual caso i termini di comparizione devono essere osservati in relazione all’udienza fissata con l’atto di citazione e dunque anche la costituzione del convenuto (art. 166 c.p.c.), ai fini della tempestività della stessa, deve avvenire in relazione all’udienza indicata nell’atto di citazione e non a quella automaticamente rinviata, nella diversa ipotesi in cui il differimento dell’udienza deriva dal provvedimento del giudice (che avrebbe dovuto tenere udienza, secondo il decreto del Presidente del Tribunale, a norma dell’art. 69-bis c.p.c., nel giorno indicato nell’atto di citazione), i termini di comparizione e di costituzione, anche ai fini della tempestività delle domande di cui all’art. 167 c.p.c., devono esser computati in relazione alla data dell’udienza differita e non a quella indicata nell’atto di citazione, ed ancorché il provvedimento di differimento sia stato adottato oltre il termine di cinque giorni dalla presentazione del fascicolo [5].
In giurisprudenza [6], è stato affermato che l’art. 164 c.p.c., che commina la nullità della citazione quando manchi l’indicazione della data di comparizione davanti al giudice istruttore, deve essere letto in connessione col disposto dell’art. 163, 3° co., n. 7, c.p.c., nel senso cioè che l’udienza di comparizione da indicare a pena di nullità non è quella davanti al giudice istruttore, bensì quella davanti al tribunale, il cui presidente provvederà a designare il giudice istruttore ai sensi dell’art. 168-bis c.p.c.
La nullità della citazione per mancanza dell’indicazione dell’udienza di comparizione sussiste solo se manchi totalmente detta indicazione, ovvero se essa sia assolutamente incerta, cioè tale da non rendere possibile, nemmeno con un minimo di diligenza e di buon senso, di individuare la data effettivamente fissata [7]. L’accertamento se, nonostante l’erronea indicazione della data, sia da escludere ogni incertezza in ordine all’individuazione della stessa è devoluto al giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità ove sorretto da motivazione immune da vizi logici e giuridici [8]
Parimenti, non ricorre la causa di nullità della citazione in riferimento alla indicazione della data dell’udienza di comparizione nei casi in cui tale indicazione si dimostri manifestamente errata per un materiale e riconoscibile scambio di una cifra del numero corrispondente (per il quale, ad es., la data medesima andrebbe a collocarsi in un tempo ormai trascorso rispetto a quello della notificazione e, pertanto, impossibile nella rappresentazione della parte attrice notificante, mentre diverrebbe valida e concreta se letta, secondo una coerente coordinazione con la data della notificazione, per un’epoca posteriore) [9].
Ancora in argomento merita menzione quanto stabilito dalla Suprema Corte [10], secondo cui la nullità della citazione per mancata indicazione dell’udienza di comparizione nella copia notificata sussiste sia se manchi totalmente detta indicazione, sia se essa sia assolutamente incerta, ossia tale da non rendere possibile l’individuazione della data effettivamente fissata, senza che a tal fine possa sopperirsi attraverso le date indicate nell’originale, atteso che la parte interessata non ha il dovere di colmare le lacune ed eliminare le incertezze dell’atto che le viene consegnato, dovendo unicamente riferirsi al contenuto di esso per svolgere le attività processuali che le sono consentite a seguito della chiamata in giudizio. Anche nella circostanza resta confermato che l’accertamento relativo all’effettiva sussistenza di una incertezza nell’indicazione della data e all’insuperabilità di essa alla stregua delle risultanze documentali è accertamento di fatto riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.
L’ipotesi, infine, in cui nell’atto di citazione risultino più date sovrapposte e rettificate, dando luogo ad una fattispecie di data solo virtuale, è equiparabile a quella della mancanza della data di comparizione, che, per l’art. 164, 1° co., c.p.c., rende nullo l’atto in questione; una tale conseguenza è da escludere solo allorché, come già detto, con minima diligenza del destinatario dell’atto l’errore intervenuto si renda riconoscibile [11].
[1] Cass. 22.11.1991, n. 12578.
[2] Cass. 4.11.2003, n. 16526.
[3] Per la giurisprudenza v. Cass. 4.11.2003, n. 16526 e Cass. 11.6.2003, n. 9351.
[4] Cfr., tra le altre, Cass. 10.2.2003, n. 1935 e Cass. 27.5.1991, n. 5981.
[5] Cass. 4.11.2003, n. 16526.
[6] Cass. 25.5.1979, n. 3028.
[7] Cass. 12.12.1981, n. 6579; Cass. 6.12.1999, n. 13618 e, più di recente, Cass. 19.5.2006, n. 11780.
[8] Cass. 11.6.1983, n. 4020; v. anche Cass. 13.12.1976, n. 4625.
[9] Cass. 5.6.1987, n. 4893.
[10] Cass. 2.9.1998, n. 8696; conf. Cass. 7.7.1999, n. 7037 e Cass. 16.4.2003, n. 6017.
[11] Cass. 6.12.1999, n. 13618.