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La cancellazione del protesto illegittimamente o erroneamente levato

Estratto dal volume di Fabio Fiorucci: Il protesto. Cancellazione, forme di responsabilità e tutela d’urgenza ex art. 700 c.p.c., 2 ed., Giuffrè, 2009
[Dettagli del volume]

Legislazione: l. 12.2.1955, n. 77, Pubblicazione degli elenchi dei protesti cambiari, art. 4, 2° co.

Bibliografia: Triola 1989a - Carrato 2001 - Carrato 2002 - Ciaccia 2002 - Palmieri 2002 - Gentile 2003 - Fedeli, Berti e Balestri 2005 - Venturelli 2006.

Una istanza analoga a quella appena vista, avente ad oggetto la cancellazione dal registro informatico dei protesti, è previsto possa

« essere presentata da chiunque dimostri di aver subito levata di protesto, al proprio nome, illegittimamente od erroneamente, nonché dai pubblici ufficiali incaricati della levata del protesto o dalle aziende di credito, quando si è proceduto illegittimamente od erroneamente alla levata del protesto »

(art. 4, 2o co., l. 77/1955).

Anticipando approfondimenti di seguito svolti (cui si rinvia, v. infra § 6.1.), è illegittimo il protesto levato fuori dai casi consentiti dalla legge o senza l’osservanza delle norme da questa previste; è invece erroneo il protesto che, pur consentito su un piano strettamente cartolare, sia in contrasto con fatti o accordi intercorsi tra le parti, o sia conseguenza di una condotta negligente dell’ufficiale procedente.

La genericità del dato normativo (art. 4, 2o co., l. 77/1955) unitamente alla ratio della disposizione — assicurare l’esattezza dell’atto di protesto e la tutela del soggetto indebitamente protestato — inducono a ritenere che la richiesta possa essere proficuamente avanzata senza distinzione tra le diverse categorie di titoli cambiari e quindi, in altri termini, anche nei casi di protesto erroneo o illegittimo di assegni bancari (Triola 1989a, 99; Ciaccia 2002, 120; Palmieri 2002, 3526; Fedeli, Berti e Balestri 2005, 154; cfr. anche Circolare ABI, serie Legale n. 31 del 25.9.2000). Conforme è la prassi di numerose Camere di commercio e un consistente orientamento giurisprudenziale (Trib. Rimini, 26.11.1982, BBTC, 1985, II, 104; Trib. Ravenna, 22.11.1988, BBTC, 1990, II, 494; App. Milano, 1.3.1990, GC, 1990, I, 1607; Trib. Roma, 19.8.1998, GI, 1998, I, 2333; Trib. Nola, ord., 17.2.2006, www.iussit.it; Trib. Torre Annunziata 20.2.2007, GM, 2007, 2213, con nota di Carrato; contra Trib. Foggia 5.2.2004, GM, 2004, 914) che, seppure originariamente maturato nella vigenza del precedente quadro normativo, appare tuttora valido (sarebbe comunque stato opportuno che l’attuale disciplina, considerate le incertezze applicative della norma, avesse espressamente parificato, nella specifica fattispecie, il trattamento di cambiali e assegni).

Tale più estensiva interpretazione della norma trova indiretta conferma nei lavori preparatori della disciplina in commento, i quali, riguardo alla levata di protesti erronei o illegittimi, evidenziano come in tali circostanze « deve essere data la più ampia possibilità ai cittadini di evitare che, con la pubblicazione del ‘protesto’, possano ricevere un grave danno, poiché altrimenti la loro immagine rimarrebbe nel tempo pregiudicata agli occhi dei futuri possibili creditori e nei confronti del sistema finanziario in genere » (i lavori parlamentari preliminari sono richiamati da Fedeli, Berti e Balestri 2005, 149)

Gli argomenti posti a sostegno di tale indirizzo interpretativo sono efficacemente sintetizzati dalla decisione che segue:

« non distinguendo la norma fra cambiali e vaglia cambiari, da un lato, ed assegni bancari, dall’altro, non può escludersi dall’ambito di applicazione del predetto 4o comma il caso del protesto di un assegno bancario illegittimo od erroneo (ubi lex non distinguit, nec nos distinguere debemus).

Tale interpretazione è avvalorata da ciò, che i precedenti 1o e 2o comma dello stesso art. 3 e le altre norme della medesima legge 77/1955 si riferiscono sia ai protesti di cambiali accettate e di vaglia cambiari, sia ai protesti di assegni bancari.

Riguardo all’ipotesi del protesto illegittimo od erroneo sussiste la medesima ratio giustificatrice della cancellazione, sia che si tratti di una cambiale o di un vaglia cambiario, sia che si tratti di un assegno bancario, mentre nessun rilievo possono avere la diversità di funzione dei titoli (essendo strumenti di credito la cambiale ed il vaglia cambiario, mezzo di pagamento l’assegno bancario) e la diversità di regime sanzionatorio del mancato pagamento »

(Trib. Roma, 19.8.1998, GI, 1998, I, 2334).

Per una pronuncia più recente si veda Trib. Torre Annunziata 20.2.2007:

« A fronte di una illegittimità o erroneità nella levata del protesto, alcuna differenza appare rivestire la qualità del titolo di credito al quale esso fa riferimento, non apparendo configurabile alcuna rilevanza della diversità funzionale tra cambiale e assegno. Nel comma 1 [art.4 l. 77/1955] non ci si duole dell’atto di protesto, ma si chiede di ovviare ad un errore del protesto stesso »

(Trib. Torre Annunziata 20.2.2007, GM, 2007, 2214).

Anche la Corte Costituzionale ha posto in evidenza come « la legge (ovviamente) riconosca anche al traente di assegno bancario il diritto alla cancellazione del protesto erroneamente o illegittimamente levato » (Corte cost. 14.3.2003, n. 70, GD, 2003, n. 17, 24, con nota di Gentile).

Diversamente opina un filone dottrinario (Carrato 2002, 570), secondo cui argomenti di carattere testuale, « istanza analoga a quella di cui al comma 1 » (art. 4, 2o co., l. 77/1955), ove si tratta esplicitamente di cambiali e vaglia cambiari, e la diversità funzionale tra la cambiale e l’assegno — nel caso di specie forse impropriamente richiamata considerato che qui si tratta di rimuovere gli effetti pregiudizievoli di un protesto non dovuto e incolpevolmente subito, rispetto al quale non rileva la predetta distinzione fra titoli — lascerebbero intendere la non applicabilità anche agli assegni del meccanismo di cancellazione del protesto erroneamente o illegittimamente levato.

Nella realtà, come detto, appare razionale ed equo ritenere che gli assegni illegittimamente o erroneamente protestati – rispetto ai quali, giova ribadire, nessun addebito può essere mosso al soggetto incolpevolmente coinvolto - possano giovarsi delle procedure di cancellazione espressamente contemplate per cambiali e vaglia cambiari:

« sarebbe assurdo, infatti, che il legislatore abbia considerato con favore il debitore che soddisfa l’obbligazione cambiaria entro cinque giorni [vecchia disciplina] dal protesto, lasciando senza tutela colui che, pur essendo del tutto adempiente, si è trovato per errore o per un comportamento illegittimo del terzo, destinatario del protesto di un assegno.

I motivi che giustificano la limitazione delle facoltà previste dal primo comma dell’art. 12, cit., al pagamento delle cambiali non sussistono per il secondo comma [vecchia normativa, circostanza ininfluente ai ns. fini], perché se non può concedersi al traente di un assegno privo di copertura il vantaggio del pagamento tardivo, del tutto diversa è la posizione del traente di un assegno illegittimamente o erroneamente protestato, che resterebbe privo di ogni tutela »

(Triola 1989a, 100).

Nonostante il detto riferimento normativo « istanza analoga a quella di cui al comma 1 » (art. 4, 2o co., l. 77/1955) e l’opinione espressa in dottrina, secondo cui la domanda di cancellazione di un protesto illegittimo o erroneo va proposta « nel precisato termine di un anno » (Carrato 2001, 1475), deve altresì ritenersi — in ossequio a principi di ragionevolezza e avute presenti le spesso ricorrenti incongruenze della normativa in argomento — non tradita la ratio legis nel consentire la possibilità di adire il responsabile dirigente dell’ufficio protesti al fine di ottenere la cancellazione della impropria segnalazione anche, in ipotesi, dopo il termine di dodici mesi (in tale direzione sembrano deporre, nella fattispecie, anche i differenti termini concessi agli interessati dalla pregressa normativa), comunque finché perdura la segnalazione di protesto.

Oltre alla circostanza che l’incolpevole interessato potrebbe non avvedersi per tempo dell’intervenuta ingiusta segnalazione, con conseguente impossibilità di adire la Camera di commercio e perdurante pregiudizio, risulterebbe altresì meno efficace, in alternativa alla richiesta di tempestiva e definitiva cancellazione dell’indebito protesto, l’eventuale annotazione sul registro informatico della illegittimità o erroneità dello stesso, sempre che tale opzione sia ritenuta perseguibile in analogia a quanto previsto per i pagamenti di cambiali e vaglia cambiari eseguiti oltre i dodici mesi.

Così orientata appare anche la Corte costituzionale laddove, a proposito della possibilità di richiedere la cancellazione di un protesto illegittimo o erroneo prescindendo dai termini invece fissati per promuovere analoga istanza da parte del debitore adempiente, rileva che

« la richiesta di cancellazione prescinde del tutto dall’avvenuto pagamento del titolo protestato, in quanto è finalizzata a rimuovere eventuali errori del pubblico ufficiale o dell’azienda di credito e, comunque, ad evitare che un protesto illegittimo per qualsiasi ragione venga pubblicato, con evidente danno del debitore protestato. Da ciò consegue che non possono essere equiparate situazioni diverse, caratterizzate, l’una, dall’interesse del debitore protestato e, l’altra, dall’interesse dell’ordinamento alla legalità e alla certezza dell’atto di protesto. Situazioni che, pertanto, richiedono un trattamento diverso, quale è, appunto, quello previsto dai commi terzo e quarto dell’articolo 3 della legge n. 77 del 1955 [vecchia formulazione] »

(Corte cost., 25.2.1988, n. 208, FI, 1988, I, 1807).

Nella fattispecie in esame, le Camere di commercio potranno, per mezzo del responsabile dirigente dell’ufficio protesti all’uopo incaricato, riscontrare soltanto richieste di cancellazione aventi ad oggetto ipotesi di erroneità o illegittimità palesi o formali della levata del protesto, essendo demandata all’autorità giudiziaria ordinaria la risoluzione di eventuali problematiche all’origine del protesto, quali truffe, controversie contrattuali et similia e, nell’eventualità, l’emanazione del provvedimento di sospensione della pubblicazione del protesto. In altri termini, come sopra detto (v. supra § 4.3.2.), l’accertamento circa la sussistenza dei vizi lamentati non deve richiedere da parte della Camera di commercio l’assunzione di mezzi istruttori, dovendosi trattare di vizi risultanti immediatamente dalla documentazione in possesso dell’istante.

Interessanti considerazioni sulla natura delle competenze attribuite alla Camera di commercio in prima istanza e, nell’eventualità, al giudice di pace sono svolte dal Trib. Pistoia (ord., 19.5.2001, GI, 2002, 535); l’ordinanza è chiara nel suo iter argomentativo: l’art. 4, 3o co., l. 77/1955 assegna al responsabile dirigente dell’ufficio protesti un tempo oggettivamente stringato per provvedere sulla domanda di cancellazione, in base all’accertamento di una evidente illegittimità o erroneità, non attribuendo allo stesso alcuno strumento istruttorio utile ad espletare compiutamente il suddetto accertamento; in conseguenza di ciò, sembra debba concludersi che al responsabile dirigente dell’ufficio protesti siano state

« trasferite le precedenti attribuzioni del presidente del tribunale, nel senso che il procedimento amministrativo mantenga il medesimo ambito del vecchio procedimento camerale, limitato a quei vizi del protesto risultanti immediatamente dall’esame della relativa documentazione (es. protesto levato fuori dai casi previsti dalla legge), e ciò anche qualora il procedimento sia introdotto dal soggetto ingiustamente protestato, il quale avrà l’onere di allegare all’istanza la documentazione da cui evincere l’errore o l’illegittimità »

(Trib. Pistoia, ord., 19.5.2001, GI, 2002, 535, con nota di Vullo).

Ad integrazione e maggior chiarimento di quanto appena illustrato mette conto segnalare che, nella prassi, le tipologie di illegittimità prese in considerazione dalle Camere di commercio sono riconducibili a due categorie: alcuni enti camerali, interpretando rigorosamente l’art. 4, 2° co., l. 77/1955 esaminano esclusivamente le domande di cancellazione per le quali l’illegittimità e l’errore derivano dalla levata del protesto da parte del pubblico ufficiale, respingendo di conseguenza quelle che pongono all’attenzione il rapporto causale; diversamente, altre Camere di commercio considerano sia le domande di cancellazione per le quali l’illegittimità e l’errore sono da valutarsi in relazione all’atto della levata del protesto da parte del pubblico ufficiale sia quelle che pongono all’attenzione il rapporto causale sottostante da cui il titolo ha avuto origine.

Anche per le istanze di cancellazione di protesti erronei o illegittimi, in caso di rigetto della domanda o di mancata decisione sulla stessa entro 20 giorni dalla data di ricezione, l’interessato può adire il giudice di pace, ai sensi degli artt. 414 ss. c.p.c. (v. supra § 4.3.3.). Alle gravi conseguenze di una illegittima segnalazione nel registro informatico dei protesti, e alle problematiche correlate, è dedicato l’intero Cap. 8.

Discussa è, infine, l’ammissibilità (qui appena menzionata, per approfondimenti v. infra Cap. 8) di una richiesta cautelare ex art. 700 c.p.c. avverso un protesto illegittimamente levato.

Generalmente, in argomento, è operata la seguente distinzione (v. infra § 8.9.1.): richieste di sospensione della pubblicazione di un protesto asserito illegittimo o erroneo potranno essere direttamente inoltrate al giudice ordinario ex art. 700 c.p.c.; richieste aventi ad oggetto la cancellazione di un protesto illegittimo dovranno di regola preliminarmente transitare per la procedura amministrativa allo scopo prevista (per cambiali e vaglia cambiari) dall’art. 4, 2° co., l. 77/1955, sempre che non si intendano far valere in via d’urgenza ipotesi di illegittimità o erroneità (non risultanti direttamente dal titolo) rispetto alle quali il dirigente responsabile dell’ufficio protesti non avrebbe concreti e proficui poteri di intervento:

« pur dopo la novella (l. n. 235 del 2000), deve ritenersi ferma la facoltà del soggetto protestato di adire direttamente il giudice, anche in via cautelare, in tutti i casi di protesto illegittimo della cambiale o del vaglia cambiario per ragioni diverse da quelle immediatamente risultanti dal titolo, e rispetto alle quali non può ritenersi sussistente la competenza del presidente della camera di commercio, come nel caso tipico di sottoscrizione apocrifa del titolo protestato ovvero in tutti gli altri casi per i quali si rendano necessari accertamenti non demandabili in via amministrativa »

(Trib. Nola 23.7.2008, www.iussit.eu).

Deve parimenti ritenersi consentito il ricorso immediato ex art. 700 c.p.c. al giudice dell’urgenza nel caso in cui il protesto illegittimo di cui si chiede la cancellazione riguarda un assegno:

« la tutela ex art. 700 c.p.c. è l’unico mezzo consentito all’emittente dell’assegno bancario pagato tardivamente o erroneamente emesso per evitare il pregiudizio lamentato non potendo ravvisarsi un concorso della cautela atipica con quella accordata dalla legge 12.2.1955, n. 77 esclusivamente (…) al debitore cambiario (illegittimamente/erroneamente) protestato (potendo richiedere la cancellazione del proprio nome dall’elenco dei protesti, ai sensi dell’art. 4 della legge come modificata dalla legge 18.8.2000 n. 235, soltanto il debitore "che esegue il pagamento di una cambiale o di un vaglia cambiario (…) o che dimostri di aver subito levata di protesto al proprio nome illegittimamente od erroneamente" (…)), non ostando, quindi, il principio di residualità - ex art. 700 c.p.c. - all’accesso dell’incolpevole emittente dell’assegno bancario protestato alla cautela atipica »

(Trib. Roma 19.12.2006, DeJure Giuffrè; conf. Trib. Torre Annunziata 20.2.2007, GM, 2007, 2213).

[Dettagli del volume]

Legislazione: l. 12.2.1955, n. 77, Pubblicazione degli elenchi dei protesti cambiari, art. 4, 2° co.

Bibliografia: Triola 1989a - Carrato 2001 - Carrato 2002 - Ciaccia 2002 - Palmieri 2002 - Gentile 2003 - Fedeli, Berti e Balestri 2005 - Venturelli 2006.

Una istanza analoga a quella appena vista, avente ad oggetto la cancellazione dal registro informatico dei protesti, è previsto possa

« essere presentata da chiunque dimostri di aver subito levata di protesto, al proprio nome, illegittimamente od erroneamente, nonché dai pubblici ufficiali incaricati della levata del protesto o dalle aziende di credito, quando si è proceduto illegittimamente od erroneamente alla levata del protesto »

(art. 4, 2o co., l. 77/1955).

Anticipando approfondimenti di seguito svolti (cui si rinvia, v. infra § 6.1.), è illegittimo il protesto levato fuori dai casi consentiti dalla legge o senza l’osservanza delle norme da questa previste; è invece erroneo il protesto che, pur consentito su un piano strettamente cartolare, sia in contrasto con fatti o accordi intercorsi tra le parti, o sia conseguenza di una condotta negligente dell’ufficiale procedente.

La genericità del dato normativo (art. 4, 2o co., l. 77/1955) unitamente alla ratio della disposizione — assicurare l’esattezza dell’atto di protesto e la tutela del soggetto indebitamente protestato — inducono a ritenere che la richiesta possa essere proficuamente avanzata senza distinzione tra le diverse categorie di titoli cambiari e quindi, in altri termini, anche nei casi di protesto erroneo o illegittimo di assegni bancari (Triola 1989a, 99; Ciaccia 2002, 120; Palmieri 2002, 3526; Fedeli, Berti e Balestri 2005, 154; cfr. anche Circolare ABI, serie Legale n. 31 del 25.9.2000). Conforme è la prassi di numerose Camere di commercio e un consistente orientamento giurisprudenziale (Trib. Rimini, 26.11.1982, BBTC, 1985, II, 104; Trib. Ravenna, 22.11.1988, BBTC, 1990, II, 494; App. Milano, 1.3.1990, GC, 1990, I, 1607; Trib. Roma, 19.8.1998, GI, 1998, I, 2333; Trib. Nola, ord., 17.2.2006, www.iussit.it; Trib. Torre Annunziata 20.2.2007, GM, 2007, 2213, con nota di Carrato; contra Trib. Foggia 5.2.2004, GM, 2004, 914) che, seppure originariamente maturato nella vigenza del precedente quadro normativo, appare tuttora valido (sarebbe comunque stato opportuno che l’attuale disciplina, considerate le incertezze applicative della norma, avesse espressamente parificato, nella specifica fattispecie, il trattamento di cambiali e assegni).

Tale più estensiva interpretazione della norma trova indiretta conferma nei lavori preparatori della disciplina in commento, i quali, riguardo alla levata di protesti erronei o illegittimi, evidenziano come in tali circostanze « deve essere data la più ampia possibilità ai cittadini di evitare che, con la pubblicazione del ‘protesto’, possano ricevere un grave danno, poiché altrimenti la loro immagine rimarrebbe nel tempo pregiudicata agli occhi dei futuri possibili creditori e nei confronti del sistema finanziario in genere » (i lavori parlamentari preliminari sono richiamati da Fedeli, Berti e Balestri 2005, 149)

Gli argomenti posti a sostegno di tale indirizzo interpretativo sono efficacemente sintetizzati dalla decisione che segue:

« non distinguendo la norma fra cambiali e vaglia cambiari, da un lato, ed assegni bancari, dall’altro, non può escludersi dall’ambito di applicazione del predetto 4o comma il caso del protesto di un assegno bancario illegittimo od erroneo (ubi lex non distinguit, nec nos distinguere debemus).

Tale interpretazione è avvalorata da ciò, che i precedenti 1o e 2o comma dello stesso art. 3 e le altre norme della medesima legge 77/1955 si riferiscono sia ai protesti di cambiali accettate e di vaglia cambiari, sia ai protesti di assegni bancari.

Riguardo all’ipotesi del protesto illegittimo od erroneo sussiste la medesima ratio giustificatrice della cancellazione, sia che si tratti di una cambiale o di un vaglia cambiario, sia che si tratti di un assegno bancario, mentre nessun rilievo possono avere la diversità di funzione dei titoli (essendo strumenti di credito la cambiale ed il vaglia cambiario, mezzo di pagamento l’assegno bancario) e la diversità di regime sanzionatorio del mancato pagamento »

(Trib. Roma, 19.8.1998, GI, 1998, I, 2334).

Per una pronuncia più recente si veda Trib. Torre Annunziata 20.2.2007:

« A fronte di una illegittimità o erroneità nella levata del protesto, alcuna differenza appare rivestire la qualità del titolo di credito al quale esso fa riferimento, non apparendo configurabile alcuna rilevanza della diversità funzionale tra cambiale e assegno. Nel comma 1 [art.4 l. 77/1955] non ci si duole dell’atto di protesto, ma si chiede di ovviare ad un errore del protesto stesso »

(Trib. Torre Annunziata 20.2.2007, GM, 2007, 2214).

Anche la Corte Costituzionale ha posto in evidenza come « la legge (ovviamente) riconosca anche al traente di assegno bancario il diritto alla cancellazione del protesto erroneamente o illegittimamente levato » (Corte cost. 14.3.2003, n. 70, GD, 2003, n. 17, 24, con nota di Gentile).

Diversamente opina un filone dottrinario (Carrato 2002, 570), secondo cui argomenti di carattere testuale, « istanza analoga a quella di cui al comma 1 » (art. 4, 2o co., l. 77/1955), ove si tratta esplicitamente di cambiali e vaglia cambiari, e la diversità funzionale tra la cambiale e l’assegno — nel caso di specie forse impropriamente richiamata considerato che qui si tratta di rimuovere gli effetti pregiudizievoli di un protesto non dovuto e incolpevolmente subito, rispetto al quale non rileva la predetta distinzione fra titoli — lascerebbero intendere la non applicabilità anche agli assegni del meccanismo di cancellazione del protesto erroneamente o illegittimamente levato.

Nella realtà, come detto, appare razionale ed equo ritenere che gli assegni illegittimamente o erroneamente protestati – rispetto ai quali, giova ribadire, nessun addebito può essere mosso al soggetto incolpevolmente coinvolto - possano giovarsi delle procedure di cancellazione espressamente contemplate per cambiali e vaglia cambiari:

« sarebbe assurdo, infatti, che il legislatore abbia considerato con favore il debitore che soddisfa l’obbligazione cambiaria entro cinque giorni [vecchia disciplina] dal protesto, lasciando senza tutela colui che, pur essendo del tutto adempiente, si è trovato per errore o per un comportamento illegittimo del terzo, destinatario del protesto di un assegno.

I motivi che giustificano la limitazione delle facoltà previste dal primo comma dell’art. 12, cit., al pagamento delle cambiali non sussistono per il secondo comma [vecchia normativa, circostanza ininfluente ai ns. fini], perché se non può concedersi al traente di un assegno privo di copertura il vantaggio del pagamento tardivo, del tutto diversa è la posizione del traente di un assegno illegittimamente o erroneamente protestato, che resterebbe privo di ogni tutela »

(Triola 1989a, 100).

Nonostante il detto riferimento normativo « istanza analoga a quella di cui al comma 1 » (art. 4, 2o co., l. 77/1955) e l’opinione espressa in dottrina, secondo cui la domanda di cancellazione di un protesto illegittimo o erroneo va proposta « nel precisato termine di un anno » (Carrato 2001, 1475), deve altresì ritenersi — in ossequio a principi di ragionevolezza e avute presenti le spesso ricorrenti incongruenze della normativa in argomento — non tradita la ratio legis nel consentire la possibilità di adire il responsabile dirigente dell’ufficio protesti al fine di ottenere la cancellazione della impropria segnalazione anche, in ipotesi, dopo il termine di dodici mesi (in tale direzione sembrano deporre, nella fattispecie, anche i differenti termini concessi agli interessati dalla pregressa normativa), comunque finché perdura la segnalazione di protesto.

Oltre alla circostanza che l’incolpevole interessato potrebbe non avvedersi per tempo dell’intervenuta ingiusta segnalazione, con conseguente impossibilità di adire la Camera di commercio e perdurante pregiudizio, risulterebbe altresì meno efficace, in alternativa alla richiesta di tempestiva e definitiva cancellazione dell’indebito protesto, l’eventuale annotazione sul registro informatico della illegittimità o erroneità dello stesso, sempre che tale opzione sia ritenuta perseguibile in analogia a quanto previsto per i pagamenti di cambiali e vaglia cambiari eseguiti oltre i dodici mesi.

Così orientata appare anche la Corte costituzionale laddove, a proposito della possibilità di richiedere la cancellazione di un protesto illegittimo o erroneo prescindendo dai termini invece fissati per promuovere analoga istanza da parte del debitore adempiente, rileva che

« la richiesta di cancellazione prescinde del tutto dall’avvenuto pagamento del titolo protestato, in quanto è finalizzata a rimuovere eventuali errori del pubblico ufficiale o dell’azienda di credito e, comunque, ad evitare che un protesto illegittimo per qualsiasi ragione venga pubblicato, con evidente danno del debitore protestato. Da ciò consegue che non possono essere equiparate situazioni diverse, caratterizzate, l’una, dall’interesse del debitore protestato e, l’altra, dall’interesse dell’ordinamento alla legalità e alla certezza dell’atto di protesto. Situazioni che, pertanto, richiedono un trattamento diverso, quale è, appunto, quello previsto dai commi terzo e quarto dell’articolo 3 della legge n. 77 del 1955 [vecchia formulazione] »

(Corte cost., 25.2.1988, n. 208, FI, 1988, I, 1807).

Nella fattispecie in esame, le Camere di commercio potranno, per mezzo del responsabile dirigente dell’ufficio protesti all’uopo incaricato, riscontrare soltanto richieste di cancellazione aventi ad oggetto ipotesi di erroneità o illegittimità palesi o formali della levata del protesto, essendo demandata all’autorità giudiziaria ordinaria la risoluzione di eventuali problematiche all’origine del protesto, quali truffe, controversie contrattuali et similia e, nell’eventualità, l’emanazione del provvedimento di sospensione della pubblicazione del protesto. In altri termini, come sopra detto (v. supra § 4.3.2.), l’accertamento circa la sussistenza dei vizi lamentati non deve richiedere da parte della Camera di commercio l’assunzione di mezzi istruttori, dovendosi trattare di vizi risultanti immediatamente dalla documentazione in possesso dell’istante.

Interessanti considerazioni sulla natura delle competenze attribuite alla Camera di commercio in prima istanza e, nell’eventualità, al giudice di pace sono svolte dal Trib. Pistoia (ord., 19.5.2001, GI, 2002, 535); l’ordinanza è chiara nel suo iter argomentativo: l’art. 4, 3o co., l. 77/1955 assegna al responsabile dirigente dell’ufficio protesti un tempo oggettivamente stringato per provvedere sulla domanda di cancellazione, in base all’accertamento di una evidente illegittimità o erroneità, non attribuendo allo stesso alcuno strumento istruttorio utile ad espletare compiutamente il suddetto accertamento; in conseguenza di ciò, sembra debba concludersi che al responsabile dirigente dell’ufficio protesti siano state

« trasferite le precedenti attribuzioni del presidente del tribunale, nel senso che il procedimento amministrativo mantenga il medesimo ambito del vecchio procedimento camerale, limitato a quei vizi del protesto risultanti immediatamente dall’esame della relativa documentazione (es. protesto levato fuori dai casi previsti dalla legge), e ciò anche qualora il procedimento sia introdotto dal soggetto ingiustamente protestato, il quale avrà l’onere di allegare all’istanza la documentazione da cui evincere l’errore o l’illegittimità »

(Trib. Pistoia, ord., 19.5.2001, GI, 2002, 535, con nota di Vullo).

Ad integrazione e maggior chiarimento di quanto appena illustrato mette conto segnalare che, nella prassi, le tipologie di illegittimità prese in considerazione dalle Camere di commercio sono riconducibili a due categorie: alcuni enti camerali, interpretando rigorosamente l’art. 4, 2° co., l. 77/1955 esaminano esclusivamente le domande di cancellazione per le quali l’illegittimità e l’errore derivano dalla levata del protesto da parte del pubblico ufficiale, respingendo di conseguenza quelle che pongono all’attenzione il rapporto causale; diversamente, altre Camere di commercio considerano sia le domande di cancellazione per le quali l’illegittimità e l’errore sono da valutarsi in relazione all’atto della levata del protesto da parte del pubblico ufficiale sia quelle che pongono all’attenzione il rapporto causale sottostante da cui il titolo ha avuto origine.

Anche per le istanze di cancellazione di protesti erronei o illegittimi, in caso di rigetto della domanda o di mancata decisione sulla stessa entro 20 giorni dalla data di ricezione, l’interessato può adire il giudice di pace, ai sensi degli artt. 414 ss. c.p.c. (v. supra § 4.3.3.). Alle gravi conseguenze di una illegittima segnalazione nel registro informatico dei protesti, e alle problematiche correlate, è dedicato l’intero Cap. 8.

Discussa è, infine, l’ammissibilità (qui appena menzionata, per approfondimenti v. infra Cap. 8) di una richiesta cautelare ex art. 700 c.p.c. avverso un protesto illegittimamente levato.

Generalmente, in argomento, è operata la seguente distinzione (v. infra § 8.9.1.): richieste di sospensione della pubblicazione di un protesto asserito illegittimo o erroneo potranno essere direttamente inoltrate al giudice ordinario ex art. 700 c.p.c.; richieste aventi ad oggetto la cancellazione di un protesto illegittimo dovranno di regola preliminarmente transitare per la procedura amministrativa allo scopo prevista (per cambiali e vaglia cambiari) dall’art. 4, 2° co., l. 77/1955, sempre che non si intendano far valere in via d’urgenza ipotesi di illegittimità o erroneità (non risultanti direttamente dal titolo) rispetto alle quali il dirigente responsabile dell’ufficio protesti non avrebbe concreti e proficui poteri di intervento:

« pur dopo la novella (l. n. 235 del 2000), deve ritenersi ferma la facoltà del soggetto protestato di adire direttamente il giudice, anche in via cautelare, in tutti i casi di protesto illegittimo della cambiale o del vaglia cambiario per ragioni diverse da quelle immediatamente risultanti dal titolo, e rispetto alle quali non può ritenersi sussistente la competenza del presidente della camera di commercio, come nel caso tipico di sottoscrizione apocrifa del titolo protestato ovvero in tutti gli altri casi per i quali si rendano necessari accertamenti non demandabili in via amministrativa »

(Trib. Nola 23.7.2008, www.iussit.eu).

Deve parimenti ritenersi consentito il ricorso immediato ex art. 700 c.p.c. al giudice dell’urgenza nel caso in cui il protesto illegittimo di cui si chiede la cancellazione riguarda un assegno:

« la tutela ex art. 700 c.p.c. è l’unico mezzo consentito all’emittente dell’assegno bancario pagato tardivamente o erroneamente emesso per evitare il pregiudizio lamentato non potendo ravvisarsi un concorso della cautela atipica con quella accordata dalla legge 12.2.1955, n. 77 esclusivamente (…) al debitore cambiario (illegittimamente/erroneamente) protestato (potendo richiedere la cancellazione del proprio nome dall’elenco dei protesti, ai sensi dell’art. 4 della legge come modificata dalla legge 18.8.2000 n. 235, soltanto il debitore "che esegue il pagamento di una cambiale o di un vaglia cambiario (…) o che dimostri di aver subito levata di protesto al proprio nome illegittimamente od erroneamente" (…)), non ostando, quindi, il principio di residualità - ex art. 700 c.p.c. - all’accesso dell’incolpevole emittente dell’assegno bancario protestato alla cautela atipica »

(Trib. Roma 19.12.2006, DeJure Giuffrè; conf. Trib. Torre Annunziata 20.2.2007, GM, 2007, 2213).