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Ma il preavviso ha efficacia reale?

Nota a Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 4 novembre 2010, n. 22443
Massima

Alla stregua di una interpretazione letterale e logico-sistematica dell’art. 2118 c.c., nel contratto di lavoro a tempo indeterminato il preavviso non ha efficacia reale (implicante, in mancanza di accordo tra le parti circa la cessazione immediata del rapporto, il diritto alla prosecuzione del rapporto stesso e di tutte le connesse obbligazioni fino alla scadenza del termine), ma ha efficacia obbligatoria, con la conseguenza che, nel caso in cui una delle parti eserciti la facoltà di recedere con effetto immediato, il rapporto si risolve altrettanto immediatamente, con l’unico obbligo della parte recedente di corrispondere l’indennità sostitutiva e senza che, da tale momento, possano avere influenza eventuali avvenimenti sopravvenuti, a meno che la parte recedente, nell’esercizio di un suo diritto potestativo, acconsenta, avendone interesse, alla continuazione del rapporto lavorativo, protraendone l’efficacia sino al termine del periodo di preavviso.

Nota

Ma il preavviso ha efficacia reale? La risposta della Cassazione è negativa.

Il caso sottoposto all’esame della Suprema Corte è il seguente.

Un lavoratore viene licenziato due volte.

La prima, per giustificato motivo oggettivo, a fronte della riorganizzazione della Società e soppressione della posizione di direttore generale con decorrenza 1 marzo 2002, data in cui sarebbe cessato l’incarico svolto, nonché revocati i relativi poteri.

La seconda, per giusta causa, intervenuta circa due mesi dopo durante la decorrenza del periodo di preavviso. La Società aveva nel frattempo contestato al lavoratore una serie di addebiti, e convertito il precedente licenziamento per giustificato motivo oggettivo in licenziamento per giusta causa.

Il lavoratore si era dunque rivolto al Tribunale sostenendo che il secondo licenziamento era inefficace perché il rapporto si era già estinto per effetto del primo licenziamento.

Il Tribunale prima, e la Corte D’Appello poi, gli avevano dato ragione.

La Società ricorreva quindi in Cassazione sulla base di due motivi, esaminati congiuntamente dalla Suprema Corte:

(i) la tesi dell’automatica risoluzione del rapporto contrasta con la natura reale del preavviso e solo l’accordo delle parti - che nella specie non vi è stato - potrebbe determinare l’estinzione del rapporto prima dell’integrale decorso del preavviso;

(ii) l’interpretazione data dai giudici di merito dell’art. 21 del c.c.n.l. per i direttori amministrativi (che prevede, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il pagamento di una indennità in cifra fissa, comprensiva del preavviso) contrasta con l’art. 2118 c.c. (che non consentirebbe al datore di estinguere immediatamente il rapporto pagando l’indennità sostitutiva del preavviso, salvo che non vi sia sul punto l’accordo delle parti).

La Società partiva dal presupposto che il preavviso ha efficacia reale, vale a dire che, in mancanza di accordo tra le parti circa la cessazione immediata del rapporto, questo prosegue fino alla scadenza del termine di preavviso, con tutte le obbligazioni connesse.

La Corte di Cassazione nega però questa impostazione, facendo perno su una serie di altre precedenti pronunce.

In particolare, Cass. 21 maggio 2007, n. 11740, a mente della quale: “alla stregua di una interpretazione letterale e logico- sistematica dell’art. 2118 c.c., nel contratto di lavoro a tempo indeterminato il preavviso non ha efficacia reale (implicante, in mancanza di accordo tra le parti circa la cessazione immediata del rapporto, il diritto alla prosecuzione del rapporto stesso e di tutte le connesse obbligazioni fino alla scadenza del termine), ma ha efficacia obbligatoria, con la conseguenza che nel caso in cui una delle parti eserciti la facoltà di recedere con effetto immediato, il rapporto si risolve altrettanto immediatamente, con l’unico obbligo della parte recedente di corrispondere l’indennità sostitutiva e senza che da tale momento possano avere influenza eventuali avvenimenti sopravvenuti, a meno che la parte recedente, nell’esercizio di un suo diritto potestativo, acconsenta, avendone interesse, alla continuazione del rapporto lavorativo, protraendone l’efficacia sino al termine del periodo di preavviso".

Ma anche Cass. 5 ottobre 2009, n. 21216, che aveva enunciato il medesimo principio di diritto, sostenendo che: “il preavviso di licenziamento non ha efficacia reale, bensì obbligatoria, con la conseguenza che, nell’ipotesi in cui una delle parti eserciti la facoltà di recedere con effetto immediato, il rapporto si risolve immediatamente, con l’unico obbligo della parte recedente di corrispondere l’indennità sostitutiva. Ne consegue che tale indennità non rientra nella base di calcolo delle mensilità supplementari, delle ferie e del trattamento di fine rapporto spettante al lavoratore dimissionario, non riferendosi ad un periodo lavorato dal dipendente”.

Nello stesso senso, anche Cass. 16 giugno 2009, n. 13959, che, a sua volta, aveva affermato che: “il recesso del datore di lavoro dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con esonero per il lavoratore dalla relativa prestazione, determina l’immediata risoluzione del rapporto di lavoro a tutti gli effetti giuridici, con la conseguenza che il periodo di preavviso non lavorato non può essere computato ai fini del raggiungimento del requisito dei due anni d’iscrizione nell’AGO contro la disoccupazione involontaria per la corresponsione dell’indennità ordinaria di disoccupazione” (ma si vedano anche Cass. 11 giugno 2008 n. 15495; Tribunale di Velletri, 12 dicembre 2006, est. Marrani).

Posto quanto sopra, la Suprema Corte rigetta il ricorso della Società concludendo non solo per l’efficacia meramente obbligatoria del preavviso, ma anche per la piena legittimità dell’art. 21 del c.c.n.l. per i direttori amministrativi, il quale non colliderebbe con l’art. 2118 c.c., che consente di estinguere, con effetto immediato, il rapporto corrispondendo l’indennità di mancato preavviso.

Massima

Alla stregua di una interpretazione letterale e logico-sistematica dell’art. 2118 c.c., nel contratto di lavoro a tempo indeterminato il preavviso non ha efficacia reale (implicante, in mancanza di accordo tra le parti circa la cessazione immediata del rapporto, il diritto alla prosecuzione del rapporto stesso e di tutte le connesse obbligazioni fino alla scadenza del termine), ma ha efficacia obbligatoria, con la conseguenza che, nel caso in cui una delle parti eserciti la facoltà di recedere con effetto immediato, il rapporto si risolve altrettanto immediatamente, con l’unico obbligo della parte recedente di corrispondere l’indennità sostitutiva e senza che, da tale momento, possano avere influenza eventuali avvenimenti sopravvenuti, a meno che la parte recedente, nell’esercizio di un suo diritto potestativo, acconsenta, avendone interesse, alla continuazione del rapporto lavorativo, protraendone l’efficacia sino al termine del periodo di preavviso.

Nota

Ma il preavviso ha efficacia reale? La risposta della Cassazione è negativa.

Il caso sottoposto all’esame della Suprema Corte è il seguente.

Un lavoratore viene licenziato due volte.

La prima, per giustificato motivo oggettivo, a fronte della riorganizzazione della Società e soppressione della posizione di direttore generale con decorrenza 1 marzo 2002, data in cui sarebbe cessato l’incarico svolto, nonché revocati i relativi poteri.

La seconda, per giusta causa, intervenuta circa due mesi dopo durante la decorrenza del periodo di preavviso. La Società aveva nel frattempo contestato al lavoratore una serie di addebiti, e convertito il precedente licenziamento per giustificato motivo oggettivo in licenziamento per giusta causa.

Il lavoratore si era dunque rivolto al Tribunale sostenendo che il secondo licenziamento era inefficace perché il rapporto si era già estinto per effetto del primo licenziamento.

Il Tribunale prima, e la Corte D’Appello poi, gli avevano dato ragione.

La Società ricorreva quindi in Cassazione sulla base di due motivi, esaminati congiuntamente dalla Suprema Corte:

(i) la tesi dell’automatica risoluzione del rapporto contrasta con la natura reale del preavviso e solo l’accordo delle parti - che nella specie non vi è stato - potrebbe determinare l’estinzione del rapporto prima dell’integrale decorso del preavviso;

(ii) l’interpretazione data dai giudici di merito dell’art. 21 del c.c.n.l. per i direttori amministrativi (che prevede, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il pagamento di una indennità in cifra fissa, comprensiva del preavviso) contrasta con l’art. 2118 c.c. (che non consentirebbe al datore di estinguere immediatamente il rapporto pagando l’indennità sostitutiva del preavviso, salvo che non vi sia sul punto l’accordo delle parti).

La Società partiva dal presupposto che il preavviso ha efficacia reale, vale a dire che, in mancanza di accordo tra le parti circa la cessazione immediata del rapporto, questo prosegue fino alla scadenza del termine di preavviso, con tutte le obbligazioni connesse.

La Corte di Cassazione nega però questa impostazione, facendo perno su una serie di altre precedenti pronunce.

In particolare, Cass. 21 maggio 2007, n. 11740, a mente della quale: “alla stregua di una interpretazione letterale e logico- sistematica dell’art. 2118 c.c., nel contratto di lavoro a tempo indeterminato il preavviso non ha efficacia reale (implicante, in mancanza di accordo tra le parti circa la cessazione immediata del rapporto, il diritto alla prosecuzione del rapporto stesso e di tutte le connesse obbligazioni fino alla scadenza del termine), ma ha efficacia obbligatoria, con la conseguenza che nel caso in cui una delle parti eserciti la facoltà di recedere con effetto immediato, il rapporto si risolve altrettanto immediatamente, con l’unico obbligo della parte recedente di corrispondere l’indennità sostitutiva e senza che da tale momento possano avere influenza eventuali avvenimenti sopravvenuti, a meno che la parte recedente, nell’esercizio di un suo diritto potestativo, acconsenta, avendone interesse, alla continuazione del rapporto lavorativo, protraendone l’efficacia sino al termine del periodo di preavviso".

Ma anche Cass. 5 ottobre 2009, n. 21216, che aveva enunciato il medesimo principio di diritto, sostenendo che: “il preavviso di licenziamento non ha efficacia reale, bensì obbligatoria, con la conseguenza che, nell’ipotesi in cui una delle parti eserciti la facoltà di recedere con effetto immediato, il rapporto si risolve immediatamente, con l’unico obbligo della parte recedente di corrispondere l’indennità sostitutiva. Ne consegue che tale indennità non rientra nella base di calcolo delle mensilità supplementari, delle ferie e del trattamento di fine rapporto spettante al lavoratore dimissionario, non riferendosi ad un periodo lavorato dal dipendente”.

Nello stesso senso, anche Cass. 16 giugno 2009, n. 13959, che, a sua volta, aveva affermato che: “il recesso del datore di lavoro dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con esonero per il lavoratore dalla relativa prestazione, determina l’immediata risoluzione del rapporto di lavoro a tutti gli effetti giuridici, con la conseguenza che il periodo di preavviso non lavorato non può essere computato ai fini del raggiungimento del requisito dei due anni d’iscrizione nell’AGO contro la disoccupazione involontaria per la corresponsione dell’indennità ordinaria di disoccupazione” (ma si vedano anche Cass. 11 giugno 2008 n. 15495; Tribunale di Velletri, 12 dicembre 2006, est. Marrani).

Posto quanto sopra, la Suprema Corte rigetta il ricorso della Società concludendo non solo per l’efficacia meramente obbligatoria del preavviso, ma anche per la piena legittimità dell’art. 21 del c.c.n.l. per i direttori amministrativi, il quale non colliderebbe con l’art. 2118 c.c., che consente di estinguere, con effetto immediato, il rapporto corrispondendo l’indennità di mancato preavviso.