Rivista Intelligence e sicurezza - 2/2022

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Max Gibelli

Philippines

Philippines, un paese dove i sorrisi sono giornalieri, la frase che risolve ogni magagna, è

“it’s ok”.

Ho vissuto 10 anni sulla magnifica isola di Boracay, la località più famosa turisticamente dell’ arcipelago.

Oltre 2 milioni annui di turisti in gran parte da Cina, Corea, Russia e Usa.

Il turismo intenso su una piccola perla del Pacifico, lunga appena 7 km con sabbia bianca corallina e oceano con mille gradazioni di turchese, ha causato grandi danni, le costruzioni di grandi hotel da 500/600 camere, i rifiuti, scarichi fognari inesistenti e tutto quello che comporta un turismo selvaggio, ha cambiato molte cose, anche se la bellezza permane prepotentemente a dispetto dell uomo.

Poi è arrivata la pandemia, che ha portato via i milioni di villeggianti, nulla più.

Dall’oggi al domani tutto è cambiato.

Da isola felice (economicamente) si è trasformata in una località deserta. Ormai una situazione che perdura da un biennio. Giovani vite perse per la disperazione, 30 suicidi. Tutte le attività chiuse. Tutto finito.

Il perenne conflitto tra il benessere dell’uomo e la natura, qui è evidente.

L’uomo devasta e prospera come un virus, a danno dell’ambiente.

Non arrivano più barconi carichi di sacchi da 50 kg di detersivi, che finivano, alla fine, in mare, ma la gente è alla fame e chi non ha retto non è più su questa terra.

Vivendo unicamente sul turismo internazionale questa isola ha sofferto e soffre con la sua gente.

Cammino sulla spiaggia di paradiso ad occhi chiusi, certo di non scontrar nessuno.

Turismo responsabile? Progetti da paesi del nord Europa, non certo per il molto estremo oriente, dove tutto viaggia alla giornata e si vive come se non vi fosse un domani.

Asia.

Un paradiso maledetto.

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