Armando Antonelli - IL LIBER PARADISUS

La liberazione di tutti i servi presenti sul territorio bolognese fu sancita dalla deliberazione approvata nel consiglio del popolo e della massa di Bologna il 3 giugno 1257, che rappresentò anche l’atto con cui si concludeva un’operazione complicata, durata nel suo complesso dodici mesi, e le cui motivazioni profonde e concrete debbono rintracciarsi nella situazione locale del territorio bolognese (accanto alle istanze di natura fiscale sono da prendere in considerazione le dinamiche istituzionali interne alla città, con la decisa affermazione dell’organizzazione popolare, che si traduceva in un’azione politica rivolta contro i domini loci del contado) e in un processo di più vaste proporzioni geo-politiche che non pare isolare il caso bolognese nel generale panorama duecentesco delle città comunali dell’Italia centro-settentrionale.

La redazione del Memoriale dei servi e delle serve bolognesi detto Paradiso, nei cui prologhi sono espresse le premesse ideali (le motivazioni giuridiche, le riflessioni religiose e le istanze etiche) che giustificarono l’intervento comunale, conserva gli elenchi dei nomi dei servi affrancati dal comune, accanto ai nomi dei loro padroni, cui il comune corrispose nell’arco di un triennio il prezzo pattuito di dieci lire per ogni soggetto maggiore di quattordici anni e di otto lire per ogni minore.

I quattro memoriali non sono altro che il risultato della trascrizione delle cedole originali presentate dai padroni. Tali esemplari furono copiati sul memoriale dopo essere stati esaminati, approvati e registrati da uno dei quattro notai incaricati di compiere tale operazione (uno per ciascuno dei quattro quartieri, in cui risultano divisi la città e il suo territorio nel 1257) e non prima di essere stati convalidati dal podestà Bonaccorso da Soresina e dal suo giudice Jacobus Gratacelli, di cui si esprimono le lodi e gli apprezzamenti in una sezione deputata dei tre proemi inseriti nel Liber Paradisus.

Il Memoriale Paradisus rappresentò pertanto l’atto conclusivo delle trattative intercorse nel 1256 tra i proprietari dei servi e il consiglio del popolo, dopo che il podestà, Manfredi da Marengo, e il consiglio speciale generale del comune avevano stabilito di abolire le norme riguardanti i matrimoni misti tra liberi e servi. Il compromesso raggiunto, nei mesi estivi del 1256 tra il procuratore del comune e quello del padroni portò al lodo del 25 agosto 1256, articolato dal due magistrati nominati arbitri dal consiglio del popolo già dal mese di luglio.

Nell’allestire quel manufatto ufficiale i quattro notai incaricati dal comune soddisfarono tre istanze distinte: garantire l’erario comunale, i proprietari e i servi affrancati; rappresentare gli alti ideali che avevano ispirato la città di Bologna; perpetuare il ricordo di quanto era accaduto in quel biennio.

[Il Liber Paradisus, a cura di Armando Antonelli, Marsilio Editori, Venezia, 2007, p. XXII]