Athos Vianelli: Fatti e vicende dello studio bolognese

In nessuna università europea (Parigi, Orleans, Salamanca, Padova, Napoli) si ebbe tanto affollamento di studenti come a Bologna; nel periodo cui mi riferisco la città, che aveva una popolazione denunciata nel «Libro dei fumanti» in ottomila focolari (circa 32.000 abitanti), ospitava dai dieci ai dodicimila studenti, cifra notevole anche oggigiorno.Questa attrazione esercitata dalla scuola bolognese si verifica principalmente per il fatto che, dopo Irnerio, il diritto non era più considerato come facente parte degli studi retorici e quale elemento di una educazione liberale, ma come una disciplina autonoma con carattere professionale, destinata ad una speciale categoria di studiosi. L’insegnamento del Diritto Romano ebbe infatti, in quei tempi, un aspetto prevalentemente politico e preminente, in ragione della sua stretta connessione con le ambizioni degli imperatori germanici; mentre il successivo sorgere del Diritto Canonico si collegava direttamente con gli interessi dei Papi e della Chiesa. Ne derivava, quindi, un carattere eminentemente pratico ed utilitario agli studi giuridici.

Alla fine del secolo XIII si costituirono poi altre scuole - oltre le già esistenti riguardanti le materie giuridiche - relative a discipline che furono chiamate in antico arti liberali (da qui il nome di «artisti» a coloro che sceglievano questi studi): grammatica, retorica, aritmetica, logica, filosofia, poesia, astrologia ed astronomia, meccanica, arte notaria, medicina e farmacia, teologia; insegnamenti questi che integravano, praticamente, lo studio del diritto dando un vero carattere di ecletticità e di universalità all’insegnamento di Bologna. Va notato per inciso che alcune di queste scuole esistevano anche prima, ma non avevano alcuna fisionomia giuridica.

A queste circostanze particolari ed al valore indiscusso dei maestri che si avvicendarono nell’insegnamento, vanno aggiunti altri elementi altri elementi esteriori che contribuirono certamente all’espansione dello Studio ed al benessere economico cittadino.

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Ed ecco che i cittadini s’improvvisano albergatori: moltissime case bolognesi ospitano studenti, i maestri stessi tengono pensione re nelle proprie abitazioni e dovunque, accanto alle ie scuole, sorgono convitti con caratteristiche e tariffe te diverse a seconda delle possibilità dei clienti.

I "giuristi", cioè gli immatricolati per lo studio del diritto sceglievano l’alloggio preferibilmente nel quartiere di S. Procolo (Via S. Mamolo, Via Farini e Casette di S. Andrea che sorgevano dove è ora la Piazza Cavour), gli "artisti", invece, abitavano quasi esclusivamente la zona di Porta Nova che si estendeva, praticamente, dalla Piazza Maggiore fino alla antichissima Porta Stiera in prossimità della Chiesa di S. Francesco, con una particolare densità nella zona ove ora trovasi il largo di Piazza Roosewelt, un tempo foltissimo agglomerato di casette popolari. I più poveri, poi, trovavano camere vantaggiose fuori città, sulla strada che conduceva al sobborgo di S. Ruffillo (ora Via Murri) o nella zona a sud di Bologna lungo il corso dell’Aposa.

[Athos Vianelli, Fatti e vicende dello studio bolognese, Tamari Editori, Bologna, 1961, pp.8-10]