Benjamin Constant (1767-1830) LA LIBERTÀ DEGLI ANTICHI PARAGONATA A QUELLA DEI MODERNI
(Sulla sovranità del popolo e i suoi limiti)
[Liberilibri, Macerata, 2001, p. 38] Se la volontà generale può tutto, i rappresentanti di questa volontà generale sono ben più temibili di quanto non dicano, non sono docili strumenti di questa pretesa volontà, ma hanno nelle mani i mezzi di forza o seduzione necessari ad assicurarne la manifestazione nei modi a loro convenienti. Ciò che nessun tiranno oserebbe fare a nome proprio, costoro lo legittimano con l’estensione senza limiti dell’autorità sociale. L’aumento di prerogative di cui hanno bisogno, essi lo richiedono al proprietario di tale autorità, al popolo, la cui onnipotenza non esiste che per giustificare le loro empietà. Le leggi più ingiuste, le istituzioni più oppressive sono rese obbligatorie in quanto espressione della volontà generale, visto che gli individui, dice Rousseau, essendosi dati interamente per il bene del corpo sociale non possono avere altra volontà che quella generale. Obbedendo a essa, obbediscono a se stessi, e tanto più sono liberi quanto più le obbediscono implicitamente. Le conseguenze di questo sistema sono le stesse in ogni epoca storica, ma esse si sono sviluppate fino al livello più spaventoso nella nostra Rivoluzione: esse hanno inferto a dei principi sacri ferite molto difficili da rimarginare. E più il governo che si voleva dare alla Francia era popolare, più queste ferite sono state profonde. Sarebbe facile dimostrare, con una serie infinita di esempi, che i più grossolani sofismi dei più focosi apostoli del Terrore, nelle loro più rivoltanti conseguenze, sono soltanto logiche derivazioni dei principi di Rousseau. Il popolo che può tutto è pericoloso quanto e più di un tiranno, o forse è più giusto dire che la tirannide s’impadronirà del potere riconosciuto al popolo. Essa non dovrà far altro che proclamare l’onnipotenza del popolo minacciandolo, e parlare in suo nome imponendogli il silenzio. Rousseau stesso si è spaventato di tali conseguenze. Terrorizzato dinanzi all’immensità del potere sociale che stava creando, non ha saputo in che mani depositare questa forza mostruosa e non ha trovato altro rimedio, contro il pericolo inerente a una sovranità del genere, che un espediente tale da renderne l’esercizio impossibile. Ha dichiarato che la sovranità non poteva essere né alienata, né delegata, né rappresentata: questo significa, in altri termini, affermarne l’impossibilità di esercizio, negare di fatto il principio che si viene proclamando.
(Sulla sovranità del popolo e i suoi limiti)
[Liberilibri, Macerata, 2001, p. 38]