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Boccaccio: Madonna Filippa dal marito con un suo amante trovata

Boccaccio Boccaccino: sposalizio di s. caterina e santi
Boccaccio Boccaccino: sposalizio di s. caterina e santi

Nella terra di Prato fu già uno statuto, nel vero non men biasimevole che aspro, il quale senza niuna distinzion fare, comandava che così fosse arsa quella donna che dal marito fosse con alcuno suo amante trovata in adulterio, come quella che per denari con qualunque altro uomo stata trovata fosse.

 

 

E durante questo statuto avvenne che una gentil donna e bella e oltre ad ogn'altra innamorata, il cui nome fu madonna Filippa, fu trovata nella sua propria camera una notte da Rinaldo Pugliesi suo marito nelle braccia di Lazzarino de' Guazzagliotri, nobile giovane e bello di quella terra, il quale ella quanto sé medesimo amava, ed era da lui amata. La qual cosa Rinaldo vedendo, turbato forte, appena del correr loro addosso e di uccidergli si ritenne; e se non fosse che di sé medesimo dubitava (temeva le conseguenze che potevano derivargli, n.d.r.), seguitando l'impeto della sua ira, l'avrebbe fatto.

 

Rattemperatosi adunque da questo, non si potè temperar da voler quello dello statuto pratese, che a lui non era licito di fare, cioè la morte della sua donna. E per ciò avendo al fallo della donna provare assai convenevole testimonianza, come il dì fu venuto, senza altro consiglio prendere, accusata la donna, la fece richiedere.

 

La donna, che di gran cuore era, sì come generalmente esser soglion quelle che innamorate son da dovero, ancora che sconsigliata da molti suoi amici e parenti ne fosse, del tutto dispose di comparire e di voler più tosto, la verità confessando, con forte animo morire, che, vilmente fuggendo, per contumacia in essilio vivere e negarsi degna di così fatto amante come colui era nelle cui braccia era stata la notte passata. E assai bene accompagnata di donne e d'uomini, da tutti confortata al negare, davanti al podestà venuta, domandò con fermo viso e con salda voce quello che egli a lei domandasse.

 

Il podestà, riguardando costei e veggendola bellissima e di maniere laudevoli molto, e, secondo che le sue parole testimoniavano, di grande animo, cominciò di lei ad avere compassione, dubitando non ella confessasse cosa per la quale a lui convenisse, volendo il suo onor servare, farla morire. Ma pur, non potendo cessare di domandarla di quello che apposto l'era, le disse:

 

- Madonna, come voi vedete, qui è Rinaldo vostro marito, e duolsi di voi, la quale egli dice che ha con altro uomo trovata in adulterio; e per ciò domanda che io, secondo che uno statuto che ci è vuole, faccendovi morire di ciò vi punisca; ma ciò far non posso, se voi nol confessate, e per ciò guardate bene quel che mi rispondete, e ditemi se vero è quello di che vostro marito v'accusa.

 

La donna, senza sbigottire punto, con voce assai piacevole rispose:

 

- Messere, egli è vero che Rinaldo è mio marito, e che egli questa notte passata mi trovò nelle braccia di Lazzarino, nelle quali io sono, per buono e perfetto amore che io gli porto, molte volte stata; né questo negherei mai; ma come io sono certa che voi sapete, le leggi deono essere comuni e fatte con consentimento di coloro a cui toccano. Le quali cose di questa non avvengano, ché essa solamente le donne tapinelle costrigne, le quali molto meglio che gli uomini potrebbero a molti sodisfare; e oltre a questo, non che alcuna donna, quando fatta fu, ci prestasse consentimento, ma niuna ce ne fu mai chiamata; per le quali cose meritamente malvagia si può chiamare.

 

E se voi volete, in pregiudicio del mio corpo e della vostra anima, esser di quella esecutore, a voi sta; ma, avanti che ad alcuna cosa giudicar procediate, vi prego che una piccola grazia mi facciate, cioè che voi il mio marito domandiate se io ogni volta e quante volte a lui piaceva, senza dir mai di no, io di me stessa gli concedeva intera copia o no.

 

A che Rinaldo, senza aspettare che il podestà il domandasse, prestamente rispose che senza alcun dubbio la donna ad ogni sua richiesta gli aveva di sè ogni suo piacer conceduto.

 

- Adunque, - seguì prestamente la donna - domando io voi, messere podestà, se egli ha sempre di me preso quello che gli è bisognato e piaciuto, io che doveva fare o debbo di quel che gli avanza? Debbolo io gittare ai cani? Non è egli molto meglio servirne un gentile uomo che più che sè m'ama, che lasciarlo perdere o guastare?

 

Eran quivi a così fatta essaminazione, e di tanta e sì famosa donna, quasi tutti i pratesi concorsi i quali, udendo così piacevol risposta, subitamente, dopo molte risa, quasi ad una voce tutti gridarono la donna aver ragione e dir bene; e prima che di quivi si partissono, a ciò confortandogli il podestà, modificarono il crudele statuto e lasciarono che egli s'intendesse solamente per quelle donne le quali per denari a' lor mariti facesser fallo.

 

Per la qual cosa Rinaldo, rimaso di così matta impresa confuso, si partì dal giudicio; e la donna lieta e libera, quasi dal fuoco risuscitata, alla sua casa se ne tornò gloriosa.

 

[Giovanni Boccaccio, Decamerone, Madonna Filippa dal marito con un suo amante trovata, chiamata in giudicio, con una pronta e piacevol risposta sé libera e fa lo statuto modificare, Sesta Giornata, Novella Settima]

 

Madonna Filippa dal marito con un suo amante trovata, chiamata in giudicio, con una pronta e piacevol risposta sé libera e fa lo statuto modificare Nella terra di Prato fu già uno statuto, nel vero non men biasimevole che aspro, il quale senza niuna distinzion fare, comandava che così fosse arsa quella donna che dal marito fosse con alcuno suo amante trovata in adulterio, come quella che per denari con qualunque altro uomo stata trovata fosse.

 

E durante questo statuto avvenne che una gentil donna e bella e oltre ad ogn'altra innamorata, il cui nome fu madonna Filippa, fu trovata nella sua propria camera una notte da Rinaldo Pugliesi suo marito nelle braccia di Lazzarino de' Guazzagliotri, nobile giovane e bello di quella terra, il quale ella quanto sé medesimo amava, ed era da lui amata. La qual cosa Rinaldo vedendo, turbato forte, appena del correr loro addosso e di uccidergli si ritenne; e se non fosse che di sé medesimo dubitava (temeva le conseguenze che potevano derivargli, n.d.r.), seguitando l'impeto della sua ira, l'avrebbe fatto.

 

Rattemperatosi adunque da questo, non si potè temperar da voler quello dello statuto pratese, che a lui non era licito di fare, cioè la morte della sua donna. E per ciò avendo al fallo della donna provare assai convenevole testimonianza, come il dì fu venuto, senza altro consiglio prendere, accusata la donna, la fece richiedere.

 

La donna, che di gran cuore era, sì come generalmente esser soglion quelle che innamorate son da dovero, ancora che sconsigliata da molti suoi amici e parenti ne fosse, del tutto dispose di comparire e di voler più tosto, la verità confessando, con forte animo morire, che, vilmente fuggendo, per contumacia in essilio vivere e negarsi degna di così fatto amante come colui era nelle cui braccia era stata la notte passata. E assai bene accompagnata di donne e d'uomini, da tutti confortata al negare, davanti al podestà venuta, domandò con fermo viso e con salda voce quello che egli a lei domandasse.

 

Il podestà, riguardando costei e veggendola bellissima e di maniere laudevoli molto, e, secondo che le sue parole testimoniavano, di grande animo, cominciò di lei ad avere compassione, dubitando non ella confessasse cosa per la quale a lui convenisse, volendo il suo onor servare, farla morire. Ma pur, non potendo cessare di domandarla di quello che apposto l'era, le disse:

 

- Madonna, come voi vedete, qui è Rinaldo vostro marito, e duolsi di voi, la quale egli dice che ha con altro uomo trovata in adulterio; e per ciò domanda che io, secondo che uno statuto che ci è vuole, faccendovi morire di ciò vi punisca; ma ciò far non posso, se voi nol confessate, e per ciò guardate bene quel che mi rispondete, e ditemi se vero è quello di che vostro marito v'accusa.

 

La donna, senza sbigottire punto, con voce assai piacevole rispose:

 

- Messere, egli è vero che Rinaldo è mio marito, e che egli questa notte passata mi trovò nelle braccia di Lazzarino, nelle quali io sono, per buono e perfetto amore che io gli porto, molte volte stata; né questo negherei mai; ma come io sono certa che voi sapete, le leggi deono essere comuni e fatte con consentimento di coloro a cui toccano. Le quali cose di questa non avvengano, ché essa solamente le donne tapinelle costrigne, le quali molto meglio che gli uomini potrebbero a molti sodisfare; e oltre a questo, non che alcuna donna, quando fatta fu, ci prestasse consentimento, ma niuna ce ne fu mai chiamata; per le quali cose meritamente malvagia si può chiamare.

 

E se voi volete, in pregiudicio del mio corpo e della vostra anima, esser di quella esecutore, a voi sta; ma, avanti che ad alcuna cosa giudicar procediate, vi prego che una piccola grazia mi facciate, cioè che voi il mio marito domandiate se io ogni volta e quante volte a lui piaceva, senza dir mai di no, io di me stessa gli concedeva intera copia o no.

 

A che Rinaldo, senza aspettare che il podestà il domandasse, prestamente rispose che senza alcun dubbio la donna ad ogni sua richiesta gli aveva di sè ogni suo piacer conceduto.

 

- Adunque, - seguì prestamente la donna - domando io voi, messere podestà, se egli ha sempre di me preso quello che gli è bisognato e piaciuto, io che doveva fare o debbo di quel che gli avanza? Debbolo io gittare ai cani? Non è egli molto meglio servirne un gentile uomo che più che sè m'ama, che lasciarlo perdere o guastare?

 

Eran quivi a così fatta essaminazione, e di tanta e sì famosa donna, quasi tutti i pratesi concorsi i quali, udendo così piacevol risposta, subitamente, dopo molte risa, quasi ad una voce tutti gridarono la donna aver ragione e dir bene; e prima che di quivi si partissono, a ciò confortandogli il podestà, modificarono il crudele statuto e lasciarono che egli s'intendesse solamente per quelle donne le quali per denari a' lor mariti facesser fallo.

 

Per la qual cosa Rinaldo, rimaso di così matta impresa confuso, si partì dal giudicio; e la donna lieta e libera, quasi dal fuoco risuscitata, alla sua casa se ne tornò gloriosa.

 

[Giovanni Boccaccio, Decamerone, Madonna Filippa dal marito con un suo amante trovata, chiamata in giudicio, con una pronta e piacevol risposta sé libera e fa lo statuto modificare, Sesta Giornata, Novella Settima]

 

Madonna Filippa dal marito con un suo amante trovata, chiamata in giudicio, con una pronta e piacevol risposta sé libera e fa lo statuto modificare