Bryan Ward-Perkins LA CADUTA DI ROMA E LA FINE DELLA CIVILTÀ

I popoli che invasero l’impero d’Occidente occuparono o estorsero con la minaccia della forza la massima parte dei territori in cui si stabilirono, senza alcun accordo formale sulla divisione delle risorse con i loro nuovi sudditi romani. L’idea che la maggior parte del territorio romano venisse loro ceduta nel quadro di trattati formali, qual è formulata da certi storici recenti, è un puro e semplice errore. Dovunque si abbiano testimonianze di una certa ampiezza, quali quelle provenienti dalle province del Mediterraneo, la norma era indubbiamente la conquista o la resa alla minaccia della forza, e non un accordo pacifico.

Un trattato fra il governo romano e i Visigoti, che stanziava questi ultimi in Aquitania nel 419, figura in primo piano in tutte le recenti discussioni sulla «integrazione». Ma gli storici che presentano tale accordo come un vantaggio per entrambi, Romani e Visigoti, non aggiungono che il territorio concesso nel 419 era minuscolo a paragone di quello che in seguito i Visigoti estorsero, con l’uso o la minaccia della forza, al governo di Roma e ai provinciali romani. L’accordo stipulato nel 419 era basato sulla valle della Garonna tra Tolosa e Bordeaux. Ma alla fine del secolo i Visigoti avevano ormai esteso il loro potere in tutte le direzioni, conquistando o estorcendo un’area assai più vasta: tutta la Gallia sudoccidentale fino ai Pirenei; la Provenza, comprese e due grandi città di Marsiglia ed Arles; Clermont e l’Alvernia; e quasi tutta la penisola iberica. A Clermont troviamo qualche testimonianza della risposta locale alla loro espansione. Il vescovo e la nobiltà della città organizzarono una resistenza armata che fu per qualche tempo vigorosa ed efficace. Clermont si arrese ai Visigoti per ordine del governo romano in Italia, che sperava di salvare in questo modo la Provenza e le città strategicamente assai più importanti di Marsiglia e di Arles. Una lonte, per a verità molto partigiana, riferisce che durante un assedio i cittadini di Clermont si ridussero, piuttosto che arrendersi, a mangiare l’erba per non morire di fame. Tutto ciò è molto diverso da una pacifica e leale integrazione dei Visigoti nella vita provinciale della Gallia romana.

[Editori Laterza, Bari, 2008, pagine 19 e 20]

I popoli che invasero l’impero d’Occidente occuparono o estorsero con la minaccia della forza la massima parte dei territori in cui si stabilirono, senza alcun accordo formale sulla divisione delle risorse con i loro nuovi sudditi romani. L’idea che la maggior parte del territorio romano venisse loro ceduta nel quadro di trattati formali, qual è formulata da certi storici recenti, è un puro e semplice errore. Dovunque si abbiano testimonianze di una certa ampiezza, quali quelle provenienti dalle province del Mediterraneo, la norma era indubbiamente la conquista o la resa alla minaccia della forza, e non un accordo pacifico.

Un trattato fra il governo romano e i Visigoti, che stanziava questi ultimi in Aquitania nel 419, figura in primo piano in tutte le recenti discussioni sulla «integrazione». Ma gli storici che presentano tale accordo come un vantaggio per entrambi, Romani e Visigoti, non aggiungono che il territorio concesso nel 419 era minuscolo a paragone di quello che in seguito i Visigoti estorsero, con l’uso o la minaccia della forza, al governo di Roma e ai provinciali romani. L’accordo stipulato nel 419 era basato sulla valle della Garonna tra Tolosa e Bordeaux. Ma alla fine del secolo i Visigoti avevano ormai esteso il loro potere in tutte le direzioni, conquistando o estorcendo un’area assai più vasta: tutta la Gallia sudoccidentale fino ai Pirenei; la Provenza, comprese e due grandi città di Marsiglia ed Arles; Clermont e l’Alvernia; e quasi tutta la penisola iberica. A Clermont troviamo qualche testimonianza della risposta locale alla loro espansione. Il vescovo e la nobiltà della città organizzarono una resistenza armata che fu per qualche tempo vigorosa ed efficace. Clermont si arrese ai Visigoti per ordine del governo romano in Italia, che sperava di salvare in questo modo la Provenza e le città strategicamente assai più importanti di Marsiglia e di Arles. Una lonte, per a verità molto partigiana, riferisce che durante un assedio i cittadini di Clermont si ridussero, piuttosto che arrendersi, a mangiare l’erba per non morire di fame. Tutto ciò è molto diverso da una pacifica e leale integrazione dei Visigoti nella vita provinciale della Gallia romana.

[Editori Laterza, Bari, 2008, pagine 19 e 20]