Caio Svetonio Tranquillo (70-126) - VITE DEI CESARI

LI.

Della sua clemenza e della sua gentilezza restano molte importanti testimonianze. Non riuscirei nemmeno a enumerare quanti e quali furono gli avversari cui egli donò il perdono e la vita, lasciando inoltre che seguitassero ad avere un certo prestigio in città. Punì soltanto, l’uno con una multa e l’altro con un breve esilio, Giunio Navata e Cassio Patavino, due plebei che avevano, il primo pubblicamente diffuso una lettera asprissima contro di lui, a nome del giovane Agrippa"’, il secondo proclamato, al culmine di un banchetto, che non gli mancava né il coraggio né la voglia di ucciderlo.

2 Durante un processo poi, quando a Emilio Eliano, cittadino di Cordova, venne mossa, fra l’altro, l’imputazione gravissima di aver parlato male di Cesare, egli si volse all’accusatore e gli disse con aria sdegnata: «Questo vorrei che tu me lo provassi. E farò in modo che Eliano sappia che ho la lingua anch’io, perché ne dirò ancora di peggio sul suo conto.»

E mai piu, né allora né poi, prese l’iniziativa di una inchiesta. A Tiberio, che per lettera si lamentava con lui, ma piu violentemente, della stessa cosa, rispose: «Alla tua età, Tiberio mio, non perder tempo in queste faccende, e non indignarti troppo se c’è qualcuno che parla male di me. Conta soltanto che io abbia la possibilità di impedire che qualcuno riesca veramente a farmi del male.»

[Traduzione di Annamaria Rindi, Milano, Edizioni per il Club del Libro, 1962, p. 140].