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Caravaggio (1571-1610): Un interrogatorio provvidenziale

Michelangelo Merisi detto il Caravaggio

(1571-1610)UN INTERROGATORIO PROVVIDENZIALE

Il 28 agosto 1603 Giovanni Baglione sporge querela al governatore di Roma contro Onorio Longhi, architetto, Caravaggio, Orazio Gentileschi, Filippo Trisegni, pittori, per aver distribuito due poesie diffamatorie delle quali Caravaggio aveva avuto copia dall’allievo Tommaso Salini detto Mao. Secondo il Baglione i querelanti hanno agito per invidia, soprattutto dopo che egli ebbe eseguita una Resurrezione per la chiesa del Gesù. Il Caravaggio, egli sostiene, avrebbe voluto averne la commissione. Il processo continua il 12 settembre con gli interrogatori del Trisegni e del Gentileschi. Il primo conferma di aver ricopiato le poesie e di averle consegnate a Mao Salini per informarlo delle cattiverie che correvano sul suo conto e su quello del Baglione. Il processo per noi è il prezioso pretesto per sentire la voce del Caravaggio, arrestato l’11 settembre e interrogato il 13. Se la trascrizione è fedele, oltre al carattere, potremo conoscere anche il gusto del Caravaggio, i pittori che egli reputa "Valent’huomini", lo Zuccari, il Cavalier d’Arpino, il Pomarancio, Annibale Carracci e il Tempesta. "Valent’huomo" per Caravaggio è colui che sa "dipingere bene e imitare bene le cose naturali". La trascrizione dell’interrogatorio di Caravaggio oltre a essere straordinariamente viva è anche potente, l’espressione di un carattere forte. Ascoltiamola: "lo fui preso l’altro giorno in piazza Navona, ma la causa et occasione perché sia io non lo so. L’essercizio mio è di pittore. lo credo cognoscere quasi tutti li pittori di Roma et cominciando dagli valent’huomini io cognosco Giuseppe, il Caraccio, il Zucchero, il Pomarancio, il Gentileschi, Prospero, Gio Andrea, Gio Baglione, Gismondo e Giorgio Todesco, il Tempesta et altri. Quasi tutti delli pittori che io ho nominati li sopra sono miei amici ma non sono tutti valent’huomini. Quella parola valent’huomo presso di me vuol dire che sappi far bene dell’arte sua, cosi in pittura valent’huomo che sappi dipingere bene et imitar bene le cose naturali. De quelli che ho nominati di sopra non sono miei amici ne Gioseffe ne Gio Baglione ne il Gentileschi ne Giorgio Todesco perché non me parlano, gli altri tutti mi parlano et conversano con me. Degli pittori che ho nominati di sopra et per buoni pittori Gioseffe, il Zucchero, il Pomarancio, et Annibale Carraccio, et gli altri non li tengo per valent’huomini. Li valent’huomini sono quelli che si intendono della pittura et giudicaranno buoni pittori quelli che ho giudicato io buoni e cattivi; ma quelli che sono cattivi pittori et ignoranti giudicheranno buoni pittori gli ignoranti come sono loro. lo non so che nessun pittore lodi et habbi per buon pittore nessuno de quelli pittori che io non tengo per buoni pittori [.. .]. lo non so niente che ci sia buon pittore che lodi per buon pittore Giovanni Baglione. L’opere di Gio Baglione le ho viste quasi tutte, cioè alla Madonna dell’Orto la Cappella Grande, a S. Gio Laterano et ultimamente al Gesù la Resurrezione di Cristo. Quella pittura della Resurrezione li al Gesù a me non me piace perchè è goffa et l’ho per la peggio che abbia fatta et detta pittura io non l’ho intesa lodare da nessun pittore et con quanti pittori con cui ho parlato a nessuno è piaciuto. Se non fusse lodata da qualcuno che va sempre con lui, che lo chiamano l’agenlo custode, che sava là quando la fu scoperta a lodarla che lo chiamano per Mao ..."

[Vittorio Sgarbi, Caravaggio, Skira Editore Milano, 2005, p.17]