Carlo Goldoni (1707-1793) MEMORIE (Libro 1, Capitolo L)

Dopo avere inviato Il Figlio di Arlecchino al signor Sacchi, che doveva esserne il padre, ripresi il normale corso delle mie occupazioni quotidiane. Avevo molte cause da sbrigare; cominciai da quella che mi sembrava più interessante.

Il cliente che dovevo difendere era soltanto un contadino, ma i contadini della Toscana sono assai benestanti, intentano sempre processi e pagano bene.

Quasi tutti hanno eredità in enfiteusi per loro, per i figli e per i nipoti. Pagano una somma convenuta all’entrata in vigore del contratto e una tassa annuale; considerano poi tali beni come di loro proprietà, vi si affezionano, si danno cura di migliorarli; e sono i proprietari ad approfittarne alla fine del contratto d’affitto.

Il mio cliente aveva a che fare con un priore di convento che voleva revocare il contratto, per la ragione che i monaci sono sempre minori e che si poteva ricavare miglior profitto dalle loro terre. Io scoprii l’inganno: si trattava di una giovane vedova che, con la protezione del reverendo, voleva destituire del possesso i contadini.

Scrissi un Memoriale che interessava la nazione tutta, che provava l’importanza del mantenimento dei contratti di enfiteusi; vinsi la causa e la mia arringa mi arrecò onore infinito.

Qualche giorno dopo fui costretto a recarmi a Firenze a sollecitare un’ordinanza del governo per fare rinchiudere in convento una signorina, per tutta la durata durata della procedura avviata.

Si trattava di una fanciulla di maggiore età, una ricca ereditiera, che aveva firmato un contratto di matrimonio con un gentiluomo fiorentino, ufficiale nelle truppe della Toscana, e che voleva, invece, sposare un giovane che le piaceva di più.

Mentre il mio cliente e io ci trovavamo nella capitale la signorina si accordò con il nuovo pretendente in modo da eludere i nostri tentativi. Il processo mutava aspetto e poteva farsi serio. Prestammo ascolto alle proposte, la signorina era ricca, l’affare fu risolto in modo amichevole.

[Traduzione di Paola Ranzini, Arnoldo Mondadori Editore, Meridiani, Milano, 1993, pp.281 e ss.]

Dopo avere inviato Il Figlio di Arlecchino al signor Sacchi, che doveva esserne il padre, ripresi il normale corso delle mie occupazioni quotidiane. Avevo molte cause da sbrigare; cominciai da quella che mi sembrava più interessante.

Il cliente che dovevo difendere era soltanto un contadino, ma i contadini della Toscana sono assai benestanti, intentano sempre processi e pagano bene.

Quasi tutti hanno eredità in enfiteusi per loro, per i figli e per i nipoti. Pagano una somma convenuta all’entrata in vigore del contratto e una tassa annuale; considerano poi tali beni come di loro proprietà, vi si affezionano, si danno cura di migliorarli; e sono i proprietari ad approfittarne alla fine del contratto d’affitto.

Il mio cliente aveva a che fare con un priore di convento che voleva revocare il contratto, per la ragione che i monaci sono sempre minori e che si poteva ricavare miglior profitto dalle loro terre. Io scoprii l’inganno: si trattava di una giovane vedova che, con la protezione del reverendo, voleva destituire del possesso i contadini.

Scrissi un Memoriale che interessava la nazione tutta, che provava l’importanza del mantenimento dei contratti di enfiteusi; vinsi la causa e la mia arringa mi arrecò onore infinito.

Qualche giorno dopo fui costretto a recarmi a Firenze a sollecitare un’ordinanza del governo per fare rinchiudere in convento una signorina, per tutta la durata durata della procedura avviata.

Si trattava di una fanciulla di maggiore età, una ricca ereditiera, che aveva firmato un contratto di matrimonio con un gentiluomo fiorentino, ufficiale nelle truppe della Toscana, e che voleva, invece, sposare un giovane che le piaceva di più.

Mentre il mio cliente e io ci trovavamo nella capitale la signorina si accordò con il nuovo pretendente in modo da eludere i nostri tentativi. Il processo mutava aspetto e poteva farsi serio. Prestammo ascolto alle proposte, la signorina era ricca, l’affare fu risolto in modo amichevole.

[Traduzione di Paola Ranzini, Arnoldo Mondadori Editore, Meridiani, Milano, 1993, pp.281 e ss.]