Cassazione Lavoro: il contratto a tempo determinato è legittimo per comprovate esigenze di produzione

Il termine ad un contratto di lavoro può essere posto solo se sussistono specifiche esigenze di produzione ma non è necessario che tali esigenze siano contenute nel contratto di lavoro, potendo operarsi un rinvio a disposizioni contenute in contratti collettivi stipulati tra le parti sociali.

 

Un lavoratore assunto con contratto di lavoro a tempo determinato, a conclusione del rapporto per scadenza del termine, chiamava in giudizio la controparte datrice di lavoro, denunciando la nullità del termine posto al contratto di lavoro per violazione dell’articolo 1 del Decreto Legislativo n. 368/2001,  costituente l’unica norma che attualmente disciplina la materia. Chiedeva, dunque, la reintegra nel posto di lavoro per conseguente nullità del termine apposto (il contratto di lavoro, data la nullità del termine, si convertiva in un contratto a tempo indeterminato).

 

I giudici di merito, in primo e secondo grado, dichiaravano la nullità del termine previsto per mancata specificazione delle esigente organizzative e di produzione, legittimanti un rapporto di lavoro a tempo determinato, ritenendo tale onere non adempiuto con il richiamo a contratti collettivi, specificanti tali esigenze aziendali, che l’azienda aveva stipulato con le organizzazioni sindacali.

 

Su ricorso della parte soccombente, la Cassazione ha enunciato un importante principio di diritto.

 

Innanzitutto, data la recente modifica dell’articolo 1 del decreto citato ad opera del Decreto Legge n. 34/2014, la Corte ha fatto riferimento alle disposizioni contenute nel testo in vigore al momento della costituzione del rapporto di lavoro.

 

All’articolo 1 si prevedeva la possibilità di apporre un termine al contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, e tali ragioni dovevano essere specificate in un atto scritto e non genericamente richiamate nel contratto di lavoro.

 

Una consolidata giurisprudenza di legittimità ritiene che “la specificazione delle ragioni giustificatrici può risultare dall’atto scritto non solo per indicazione diretta, ma anche per relazionem, ove le parti abbiamo richiamato nel contratto di lavoro testi scritti che prendono in esame l’organizzazione aziendale e ne analizzano le complesse tematiche operative”.

 

È quanto sostenuto dalla ricorrente, la quale giustifica la legittimità del termine posto al contratto per la presenza di particolari esigente di produzione e organizzazione che erano state oggetto di analisi in contratti collettivi stipulati con le organizzazioni sindacali, sebbene non specificate nel contratto di lavoro individuale. I giudici di merito, a parer della Corte, si sono sottratti a tale esame, non operando una corretta indagine sulla sussistenza o meno di dette esigenze aziendali.

 

La Cassazione ha, dunque, accolto il ricorso dell’azienda e cassato la sentenza impugnata, inviando gli atti alla Corte d’Appello del luogo per un riesame della controversia.

 

Per motivi di completezza, è necessario richiamare l’intervento del legislatore che da ultimo ha modificato la normativa in esame.

 

Il Decreto Legge 20 marzo 2014, n. 34/2014 ha modificato l’articolo 1 del decreto in esame, eliminando il requisito della sussistenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, ponendo un unico limite quantitativo di trentasei mesi, comprensivo di eventuali proroghe (massimo 5).

 

Sulla base della presente modifica operata dal decreto legge, rapporti di lavoro a tempo determinato possono costituirsi indipendentemente dalla sussistenza di particolari requisiti, purché non eccedenti il limite quantitativo precedentemente richiamato.

 

(Corte di Cassazione – Sezione Lavoro, Sentenza 24 aprile 2014, n. 9297)

Il termine ad un contratto di lavoro può essere posto solo se sussistono specifiche esigenze di produzione ma non è necessario che tali esigenze siano contenute nel contratto di lavoro, potendo operarsi un rinvio a disposizioni contenute in contratti collettivi stipulati tra le parti sociali.

 

Un lavoratore assunto con contratto di lavoro a tempo determinato, a conclusione del rapporto per scadenza del termine, chiamava in giudizio la controparte datrice di lavoro, denunciando la nullità del termine posto al contratto di lavoro per violazione dell’articolo 1 del Decreto Legislativo n. 368/2001,  costituente l’unica norma che attualmente disciplina la materia. Chiedeva, dunque, la reintegra nel posto di lavoro per conseguente nullità del termine apposto (il contratto di lavoro, data la nullità del termine, si convertiva in un contratto a tempo indeterminato).

 

I giudici di merito, in primo e secondo grado, dichiaravano la nullità del termine previsto per mancata specificazione delle esigente organizzative e di produzione, legittimanti un rapporto di lavoro a tempo determinato, ritenendo tale onere non adempiuto con il richiamo a contratti collettivi, specificanti tali esigenze aziendali, che l’azienda aveva stipulato con le organizzazioni sindacali.

 

Su ricorso della parte soccombente, la Cassazione ha enunciato un importante principio di diritto.

 

Innanzitutto, data la recente modifica dell’articolo 1 del decreto citato ad opera del Decreto Legge n. 34/2014, la Corte ha fatto riferimento alle disposizioni contenute nel testo in vigore al momento della costituzione del rapporto di lavoro.

 

All’articolo 1 si prevedeva la possibilità di apporre un termine al contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, e tali ragioni dovevano essere specificate in un atto scritto e non genericamente richiamate nel contratto di lavoro.

 

Una consolidata giurisprudenza di legittimità ritiene che “la specificazione delle ragioni giustificatrici può risultare dall’atto scritto non solo per indicazione diretta, ma anche per relazionem, ove le parti abbiamo richiamato nel contratto di lavoro testi scritti che prendono in esame l’organizzazione aziendale e ne analizzano le complesse tematiche operative”.

 

È quanto sostenuto dalla ricorrente, la quale giustifica la legittimità del termine posto al contratto per la presenza di particolari esigente di produzione e organizzazione che erano state oggetto di analisi in contratti collettivi stipulati con le organizzazioni sindacali, sebbene non specificate nel contratto di lavoro individuale. I giudici di merito, a parer della Corte, si sono sottratti a tale esame, non operando una corretta indagine sulla sussistenza o meno di dette esigenze aziendali.

 

La Cassazione ha, dunque, accolto il ricorso dell’azienda e cassato la sentenza impugnata, inviando gli atti alla Corte d’Appello del luogo per un riesame della controversia.

 

Per motivi di completezza, è necessario richiamare l’intervento del legislatore che da ultimo ha modificato la normativa in esame.

 

Il Decreto Legge 20 marzo 2014, n. 34/2014 ha modificato l’articolo 1 del decreto in esame, eliminando il requisito della sussistenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, ponendo un unico limite quantitativo di trentasei mesi, comprensivo di eventuali proroghe (massimo 5).

 

Sulla base della presente modifica operata dal decreto legge, rapporti di lavoro a tempo determinato possono costituirsi indipendentemente dalla sussistenza di particolari requisiti, purché non eccedenti il limite quantitativo precedentemente richiamato.

 

(Corte di Cassazione – Sezione Lavoro, Sentenza 24 aprile 2014, n. 9297)