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Riforma Cartabia: non (ancora) applicabili retroattivamente le norme più favorevoli

Corte di Cassazione, sentenza n. 45104 del 28 novembre 2022
riforma cartabia
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Riforma Cartabia: non (ancora) applicabili retroattivamente le norme più favorevoli

Con la sentenza n. 45104 del 28 novembre 2022, la Corte di Cassazione ha stabilito che le norme più favorevoli previste dalla Riforma Cartabia non possono applicarsi prima del 30 dicembre 2022, data in cui ad oggi è fissata l’entrata in vigore della stessa.
 

L’iter legislativo della Riforma Cartabia

Prima di passare all’esame della vicenda giudiziaria, appare opportuno ripercorrere brevemente i punti salienti dell’iter legislativo che ha caratterizzato il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. “Riforma Cartabia”), segnando di fatto l’eccezionalità del caso di specie e la rilevanza della decisione adottata dai giudici di Cassazione con la sentenza in commento.

Il 17 ottobre 2022 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il già menzionato decreto legislativo n. 150/2022 di “attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”.

La Riforma Cartabia interviene su una molteplicità di istituti di diritto sostanziale e processuale, introducendo una regolamentazione che, nell’ottica dell’efficientamento del processo e del sistema penale quale obiettivo stabilito dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (“PNRR”), è volta a deflazionare il carico giudiziario e a ridurre la durata dei procedimenti penali.

Tale obiettivo è stato perseguito dal Legislatore anche attraverso un ampliamento delle ipotesi di reato perseguibili a querela di parte, circostanza questa imprescindibile per l’operatività delle cause di estinzione del reato per remissione di querela e per condotte riparatorie ex art. 162-ter c.p..

Le nuove disposizioni, poiché afferenti ad un istituto – ossia quello delle condizioni di procedibilità – incidente nella determinazione dell’an e del quomodo di applicazione del precetto penale, si pongono come norme anche di diritto sostanziale e, in quanto facoltizzanti l’operatività di cause di estinzione del reato ulteriori rispetto a quelle che si applicano a tutti i reati, come norme più favorevoli rispetto a quelle (ad oggi ancora) vigenti.

Il decreto legislativo n. 150/2022 sarebbe dovuto entrare in vigore al termine del periodo ordinario di vacatio legis di quindici giorni e, dunque, il 1° novembre 2022, senonché, a seguito di uno dei primi interventi normativi adottati dal nuovo Governo di recente insediamento, l’entrata in vigore dello stesso è stata posticipata di ben due mesi.

In particolare, l’art. 6 del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, pubblicato in Gazzetta Ufficiale nella tarda serata del 31 ottobre 2022 ed entrato in vigore lo stesso giorno, intervenendo direttamente sul testo del decreto legislativo n. 150/2022, ha previsto l’inserimento di un inedito art. 99-bis che ne ha rinviato l’entrata in vigore al 30 dicembre 2022.

Tale intervento legislativo, il cui ricorso pone non pochi dubbi di legittimità costituzionale che più autorevoli Autori hanno efficacemente evidenziato (in particolare, GATTA G. L., Rinvio della riforma Cartabia: una scelta discutibile e di dubbia legittimità costituzionale. E l’Europa?, in Sistema Penale, 31 ottobre 2022) e su cui anche la Corte Costituzionale dovrà presto pronunciarsi in virtù dell’ordinanza di rimessione del Tribunale di Siena del 11 novembre 2022 (la prima di cui si abbia notizia alla data di stesura del presente scritto), ha prolungato il periodo di vacatio legis della Riforma Cartabia, disinnescandone l’entrata in vigore al 1° novembre 2022 dell’intero testo e, dunque, anche delle disposizioni modificative del regime di procedibilità dei reati ivi menzionati, tra cui, venendo al caso oggetto di esame nella sentenza qui in commento, il reato di lesioni personali di cui all’art. 582 c.p., la cui procedibilità d’ufficio è rimasta limitata alle ipotesi di ricorrenza delle aggravanti di cui all’art. 61 n. 11-octies, 583 e 585 c.p., ad eccezione di quelle indicate nel primo comma, numero 1), e nel secondo comma dell’articolo 577 c.p., ovvero se il fatto ha comportato una malattia superiore a 20 giorni in danno di persona incapace, per età o per infermità.
 

La vicenda giudiziaria e i motivi di ricorso per Cassazione

La pronuncia della Cassazione trae origine dal ricorso proposto da un soggetto che nei giudizi di merito era stato ritenuto responsabile dei reati di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone (art. 393 c.p.) e lesioni personali aggravate dal nesso teleologico (artt. 582, 585, 577 e 61, n. 2, c.p.).

Successivamente alla proposizione del ricorso in cassazione, nelle more dell’instaurazione del relativo giudizio, la persona offesa aveva rimesso la querela in virtù di un accordo con l’imputato che aveva risarcito l’intero danno. Per effetto della remissione di querela il reato di ragion fattasi di cui all’art. 393 c.p. era da ritenersi estinto in quanto fattispecie procedibile a querela; ciò ugualmente non poteva dirsi con riferimento al reato di lesioni personali in virtù della sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 2 c.p. che rendeva la fattispecie procedibile d’ufficio.

Prima della decisione dei giudici di legittimità, il difensore del ricorrente aveva presentato motivi nuovi in cui aveva chiesto l’annullamento della sentenza di condanna a seguito dell’applicazione del decreto legislativo n. 150/2022, in forza del quale il reato di lesioni personali diveniva procedibile a querela, con conseguente effetto espansivo dell’intervenuta remissione di querela anche su quest’ultima fattispecie.

Tale richiesta si fondava su una soluzione interpretativa in base alla quale erano da ritenersi applicabili, anche nel periodo di vacatio legis, le leggi penali sostanziali più favorevoli previste dal decreto legislativo n. 150/2022. A sostegno di tale soluzione ermeneutica si richiamavano due distinte pronunce della Suprema Corte e i principi di diritto in esse affermati:

  • Cass. Sez. I, ud. 18 maggio 2017, n. 53602 (Carè): “In tema di “abolitio criminis”, è legittima la sentenza d’appello che non confermi la condanna per un reato che, al tempo della decisione, risulti abrogato, nonostante al momento della adozione della decisione non sia ancora interamente decorso il periodo di “vacatio legis” ai sensi dell’art. 10 delle preleggi e dell’art. 73, comma 3, Cost., in quanto la funzione di garanzia per i consociati, che è perseguita dalla previsione del suddetto termine volto a permettere la conoscenza della nuova norma, non comporta anche il perdurante dovere del giudice di applicare una disposizione penale ormai abrogata per effetto di una successiva norma già valida. (In motivazione la Corte ha escluso che, nel caso di specie, il giudice abbia solo l’alternativa di rinviare la decisione o di “ignorare” la norma abrogatrice, infliggendo una condanna che si palesa già inevitabilmente illegale)”;
  • Cass. Sez. I, ud. 14 maggio 2019, n. 39977 (Addis): “In tema successione delle leggi nel tempo, gli effetti di uno “ius novum” più favorevole al reo (nel caso di specie, l’ampliamento della sfera scriminante di una causa di giustificazione) sono applicabili, in pendenza di giudizio, anche durante il periodo della “vacatio legis”, in quanto la funzione di garanzia per i consociati, perseguita dagli artt. 73, comma 3, Cost e 10 delle preleggi, prevedendo un termine per consentire la conoscenza della nuova norma, non preclude al giudice di tener conto di quella che è già una novazione legislativa. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto applicabile la legge 28 aprile 2019, n. 36, che ha modificato la norma sulla legittima difesa, nel giudizio di legittimità celebratosi durante la “vacatio legis”)”.

Per la Cassazione le norme della Riforma Cartabia non sono applicabili per il tempo precedente all’entrata in vigore della stessa

La Corte di Cassazione ha ritenuto non condivisibile l’indirizzo espresso dai due citati precedenti, individuanti la ratio dell’istituto della vacatio legis esclusivamente in una funzione di garanzia per i consociati al fine di assicurare la conoscibilità del precetto penale e della relativa sanzione, da cui il corollario secondo cui in caso modifica in melius, non ponendosi un problema di garantire ai consociati la “conoscibilità” della sanzione penale, la norma più favorevole dovrebbe trovare applicazione fin dal momento di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, a prescindere dall’avvenuta scadenza del periodo di vacatio legis.

La Cassazione ha affermato che detta soluzione interpretativa si pone in netto contrasto con la disciplina normativa degli effetti dell’istituto che stabilisce la “non obbligatorietà” della legge prima del decorso del termine della vacatio legis ai sensi dell’art. 10, comma primo, delle preleggi e, più in particolare, a norma dell’art. 73, comma terzo, Cost., in base al quale la legge entra in vigore il quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione, salva diversa regolamentazione dalla stessa prevista. Da tali previsioni, secondo la Cassazione, emergerebbe chiaramente il principio secondo cui “il periodo di vacatio costituisce il riferimento essenziale per fissare il momento in cui la legge entrerà in vigore”.

Del resto, afferma la Corte, è indubbio che durante il periodo di vacatio il legislatore possa intervenire per modificare la legge già approvata e promulgata ma non ancora entrata in vigore. Ciò peraltro è quanto sarebbe accaduto in materia di sicurezza alimentare, dove “l’art. 18 del d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 27 aveva stabilito l’abrogazione di una serie di reati, ma, prima della sua entrata in vigore (il 26 marzo 2021), l’art. 1 del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 42 ha “ripristinato” alcuni dei reati previsti dall’art. 18 come destinati all’abrogazione”; per effetto della preventiva entrata in vigore del decreto-legge n. 42/2021, tali reati non sarebbero mai stati aboliti dal decreto legislativo n. 27/2021 perché modificato dal legislatore prima che lo stesso entrasse in vigore, ossia prima della scadenza del termine di vacatio.

La Corte di Cassazione ha evidenziato, peraltro, come nel caso di specie non venga in rilievo la problematica della vacatio legis in quanto l’inapplicabilità delle disposizioni del decreto legislativo n. 150/2022 prima del 30 dicembre 2022 discende da un diverso e autonomo intervento del legislatore che, con decreto-legge n. 162/2022, ha differito l’entrata in vigore dello stesso.

Essendo la voluntas legis espressa dal decreto-legge n. 162/2022 ad aver determinato il differimento dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia, il riferimento alla ratio di garanzia sottesa alla previsione del termine della vacatio volto a permettere la conoscenza della nuova norma – ratio alla base dell’orientamento espresso dalle citate sentenze Caré e Addis – sarebbe, a giudizio della Suprema Corte, del tutto inconferente rispetto al differimento sancito dal decreto-legge n. 162/2022.

Dato il tenore inequivoco della formulazione legislativa, il giudice non può, dunque, che applicare la norma negando l’efficacia retroattiva delle disposizioni più favorevoli della Riforma Cartabia fino all’entrata in vigore della stessa.