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Provvedimento abnorme: quando è configurabile secondo la cassazione

Esame degli errori procedurali che possono dar luogo all’abnormità dell’atto giurisdizionale
provvedimento abnorme
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Quali sono gli errori procedurali che possono rientrare nella categoria dei provvedimenti abnormi?

Alla domanda non è facile rispondere. Il numero di decisioni delle Sezioni Unite intervenute sul tema ne evidenzia la complessità e la difficoltà di individuare una linea interpretativa generale, valida per ciascuna delle fattispecie molteplici che, configurando errori procedurali, possono dar luogo a impugnazioni per abnormità dell’atto giurisdizionale.

Proviamo a tracciare sinteticamente il percorso ermeneutico della cassazione sul tema, percorso, a dir il vero, non sempre del tutto lineare e, soprattutto, condizionato dalle fattispecie concretamente sottoposte al vaglio di legittimità.

In linea generale, seguendo la motivazione dell’arresto sul tema, partiamo dalla sentenza Sez. 5, n. 8020 del 9/12/2020, depositata nel 2021, Calamia, Rv. 280727: è necessario tener presente che la categoria dei provvedimenti abnormi risponde all’esigenza di introdurre un correttivo al principio della tassatività dei mezzi d’impugnazione e di apprestare il rimedio del ricorso per cassazione per rimuovere gli effetti di determinati provvedimenti, che, pur non essendo oggettivamente impugnabili, risultino, tuttavia, affetti da anomalie genetiche o funzionali così radicali da non poter essere inquadrati nei tipici schemi normativi ovvero da essere incompatibili con le linee fondanti dell’intero sistema organico della legge processuale (cfr. Sez. U, n. 7 del 26/04/1989, Goria, Rv. 181304; Sez. U, n. 11 del 09/07/1997, Quarantelli, Rv. 208221; Sez. U, n. 17 del 10/12/1997, dep. 1998, Di Battista, Rv. 209603; Sez. U, n. 26 del 24/11/1999, dep. 2000, Magnani, Rv. 215094; Sez. U, n. 33 del 22/11/2000, Boniotti, Rv. 217244; Sez. U, n. 4 del 31/01/2001, Romano, Rv. 217760; Sez. U, n. 22909 del 31/05/2005, Minervini, Rv. 3 231163; Sez. U, n. 5307 del 20/12/2007, dep. 2008, Battistella, Rv. 238240).

Il numero di decisioni delle Sezioni Unite intervenute sul tema ne evidenzia la complessità e la difficoltà di individuare una linea interpretativa generale, valida per ciascuna delle fattispecie molteplici che, configurando errori procedurali, possono dar luogo a impugnazioni per abnormità dell’atto giurisdizionale (così Sez. 5, n. 44343 del 21/5/2019, non massimata).

Con la pronuncia Sez. U., n. 25957 del 26/3/2009, Toni, Rv. 243590, in particolare, le Sezioni Unite hanno offerto una più puntuale delimitazione dell’area dell’abnormità ricorribile per cassazione, la cui duplice accezione, strutturale e funzionale, si è cercato di ricondurre a un fenomeno unitario, caratterizzato dallo sviamento della funzione giurisdizionale, inteso non tanto quale vizio dell’atto, che si aggiunge a quelli tassativamente stabiliti dall’art. 606, comma 1, cod. proc. pen., quanto come esercizio di un potere in difformità dal modello descritto dalla legge.

Nello specifico settore dei rapporti tra giudice e pubblico ministero, l’abnormità strutturale, pertanto, è stata ritenuta riconoscibile soltanto nel caso di esercizio da parte del giudice di un potere non attribuitogli dall’ordinamento processuale (carenza di potere in astratto), ovvero di deviazione del provvedimento giudiziale rispetto allo scopo di modello legale nel senso di esercizio di un potere previsto dall’ordinamento, ma in una situazione processuale radicalmente diversa da quella configurata dalla legge, e cioè completamente al di fuori dei casi consentiti, perché al di là di ogni ragionevole limite (carenza di potere in concreto). L’abnormità funzionale, riscontrabile nel caso di stasi del processo e di impossibilità di proseguirlo, è stata limitata all’ipotesi in cui il provvedimento giudiziario imponga al pubblico ministero un adempimento che concretizzi un atto nullo rilevabile nel corso futuro del procedimento o del processo.

Anche l’ultimo arresto del massimo collegio è in linea con tale tendenza interpretativa: la sentenza Sez. U, n. 20569 del 18/1/2018, Ksouri, Rv. 272715 ha optato per la non abnormità, e, quindi per la non ricorribilità in cassazione, del provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, investito della richiesta di emissione di decreto penale di condanna, restituisca gli atti al pubblico ministero perché valuti la possibilità di chiedere l’archiviazione del procedimento per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., precisando che l’invito a verificare il carattere “particolarmente tenue” dell’illecito contestato nell’imputazione non implica alcuna invasione delle competenze dell’organo requirente, ma appartiene all’attività di qualificazione giuridica propria del giudice.

Le Sezioni Unite, aderendo all’orientamento maggioritario in materia, hanno ricordato che l’abnormità costituisce una forma di patologia dell’atto giudiziario priva di riconoscimento testuale in un’esplicita disposizione normativa, ma frutto di elaborazione da parte della dottrina e della giurisprudenza, tramite cui si è inteso porre rimedio, attraverso l’intervento del giudice di legittimità, agli effetti pregiudizievoli derivanti da provvedimenti non previsti nominativamente come impugnabili, ma affetti da tali anomalie genetiche o funzionali, che li rendono difformi ed eccentrici rispetto al sistema processuale, tali da essere con esso radicalmente incompatibili.

La categoria dell’abnormità, in altre parole, presenta carattere eccezionale e derogatorio al principio di tassatività dei mezzi d’impugnazione, sancito dall’art. 568 cod. proc. pen., mantenuto inalterato nel suo testo anche dopo la riforma introdotta con la legge 23 giugno 2017, n. 103, e al numero chiuso delle nullità deducibili secondo la previsione dell’art. 177 cod. proc. pen.

La sua eccezionalità e residualità impongono, secondo la pronuncia del 2018, una interpretazione rigorosa delle ipotesi che possono configurare un atto abnorme.

Pertanto, non è abnorme quell’atto, pur compiuto al di fuori degli schemi legali o per finalità diverse da quelle che legittimano l’esercizio della funzione, che sia superabile da una successiva corretta determinazione giudiziale che dia corretto impulso al processo o dalla sopravvenienza di una situazione tale da annullarne gli effetti, da privarlo di rilevanza ed eliminare l’interesse alla sua rimozione. 

Non è abnorme, altresì, l’atto, pur erroneamente adottato, che non sia totalmente avulso dal sistema processuale e non determini una stasi irrimediabile del procedimento.

Resta dunque escluso – secondo le Sezioni Unite – che possa invocarsi la categoria dell’abnormità per giustificare la ricorribilità immediata per cassazione di atti illegittimi, affetti soltanto da nullità o comunque sgraditi e non condivisi (Sez. U, n. 33 del 22/11/2000, Boniotti), perché tanto si tradurrebbe nella non consentita elusione del regime di tassatività dei casi di impugnazione e dei mezzi esperibili, stabilito dall’art. 568, comma 1, cod. proc. pen.

Ulteriori indicazioni interpretative probabilmente arriveranno dalla prossima decisione delle Sezioni Unite, fissata per l’udienza del 28 aprile 2022, per risolvere la questione di diritto relativa al fatto che sia o meno abnorme il provvedimento del giudice dell’udienza preliminare che, ai sensi dell’art.33-sexies cod. proc. pen., disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero sull’erroneo presupposto che, per il reato per il quale è stato richiesto il rinvio a giudizio, l’azione penale debba essere esercitata con citazione diretta a giudizio.

Si allega l’ordinanza della cassazione sezione III n. 46033/2021: 46033_2022_ptm_scarlini_no-index.pdf (cortedicassazione.it)

Ma la stessa proposizione di una nuova questione controversa è la dimostrazione plastica delle incertezze ermeneutiche che tuttora permangono sul tema.