x

x

Errori giudiziari e responsabilità dei magistrati

errori giudiziari
errori giudiziari

Errori giudiziari e responsabilità dei magistrati

La notizia è recente, in commissione Giustizia della Camera dei Deputati è stato approvato un emendamento di Enrico Costa alla legge di Bilancio, che prevede il raddoppio del tetto massimo degli indennizzi per ingiusta detenzione: dai circa 516 mila attuali a un milione di euro.

Un primo segnale che per diventare realtà dovrà passare per  il responso della commissione Bilancio e dal voto dell’Aula di Palazzo Montecitorio.

In caso affermativo la proposta di Enrico Costa porterebbe i minimi previsti per un giorno in custodia cautelare: dagli attuali 235,82 euro a 471,64 euro; e gli attuali 117,91 euro per un giorno agli arresti domiciliari diventerebbero 235,82 euro.

La proposta encomiabile non risolve il problema degli errori giudiziari e delle ingiuste detenzioni. Aumentare gli indennizzi senza provare a modificare la causa delle ingiuste detenzioni appare uno specchietto per le allodole.

Tra l’altro attualmente in Europa l’Italia ha gli indennizzi più alti per le ingiuste detenzioni:
 

INGIUSTA DETENZIONE IN EUROPA

Importo giornaliero dell'indennizzo (fonte Corte dei Conti Relazione 2021 Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato)

Austria     da 20 a 50 euro

Belgio       75 euro

Finlandia  da 100 a 120 euro

Francia      da 35 a 40 euro

Germania   75 euro

Olanda       da 80 a 105 euro

Spagna       25 euro

Invece che pensare all’aumento degli indennizzi che non potranno mai “risarcire” il malcapitato di turno che da innocente conosce il carcere perché non si prova a responsabilizzare la magistratura?

In primo luogo prevedendo che il Ministero dell’Economia ogni volta che provvede al pagamento di un indennizzo per ingiusta detenzione proceda immediatamente ad inviare nota alla Procura della Corte dei Conti competente “ per l’esercizio da parte dello Stato di un’azione di rivalsa nei confronti del soggetto al quale risulti imputabile l’errore giudiziario o l'ingiusta detenzione nei casi previsti”

Proviamo a riflettere su un dato inquietante, in Italia dal 1992 al 31 dicembre 2021 ci sono stati 30.133 innocenti indennizzati dalla Stato per errori giudiziari o ingiuste detenzioni.

Badate bene che il numero rappresenta la punta di un immenso iceberg, in quanto solo il 24% delle domande di riparazione per ingiusta detenzione viene accolta, in ogni caso per gli innocenti conclamati e indennizzati lo stato ha pagato la somma di 894 milioni e spicci di euro. Su questi dati la Corte dei Conti ha posto l'attenzione evidenziando la mancanza delle azioni di rivalsa dello Stato nei confronti dei magistrati per il recupero delle somme pagate per le ingiuste detenzioni e gli errori giudiziari.

La magistratura risulta essere una sorta di isola felice dove l'operosità e l'efficienza regnano sovrane eppure la realtà e i dati dicono il contrario

Ebbene, a fronte del pagamento di più di 894 milioni di euro lo Stato ha intrapreso una sola azione di rivalsa per danno erariale nei confronti di un magistrato recuperando la somma di euro 10.425,68.

Quali sono gli ostacoli legislativi e di sistema che impediscono alla magistratura contabile di intraprendere le azioni di rivalsa?

E’ necessario gettare un faro sulla questione per individuare: “casi nei quali possano ravvisarsi i presupposti per l’esercizio da parte dello Stato di un’azione di rivalsa nei confronti del soggetto al quale risulti imputabile l’errore giudiziario o l'ingiusta detenzione nei casi previsti”.

Parole della Corte dei Conti.

Oltre la verifica dell’eventuale danno erariale sarebbe necessaria una riflessione sulla responsabilità disciplinare dei magistrati: di fronte a tali situazioni che colpiscono le famiglie, l’attività lavorativa, la credibilità di soggetti che entrano nel sistema carcerario o la cui libertà personale viene ingiustamente limitata, può essere ammissibile che a pagare per gli errori del magistrato, in sede di valutazione dei presupposti per l’applicazione delle misure detentive, sia sempre e soltanto lo Stato (cioè, in ultima analisi, i cittadini stessi) ?

Se lo Stato riconosce che c’è stata un’ingiustizia, è corretto che affronti e valuti che cosa non ha funzionato: se qualcuno ha sbagliato, se l’errore è stato inevitabile, se c’è stata negligenza o superficialità, se chi ha sbagliato deve essere chiamato a una valutazione disciplinare.

I magistrati oggi non rispondono degli errori commessi. Troppo spesso, infatti, accade che le ragioni che hanno determinato errori, anche gravi, non siano rilevate, come occorrerebbe, sul piano disciplinare o restino prive di conseguenze in sede di decisione sugli avanzamenti di carriera.

L’affermazione trova eloquente riscontro nello schema n. 5 dell’ultima  relazione anno 2021 diramate dal Ministero della Giustizia che ogni anno invia al Parlamento.

Nell’ultima relazione relativa all’anno 2021 che, come si suol dire, si commenta da solo.

In sintesi: l’abuso del potere cautelare non ha praticamente colpevoli.

errori giudiziari

Immagine rimossa.

Il tema sotteso a questa riflessione è la necessità di abbandonare la cultura della comoda deresponsabilizzazione a favore di un più diretto e penetrante controllo sull’operato del magistrato, che – non va dimenticato – in questa materia applica misure che incidono sui più importanti diritti costituzionali delle persone.

La situazione attuale prevede che il magistrato può essere punito disciplinarmente per l’adozione di provvedimenti restrittivi della libertà personale non consentiti dalla legge ma solo se siano frutto di negligenza grave e inescusabile.

In tutti questi casi il legislatore priva di rilievo disciplinare l’episodicità del comportamento o lo rende punibile solo se connotato da gravità o da negligenza del grado più elevato o da intenzionalità o, finanche, solo se abbia leso diritti personali o patrimoniali (talvolta richiedendo aggiuntivamente la finalizzazione indebita della lesione).

Lo stesso legislatore si premura in un caso di introdurre una presunzione di non gravità, ancorandola a periodi temporali.

Introduce infine una clausola generale di salvezza (articolo 3-bis) che esonera da responsabilità disciplinare i magistrati in tutti i casi in cui i fatti loro potenzialmente addebitabili siano di scarsa rilevanza.

Riporto un esempio di decisione della sezione disciplinare del CSM dove è stata applicata la clausola generale di salvezza: “Non integra l’illecito disciplinare nell’esercizio delle funzioni per grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile la condotta del GUP che all’atto di definizione del procedimento abbia omesso di disporre la scarcerazione di un imputato per decorrenza del termine allorquando: l’episodio si colloca quale evento del tutto isolato nell’arco di una carriera connotata da grande laboriosità ed impegno; non è derivato dal fatto alcun clamore mediatico; il fatto è emerso occasionalmente a seguito di ispezione ordinaria; l’imputato non ha sollevato alcun reclamo in ordine all’avvenuta scadenza del termine trattandosi di un fatto di scarsa rilevanza (sentenza n. 124/2019)”.

Non è azzardato allora intravedere nell’ordinamento disciplinare dei magistrati aspetti protezionistici di non trascurabile ampiezza, soprattutto se confrontati con la disciplina che regola la stragrande maggioranza degli altri dipendenti pubblici.

Ad esempio, il vigente codice disciplinare per i dirigenti pubblici sanziona la loro inosservanza degli obblighi previsti in materia prevenzionistica anche se non ne sia derivato alcun danno o disservizio per l’amministrazione e gli utenti, assoggetta a sanzione le condotte non corrette nei confronti di terzi e gli alterchi nel luogo di lavoro senza alcun distinguo per abitualità o gravità e lo stesso prevede per l’inosservanza di direttive, provvedimenti e disposizioni di servizio.

Ed ancora “la intenzionalità del comportamento, il grado di negligenza ed imperizia, la rilevanza della inosservanza degli obblighi e delle disposizioni violate” sono considerati solo come parametri per modulare adeguatamente le sanzioni, non certo per escludere il rilievo disciplinare.

È una differenza stridente che abitualmente si tende a giustificare sulla base del particolare statuto che è necessario assicurare ai magistrati allo scopo di tutelarne l’indipendenza ma non si comprende davvero come l’esonero da responsabilità nei casi sopra descritti sia, anche solo lontanamente, connesso a quel valore.

Nella scorsa Legislatura era stato presentato alla Camera un progetto di legge che prevedeva di introdurre sulla disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità, tra gli illeciti disciplinari il fatto di aver concorso, con negligenza o superficialità, anche attraverso la richiesta di applicazione della misura della custodia cautelare, all’adozione dei provvedimenti di restrizione della libertà personale per i quali sia stata disposta la riparazione per ingiusta detenzione ai sensi degli articoli 314 e 315 del codice di procedura penale.

Si dovrebbe ripartire da lì e accompagnarla con la recente proposta di legge di Enrico Costa n. 631 presentata il 24 novembre 2022 che prevede la: "Modifica all’articolo 315 del codice di procedura penale, in materia di trasmissione del provvedimento che accoglie la domanda di  di riparazione per ingiusta detenzione, ai fini della valutazione disciplinare dei magistrati".

La proposta prevede che al momento dell’accoglimento della domanda di ingiusta detenzione venga trasmessa una nota all’ufficio preposto alla verifica di una eventuale infrazione disciplinare da parte dei magistrati.

Sembrerà strano ma ad oggi nessuno sembra sapere quello che accade normalmente nelle aule di giustizia di questo Paese, le procure della Corte dei Conti si giustificano dicendo che non ricevono segnalazioni e la sezione disciplinare dei magistrati idem e allora proviamo ad eliminare il velo che ammanta tanta ipocrisia.

Il tutto per sfatare l’aforisma di Borges: "Per aver paura dei magistrati non bisogna essere necessariamente colpevoli".                     

Relazione al simposio “Criticità attuali del sistema giustizia”, Roma, 16 dicembre 2022, Professionisti del diritto