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Errare e perseverare costa 894 milioni di euro a noi e nulla ai magistrati

La relazione della Corte dei Conti sulle spese sostenute dallo Stato per le ingiuste detenzioni e gli errori giudiziari negli anni 2017-2020
magistrati ed errori giudiziari
magistrati ed errori giudiziari

Errare e perseverare costa 894 milioni di euro a noi e nulla ai magistrati

A fronte di 30133 innocenti indennizzati, dal 1992 ad oggi, per aver subito una carcerazione ingiusta c’è un solo magistrato condannato per danno erariale per aver emesso una misura cautelare degli arresti domiciliari senza che il pubblico ministero ne avesse fatto richiesta.

La vicenda è accaduta a Salerno ed è stata “scoperta” leggendo la relazione della Corte dei Conti sulle spese sostenute dallo Stato per le ingiuste detenzioni e gli errori giudiziari negli anni 2017-2020.

Nella relazione si indica il caso in maniera generica senza entrare nei particolari.

Noi siamo riusciti a ricostruire la storia giudiziaria recuperando anche l’atto di citazione per danno erariale, unico caso in Italia dal 1992 ad oggi, che il Ministero della Giustizia ha notificato al giudice disattento che ha emesso una misura cautelare degli arresti domiciliari senza che il pubblico ministero ne avesse fatto richiesta.

In pratica un giudice delle indagini preliminari, non di prima nomina, riceve una richiesta di misura cautelare per un signore accusato in concorso con la figlia di false fatturazioni.

Non si sa come è perché, il Gip emette una misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti della figlia in assenza di una richiesta del pubblico ministero che la riguardasse.

La polizia giudiziaria esegue la misura ed arresta la donna che solo in sede di interrogatorio di garanzia, su istanza difensiva, verrà liberata in “assenza dei presupposti di legge”.

La malcapitata, di fatto sottoposta ad un sequestro di persona, propone richiesta di risarcimento del danno per illegittima detenzione che viene accolta con la liquidazione della somma di euro 21.170,91.

La Corte dei Conti, sul presupposto della esistenza di danno erariale a carico del giudice che ha emesso la misura cautelare senza l’esistenza dei requisiti di legge e del pubblico ministero che la ha comunque eseguita senza averla richiesta, notifica ad entrambi una richiesta con contestazione del danno per i comportamenti tenuti.

La tragicomica avventura si è definita all’italiana. Il pubblico ministero ha evitato la richiesta di danno erariale sostenendo con particolare vigore la sua completa estraneità ai fatti accaduti.

In pratica in sua discolpa ha dedotto: “quando la misura cautelare gli è stata portata per la esecuzione, non aveva il relativo fascicolo, trattenuto dal Gip per gli adempimenti successivi (interrogatorio di garanzia). A sostegno della sua tesi ha depositato attestazione del cancelliere”.

Vi chiederete ed allora? Come puoi chiedere la misura cautelare per un uomo e la ricevi emessa, e la esegui, nei confronti di una donna e ritieni che “non avendo il fascicolo” sei esente da ogni responsabilità?

La tesi difensiva ha funzionato e il Ministero della Giustizia ha ritenuto che le argomentazioni del pubblico ministero consentono di “escludere la gravità della colpa”.

Quindi è rimasto solo il Gip a dover rispondere del fattaccio e il Ministero non ha potuto esimersi con linguaggio burocratico di sottolineare che “l’errore emerge laddove il PM ha richiesto la applicazione della misura della custodia cautelare in carcere solo nei confronti di C.G.” e non della donna.

Quindi la colpa grave è riscontrabile avendo emesso la “misura cautelare senza i presupposti di legge”.

In conclusione il giudice ha definito la sua colpa grave pagando il 50% dell’iniziale richiesta di risarcimento e con circa 10.000 euro ha “patteggiato” il danno erariale.

Possiamo concludere che l’episodio, più che un errore, sia un gesto simbolico del Gip che, facendo a meno del Pm, esprime la sua solidarietà alla battaglia dell’avvocatura per la separazione delle carriere?

A parte il sarcasmo proviamo a riflettere su un dato inquietante, in Italia dal 1992 al 31 dicembre 2021 ci sono stati 30.133 innocenti indennizzati dalla Stato per errori giudiziari o ingiuste detenzioni.

Badate bene che il numero rappresenta la punta di un immenso iceberg, in quanto solo il 24% delle domande di riparazione per ingiusta detenzione viene accolta, in ogni caso per gli innocenti conclamati e indennizzati lo stato ha pagato la somma di 894 milioni e spicci di euro. Su questi dati la Corte dei Conti ha posto l'attenzione evidenziando la mancanza delle azioni di rivalsa dello Stato nei confronti dei magistrati per il recupero delle somme pagate per le ingiuste detenzioni e gli errori giudiziari.

La magistratura risulta essere una sorta di isola felice dove l'operosita' e l'efficienza regnano sovrane eppure la realtà e i dati dicono il contrario

Ebbene, a fronte del pagamento di più di 894 milioni di euro lo Stato ha intrapreso una sola azione di rivalsa per danno erariale nei confronti di un magistrato recuperando la somma di euro 10.425,68.

Quali sono gli ostacoli legislativi e di sistema che impediscono alla magistratura contabile di intraprendere le azioni di rivalsa?

Questo è il tema focale sotteso alla storia che abbiamo raccontato.

È necessario gettare un faro sulla questione per individuare: “casi nei quali possano ravvisarsi i presupposti per l’esercizio da parte dello Stato di un’azione di rivalsa nei confronti del soggetto al quale risulti imputabile l’errore giudiziario o l'ingiusta detenzione nei casi previsti”.

Parole della Corte dei Conti.