Il caso Pellico è mio

Il caso Pellico è mio
ABSTRACT: in barba ai sussidiari italiani di V elementare, Silvio Pellico e gli altri carbonari del 1820 trovano un “giudice a Berlino” : Antonio Salvotti si preoccupa, modernamente, di stabilire se il fatto sussista e quali siano i diversi gradi di responsabilità .
Lucian of Samosata's “How to write history” is a treatise on the art of writing history, emphasizing truth, clarity and detachment. In Italy many people don't know Pellico's story, and theory about different roles in criminal associations by Antonio Salvotti.
Premessa breve
“Tale dunque deve essere, a mio avviso, lo storico: senza paura, imparziale, libero, amante della libertà di parola e della verità; come dice il comico, che chiami “fico” il fico e “barca” la barca; uno che né per odio né per amicizia concede o tralascia qualcosa, che non ha compassione o vergogna o timore, un giudice giusto, benevolo con tutti ma solo finchè non si conceda piu' del dovuto ad una delle parti; nel suo libro straniero e senza città, indipendente, senza re; uno che non sta a fare i conti su cosa penserà questo o quell'altro, ma che dice quanto è accaduto”. Luciano di Samosata, II secolo d.C., “Come scrivere la Storia”.
Fatto
In data 13 ottobre 1820, Silvio Pellico,direttore della rivista de Il Conciliatore, ed altri “patrioti” vengono arrestati dalla polizia austriaca quali membri di una setta segreta risorgimentale. La condanna al carcere viene eseguita presso il carcere dello Spielberg.
Tale nozione è patrimonio comune di tutti i bambini italiani. Ma molti di essi, anche dopo essere divenuti adulti, ignorano non solo che l'operazione di amputazione del Maroncelli venne solo eseguita da un barbiere, diretto da quattro chirurghi, ma anche come si fosse svolto il relativo processo, tenuto in fase istruttoria dal trentino Antonio Salvotti.
Nei suoi “Ricordi”, un imputato, Tullio Dandolo, lo ricorda così: “ Viso espressivo, voce penetrante, occhi di fuoco, fare da gentiluomo. Dopo l'interrogatorio, in cui non tacqui né le mie antipatie tedesche, né le mie aspirazioni italiane, Salvotti mi accomiatò dicendo: “- Torni tranquillo a casa, tenga per sé le sue aspirazioni. La legge non punisce i sentimenti degli uomini onesti”.
Capi di imputazione
il paragrafo 52 del codice criminale austriaco, cardine del processo inquisitorio in oggetto, prevedeva che “ commette il crimine di alto tradimento:
a) chi lede la sicurezza personale dell'imperatore
b) chi intraprende qualche cosa che fosse intesa ad una violenta mutazione della forma del governo oppure a distaccare violentemente una parte dello Stato, rompendo l'unità, ovvero ad attirare contro lo Stato un pericolo da fuori o accrescerlo o a suscitare nell'interno un'insurrezione o una guerra civile sia che ciò facciasi pubblicamente o in segreto, da persone singole o collegate con la seduzione, coll'arruolamento, collo spionaggio, coll'appoggio o con qualunque altra azione a simile intento”
Quali prove?
Il documento “compromettente” da cui erano scaturite le indagini consisteva nella Costituzione Latina, in sostanza il vero piano per effettuare una rivolta armata. In tale programma si prevedeva l'istituzione della “Guelfia”, una struttura di secondo livello che detenesse compiti di direzione teorica, lasciando alla Carboneria un ruolo meramente esecutivo. A tal riguardo, si alludeva, sia pur vagamente, a finalità repubblicane e democratiche.
Il processo
Entro un anno dai primi arresti, Salvotti decide di interrogare dapprima chi avesse reso confessione agli agenti (Villa, Oroboni e Foresti). Ai suoi occhi si manifesta, allora, un vero e proprio teatro della dissimulazione: infatti, gli imputati sapevano bene che il codice criminale austriaco prevedeva la confessione del reo, e che quindi la miglior difesa fosse la negazione.
Ad un certo punto, nel dipanarsi processuale della vicenda, l'imputato Foresti sostiene che la propria dissociazione dai “Federati” sia avvenuta nel 1817, prefissandosi l'obbiettivo della prescrizione. A tal fine, con la complicità di una guardia carceraria, produce una lettera falsa, ma tale frode viene scoperta. Dopo questo episodio, la solidarietà omertosa tra coimputati decade e si arriva alle confessioni di ciascuno. Nonostante ciò, Salvotti non cerca rivalse a danno di chi abbia tentato di raggirarlo e ribadisce il principio base della propria attività istruttoria sostenendo nella requisitoria quanto segue: “ l'ostile, perniciosa tendenza della Carboneria in Italia, specialmente contro il nostro governo, non può revocarsi in dubbio; ma basterà questo perchè la si possa definire società rivoluzionaria? Basterà la diffusione di un desiderio inconciliabile con la sussistenza del nostro governo per decretare questa società come diretta all'alto tradimento? Finchè la società si circoscrive entro questi confini, io la ravviso turbatrice della pubblica tranquillità, ma non le posso attribuire il carattere di rivoluzionaria”.
Epilogo
La distinzione di Salvotti tra alto tradimento, perturbazione della tranquillità dello Stato e trasgressione politica non ebbero esito positivo. Venne applicato il paragrafo 52, per cui si considerava colpevole di alto tradimento chiunque intraprendesse una qualche azione tendente alla violenta rivoluzione del sistema dello Stato o ad attivare e accrescere un pericolo esterno contro lo Stato.
Piu' precisamente, tale tendenza venne interpretata come mera preparazione senza tentativo concreto. Secondo questa esegesi, difatti, per la fattispecie di alto tradimento non può sussistere differenza tra delitto progettato e delitto consumato: a fortiori, il delitto consumato comporta già la cessazione dell'ordine istituzionale vigente.
Le condanne alla pena di morte vennero commutate nella detenzione carceraria.
Salvotti tornò a studiare la sua proposta di riforma del processo imperiale in senso accusatorio; di sovente era contattato dal suo antico maestro, Savigny, per la soluzione di dilemmi giuridici.
E a noi resta il compito, tramandatoci da Ugo Foscolo, di “tornare alle istorie