Verità vo cercando

la Bocca della verità
la Bocca della verità

Verità vo cercando

 

Abstract: la verità processuale e la prova scientifica: “abbiamo trovato il Graal”?

Procedural Truth: is Scientific Evidence the Holy Grail?

 

Apologo

New York, Police head office. “ ricordo molto bene questo caso: prove indiziarie, e fine della storia. Quell' Hicock non aveva uno straccio di alibi ed era stato trovato in possesso di soldi di cui non aveva saputo spiegare la provenienza”. Daniel, n.1, maggio 1975, all rights reserved by Max Bunker.

 

Perché siamo qui

In data 19 luglio 2025, il Foglio inizia una serie di interventi dedicati alla verità. Ogni rescritto concerne un campo diverso: teologia, informazione, giurisprudenza etc.. Il presente intervento vuole contribuire al dibattito citato, portandolo oltre le puntate del quotidiano citato. In particolare, il redigente affronterà il tema della verità processuale sottoposta al vaglio della cd “prova scientifica”, argomento che nell'estate del 2025 ha furoreggiato in un clima da agone ciclistico di altri tempi, come il medesimo- quasi novello Giona- vaticinava tempo fa su un intervento simile (ma non occorreva grande abilità aruspicina al riguardo.......).

 

Quid est Veritas?

In questo campo, sussiste quel presupposto cardine che impariamo fin da matricole: la verità processuale non è la verità assoluta. Trattasi, come ben noto, della ricostruzione dei fatti avvenuta nel processo penale e civile, oltre ogni ragionevole dubbio e in maniera maggiormente probabile (..che non..).

Piace qui citare un saggio di Calamandrei, Il giudice e lo storico, edito nel 1939. Secondo il mio illustre concittadino, sia il giudice sia lo storico indagano su dati preesistenti, accertando la verità dei fatti in modo assolutamente imparziale ed oggettivo. Entrambi devono poi svolgere un ulteriore passo storiografico: lo storico deve ricercare le cause dei fatti, il giudice deve accertare la volontà del legislatore inerente il fatto acclarato in sede processuale. Infine, per quanto concerne l'aspetto delle prove, entrambi devono servirsi di documenti e testimonianze, acquisendoli non come “dato grezzo” d'ufficio, bensì coordinandoli, interpretandoli, ponendoli in quello che Sciascia definirà  in seguito come “il contesto”. Ed ecco quindi che la valutazione del materiale probatorio diventa una sorta di sorella gemella della critica delle fonti!

 

"Eppur si muove!”

In generale, la scienza enuclea una serie di ipotesi che, al fine della conferma e della validazione quale legge scientifica, devono affrontare un tentativo di falsificazione, resistendovi. Per comprendere questa impostazione, che è perfettamente attuale, occorre riconoscere, quale fonte ispiratrice, l'opera del filosofo Popper. L'argomento è vastissimo: basti qui citare che la teoria della rotazione della terra venne provata solo nell'anno 1851, grazie al pendolo di Foucault, e che l'esame delle impronte digitali ai fini dell'identificazione del reo viene compiuto, per la prima volta, nel 1892.

Quindi,se non si avvera una delle conseguenze naturali previste e prevedibili, allora l'ipotesi non risulta come vera, e, in conseguenza, non può diventare una legge scientifica.

 

L'angolo di Lisia

Dal punto di vista processuale, tutti quanti conosciamo il cd abc accusatorio:  l'accusa esamina il testimone ed il perito; successivamente, il difensore dell'imputato li sottopone a controesame; infine, qualora sia stato provato un fatto incompatibile con l'imputazione, allora quest'ultima non risulterà vera. Ne consegue che, qualora l'imputato non fornisca la prova di un fatto incompatibile con l'imputazione, l'accusa deve comunque eliminare ogni ragionevole dubbio, perchè l'imputato è presunto innocente. A tal riguardo, si rileva che anche la  prova scientifica, così come quella dichiarativa, deve essere ricercata, ammessa, assunta e valutata.

Nella ricerca, implicazioni ulteriori – e qui iniziano le dolenti note delle cronache quotidiane- derivano dal dato di fatto della labilità frequente dell'oggetto di prova scientifica: per fortuna, soccorrono l'incidente probatorio ex art.392 cpp nonché una sempre maggiore coscienza e sensibilità in materia.

Premesso ciò, la prova scientifica risulta valida se ammette la verifica e resiste al contraddittorio.

A questo proposito, nel 2010, la Cassazione ha accolto, nella sentenza “Cozzini”, i criteri della sentenza statunitense “Daubert”, risolvendo così un caso di esposizione all'amianto. Come noto, la grande novità della Daubert consiste nel fatto che non deve essere considerato come indispensabile il  riconoscimento da parte della comunità scientifica: in sintesi, trattasi del concetto di idoneità del nuovo mezzo di prova.

 

bis Un viaggio diacronico

Negli anni '60, in buona sostanza, regnava sull'argomento l'intuizione del giudice (vedasi il caso del talidomide); poi, in seguito, siamo arrivati alla sussunzione del caso concreto sotto leggi scientifiche di copertura, per cui  il rapporto di causalità sussiste se vi sia una legge della scienza come “premessa maggiore” di giustificazione.

La ricostruzione condizionalistica testè tratteggiata arriva fino agli anni '90. L'esempio in materia è un “classicissimo”: in un omicidio per veneficio, dalla somministrazione dell'arsenico deriva, scientificamente, la morte. Nel giudizio controfattuale di eliminazione mentale, togliendo la premessa della somministrazione, si elimina l'evento morte.

Arriviamo quindi al periodo collocato tra il 1990 e il 2002, in cui la giurisprudenza elabora una concezione statistica di probabilità, spaccandosi in due correnti. Per la prima, una legge scientifica, che esprima una probabilità vicina alla certezza, può permettere una condanna. Per la seconda, finalizzata in chiave teleologica  alla tutela della società, la condanna dell'imputato è permessa anche quando la legge scientifica esprima una probabilità seria e apprezzabile (mediamente,tra 30 e 50 %).

La ricomposizione di tale spaccatura avviene nel 2002, con la cd sentenza “Franzese”. Per le SSUU il fatto oggetto di accertamento è un fatto storico, ormai avvenuto. Dunque, entrambe le tesi hanno un approccio erroneo, in quanto occorre ricercare la certezza processuale con riguardo al nesso causale concernente quella singola condotta e quel singolo evento, senza ricostruire la legge di validità generale ed astratta. Con una chiarezza quasi aristotelica, si rileva come il processo possa vertere su una vicenda in cui si verifichi il caso residuale, di probabilità concreta molto ridotta. Con riguardo all'accertamento del nesso di causalità, la sentenza Franzese pone il modello “inferenziale induttivo”, con cui l'operatore deve partire dal caso concreto per arrivare alla legge. Impostazione ben diversa resta il modello “nomologico deduttivo”, con cui si traggono deduzioni da una legge astratta principale oggetto di ricognizione.

Dunque, la Corte di Cassazione evidenzia la necessità di operare un giudizio controfattuale caratterizzato da «elevata probabilità logica» o «alto grado di credibilità razionale».
« Tutto ciò significa che il giudice, pur dovendo accertare ex post, inferendo dalle suddette generalizzazioni causali e sulla base dell'intera evidenza probatoria disponibile, che la condotta dell'agente "è" (non "può essere") condizione necessaria del singolo evento lesivo, è impegnato nell'operazione ermeneutica alla stregua dei comuni canoni di "certezza processuale", conducenti conclusivamente, all'esito del ragionamento probatorio di tipo largamente induttivo, ad un giudizio di responsabilità caratterizzato da "alto grado di credibilità razionale" o "conferma" dell'ipotesi formulata sullo specifico fatto da provare: giudizio enunciato dalla giurisprudenza anche in termini di "elevata probabilità logica" o "probabilità prossima alla - confinante con la - certezza" » (Cass. Sez. Unite 11.7.2002, Franzese) .
Ne consegue  che il livello di probabilità statistica dovrà essere sempre oggetto di specifica valutazione in riferimento alle circostanze del singolo caso concreto, sulla base delle risultanze probatorie, non essendo consentito dedurre automaticamente – e proporzionalmente - dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge la conferma dell’ipotesi sull’esistenza del nesso causale”.
La Corte, poi, riconosce  l’esistenza del nesso causale pur in presenza di coefficienti medio-bassi di probabilità c.d. frequentista, se corroborati dal positivo riscontro probatorio …circa la sicura non incidenza nel caso di specie di altri fattori interagenti in via alternativa”.

 

Il sugo di tutta la storia

il dna è molto potente e molto sensibile, quindi anche a distanza di 18 anni i reperti danno delle risposte”, avvisa Garofano sul canale televisivo Genova 24, ma aggiunge (per fortuna, a mio avviso) che “quei risultati devono essere completati”, contribuendo quindi a postulare la contestualizzazione della prova. L'unica conclusione possibile sul tema, astraendoci dalla vicenda in cui l'illustre CTP si trova impegnato, è che non possono esistere algoritmi di perfezione; si licet, sarebbe come consegnarsi – concorde collo! - al Don Ferrante di Manzoni, per cui la peste del Seicento, secondo la miglior scienza ed esperienza astrologiche del tempo, non è, quindi non esiste, dunque il contagio risulta impossibile. Sappiamo tutti come termina quel capitolo del romanzo........

 

Epilogo

New York, Tribunale, stanza della giuria. Tavola 01-40, campo largo e primo piano successivo.

“ -Bene, allora siamo tutti d'accordo, in tre minuti e dodici secondi abbiamo già deliberato (per la condanna, ndr). Però, questo è stato un processo coi fiocchi e controfiocchi, tutta la nazione ci guarda! La stampa, la televisione.... non possiamo certo deliberare in così poco tempo, potremmo dar adito a pensare che qui non si sia nemmeno discusso!-

tavola 01-42, l'avvocato rivolto all'imputato Hichok: “- Sono cinque ore che sono chiusi lì dentro, significa che stanno discutendo.... forse c'è speranza!-” Daniel, n.1, maggio 1975, Copyright & Trademark by Max Bunker.