Il deposito tardivo della sentenza impugnata
Il deposito tardivo della sentenza impugnata
Commento a Consiglio di Stato, sezione II, ordinanza 18 novembre 2024, n. 9225 – Pres. Poli, Est. Basilico
Abstract: Il limite dei trenta giorni per il deposito del ricorso in appello e soprattutto il mancato deposito della sentenza impugnata. Finora i Tribunali Amministrativi si sono regolati in maniera talvolta difforme. Ora il Consiglio di Stato, con ordinanza del 18 novembre, ha deciso di dirimere la questione investendo del giudizio l’Adunanza Plenaria, ovvero il massimo Consesso della giustizia amministrativa avente funzione nomofilattica, finalizzata a garantire l'applicazione uniforme del diritto da parte dei giudici amministrativi.
Com’è noto, ai sensi dell’art. 94 c.p.a., nei giudizi di appello il ricorso deve essere depositato nella segreteria del giudice adito, a pena di decadenza, entro trenta giorni dall’ultima notificazione unitamente ad una copia della sentenza impugnata e alla prova delle eseguite notificazioni.
L’impatto del mancato deposito della sentenza impugnata sul relativo giudizio di appello è argomento che ha ampiamente diviso la giurisprudenza amministrativa.
Un primo, nutrito, orientamento giurisprudenziale propende per l’onere di deposito della copia della decisione impugnata entro il termine di trenta giorni dall’ultima notificazione dell’appello a pena di decadenza (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 5 aprile 2024, n. 3154; C.g.a., sez. giur., 23 gennaio 2023, n. 86, e 22 settembre 2022, n. 956; Cons. Stato, sez. VI, 3 giugno 2022, n. 4520; Cons. Stato, sez. VI, 17 novembre 2020, n. 7133; Cons. Stato, sez. III, 14 giugno 2011, n. 3619).
Vi è, poi, un altro (ugualmente autorevole) orientamento dei Giudici amministrativi che preferisce la soluzione dell’inammissibilità dell’appello soltanto in caso di assoluta carenza della produzione della sentenza gravata (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. VII, sentenze n. 4130, n. 4831, n. 4832, n. 4833 e n. 4834 del 2024, nonché ordinanza n. 683 del 2024; Cons. Stato, sez. VI, n. 1388 del 2024; C.g.a., sez. giur., sentenze n. 960 e 962 del 2022; C.g.a., sez. giur., sentenza n. 843 del 2021; Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 4488 del 2020).
Si è, invece, espresso nel senso di prescindere dall’esame della questione d’inammissibilità, invocando il principio della “ragione più liquida” per affrontare direttamente il merito, il Consiglio di Stato con alcune recenti sentenze: Cons. Stato, sez. VII, sentenze n. 1848, n. 2571 e n. 8469 del 2024; sez. II, sentenze n. 5299, n. 7622, n. 7623 del 2024.
Nel senso che la decadenza per omesso o tardivo deposito della sentenza impugnata si ponga in contrasto con il principio di ragionevolezza e con il diritto di azione, si vedano, invece, Cons. Stato, sez. VI, 22 maggio 2024, n. 4542; sez. VI, 22 maggio 2024, n. 4548.
L’ampio dibattito giurisprudenziale che si è sviluppato sull’argomento (e cui si è fatto sinteticamente cenno) è, tuttavia, destinato a trovare soluzione, visto che con l’ordinanza in commento (n. 9225 del 18 novembre 2024) la seconda Sezione del Consiglio di Stato – pur ritenendo che l’orientamento tradizionale (secondo cui l’onere stabilito dall’art. 94 c.p.a. di deposito della copia – anche non autentica – della decisione impugnata entro il termine di trenta giorni dall’ultima notificazione dell’appello debba intendersi a pena di decadenza) sia più conforme all’attuale sistema processuale e che, per un suo superamento, non risultino decisivi gli argomenti portati a supporto dagli orientamenti più recenti – ha deciso di rimettere all’Adunanza Plenaria il seguente quesito: «se l’onere di deposito della sentenza di primo grado entro trenta giorni dall’ultima notificazione, stabilito dall’art. 94 c.p.a., sia previsto a pena di decadenza, con la conseguenza che, in caso d’inadempimento, l’appello deve essere dichiarato inammissibile, ovvero se la disposizione debba essere intesa, in un’ottica costituzionalmente orientata al rispetto del principio di ragionevolezza e dei diritti di azione e difesa, nel senso che l’onere non è previsto a pena di decadenza e può dunque essere assolto mediante un deposito tardivo ovvero surrogato dalla trasmissione del fascicolo di primo grado, anche nella forma dell’accesso diretto da parte del giudice di secondo grado».