La rilevabilità ex officio di una questione di rito non oggetto di impugnazione in via incidentale

il dono
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La rilevabilità ex officio di una questione di rito non oggetto di impugnazione in via incidentale
 

ABSTRACT

In base agli artt. 112, 345, 334 e 310 comma 2 c.p.c., si deve ritenere che il Giudice dell’impugnazione possa rilevare di ufficio una questione di rito pur quando questa non sia stata oggetto di ricorso incidentale.

Based on the articles. 112, 345, 334 and 310 paragraph 2 c.p.c., it must be assumed that the appeal judge can officially raise a question of procedure even when this has not been the subject of an incidental appeal.

La Cassazione Sezione Terza civile, con riferimento ad un giudizio in cui una domanda risarcitoria ex art. 96 c.p.c. era stata formulata dalla parte solo in seguito alla definizione del processo in cui la condotta asseritamente dannosa si era manifestata, ha disposto, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., con l’ordinanza interlocutoria n. 17925 del 28.06.2024, la trasmissione del ricorso alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione, sulla quale esiste contrasto, circa il potere del giudice dell’impugnazione di rilevare d’ufficio una questione pregiudiziale di rito non rilevata nel precedente grado, nel quale la domanda è stata rigettata nel merito, in mancanza di impugnazione incidentale della parte vittoriosa.

Con l’impugnazione incidentale la parte, vittoriosa nel precedente grado di giudizio, propone ricorso avverso le parti da essa non impugnate in via principale, e tale ricorso viene proposto non in maniera diretta, ma come conseguenza dell’impugnazione (principale) proposta dalla parte che in tale grado sia stata soccombente.

La domanda è la seguente: se la parte, alla quale il ricorso principale viene notificato, non propone l’impugnazione incidentale, e quindi non contesta il fatto che nel precedente grado di giudizio il Giudice non aveva (erroneamente) rilevato una questione pregiudiziale di rito, tale fatto può essere rilevato dal Giudice dell’impugnazione, e quindi di ufficio?

Nella fattispecie, la questione non sollevata mediante il ricorso incidentale riguardava il capo della sentenza con la quale il Giudice di primo grado aveva accolto la domanda risarcitoria proposta ex art. 96 c.p.c., ossia per aver la controparte resistito in giudizio con colpa grave.

Il motivo (che poi sarebbe la “questione di rito” oggetto dell’ordinanza in commento) per il quale la parte, vittoriosa in primo grado, avrebbe potuto proporre appello incidentale, consisteva nel fatto che la domanda sopra citata era stata proposta dopo la sentenza di primo grado, e cioè con un giudizio autonomo, mentre invece, per consolidato orientamento, tale domanda deve essere proposta nello stesso giudizio di primo grado.

Tuttavia – è questo il punto – la parte vittoriosa in primo grado non ha proposto appello incidentale contestando la mancata applicazione, da parte del Giudice di primo grado, di tale orientamento.

Ebbene, la Cassazione dà atto che vi sono due orientamenti.

Il primo, secondo cui il giudice di secondo grado, investito dell'appello principale della parte rimasta soccombente sul merito, conserva - pur in assenza di appello incidentale, sul punto, della parte rimasta vittoriosa sul merito - il potere, e quindi il dovere, di rilevare d'ufficio l'inammissibilità di detta domanda, e l'omissione di tale rilievo è censurabile in cassazione come "error in procedendo".

E ciò è quanto accaduto nel caso di specie: la Corte di Appello ha affermato che la domanda risarcitoria avrebbe dovuto essere proposta davanti al giudice della controversia durante la quale era stata tenuta la condotta causativa del danno, ossia davanti al Giudice di primo grado, potendo essere proposta in via autonoma solo nel caso di impossibilità di esercitarla nel processo in cui la condotta dannosa si era manifestata. Invece, la suddetta domanda è stata proposta, in via autonoma, dopo il giudizio di primo grado, ma – è questo il punto – tale “questione pregiudiziale di rito”, ossia l’impossibilità di proporre la domanda in via autonoma, non è stata oggetto di appello incidentale ad opera della parte vittoriosa in primo grado.

Il secondo, in base al quale, qualora il giudice di primo grado abbia deciso la controversia nel merito, omettendo di pronunciare d'ufficio sulla questione, resta precluso l'esercizio del potere di rilievo d'ufficio sulla stessa, per la prima volta, tanto al giudice di appello quanto a quello di cassazione, ove non sia stata oggetto di impugnazione, dal momento che su tale questione si è formato un giudicato implicito interno.

Pertanto, la domanda è se una questione (di rito) non sollevata con il ricorso incidentale possa essere rilevata di ufficio da parte del Giudice dell’impugnazione.

Il principio in base al quale il Giudice non può rilevare di ufficio questioni che non siano state prospettate dalle parti, si trova contenuto nell’art. 112 c.p.c., che così dispone: “il Giudice non può pronunciare d'ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti”. Allora, bisogna vedere se il ricorso incidentale ha ad oggetto delle “eccezioni” oppure delle “domande”, perché, nel primo caso, in base all’art. 112 c.p.c., dovrebbe ritenersi che il Giudice dell’impugnazione non possa decidere su una questione che non è stata sollevata dalla parte mediante, appunto, il ricorso incidentale.

Se ci si vuole approcciare alla problematica con un criterio di tipo “formalistico”, occorre rilevare che le  “eccezioni” sono difese che vengono utilizzate per replicare alle accuse mossa dalla parte ricorrente, mentre l’impugnazione incidentale è lo strumento con cui si propone una “domanda” volta ad ottenere  l’annullamento di un capo della sentenza emessa in primo grado (sentenza la quale, comunque, era stata favorevole al ricorrente in via incidentale). Mentre l’eccezione è il mezzo con cui il convenuto contesta la fondatezza della domanda proposta dall’attore, l’impugnazione incidentale è il mezzo con cui la parte vittoriosa nel giudizio di primo grado contesta un capo della sentenza emessa all’esito di quest’ultimo. Quindi, con l’eccezione si svolgono le proprie difese contro la parte attrice, mentre con il ricorso incidentale queste difese vengono svolte contro la sentenza.

Di conseguenza, a rigore, in questo secondo caso non dovrebbe trovare applicazione l’art. 112 c.p.c., il quale vieta al Giudice di pronunciare su “eccezioni” non sollevate dalla parte. Siccome l’impugnazione incidentale non si concreta in una “eccezione”, intesa nel senso che le è proprio (ossia quello sopra descritto), questo divieto in tal caso non si applica, e quindi si deve ritenere che il Giudice dell’impugnazione possa pronunciarsi anche su questioni non sollevate mediante il ricorso incidentale.

Tuttavia, se ci si vuole approcciare alla problematica con un criterio di tipo “sostanzialistico”, si deve riconoscere che il ricorso incidentale è comunque un’impugnazione che viene proposta “in reazione” al ricorso principale, ossia all’impugnazione proposta dalla controparte: se non ci fosse stata quest’ultima, la parte, vittoriosa in primo grado e convenuta nel giudizio d’impugnazione, non avrebbe mai proposto il ricorso incidentale contro la parte della sentenza di primo grado ad essa sfavorevole. Quindi, il ricorso principale ha costituito l’occasione per il ricorso incidentale: se non ci fosse stato il primo, non ci sarebbe stato neanche il secondo. Di conseguenza, il ricorso incidentale, anche se non costituisce una “eccezione” nel senso tecnico del termine, è comunque un mezzo di gravame che viene esperito “in risposta” al ricorso principale. Pertanto, in tal caso deve essere adottata un’interpretazione estensiva del concetto di “eccezione” di cui all’art. 112 c.p.c., facendo rientrare in tale concetto anche l’impugnazione incidentale.

Quindi, vale, anche per tale impugnazione, il divieto del Giudice di decidere su questioni non sollevate dalla parte che avrebbe dovuto, in teoria, avere interesse a ciò.

A tale riguardo, si osserva quanto segue.

Nel giudizio di appello, mentre non sono ammesse “domande” nuove, possono invece essere proposte nuove “eccezioni” a condizione che queste siano rilevabili anche di ufficio (art. 345 c.p.c.).

Cosa si ricava da ciò? Che le “eccezioni” – e cioè quelle sulle quali, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., il Giudice non può pronunciarsi se non sono state sollevate dalle parti – sono sollevabili nel giudizio di impugnazione nella misura in cui anche il Giudice le possa rilevare.

Ciò equivale a dire che, in tale giudizio, le suddette eccezioni, anche se non vengono proposte dalla parte, possono comunque essere trattate di ufficio. Che senso avrebbe dire che in sede di appello la parte può proporre solo le eccezioni che siano rilevabili anche di ufficio, se poi il Giudice non le potesse concretamente rilevare nonostante la mancata proposizione ad opera della parte?

Allora, con riguardo alla concezione “sostanzialistica” di cui sopra, il discorso è il seguente: se si ritiene che l’art. 112 c.p.c., quando si riferisce alle “eccezioni”, faccia riferimento anche all’impugnazione in via incidentale, allora occorre avere la coerenza di ammettere che anche a tale impugnazione si applica l’art. 345 c.p.c., e che quindi il Giudice può sollevare di ufficio una questione (“eccezione”, per l’appunto) che non è stata oggetto di ricorso incidentale.

Inoltre, va considerato quanto segue.

Se una questione non è rilevabile di ufficio dal Giudice dell’impugnazione, ciò è perché essa non è stata sollevata dalla parte: la non rilevabilità ex officio è una sorta di “sanzione” che viene comminata alla parte per non aver questa dimostrato interesse a che la questione venisse trattata e decisa.

Questo mancato interesse si traduce in una sostanziale “acquiescenza” alla parte della sentenza non impugnata.

Tale “acquiescenza”, pertanto, esclude la rilevabilità di ufficio.

Però, ai sensi dell’art. 334 c.p.c., l’impugnazione incidentale può essere proposta anche quando l’impugnante abbia fatto acquiescenza alla sentenza (la c.d. “impugnazione incidentale tardiva”).

Ma allora, la suddetta “acquiescenza”, se non esclude la proponibilità dell’impugnazione incidentale, non escluderà neanche, per il motivo di cui sopra, la rilevabilità di ufficio.

Si rifletta poi su quest’altro aspetto.

La mancata impugnazione (in tal caso, incidentale) altro non è che una rinuncia agli atti del giudizio: l’impugnazione è un atto di tutela; se questo non viene compiuto, vuol dire che “si rinuncia” ad utilizzare uno strumento di difesa.

Ebbene, ai sensi dell’art. 310 comma 2 c.c., l’estinzione del giudizio, conseguente alla rinuncia agli atti del medesimo, non comporta l’inefficacia delle sentenze di merito né di quelle che regolano la competenza.

Quindi, nonostante che la parte abbia rinunciato a far valere in giudizio i propri diritti, le sentenze (anche di rito: vedi competenza) mantengono la loro efficacia.

Ma allora, la rinuncia agli atti del giudizio (nel nostro caso, la mancata impugnazione incidentale), se non comporta la decadenza delle sentenze di rito, non potrà precludere al Giudice neanche di trattare le questioni di rito e di decidere su di esse.

Per i motivi sopra esposti, si deve ritenere che il Giudice dell’impugnazione possa rilevare di ufficio una questione di rito pur quando questa non sia stata oggetto di ricorso incidentale.