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Lo sconto di pena nel patteggiamento con pene sostitutive

tramonto dorato
Ph. Giacomo Martini / tramonto dorato

Lo sconto di pena nel patteggiamento con pene sostitutive

 

Abstract: Il presente contributo si propone di affrontare la questione della possibilità di applicare lo sconto di pena di un terzo previsto dall’art. 444 c.p.p. nel caso di patteggiamento con applicazione di pene sostitutive delle pene detentive brevi previste dall’articolo 20-bis del codice penale.

Abstract ENG: This paper aims to address the issue of the possibility of applying the one-third sentence discount provided for in article 444 of the Code of Criminal Procedure in the case of plea bargaining with the application of substitutive punishment provided for in Article 20-bis of the Criminal Code.

 

Premessa

Come noto, l’art. 444 c.p.p. consente – con alcune eccezioni - il cd. patteggiamento, prevedendo che «l'imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l'applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una pena sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria».

Quando la pena concordata non supera i due anni di pena detentiva soli o congiunti a pena pecuniaria, il patteggiamento ai sensi dell’art. 445 c.p.p. «non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento né l'applicazione di pene accessorie e di misure di sicurezza, fatta eccezione della confisca nei casi previsti dall'articolo 240 c.p.».

La sentenza non può inoltre essere utilizzata a fini di prova nei giudizi civili, disciplinari, tributari o amministrativi.

Ovviamente, se la pena concordata non supera i due anni di pena detentiva o i due anni e mezzo per gli imputati infra-ventunenni, può essere richiesta e concessa anche la sospensione condizionale della pena ai sensi dell’art. 163 c.p.

Il giudice può cioè ordinare che l'esecuzione della pena rimanga sospesa per cinque anni (due nel caso di contravvenzioni), decorsi i quali, se il condannato non ha commesso ulteriori reati della stessa indole, la pena non dovrà mai essere eseguita.

Inoltre, ai sensi dell’art. 24, comma 1, lett. e), d.p.r. 313/2002 quando la pena irrogata non superi i due anni soli o congiunti a pena pecuniaria non viene fatta menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale (cd. fedina penale) richiedibile da privati, ad esempio per motivi di lavoro.

 

L’applicazione su richiesta delle pene sostitutive delle pene detentive brevi

Se non sussistono le condizioni per la concessione della sospensione condizionale della pena, se il Pubblico Ministero non è disposto a concederla o ancora se l’imputato semplicemente lo preferisce, può essere chiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p. l’applicazione delle pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui all’art. 20 bis c.p.

In particolare, come precisato dall’art. 53 L. 689/81, il giudice, nel pronunciare sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell'art. 444 c.p.p., quando ritiene di dover determinare la durata della pena detentiva entro il limite di quattro anni, può sostituire tale pena con:

  • quella della semilibertà (che, ai sensi dell’art. 55 L.689/81, comporta l'obbligo di trascorrere almeno otto ore al giorno in un istituto di pena e di svolgere, per la restante parte del giorno, attività di lavoro o di studio);
  • o della detenzione domiciliare (che, ai sensi dell’art. 56 L. 689/81, comporta l’obbligo di rimanere nella propria abitazione o in altro luogo assimilato, per non meno di 12 ore al giorno, avuto riguardo alle esigenze familiari, di studio, di lavoro e di salute).

Se la pena viene concordata nel limite di tre anni, può essere sostituita con il lavoro di pubblica utilità (art. 56-bis L. 689/81)  e cioè con la prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, altri enti territoriali o presso organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, per non meno di sei ore e non più di quindici ore settimanali, compatibilmente con le altre esigenze di lavoro/studio.

Infine, se la pena concordata si contiene entro l’anno può essere convertita con la pena pecuniaria secondo i criteri di ragguaglio concordati con il Pubblico Ministero, avuto riguardo alle condizioni economiche dell’imputato.

Un giorno di pena detentiva non può essere comunque inferiore a Euro 5 né superiore a Euro 2.500.

In nessun caso, può essere concessa la sospensione condizionale delle pene sostitutive delle pene detentive brevi, perché vietato espressamente dall’art. 61-bis L. 689/89.

 

 I dubbi sull’applicabilità dello sconto di pena nel patteggiamento a pene sostitutive

In concreto, il calcolo della pena da proporre in sede di patteggiamento può essere un’operazione alquanto difficile, dovendo l’avvocato scandagliare migliaia di pronunce giurisprudenziali per comprendere che aumenti o diminuzioni di pena è necessario o possibile fare. Occorre ad esempio comprendere se sia possibile ipotizzare circostanze attenuanti e bilanciarle con le aggravanti contestate, se vi sia continuazione (art. 81 c.p.) tra i diversi reati indicati nei capi d’imputazione e in che modo applicarla, eccetera.

Nel caso di richiesta di applicazione di pene sostitutive delle pene detentive brevi, sussiste un’ulteriore problematica.

Si tratta cioè di comprendere se lo sconto di pena di 1/3 per scelta del rito possa applicarsi.

Ragionando secondo i principi generali del diritto processuale penale, la risposta positiva sembrerebbe scontata.

Ed infatti, il patteggiamento (tecnicamente «applicazione della pena su richiesta delle parti») può essere definito come quel rito speciale premiale che, a fronte della rinuncia dell'imputato alla celebrazione di un costoso processo, gli attribuisce una riduzione di pena che può arrivare fino ad un terzo.

Tale sconto dovrebbe quindi applicarsi anche al patteggiamento a pene sostitutive.

La lettera dell’art. 444 c.p.p. sembrerebbe tuttavia escluderlo.

La disposizione invero stabilisce che le parti possono chiedere al giudice «l'applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una pena sostitutiva» o «di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo», ovvero «di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria».

Le congiunzioni disgiuntive “o“ ed “ovvero” possono lasciar intendere che lo sconto di un terzo riguardi solo la pena pecuniaria e quella detentiva, non le pene sostitutive.

Tale interpretazione sembrerebbe suffragata da una risalente nonché unica pronuncia della Corte di Cassazione per cui “l'applicazione di pena sostitutiva ex art. 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) e la riduzione di un terzo della pena ex art. 444 cod. proc. pen., non sono cumulabili” (Cass., sez III pen., 15 aprile 1993, n. 884).

Secondo la Corte invero “all'imputato che accede al cosiddetto patteggiamento della pena il legislatore ha voluto accordare un premio di natura processuale, configurato secondo tre possibilità: una sanzione sostitutiva, una pena pecuniaria ridotta sino a un terzo, una pena detentiva ridotta sino a un terzo. Secondo l'interpretazione letterale e sistematica la prima possibilità è alternativa alle altre”.

Tale risalente massima della giurisprudenza di legittimità non è stata però seguita dalla giurisprudenza successiva che – per disattenzione o scientemente - ha sempre ammesso pacificamente il “cumulo” tra sconto di pena e pene sostitutive.

Nella prassi invero si sono sempre registrati accordi a pene sostitutive “scontate”, regolarmente validati dai Giudici nell’esercizio del loro controllo sulla legalità della pena patteggiata.

D’altronde l’art. 444 c.p.p., nello stabilire che le parti concordano «l'applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una pena sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo», non è poi così chiara, potendo benissimo riferire lo sconto di pena tanto alla pena pecuniaria quanto alla pena sostitutiva.

 

L’inconsapevole soluzione fornita dalla Riforma Cartabia

Sulla problematica è intervenuto inconsapevolmente il Legislatore con il Decreto Legislativo 150/2022 (cd. Riforma Cartabia), dissipando ogni dubbio.

Nel tentativo di rendere più “appetibili” le (prima scarsamente applicate) pene sostitutive delle pene detentive brevi, è stato invero fatto obbligo al Giudice di valutare, dopo la sentenza condanna, l’applicazione delle pene sostitutive medesime.

L’art. 545-bis c.p.p. oggi prevede infatti che «quando è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non è stata ordinata la sospensione condizionale» possono essere applicate le pene sostitutive delle pene detentive brevi.

In particolare, «subito dopo la lettura del dispositivo», il giudice, se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all'articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ne dà avviso alle parti, che posso acconsentire all’applicazione. Se non è possibile decidere immediatamente, viene fissata un’apposita udienza per definire ogni questione.

Tale disposizione, inserita nel Libro VII, Capo III, nella parte del codice di rito relativa agli “atti successivi alla deliberazione” e pertanto applicabile anche ai riti speciali (v. Cass., sez. VI, 19 settembre 2023, n. 43947 e Cass., sez. II, 12 luglio 2023, n. 31488 in tema di patteggiamento),    a ben vedere dissipa positivamente ogni dubbio sulla possibilità di cumulare lo sconto di pena per patteggiamento e le pene sostitutive.

Ed invero, la possibilità di applicare le pene sostitutive dopo l’emissione della sentenza, darebbe la possibilità all’imputato di aggirare l’ostacolo della ritenuta non “cumulabilità” di sconto di pena e pene sostitutive in sede di accordo (v Cass., sez III pen., 15 aprile 1993, n. 884 cit.), facendo un patteggiamento semplice a pena detentiva per poi fare convertire la pena irrogata in una pena sostitutiva nell’apposita fase “post- sentenza” introdotta dalla Riforma Cartabia.

Ovviamente, tale espediente – certamente ammissibile - mal si concilierebbe con le esigenze di speditezza che il patteggiamento vuole assolvere.

Pertanto, anche alla luce delle novità normative, ritiene lo scrivente che è senz’altro da preferire l’interpretazione, consolidata nella giurisprudenza di merito, che ritiene applicabile le pene sostitutive “scontate” già in sede di patteggiamento.

In altri termini, in sede di patteggiamento è oggi senz’altro possibile ridurre la pena detentiva proposta di un terzo per scelto del rito e poi convertirla, nello stesso accordo, in una delle pene sostitutive di cui all’art. 20 bis c.p.