Rinnovazione della richiesta di patteggiamento: riformulazione della domanda in termini differenti o ‘mera’ reiterazione?”
Qualora l'imputato, a causa dell'originario dissenso del pubblico ministero o in conseguenza del rigetto da parte del giudice per le indagini preliminari, intenda rinnovare la richiesta di patteggiamento prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, è necessario che la nuova domanda sia formulata in termini differenti dalla precedente o è ammissibile la "mera" reiterazione?
Per rispondere al quesito poc’anzi formulato è necessario ricostruire lo stato dell’arte della disciplina in tema di applicazione pena su richiesta delle parti partendo, in particolare, dall’art. 448 c.p.p. “Provvedimenti del giudice”. Tale articolo, infatti, stabilisce che “Nell'udienza prevista dall'articolo 447, nell'udienza preliminare, nel giudizio direttissimo e nel giudizio immediato, il giudice, se ricorrono le condizioni per accogliere la richiesta prevista dall'articolo 444, comma 1, pronuncia immediatamente sentenza. Nel caso di dissenso da parte del pubblico ministero o di rigetto della richiesta da parte del giudice per le indagini preliminari, l'imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, può rinnovare la richiesta e il giudice, se la ritiene fondata, pronuncia immediatamente sentenza. La richiesta non è ulteriormente rinnovabile dinanzi ad altro giudice. Nello stesso modo il giudice provvede dopo la chiusura del dibattimento di primo grado o nel giudizio di impugnazione quando ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero o il rigetto della richiesta. (…).
La formulazione originaria della norma in esame non prevedeva alcun meccanismo di recupero in sede di giudizio della soluzione patteggiata e rigettata dal giudice. Sul punto è intervenuta la L. 16.12.1999, n. 479, la quale ha introdotto nuove regole in tema di reiterabilità della richiesta di patteggiamento: la richiesta respinta dal G.I.P., o per la quale il P.M. non ha prestato il consenso, può, infatti, essere ripresentata per una sola volta di fronte al giudice dibattimentale, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento. La Legge Carotti, pertanto, ha creato una nuova finestra temporale per l’imputato il quale, ora, ha la facoltà di rinnovare, entro l'apertura del dibattimento, l'iniziativa negoziale precedentemente rigettata dal giudice per le indagini preliminari o rispetto alla quale il P.M. non ha espresso il proprio consenso.
Riguardo, poi, al contenuto della nuova richiesta, si sono succedute varie pronunce della Corte. La giurisprudenza di legittimità, conformemente a quanto già rilevato dalla Consulta nell'ordinanza C. Cost. 21.12.2001, n. 426, ha specificato che (contrariamente a quanto stabilito dall' art. 464, 3° co., nell'ipotesi di richiesta avanzata contestualmente all'opposizione a decreto penale di condanna e poi riproposta prima del giudizio) il termine "rinnovare" di cui all'art. 448, 1° co. deve essere inteso nel significato di "nuova richiesta"; pertanto, qualora l'imputato (a causa dell'originario dissenso del pubblico ministero o in conseguenza del rigetto da parte del giudice per le indagini preliminari) intenda rinnovare la richiesta di patteggiamento prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, è necessario che la nuova domanda sia formulata in termini differenti dalla precedente, dovendosi all'opposto escludere la "mera" reiterazione (cfr. C., Sez. VI, 19.1.2010, n. 20794; C., Sez. III, 28.5.2009, n. 28641).
In linea con tale principio, d'altro canto, le Sezioni Unite hanno stabilito che, nel giudizio conseguente all'annullamento senza rinvio della sentenza di patteggiamento determinato da illegalità della pena, le parti sono rimesse al giudice nella condizione immediatamente precedente l'accordo poi annullato, con facoltà, dunque, di riproporlo, benché in termini diversi ( C., S.U., 27.5.2010, n. 35738); analoga ratio, del resto, sembra sottesa all'affermazione secondo cui, a seguito di astensione del giudice che abbia rigettato la richiesta di patteggiamento, le parti possono accordarsi per una ulteriore e diversa richiesta dinanzi al nuovo giudice, a condizione, ovviamente, che ciò avvenga prima che il dibattimento sia dichiarato aperto ( C ., Sez. VI, 8.3.2011, n. 26058). La medesima opportunità deve essere riconosciuta laddove il rigetto della richiesta di applicazione sia stato pronunciato dal giudice per l’udienza preliminare. L’indicazione nel testo della norma in esame del solo giudice per le indagini preliminari non costituisce, infatti, una esplicita limitazione, ma trova la sua ratio nella necessità di regolare anche i procedimenti privi di udienza preliminare.
La richiamata giurisprudenza si colloca all’interno di un orientamento maggioritario che fa leva sulla differenza del termine rinnovare rispetto a "riproporre" utilizzato per la nuova richiesta di giudizio abbreviato. Il primo, infatti, evoca l’idea di una “nuova domanda” da rinegoziare con il PM. Ad avallare tale principio sovviene la pronuncia Cass. pen., Sez. VI, Sent., (data ud. 24/09/2014) 13/10/2014, n. 42775 la quale, richiamando due pronunce della Corte Costituzionale (n. 426/2001 e n. 100/2003), sostiene che nel caso in cui la parte pubblica manifesti il suo dissenso alla rinnovazione della richiesta di patteggiamento, il giudice non può verificarne la fondatezza, ma deve necessariamente procedere al dibattimento e soltanto all’esito del giudizio egli potrà pronunciare sentenza di applicazione pena qualora abbia ritenuto ingiustificata la contraria manifestazione di volontà della pubblica accusa. Presupposto della rinnovazione è la presentazione di una richiesta di patteggiamento alla quale il P.M. non abbia prestato la propria adesione.
La reiterazione della richiesta congiunta di applicazione della pena, pertanto, è consentita purché abbia un contenuto diverso da quella rigettata. Tale soluzione va intesa nel senso che le parti devono tenere conto delle ragioni espresse dal primo giudice nell’ordinanza di rigetto, suscettibile di condizionare anche il giudice subentrante in ragione dell’efficacia endoprocessuale dell’ordinanza medesima. Analogamente, negli atti preliminari al dibattimento, la proposta oggetto di rinnovazione, in caso di dissenso del PM o di rigetto del giudice, deve avere un contenuto diverso da quello della richiesta formulata in udienza preliminare ovvero a seguito della notifica del decreto di giudizio immediato.
Più recentemente si è sviluppato un orientamento di segno opposto, a partire dalla pronuncia Cass. pen., Sez. III, Sent., (data ud. 25/06/2019) 07/10/2019, n. 41064. Quest’ultima, invero, fonda sull’art. 446 c.p.p. e sul termine ultimo per formulare la richiesta di patteggiamento la necessaria riproposizione della richiesta nei medesimi termini.
L'art. 446 c.p.p., comma 1, (Richiesta di applicazione della pena e consenso) stabilisce che "le parti possono formulare la richiesta prevista dall'art. 444, comma 1, fino alla presentazione delle conclusioni di cui all'art. 421, comma 3, e art. 422, comma 3, e fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado nel giudizio direttissimo. Se è stato notificato il decreto di giudizio immediato, la richiesta è formulata entro il termine e con le forme stabilite dall'art. 458, comma 1".
Di tal ché, secondo il richiamato orientamento, ove si celebri l'udienza preliminare, il meccanismo introdotto dal legislatore del 1999 prevede uno sbarramento temporale alla proponibilità dell'istanza (le conclusioni rese nella stessa udienza preliminare), senza dunque consentire all'imputato di attendere i provvedimenti di cui all'art. 424 c.p.p. e, in caso di pronuncia di decreto che dispone il giudizio, di proporre per la prima volta la richiesta in limine alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.
Similmente, si sostiene, a fronte di un esito comunque negativo della richiesta (per dissenso da parte del pubblico ministero o rigetto da parte del giudice dell'udienza preliminare), l'imputato può rinnovarla prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado; tale possibilità, tuttavia, è subordinata ad una condizione essenziale, ossia che proprio di "rinnovazione" si tratti, ossia di una riproposizione della stessa richiesta in precedenza avanzata, senza alcuna modifica. Un’interpretazione del verbo rinnovare maggiormente aderente all’etimologia de termine che, proprio con riferimento ai patti e ai contratti, evoca il concetto di ripetere, fare o dire di nuovo. Non solo. Secondo l’indirizzo che si sta ricordando, tale condizione ha la funzione di indurre l'imputato ed il pubblico ministero ad anticipare la propria scelta processuale, offrendo loro - in caso di celebrazione dell'udienza preliminare - una sola "finestra-patteggiamento", da sfruttare perentoriamente entro la presentazione delle conclusioni di cui all'art. 421 c.p.p., comma 3 e art. 422 c.p.p., comma 3, e senza dunque poter attendere gli esiti della stessa udienza, nei termini indicati. Cionondimeno, e proprio perchè di una sola "finestra-patteggiamento" si tratta, il legislatore ha voluto predisporre un sistema di controllo sulla richiesta eventualmente formulata, e per il solo caso di esito comunque negativo, stabilendo che il tribunale investito del fascicolo per il dibattimento possa valutare la medesima istanza, qualora a ciò sollecitato dall'imputato, in funzione di verifica del precedente operato del g.u.p. che l'aveva rigettata o del pubblico ministero che non vi aveva prestato il consenso. Quella stessa verifica, peraltro, che il giudice può compiere pur all'esito del dibattimento di primo grado o nel giudizio di impugnazione, ed anche d'ufficio, come previsto ancora nell'art. 448 c.p.p., comma 1, quando ritenga ingiustificato il dissenso del pubblico ministero o il rigetto da parte del g.u.p., intervenuti sempre sulla stessa e mai modificata istanza (in tal senso, anche Cass. pen., Sez. IV, Sent., (data ud. 13/04/2022) 15/07/2022, n. 27585).
Ad avviso di chi scrive, pertanto, si rende necessario un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite per dirimere il contrasto giurisprudenziale insorto in punto di rinnovazione della richiesta di patteggiamento in limine litis. Laddove ciò non avvenisse, persisterebbe una palese violazione del principio di uguaglianza da parte dei Tribunali di primo grado i quali, aderendo taluni al primo talaltri al secondo orientamento, si trovano a trattare in maniera diseguale situazioni che richiederebbero il medesimo trattamento.