La condotta susseguente al reato determina la non punibilità per particolare tenuità nei reati tributari

Una sentenza innovativa del Tribunale di Genova post Riforma Cartabia
Particolare tenuità del fatto
Particolare tenuità del fatto

La condotta susseguente al reato determina la non punibilità per particolare tenuità nei reati tributari

avvocato Alberto Sanjust di Teulada  -  Studio Isolabella
 

Le innovative indicazioni offerte dalla recente Sentenza del Tribunale di Genova, in ordine all’importanza della condotta susseguente al reato ai fini dell’applicabilità ai reati tributari dell’art. 131 bis c.p., così come modificato dalla Riforma Cartabia (cfr. Sentenza n. 1105/2024 del 22.3.24, già passata in giudicato)

La decisione in commento si rivela di indubbio interesse in quanto rappresenta certamente una novità nel panorama giurisprudenziale, laddove – una volta accertata l’avvenuta estinzione del debito tributario – ha ritenuto la “particolare tenuità” e quindi la non punibilità, ai sensi del novellato art. 131 bis c.p., della condotta di una persona imputata del reato di cui all’art. 4 D.Lgs. 74/2000, per aver infedelmente rappresentato, nella propria Dichiarazione di imposta, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo, in tal modo conseguendo un indebito vantaggio fiscale.

Nello specifico, l’imputato, all’interno della Dichiarazione di imposta per il 2018, aveva omesso di indicare elementi attivi (redditi fondiari e di capitale costituiti da anticipi su dividendi) per un importo pari ad € 657.052,44, cui corrispondeva un indebito vantaggio fiscale pari ad € 170.630,59, equivalente all’IRPEF evasa. Di modo che – stante il superamento, di oltre il 10%, delle soglie di cui si dirà infra – gli veniva contestato il reato di cui all’art. 4 del D.Lgs. 74/2000.

Successivamente alla consumazione del delitto de quo, l’imputato aveva dato luogo a ravvedimento operoso, mediante l’integrale versamento delle somme dovute all’Erario (imposta, interessi e sanzioni).

Prima di addentrarci nella disamina del contenuto della pronunzia oggetto di scrutinio, occorre svolgere qualche breve considerazione i)in merito all’art. 4 D.Lgs. n. 74/2000, e quindi, ii)in ordine all’art. 131 bis c.p., così come modificato dalla riforma Cartabia. 

i)Come è noto, l’art. 4 D.Lgs. n. 74/2000 punisce – al superamento delle soglie di cui al comma 1, lett. a) e b) – chiunque, nell’ambito delle dichiarazioni annuali relative alle imposte sui redditi o all’IVA, indichi elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo, o elementi passivi inesistenti, allo scopo di evadere tali imposte. In particolare, il delitto in esame – all’epoca dei fatti in contestazione, vale a dire nel 2018 – era da ritenersi consumato al momento del superamento congiunto delle seguenti soglie di punibilità: a) da un lato, l'imposta evasa doveva essere superiore ad € 150.000; b) dall’altro, l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione doveva risultare superiore al 10% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, superiore ad € 3.000.000[1].

ii)Per cogliere appieno la portata innovativa della decisione in esame, occorre ora mettere in rilievo una delle modifiche introdotte dalla riforma Cartabia alla disposizione di cui all’art. 131 bis c.p., che, come è noto, attiene all’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto. Oltre ad averne ampliato lo spettro applicativo[2], il D.Lgs. n. 150/2022 ha introdotto un nuovo parametro che il giudice deve prendere in considerazione ai fini della valutazione in merito all’applicabilità (o meno) dell’art. 131 bis c.p., vale a dire la condotta susseguente al reato”: profilo che è stato ritenuto decisivo dal Tribunale di Genova proprio per escludere la punibilità della condotta dell’imputato.

In estrema sintesi, il percorso motivazionale seguito dal Tribunale è stato il seguente: dopo aver accertato la sussistenza oggettiva del reato sulla base della prova documentale rappresentata dalla Dichiarazione Modello Unico, il Giudice di prime cure è passato a vagliare la concreta portata dell’offensività della condotta, ripercorrendo gli orientamenti della Corte Regolatrice in ordine all’art. 131 bis c.p.

Sotto un primo profilo, la Sentenza ha dato conto dell’approdo giurisprudenziale, ormai consolidato, secondo il quale l’istituto della particolare tenuità del fatto risulta compatibile con la previsione di soglie di punibilità[3].

In secondo luogo, con specifico riferimento al profilo concernente l’applicabilità dell’art. 131 bis c.p. ai delitti di cui al D.Lgs. 74/2000, la pronuncia oggetto di scrutinio si è uniformata all’orientamento giurisprudenziale che reputa “particolarmente tenui”, ex art. 131 bis c.p., le condotte che travalichino di “poco”, non oltre il 10%, la soglia di punibilità prevista dall’art. 4 (cfr. Cass. Pen., II Sez., n. 58422/2018).

Ebbene, nonostante che – nella vicenda che ci occupa – la soglia fosse stata superata in misura superiore al 10% (vale a dire del 13%), il Tribunale ha reputato che la condotta in esame fosse comunque sussumibile nell’ipotesi contemplata dall’art. 131 bis c.p., in virtù del fatto che “l’art. 1, comma 1, lett. c) della riforma Cartabia ha esteso l’ambito di applicazione dell’istituto della particolare tenuità del fatto, attribuendo rilevanza alla <condotta susseguente al reato>”.

Secondo il Tribunale genovese, non ha rivestito alcun rilievo il fatto che il reato fosse stato commesso nel periodo antecedente all’entrata in vigore della riforma Cartabia, poiché l’istituto di cui all’art. 131 bis c.p., non solo ha carattere sostanziale, ma è chiaramente ispirato al principio del favor rei, con la conseguenza che deve ritenersi (retroattivamente) applicabile anche ai reati commessi prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150/2022.

Pertanto – ed è questo lo snodo centrale della motivazione – “il giudice non può prescindere dalla valutazione in ordine alle condotte poste in essere dall’imputato dopo la commissione del reato; specie, con riguardo a delitti a matrice omissiva, ove si contesti un’inerzia o una mancata attivazione, o a matrice formale, in cui venga in gioco una discrasia tra la disciplina vigente e l’attuazione della stessa suscettibile di “regolarizzazione[4].

In buona sostanza, la Sentenza – nella ponderazione tra le funzioni della pena ed il concreto disvalore del fatto – ha assolto l’imputato dal delitto di cui all’art. 4 D.Lgs. n. 74/2000, per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131 bis c.p., avendo tenuto in debito conto la flebile intensità del dolo, il carattere non sistematico della violazione – che atteneva ad un unico periodo di imposta –, ma, soprattutto, avendo valorizzato la condotta di ravvedimento operoso susseguente al reato: profilo che ha sostanzialmente consentito di neutralizzare sia l’offesa al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice (vale a dire il completo pagamento delle imposte), che il superamento della soglia di cui all’art. 4 D.lgs 74/00, individuata – come detto - dalla Giurisprudenza nella misura del 10%.

Da ultimo, è bene evidenziare il carattere certamente innovativo della pronunzia qui commentata che, infatti, risulta essere, per quel che consta allo scrivente, la prima concreta applicazione dell’art. 131 bis a fattispecie tributarie nelle quali il superamento della soglia di legge sia superiore al 10%.

 

[1]Entrambe le soglie di punibilità sono state abbassate ad opera dell’art. 39 D.L. 124/2019, convertito in L. 157/2019, con il risultato che, al momento in cui si scrive, ai fini della rilevanza penale del fatto, è sufficiente che l’imposta evasa superi i € 100.000 (e non più i € 150.000), mentre il valore complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione deve valicare i € 2.000.000 (e non più i € 3.000.000).

[2]Infatti, prima della riforma Cartabia, l’art. 131 bis c.p. era applicabile ai reati per i quali era prevista la pena della reclusione non superiore nel massimo a cinque anni; post riforma Cartabia, risulta applicabile ai reati per i quali è prevista la pena della reclusione non superiore nel minimo a due anni.

[3]Cfr. SS.UU. n. 13681/2016.

[4]Enfasi dello scrivente.