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Patteggiamento nei reati tributari: sempre necessario il pagamento del debito tributario?

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Patteggiamento nei reati tributari: sempre necessario il pagamento del debito tributario?

 

La Cassazione torna ad esprimersi sul tema della possibilità di accedere al patteggiamento nell’ambito delle contestazioni di reati tributari, consolidando l’orientamento in forza del quale non sempre l’integrale pagamento del debito tributario costituisce condizione per accedere al rito alternativo dell’applicazione della pena su richiesta delle parti.

 

Premessa

Limitandosi alla mera lettura della disciplina dettata dagli articoli 13 e 13 bis del d.lgs. 74/2000 parrebbe ragionevole, a primo impatto, ritenere necessario, ai fini della possibilità di accedere al patteggiamento nell’ambito di un procedimento penale per reato tributario, il pagamento integrale del debito tributario. E pur tuttavia, ad una seconda e più attenta lettura, subito ci si renderebbe conto della prima questione problematica: in relazione agli articoli 10 bis, 10 ter e 10 quater, infatti, è contestualmente prevista, da un lato, la natura di causa di non punibilità dell’integrale pagamento (art. 13 co. 1) e, dall’altro, di condizione per il patteggiamento (art. 13 bis, co. 2).

Su tale sovrapposizione, generatrice di dubbi interpretativi e confusione applicativa, la giurisprudenza di legittimità ha tuttavia chiarito che il pagamento del debito tributario non può logicamente costituire presupposto di legittimità di applicazione della pena, dal momento che costituisce già causa di non punibilità: non può, cioè, essere contestualmente presupposto di punibilità e causa di non punibilità (Cass. pen., Sez. VI, 26 novembre 2019, n. 48029).

Sulla medesima linea interpretativa, poco dopo, si è ufficialmente assestato anche l’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, che nella Relazione n. 3 del 2020 ha statuito: “secondo l’orientamento accolto dalla giurisprudenza di legittimità, lestinzione dei debiti tributari mediante integrale pagamento, da effettuarsi prima dell’apertura del dibattimento, non costituisce presupposto per accedere al patteggiamento ai sensi dell’art. 13 bis d.lgs. 74/2000, in quanto l’art. 13, comma 1, del medesimo d.lgs. configura tale comportamento come causa di non punibilità dei delitti ex artt. 10 bis, 10 ter e 10 quater del medesimo decreto e il patteggiamento non potrebbe certamente riguardare reati non punibili”.

 

Gli altri reati tributari previsti dal d.lgs. 74/2000

Chiarita e assodata la corretta interpretazione della disciplina in relazione agli articoli 10 bis, 10 ter e 10 quater, tuttavia, i dubbi rimangono tutt’altro che interamente dissipati: a destare ancora perplessità applicative, infatti, risultano principalmente i reati di cui agli articoli 4 e 5 d.lgs. 74/2000. Sul punto, coerentemente con quanto affermato con riferimento agli articoli 10 bis, 10 ter e 10 quater, la Corte di Cassazione ha statuito che “a conclusioni analoghe deve pervenirsi anche con riferimento ai delitti di cui agli artt. 4 e 5 del d.lgs. 74/2000, per i quali parimenti è previsto che il ravvedimento operoso costituisce causa di non punibilità e dunque non può configurare una condizione per accedere al rito alternativo del patteggiamento” (Cass. pen., Sez. III, 23 novembre 2018, dep. 2019, n. 10800).

Insomma: “o l’imputato provvede, entro l’apertura del dibattimento, al pagamento del debito a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimento penali, in tal modo ottenendo la declaratoria di assoluzione per non punibilità di uno dei reati di cui agli artt. 4, 5, 10 bis, 10 ter e 10 quater, ovvero non provvede ad alcun pagamento, restando in tal modo logicamente del tutto impregiudicata la possibilità di richiedere ed ottenere l’applicazione della pena per i medesimi reati” (Cass. pen., Sez. III, 22 ottobre 2018, dep. 2019, n. 48029).

Da quanto esposto, pertanto, parrebbe pacifico l’orientamento della Corte di Cassazione nel senso di ritenere incompatibile la richiesta dell’integrale pagamento del debito tributario quale condizione di accesso al patteggiamento. Addirittura – lo si evidenzia in via puramente incidentale (rinviando ad altro contributo per un’analisi più approfondita di questo ulteriore profilo) – la più volte citata Relazione n. 3 del 2020 ha rilevato che “questo indirizzo sarebbe dunque applicabile anche in caso di applicazione della pena per i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 d. lgs. n. 74 del 2020) e quello di dichiarazione fraudolente mediante altri artifici (art. 3 d. lgs. n. 74 del 2020), ora inclusi nel catalogo di cui all’art. 13”.

Ritornando immediatamente, tuttavia, alla più pregnante questione relativa alla necessità dell’integrale pagamento del debito tributario per accedere al patteggiamento dei reati di cui agli articoli 4 e 5, occorre evidenziare che sul punto la giurisprudenza è stata tutt’altro che unanime e concorde. A dire di alcune pronunce, infatti, in presenza dei reati di cui agli articoli 4 e 5 (ma come anche di quelli di cui agli articoli 2 e 3) l’integrale pagamento a seguito di ravvedimento operoso o di presentazione della dichiarazione omessa costituirebbe causa di non punibilità solo quando intervenga entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo e prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, con la conseguenza che in un momento a ciò successivo l’integrale pagamento del debito tributario andrebbe a costituire condizione necessaria per accedere al patteggiamento (fra molte, si veda, in tema di articolo 5, Cass. pen., Sez. III, 21 giugno 2022, n. 30706).

 

Il nuovo intervento della Cassazione: la sentenza n. 31024/2023

A nostro avviso, l’orientamento più ragionevole pare essere quello più volte espresso dalla Suprema Corte, secondo il quale, per i reati di omesso versamento, l’estinzione dei debiti tributari mediante integrale pagamento, da effettuarsi prima dell’apertura del dibattimento, non costituisce presupposto di legittimità del patteggiamento, in quanto detto comportamento integra una causa di non punibilità (Cass. pen., Sez. III, 28 marzo 2021, n. 11620).

Anche di recente, infatti, la Corte di Cassazione è stata investita della questione, potendo tornare a ribadire il predetto principio: “in via preliminare, occorre premettere che, come sostenuto nella sentenza impugnata, la mancata estinzione del debito tributario non era ostativa alla formulazione della richiesta di patteggiamento, avendo questa Corte precisato (cfr. Sez. 3, n. 48029 del 22/10/2019, Rv. 277466 e Sez. 3, n. 10800 del 23/11/2018, dep. 2019, Rv. 277418) che, in tema di reati tributari, in relazione al delitto di omessa dichiarazione previsto dall’art. 5 del d. Igs. n. 74 del 2000, l’estinzione dei debiti tributari, comprese le sanzioni amministrative e gli interessi, mediante integrale pagamento degli importi dovuti prima dell’apertura del dibattimento, non costituisce presupposto di legittimità dell’applicazione della pena ai sensi dell’art. 13 bis del medesimo d. Igs., in quanto il comma 2 dell’art. 13 del predetto decreto, dispone poi che i reati di cui agli art. 4 e 5 non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali. Dunque, ove si verifichi tale condizione, si realizza una causa di non punibilità che, in quanto tale, si pone in senso ostativo al patteggiamento, non potendo tale istituto riguardare reati non punibili” (Cass. pen., Sez. III, 18 luglio 2023, n. 31024).

La questione, ad ogni modo, pare tutt’altro che definita: per questo, rimaniamo in attesa delle prossime decisioni di legittimità, nella speranza di un intervento legislativo chiarificatore.