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La ragionevole previsione di condanna: il rinnovato ruolo del G.U.P. nella “Riforma Cartabia”

Riforma Cartabia
Riforma Cartabia

La ragionevole previsione di condanna: il rinnovato ruolo del G.U.P. nella “Riforma Cartabia”

Originariamente la formulazione dell’art. 425 c.p.p. assegnava al Giudice dell’Udienza Preliminare (successivamente anche solo G.U.P.) il ruolo di pronunciarsi sul non luogo a procedere nei confronti dell’imputato qualora risultasse “evidente che il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato […]”[1], differenziandosi tra l’altro, nel proprio presupposto fondante, dalla richiesta di archiviazione prevista per il Pubblico Ministero, la quale invece prevedeva ““[…] l’infondatezza della notizia di reato perché gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio”[2].

Una serie di successivi interventi legislativi[3] hanno poi via via allargato il raggio d’azione del G.U.P., sino ad arrivare alla completa rivisitazione del ruolo con la recente emanazione del d.lgs. n. 150 del 10 ottobre 2022 (c.d. “Riforma Cartabia”), la quale ha previsto in capo al giudice dell’udienza preliminare una facoltà valutativa discrezionale di tutt’altro che trascurabile rilevanza, che di seguito andremo a delineare, seppur sinteticamente.

L’attuale previsione normativa, innovata dall’art. 23 del citato d.lgs. n 150 del 10 ottobre 2022, ha infatti previsto di sostituire al comma 3 dell’articolo 425 c.p.p., le parole: «risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio» con «non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna»[4], suscitando in primis un commento a tal proposito già da parte della Corte di Cassazione, che nel proprio Massimario, ha rilevato come tale innovazione da parte del Legislatore “ampli ulteriormente il potere prognostico del giudice dell’udienza preliminare”, comportando di conseguenza una “maggiore capacità di ridurre il carico dibattimentale”[5].

Ai lettori più attenti non sarà già sfuggito come il nuovo sistema parrebbe aver allineato, e non solo formalmente, i presupposti su cui i giudici intermedi fondano i loro giudizi sull’archiviazione e sulla sentenza di non luogo procedere, ricollegandoli, di fatto e di diritto, al concetto secondo cui la ragionevole previsione di condanna degli indagati in fase dibattimentale risulta essere la principale “clausola di sbarramento” nella valutazione degli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari.

Ora, andando ad analizzare più approfonditamente la questione, risulta inevitabile dover sottoporre la rinnovata previsione dell’art. 425 c.p.p. ad un’analisi lessicale al fine di comprenderne meglio la portata e, nello specifico, non si può prescindere dal cercare di delineare cosa intende il Legislatore inserendo la previsione di “ragionevolezza della condanna”.

Nella fattispecie, essa si presume faccia riferimento ad una probabilità, adeguatamente ponderata da parte del giudice, di giungere ad una condanna in sede dibattimentale; possibilità fondata autonomamente da questi sulla base delle argomentazioni logiche presentate, dalla giurisprudenza corrente e da altri elementi che si riterrà opportuno tenere in considerazione.

Pertanto, sulla base di ciò che il giudice ha acquisito sino a quel momento, e valutati attentamente i fatti oggetto del procedimento penale, appare evidente come il potere discrezionale del G.U.P. trovi un ampliamento notevolissimo rispetto a quelle inizialmente previste dal nostro ordinamento, ormai anni or sono, rendendolo ancor più di quanto già non fosse, autentico organo dirimente circa l’opportunità e la sostenibilità della successiva fase dibattimentale.

Su ciò tuttavia non mancano, da parte di chi scrive, alcune perplessità.

In primo luogo, vale la pena sottolineare come sia evidentemente ambiguo per il giudice dell’udienza preliminare effettuare una valutazione sulla ragionevole previsione di condanna quando il procedimento penale versa ancora in un periodo in cui la prova non si è ancora formata, essendo questa fase riservata tendenzialmente all’istruttoria dibattimentale, e pertanto suscettibile di vedere le ipotesi accusatorie completamente ribaltate nel prosieguo del procedimento, anche in relazione a fattori esterni come la prescrizione, che possono influenzare l’effettiva realizzazione della ragionevole previsione di condanna al di là dell’accertamento sull’effettiva colpevolezza degli imputati.

In secondo luogo, va da sé che il concetto di ragionevole previsione di condanna sui cui si fonderà il giudizio da parte del G.U.P. si basa, ça va sans dire, unicamente su quegli atti che l’ordinamento processualpenalistico riserva all’udienza preliminare, non consentendogli, dunque, di potersi pronunciare nel merito sulla condanna che, come noto, non può trovare luogo senza l’accertamento “oltre ogni ragionevole dubbio” dei reati contestati e, a tal fine, risulta quantomeno ostico pensare ad una ragionevole previsione di condanna senza la valutazione di una ragionevole previsione di colpevolezza.

Tali ambiguità, inevitabilmente legate alla portata innovativa della norma ed alla sua novità, sottintendono il rischio che gli intenti motivanti la riforma possano venire pregiudicati da un vaglio, in concreto, sin troppo complesso e macchinoso da parte del G.U.P., tenuto conto che lo stesso si troverà d’ora in poi, nelle more dello sviluppo di criteri maggiormente dirimenti, a dover svolgere un approfondito studio nel merito su tutti i fascicoli ad egli assegnati, con conseguenti possibili allungamenti delle tempistiche della fase dell’udienza preliminare.

Note:

[1] Cfr. art. 425 c.p.p.

[2] Cfr. art. 125 disp. att. c.p.p.

[3] Cfr. legge n. 105/1993 e legge n. 479/1999.

[4] Cfr. art. 23 d.lgs. n. 150 del 10 ottobre 2022.

[5] Cfr. Massimario Corte di Cassazione – Relazione n. 2/2023 del 5 gennaio 2023.