Nel caso di patteggiamento l’accordo tra le parti non esclude l’applicazione dell'art. 12-bis della 74/2000
Nel caso di patteggiamento l’accordo tra le parti non esclude l’applicazione dell'art. 12-bis della 74/2000
Cassazione penale, Sezione III, 13 giugno 2023, n. 25317
In caso di applicazione dell’art. 444 del codice di procedura penale, il contenuto dell’accordo tra le parti può prevedere, per espressa previsione normativa, l’esclusione della sola confisca facoltativa e non di quella obbligatoria.
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25317, depositata in data 13 giugno 2023, si è pronunciata in ordine al tema dell’obbligatorietà della confisca per equivalente del profitto del reato, ex art. 12-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, prevista nei casi di applicazione della pena su richiesta, ex art. 444 del codice di procedura penale.
In particolare, attesa la natura di vera e propria sanzione, è stato stabilito come la stessa misura ablatoria non può essere oggetto dell’accordo tra le parti in considerazione della funzione di privare il reo del beneficio economico tratto dall’illecito anche di fronte all’impossibilità di aggredire l’oggetto principale dell’attività criminosa.
La vicenda in esame trae origine dal ricorso proposto da un soggetto avverso una sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze che applicava, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, la pena concordata su richiesta delle parti in relazione a violazioni riconducibili a plurime condotte di trasferimento fraudolento di valori, ex articolo 512-bis del codice penale, e ripetuti illeciti di cui agli articoli 2 e 8 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74. Disponeva, inoltre, la confisca, ai sensi dell’art. 240 del codice penale e dell’art. 12-bis del citato decreto legislativo, di quanto sottoposto a sequestro nel corso delle indagini preliminari.
L’imputato, in particolare, ha proposto ricorso per Cassazione lamentando, tra l’altro, l’inapplicabilità della confisca per equivalente per la carenza e la contraddittorietà di quanto deciso dal Giudice per l’udienza preliminare e precisando che nell’accordo raggiunto con il Pubblico Ministero era stata esclusa, in maniera esplicita, la confisca dei beni. In particolare, il ricorrente ha affermato che:
- in virtù di quanto stabilito nell’accordo raggiunto tra le parti i beni oggetto di sequestro non potevano essere sottoposti a confisca poiché non direttamente qualificabili come profitto del reato;
- vi era incertezza nella quantificazione del profitto delle imposte evase.
Da un punto di vista normativo, statuisce la Corte, l’articolo:
- 444, comma 1 del codice di procedura penale, cosi come - di recente - modificato dall’art. 25, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. Riforma “Cartabia”) “limita alla sola confisca facoltativa la richiesta, proveniente dalle parti e indirizzata al giudice, di non ordinarla ovvero di ordinarla con riferimento a specifici beni o a un importo determinato; di conseguenza, l'accordo tra le parti non può avere ad oggetto l'esclusione della confisca obbligatoria”;
- 12-bis del d.lgs. 74/2000 stabilisce che “nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 c.p.p. per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscano il profitto o il prezzo”.
Giurisprudenza consolidata[1], inoltre, precisa che la confisca per equivalente può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato, indipendentemente dalla quota riferibile ad ognuno di essi ed anche qualora il singolo correo non sia entrato nella disponibilità di alcuna parte del provento illecito. Si tratta di un’interpretazione coerente con il principio solidaristico che ispira la disciplina del concorso di persone nel reato e che, di conseguenza, implica l’imputazione dell’intera azione delittuosa in capo a ciascun concorrente, nonché con la natura della confisca per equivalente, a cui va riconosciuto carattere eminentemente sanzionatorio.
La Corte respingeva il ricorso per inammissibilità e genericità.
Con riferimento al primo aspetto la coesistenza di due elementi, uno “negativo” (l’assenza di riferimenti alla confisca obbligatoria nella norma) ed uno “positivo” (la presenza del dato letterale nella disciplina fiscale) determina l’inammissibilità del ricorso posta la non corrispondenza tra l’istanza di patteggiamento ed il contenuto del ricorso volto a chiedere l’esclusione della confisca obbligatoria[2].
In secondo luogo, in ordine alla pretesa genericità della sentenza del Giudice per l’udienza preliminare, la sentenza non indica il profitto complessivo derivante dalla commissione dei numerosi reati oggetto in contestazione, precisando, anzi, che "dagli atti non risulta in maniera chiara ed univoca quale sarebbe l'importo delle imposte evase a mezzo delle condotte illecite", e nulla dice in ordine a "quanto sequestrato all'imputato", e quindi quali siano i beni oggetto del provvedimento ablativo.
Per le ragioni suesposte i giudici di legittimità hanno ritenuto che il Giudice per l’udienza preliminare ha correttamente disposto “la confisca di quanto sequestrato all’imputato” ritenendo i beni già oggetto di misura ablativa profitto dei reati contestati e non potendo escludere che l’imputato abbia potuto operare per conto e nell'interesse degli organizzatori del sodalizio, ottenendo un compenso per le proprie illecite prestazioni, con ciò alludendo, evidentemente, al fatto che ciò che è stato sequestrato rappresenta - almeno in parte - anche il prezzo del reato.
Gli ermellini affrontano un aspetto di particolare interesse, verosimilmente oggetto di future interpretazioni giurisprudenziali e dottrinarie, allorquando statuiscono che sarebbe stato onere del ricorrente sia indicare l'oggetto di ciò che è stato sequestrato allo stesso in sede di indagine, sia elevare specifiche contestazioni, come, ad esempio, che l'importo dei beni sequestrati è superiore al profitto dei reati contestati, il che non è avvenuto.
[1] In senso conforme si rinvia alle seguenti pronunce della Corte di Cassazione:
- Sezione 5, n. 19091 del 26/02/2020, dep. 23/06/2020, Buonpensiere, Rv. 279494;
- Sezione 6, n. 26621 del 10/04/2018, Ahmed, Rv. 273256;
- Sezione 2, n. 5553 del 09/01/2014, Clerici, Rv. 258342; n. 45389 del 06/11/2008, Perino Gelsomino, Rv. 241974 e n. 9786 del 21/02/2007, Alfieri ed altri, Rv. 235842.
[2] Cfr. Roberto Saglimbeni, Patteggiamento e confisca dopo la Riforma Cartabia, in iusletter.com, 3 luglio 2023.