Confisca allargata: applicabile anche per la fattispecie di lieve entità di cui all’art. 73, c. 5 T.U.S.

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Confisca allargata: applicabile anche per la fattispecie di lieve entità di cui all’art. 73, c. 5 T.U.S.
 

Il decreto-legge 15 settembre 2023 n. 123, conosciuto anche come Decreto Caivano, ha interessato, tra l’altro, la disciplina della confisca in materia di illeciti riguardanti stupefacenti, prevista dall’art. 85-bis del D.P.R. n. 309/1990.

Prima dell’entrata in vigore del Decreto Caivano, l’art. 240-bis c.p. si applicava nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per taluno dei delitti di cui all’art. 73 del Testo Unico sugli Stupefacenti, a eccezione della fattispecie di lieve entità di cui al comma 5 dell’art. 73 D.P.R. n. 309/1990.

Il Decreto Caivano, invece, secondo la sentenza n. 166/2025 della Corte costituzionale, consente di applicare la misura patrimoniale della confisca di cui all’art. 240-bis c.p. anche laddove il fatto sia di lieve entità, e quindi previsto dal comma 5 dell’art. 73 T.U.S.

L’art. 240-bis c.p. disciplina la fattispecie conosciuta come “confisca allargata”. Tale forma di ablazione di beni e conseguente devoluzione allo Stato riguarda quei beni che risultano di valore sproporzionato rispetto al reddito dichiarato, senza debbano sussistere ulteriori limitazioni quantitative e qualitative, e senza che vi sia un riferimento a un profitto derivato dal reato. Tale peculiare fattispecie si distingue dalla confisca per equivalente del profitto, che ha quale misura di valore il profitto dell’illecito.

Nella c.d. “confisca allargata” non vi è alcun nesso di pertinenzialità tra la res e il reato, ma deve sussistere una “contiguità temporale” tra il reato e il momento dell’acquisizione del bene.

La sproporzione tra guadagni e patrimonio deve essere provata dall’accusa, mentre è a carico dell’interessato esibire specifiche e verificate allegazioni che attestino l’estraneità dell’incremento patrimoniale alla condotta asseritamente criminosa.

La Corte costituzionale ha consacrato nella sentenza n. 166/2025 i criteri che devono orientare il giudice nell’applicazione della confisca allargata.

In primo luogo, il giudice deve apprezzare la sproporzione attraverso l’accertamento di uno “squilibrio incongruo e significativo”. In secondo luogo, secondo la Corte, l’imputato deve poter avere la possibilità di contestare la presunzione di origine criminosa dei beni, mediante l’allegazione di elementi che, al contrario, possano rendere credibile la provenienza lecita degli stessi. In terzo luogo, i beni devono essere stati acquistati in un tempo non eccessivamente distante dal tempus commissi delicti.

Infine, la Corte costituzionale ha confermato l’applicazione retroattiva della “confisca allargata”, poiché essa è una misura di sicurezza e soggiace al principio tempus regit actum.

Tutti i principi affermati dalla Corte sono idonei a scongiurare un’applicazione automatica della misura di cui all’art. 240-bis c.p.