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Misure di prevenzione patrimoniali: l’amministrazione giudiziaria del patrimonio dal sequestro alla confisca definitiva

Le disposizioni contenute nel D.lgs. n. 159/11 e le sue criticità
Luci
Ph. Anuar Arebi / Luci

Misure di prevenzione patrimoniali:  l’amministrazione giudiziaria del patrimonio dal sequestro alla confisca definitiva

AbstractLo scritto si propone di rappresentare in chiave operativa le disposizioni contenute nel D.lgs. n. 159/11 e le criticità che affronta l’amministratore giudiziario nell’esecuzione del proprio incarico dalla sua nomina in fase di esecuzione del sequestro fino alla confisca definitiva.  

Abstract. The paper aims to represent in an operational key the provisions contained in the Legislative Decree n. 159/11 and the critical issues faced by the judicial administrator in the execution of his assignment from his appointment in the execution phase of the seizure to the final confiscation. 
 

Misure di prevenzione patrimoniali: approccio all’amministrazione giudiziaria del patrimonio dal sequestro alla confisca

Sommario.

1 Premessa.

2 Requisiti per l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali.

3 Il sequestro e la confisca.

4 L’amministratore giudiziario ed il coadiutore dell’Agenzia Nazionale (ANBSC). 

5 L’amministrazione dei beni sequestrati.

6 L’amministrazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata.

7 La tutela dei terzi

8 L’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC).

9 Il compenso dell’amministratore giudiziario.

10 Il compenso del coadiutore dell’ANBSC.

 

1 Premessa

In passato si avvertì la necessità di uniformare, integrare e modificare la normativa esistente al fine di rendere più efficace l’azione di contrasto alla criminalità organizzata. Diversi  furono negli anni gli interventi normativi tra i quali ricordiamo  – citando i più significativi sotto il profilo patrimoniale – già prima dell’introduzione dell’art. 416-bis c.p. la l. 31 maggio 1965, n. 575 con la quale fu estesa la categoria dei destinatari delle misure anche agli appartenenti ad associazioni mafiose; la l. 22 maggio 1975, n. 152 con la quale fu prevista la misura di prevenzione patrimoniale sospendendo provvisoriamente l’amministrazione dei beni personali; la l. 646 del 13 settembre 1982 definita anche la legge  Rognoni-La Torre seguita dalla l. 23 dicembre 1982, n. 936 che - introducendo  l’art. 416-bis c.p. -  estendeva l’ambito di applicazione della confisca dei beni di provenienza illecita a tutti gli indiziati  di associazione di tipo mafioso secondo quanto definito dal citato art. 416-bis c.p.. Si arrivò così alla legge-delega n. 136/2010 che dispose una ricognizione della normativa penale, processuale e amministrativa vigente armonizzata e coordinata con la normativa contenuta nei codici penale e di procedura penale. Ciò a completamento del percorso normativo iniziato con il D. Lgs. n. 14 del 4 febbraio 2010 istitutivo dell’Albo nazionale degli Amministratori Giudiziari nonché dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC). In esecuzione della delega contenuta nella l. 136/10 e recependo le indicazioni in essa contenuta in materia, fu dunque emanato il D. Lgs. 06 settembre 2011 n. 159 denominato più comunemente anche Codice Antimafia o CAM.  Si tratta quindi di una normativa uniforme in tema di contrasto alla criminalità organizzata che disciplina sia le misure di prevenzione personali che le misure di prevenzione patrimoniali. Proprio queste ultime saranno oggetto delle seguenti note volte ad affrontare un primo approccio alla tematica nell’ottica operativa dell’amministratore giudiziario e delle criticità dallo stesso rilevate.

 

2 Presupposti per l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali

È bene chiarire in via preliminare che – come indicato nella stessa legge-delega sopra citata – le misure di prevenzioni patrimoniali possono essere disposte anche indipendentemente dall’azione penale, disgiuntamente da quelle personali, ed esercitate anche in caso di morte del proposto. Nel caso la morte sopraggiunga nel corso della procedura, l’azione proseguirà nei confronti degli eredi ovvero degli aventi causa. Le misure di prevenzione patrimoniali si applicano a quei soggetti destinatari indicati dall’art. 16 ed elencati all’art. 4 del D. Lgs. n. 159/11 come modificato in seguito all’intervento della Corte Costituzionale con la sentenza n. 24 del 2019 con la quale ha dichiarato l’incostituzionalità dell’applicazione delle misure in esame ai soggetti indicati nell’art. 1 lett. a), come invece in precedenza disposto dal citato art. 16. Due sono gli elementi principali che possono indurre l’autorità requirente a richiedere l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali: la pericolosità sociale e la sproporzione patrimoniale. La pericolosità sociale richiede il requisito dell’attualità derogabile soltanto nel caso in cui l’incremento patrimoniale del proposto – soggetto destinatario della misura – sia ragionevolmente correlabile in via temporale alla condizione stessa di pericolosità ovvero sussista un collegamento causale con la pericolosità manifestata. L’art. 19 del CAM dispone specifiche indagini patrimoniali esperite dalla polizia giudiziaria con particolare riferimento al tenore di vita, sulle disponibilità finanziarie e sul patrimonio, non soltanto del proposto ma anche della sua famiglia e dei terzi interessati che possano detenere beni per interposizione fittizia. Difatti ciò che rileva ai fini delle misure di prevenzione è il possesso e la piena disponibilità del patrimonio nonostante giuridicamente il patrimonio sia – non di radointestato ad altri soggetti interposti e apparentemente estranei. 

 

3 Il sequestro e la confisca

L’art. 20 della normativa in esame disciplina il sequestro mentre il successivo articolo 24 disciplina la misura della confisca. Il sequestro è dunque il momento in cui il procedimento di prevenzione prende ufficialmente avvio. Il tribunale e più precisamente la sezione specializzata per l’applicazione delle misure di prevenzione emette il decreto di sequestro motivato nel quale è indicato dettagliatamente gli indizi e le informazioni  con le quale il tribunale ricostruisce e delinea la pericolosità sociale del proposto, definendo altresì le risorse finanziarie a disposizione dello stesso e dalle quali emerge chiaramente la sproporzione patrimoniale palesata dal riepilogo dei redditi del proposto di qualsiasi tipologia purché di provenienza documentata e lecita. Vi è altresì indicato in modo puntuale il patrimonio accumulato dal proposto nell’arco temporale esaminato messo a confronto con le disponibilità lecite appena citate. Detto patrimonio può essere omogeneo ovvero eterogeno e suddiviso per categorie  di beni: beni mobili, beni mobili registrati, beni immobili. Con l’esecuzione del sequestro il proposto ed eventualmente i terzi interessati vengono completamente spossessati dell’intero patrimonio sottoposto a misura, e contestualmente affidati in custodia e amministrati dall’amministratore giudiziario che opera su indicazione e vigilanza del giudice delegato designato dal tribunale. Il decreto di sequestro viene immediatamente trascritto presso i pubblici registri e, nel caso la misura colpisca anche persone giuridiche, viene trascritto presso il Registro delle Imprese della Camera di Commercio competente per territorio.  Quando viene disposto il sequestro delle quote di una società che costituiscono la totalità del capitale sociale, la gestione dell’attività economica svolta dall’azienda viene trasferita in capo all’amministratore giudiziario secondo le direttive e sotto la vigilanza del giudice delegato. In conclusione, vengono sottoposti a sequestro tutti quei beni che costituiscono il patrimonio del proposto che sono nella sua disponibilità diretta o indiretta anche attraverso l’intestazione fittizia.
 

4 L’amministratore giudiziario ed il coadiutore dell’Agenzia Nazionale (ANBSC)

L’amministratore giudiziario è una figura professionale specializzata   – avvocato o commercialista iscritto all’ordine di appartenenza – disciplinata all’art. 35 del D. Lgs. n. 159/2011.  Con il D. Lgs. n. 4 del 4 febbraio 2010 è stato istituito presso il Ministero della Giustizia l’Albo degli Amministratori Giudiziari suddiviso in due sezioni differenti: la Sezione Ordinaria e la sezione Esperti in Gestione Aziendale. L’amministratore giudiziario iscritto nella sezione ordinaria non può essere nominato e quindi non può amministrare patrimoni costituiti da aziende, mentre l’esperto in gestione aziendale può amministrare qualsiasi tipologia di patrimonio. L’Albo – tenuto digitalmente dal Ministero – è altresì suddiviso in due parti: una parte pubblica ed una parte riservata. La parte pubblica è di libero accesso dal sito del Ministero e riporta i dati identificativi dell’amministratore giudiziario con la pec, mentre quella riservata è accessibile soltanto ai dirigenti delle cancellerie che si occupano di affari penali, alle segreterie delle Procure della Repubblica, al direttore dell’Agenzia Nazionale. L’accesso all’Albo è consentito soltanto a quei professionisti iscritti da almeno dieci anni al proprio ordine di appartenenza e che abbiano svolto effettivamente l’attività di custodia e   amministrazione dei beni sequestrati. L’amministratore giudiziario viene nominato con il decreto di sequestro e rimane in carica fino al decreto di confisca di secondo grado, quando può decidere se proseguire in qualità di coadiutore o lasciare definitivamente la procedura. L’art.35 indica i casi di incompatibilità come ad esempio nel caso del coniuge, degli affini o conviventi del proposto, o ancora delle persone che abbiano svolto attività lavorativa o professionale in favore del proposto o delle imprese a lui direttamente o indirettamente riconducibili. All’amministratore giudiziario l’art. 35 CAM attribuisce la qualifica di pubblico ufficiale e deve adempiere al proprio incarico con diligenza. Ha il compito di gestire e custodire il patrimonio affidatogli sotto la direzione del giudice delegato.

Con  le operazioni di immissione in possesso insieme alla Polizia Giudiziaria incaricata inizia l’amministrazione giudiziaria, e trascorsi trenta giorni l’amministratore giudiziario deve presentare al giudice delegato una relazione ai senza dell’art. 36  nella quale deve specificare lo stato e la consistenza dei singoli beni compreso se presenti eventuali aziende che costituiscono patrimonio colpito dalla misura, indicandone altresì il valore di mercato ai sensi della lettera b) del citato articolo. Le informazioni riportate nella relazione ai sensi della lettera b) dell’art. 36 costituiscono l’unica parte ostensibile della citata relazione. Doveroso è sottolineare che gli atti di amministrazione giudiziaria non sono ostensibili, tanto che il fascicolo di amministrazione non segue quello del procedimento quando viene trasferito alla Corte d’Appello in caso di impugnazione in secondo grado.  Il termine per il deposito della relazione può essere prorogato dal giudice delegato su istanza motivata dell’amministratore giudiziario. A deposito avvenuto, la cancelleria procede a comunicarlo alle parti affinché possano prendere visione ed estrarre copia limitatamente alle informazioni contenute nella lettera b) come appena sopra riferito. Con riferimento alla gestione delle aziende, l’art. 41 del Codice Antimafia attribuisce all’amministratore giudiziario anche il compito di depositare un ulteriore relazione entro tre mesi dalla sua nomina, prorogabili a sei per giustificati motivi – quali ad esempio la complessità della procedura per la peculiarità del patrimonio oggetto di sequestro – specificando in essa ulteriori dati acquisiti successivamente al deposito della citata relazione ex art. 36, comma 1; l’esposizione della situazione patrimoniale, economica e finanziaria, con lo stato analitico ed estimativo delle attività, ma soprattutto alla lettera c) dell’articolo in esame è richiesta una dettagliata analisi sulla sussistenza delle concrete condizioni che consentano la prosecuzione dell’attività aziendale.  La successiva lettera d) prescrive anche l’indicazione della stima del valore di mercato dell’azienda sequestrata, in considerazione degli oneri correlati al processo di legalizzazione della stessa, quelli che comunemente vengono definiti ‘costi della legalità’. In ultimo – a fine procedura quindi dopo il decreto di confisca di secondo grado – l’amministratore giudiziario deve presentare entro sessanta giorni il rendiconto di gestione nel quale vengono indicate dettagliatamente le voci finanziarie di gestione della procedura che ne costituiscono le entrate e le uscite. L’udienza di rendiconto è tenuta in camera di consiglio senza formalità e se non sorgono contestazioni il conto viene approvato, Diversamente viene fissata dal giudice un’udienza di comparizione dinnanzi al collegio. Il coadiutore dell’ANBSC è di fatto il braccio esecutivo dell’Agenzia. Non amministra più il patrimonio, ma coadiuva l’Agenzia Nazionale nell’amministrazione segnalando le problematiche ed eseguendo le direttive dalla stessa disposte. Non vi è più quindi un rapporto diretto con il tribunale, ma vi è un terzo passaggio: coadiutore – Agenzia Nazionale – Giudice Delegato e viceversa.  Il coadiutore non ha alcuna autonomia di gestione sul patrimonio confiscato. È dunque un mero esecutore.
 

5 L’amministrazione dei beni sequestrati

La fase di sequestro dura un anno e può essere prorogata per ulteriori sei mesi e comunque per un periodo complessivo massimo di due anni.  Si tratta della fase più delicata ed impegnativa della procedura di prevenzione nella quale l’amministratore giudiziario deve prendere immediatamente padronanza del patrimonio a lui affidato e districarsi tra adempimenti di varia natura, da quelli contabili e fiscali in caso di persone giuridiche a quelli amministrativi che possono caratterizzare uno specifico settore di attività ed il mercato di riferimento in cui l’azienda sequestrata opera.  Generalmente i beni mobili registrati, quando sono costituiti da autovetture, possono venire assegnati in custodia giudiziale agli organi di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco qualora ne facciano richiesta per l’impiego nelle attività istituzionali o per esigenze di polizia giudiziaria, ovvero possono essere affidati altresì all’Agenzia o altri organi dello Stato come disposto dall’art. 40 comma 5-bis. Del D.

Lgs. n. 159/11.  Le criticità maggiori che si affrontano in questa delicata fase si presentano nel caso in cui tutto o parte del patrimonio sequestrato è costituito da azienda. Ricollegandoci alle disposizioni contenute nella citata lettera c) dell’art. 41 in merito alla sussistenza delle condizioni che consentano la continuità aziendale, la  prima decisione che deve assumere l’amministratore giudiziario è quella di amministrare l’azienda direttamente ovvero nominare un amministratore unico o comunque un organo direttivo di propria fiducia, poiché soltanto valutando caso per caso secondo dalle caratteristiche riscontrate nell’azienda sequestrata si può valutare con un periodo di tempo adeguato e non sempre definibile a priori, l’opportunità o meno di proseguire nell’attività economica. Ricordiamo che l’amministratore giudiziario amministra per conto di chi spetta in attesa che detto soggetto venga definito dal tribunale poiché in questa fase – come sopra riferito – il proposto può dimostrare la provenienza lecita del patrimonio colpito dalla misura ed ottenerne così la restituzione. Per tale ragione – non essendo i beni ancora acquisiti al patrimonio dello Stato – si dice che l’amministratore giudiziario amministra per conto di chi spetta poiché il tribunale non ha ancora accertato l’avente diritto. Le aziende sottoposte a sequestro di prevenzione laddove è possibile vengono affittate a soggetti che hanno esperienza e conoscenza del settore merceologico in cui le stesse operano e – quando possibile all’occorrenza – disponibilità economica da investire. Ritengo debba sfatarsi quell’idea diffusa che l’azienda quando viene colpita da sequestro di prevenzione sia destinata al fallimento per le seguenti ragioni. In primo luogo l’azienda in quanto soggetto economico definito sotto un profilo esclusivamente ragionieristico come complesso di beni e risorse umane organizzate per lo svolgimento di un’attività economica è soggetta a diversi fenomeni di carattere economico e finanziario. Ciò significa che la stessa risente dell’andamento di ogni fattore che la costituisce, e nel caso specifico di un’azienda sequestrata ogni singolo elemento è soggetto ad un’incognita variabile non completamente prevedibile non soltanto perché condizionato dalla capacità dell’amministratore giudiziario, ma soprattutto perché influenzato da fattori occulti quali ad esempio l’azione di boicottaggio della stessa da parte dello stesso proposto e/o dei terzi interessati o comunque allo stesso collegati dai più svariati vincoli di fedeltà, vantaggio o privilegio spesso economico. Ciò significa in parole semplici che, tanto più è forte ed incisiva l’influenza del proposto ad esempio su dipendenti, clienti e/o fornitori tanto più è concreta la prospettiva del fallimento soprattutto se si tratta di piccole aziende. Determinante è dunque la capacità di pervasione del proposto nell’ambiente aziendale. Sicuramente entrano in gioco anche altri fattori come, ad esempio il settore di attività ed il mercato di riferimento, il momento congiunturale economico generale, ma questi possono definirsi fattori di più immediata e facile percezione da parte di chi amministra. La realtà dell’azienda sequestrata va vissuta e condivisa con il giudice delegato che valuta i migliori provvedimenti da adottare secondo il contesto che viene di volta in volta e per ciascun soggetto riscontrato. Nel corso delle operazioni di immissione in possesso, la polizia giudiziaria trascrive il decreto di sequestro nelle scritture contabili obbligatorie ai fini civilistici e fiscali.  Gli ostacoli all’amministrazione giudiziaria non si riscontrano soltanto all’interno, ma anche all’esterno del contesto aziendale e ciò non è riferito soltanto ai soggetti che operano nello stesso contesto economico, come possono essere  i clienti ed i fornitori della stessa, ma a soggetti terzi che appartengono al mondo finanziario come gli istituti di credito con i quali le aziende intrattengono rapporti di diversa natura: dai semplici depositi in conto corrente alle linee di credito e/o finanziamenti che vengono immediatamente revocati e che in diversi casi, rappresentano una fonte finanziaria importante, basti pensare alle aziende che operano con il settore pubblico che sono costrette ad utilizzare i castelletti per anticipare le fatture evitando così di attendere i lunghi  tempi di pagamento della pubblica amministrazione.. Altro aspetto da controllare appena eseguito il sequestro di soggetti che svolgono attività economica in forma societaria o individuale, è la corretta trascrizione del decreto di sequestro presso il Registro delle Imprese perché potrebbe impedire o rallentare l’operazione di affitto del ramo d’azienda, mentre per i beni mobili registrati l’avvenuta trascrizione al Pubblico Registro Automobilistico. Nel caso di sequestro di beni preziosi, appena eseguito il decreto di sequestro, è opportuno presentare immediatamente un’istanza al giudice delegato per richiedere la nomina di un esperto che possa stimare i beni attribuendo ad essi il giusto valore. Le somme apprese a vario titolo dall’amministratore giudiziario non derivanti dalla gestione di aziende, non vengono in concreto amministrate dallo stesso, ma affluiscono al Fondo unico di giustizia di cui all’art. 61, comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 112. Le somme amministrate dall’amministratore giudiziario vengono invece versate in un conto corrente dedicato e intestato alla procedura di prevenzione ad eccezione – ovviamente   – delle somme scaturite dalla gestione dell’attività aziendale, che continuerà o meno ad utilizzare i propri conti correnti secondo la valutazione dell’amministrazione giudiziaria. L’art. 40 CAM precisa che l’amministratore giudiziario non può stare in giudizio, né contrarre mutui o finanziamenti di varia natura, concedere ipoteche, alienare immobile o compiere altri atti di straordinaria amministrazione senza l’autorizzazione del giudice delegato.
 

6 L’amministrazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata

Dopo il sequestro il tribunale emette il decreto di confisca di primo grado, sempre se il proposto ed i terzi interessati non abbiano validamente dimostrato l’assenza dei presupposti necessari per l’applicazione della misura. Con la confisca di secondo l’amministrazione giudiziaria passa all’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, agenzia governativa giuridicamente autonoma posta sotto la vigilanza del Ministero dell’Interno, chiamata anche semplicemente Agenzia Nazionale oppure con l’acronimo ANBSC. Generalmente questo passaggio avviene ancora con molta lentezza, essendo l’Agenzia Nazionale comunque un soggetto pubblico sottodimensionato. Si inserisce quindi un terzo soggetto tra giudice delegato e amministratore giudiziario libero professionista, il quale decade immediatamente con il deposito e la notifica del decreto di confisca e non è soggetto al regime di prorogatio. Si crea spesso così un vuoto temporale che va dall’emissione del decreto di confisca di secondo grado all’atto di nomina del coadiutore dell’ANBSC, che avviene dopo alcuni mesi.

Generalmente l’Agenzia Nazionale propone all’amministratore giudiziario di ricoprire la carica di coadiutore, ma il ritardo con cui si muove l’amministrazione pubblica può creare

diverse problematiche che aggravano l’esito della procedura e che impedisce al precedente amministratore giudiziario – in seguito all’immediata decadenza – di operare in qualsiasi contesto e per qualsiasi tipo di necessità immediata. È facile intuire come tutto ciò aggrava notevolmente la gestione della procedura nel suo complesso.
 

7 La tutela dei terzi

Numerosi sono i soggetti interessati a vario titolo dal procedimento di prevenzione. In questa sede mi soffermerò sul rapporto con i terzi soggetti estranei non direttamente interessati nel procedimento. Con l’emissione del decreto di sequestro si crea una delimitazione temporale che fa da spartiacque tra il periodo ante-sequestro e post-sequestro. Tale separazione temporale è fondamentale sia per l’amministrazione giudiziaria sia per la tutela dei creditori del proposto, dei terzi interposti e delle aziende sottoposte a sequestro prima e confisca poi. I creditori ante-sequestro dovranno essere inseriti in un elenco redatto dall’amministratore giudiziario che costituirà la base di partenza per le operazioni di verifica dei crediti, che – se ammessi – saranno soddisfatti dopo la confisca definitiva dall’Agenzia Nazionale nel limite del sessanta per cento del valore dei beni confiscati. Tale elenco – con separazione delle diverse masse – dovrà riportare con precisione l’indicazione delle rispettive scadenze dei crediti in esso inseriti con il nominativo di coloro che vantano diritti reali di godimento o garanzia diritti personali sui beni, precisando altresì il titolo dal quale sorge il diritto vantato.  Prima della riforma apportata con legge n. 161 del 2017 il procedimento di verifica dei crediti mutuava molte sue caratteristiche dal procedimento fallimentare, sebbene conservasse finalità diverse. In seguito alla citata riforma la verifica dei crediti nell’ambito della prevenzione, prevede la soddisfazione dei creditori soltanto dopo l’irrevocabilità della confisca – divenuta quindi definitiva – momento in cui l’Agenzia Nazionale procede al pagamento dei crediti ex art. 61 Codice Antimafia, predisponendo un progetto e piano di riparto in ragione delle masse passive, dei privilegi e delle cause legittime di prelazione vantati appunto dai creditori sui beni ormai acquisiti al patrimonio dello Stato.

Immediatamente dopo le immissioni in possesso, l’amministratore giudiziario deve anche valutare ed indicare al giudice delegato con precisa motivazione, quali siano i rapporti pendenti relativamente ai quali ritiene utile la prosecuzione. In seguito all’autorizzazione da parte del giudice delegato detti rapporti potranno proseguire e beneficiare del pagamento delle pendenze ante-sequestro – sempre se necessari per la prosecuzione dell’attività aziendale o della procedura stessa e previa autorizzazione del giudice delegato – e delle successive secondo le scadenze negoziate con l’amministratore giudiziario.
 

8 L’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC)

Dalla riforma del 2017 realizzata con la legge n. 161 l’Agenzia Nazionale assume la qualità di amministratore giudiziario dall’emissione del decreto di confisca di secondo grado, procedendo a nominare – con specifico atto di nomina – il coadiutore individuato in prima battuta nell’amministratore giudiziario decaduto e soltanto in caso di sua indisponibilità procederà all’individuazione di un diverso professionista che possieda però gli stessi requisiti professionali. I compiti dell’Agenzia Nazionale sono espressamente indicati all’art. 38 della normativa in esame. In realtà fin dalla fase di sequestro l’Agenzia Nazionale svolge una funzione di ausilio al giudice delegato o al giudice penale, sebbene non direttamente coinvolta come invece avviene dalla confisca di secondo grado in poi, e cioè in seguito all’assunzione diretta dell’amministrazione dei beni come precedentemente detto.
 

9 Il compenso dell’amministratore giudiziario

Dal 2015 la dibattuta e ormai lontana questione dei parametri da applicare per la determinazione del compenso dell’amministratore giudiziario è stata finalmente superata con l’emanazione del D.P.R. n. 177 del 7 ottobre 2015 entrato in vigore il 25 novembre 2015. Detto compenso è disciplinato dall’art. 42 del Codice Antimafia che detta le regole per le spese, i compensi ed i rimborsi.  La norma dispone dunque che in caso di confisca, tutte le spese inerenti i compensi spettanti all’amministratore giudiziario, le spese sostenute dallo stesso per i coadiutori sempre preventivamente autorizzati dal giudice delegato – e per le spese anticipate nel caso non fossero completamente sostenibili con le disponibilità giacenti presso il conto intestato alla procedura di prevenzione, si procederà al pagamento fino a completa capienza mentre la differenza verrà posta a carico dell’Erario. Se invece il sequestro o la confisca vengono revocati, dette spese saranno interamente a carico dello Stato. La liquidazione del compenso ed il rimborso di tutte le suindicate spese dallo stesso anticipato sarà effettuata dal giudice delegato in seguito all’emissione del decreto di confisca di secondo grado sulla base delle disposizioni e dei parametri indicati appunto nel citato D.P.R. n. 177 del 2015. Avverso tale decreto l’amministratore giudiziario può promuovere ricorso in Corte d’Appello entro il termine di venti giorni. La Corte dovrà decidere in camera di consiglio entro il termine di quindici giorni dal deposito del ricorso, previa audizione del ricorrente.

Infine, si rileva che il compenso e le spese liquidate all’amministratore giudiziario non possono essere oggetto di impugnazione da parte del proposto.  
 

10 Il compenso del coadiutore dell’ANBSC

Anche il compenso del coadiutore è stato per molto tempo oggetto di adeguamento sulla scorta delle disposizioni del citato D.P.R. n. 177 del 2015. Prima dell’emanazione del decreto citato l’Agenzia Nazionale unitamente all’atto di nomina richiedeva al candidato coadiutore la sottoscrizione di un Disciplinare di incarico che però si rifaceva direttamente ai parametri contenuti in un famoso Protocollo del Tribunale di Reggio Calabria.

Tale errato comportamento è stato protratto dall’Agenzia per molto tempo nonostante fosse già entrata in vigore la tariffa degli amministratori giudiziari. Difatti soltanto il 5 giugno del 2018  –   al fine di rendere uniforme ed omogenea l’applicazione dei criteri e delle modalità necessarie al pagamento dei compensi da calcolarsi dalla confisca di 2° grado fino alla chiusura della procedura – l’Agenzia ritenne di dover superare le precedenti tabelle ed applicare per la determinazione degli emolumenti dei coadiutori di cui si avvale, le disposizioni di cui al citato D.P.R. 7 ottobre 2015 n. 177, contenute in apposite Linee Guida nelle quali viene precisato l’utilizzo delle percentuali indicate all’art. 3 del D.P.R. 7 ottobre 2015 n. 177, contestualizzando la remunerazione in ragione della minore complessità di  gestione che si presenta rispetto alla fase di sequestro, nonché del diverso grado di responsabilità che grava sul coadiutore rispetto all’amministratore giudiziario.

Successivamente il 12 agosto 2020   – quasi cinque anni dopo l’entrata in vigore del più volte citato D.P.R. n. 177 – l’Agenzia Nazionale   comunicava l’avvenuta approvazione il 06.08.2020 da parte del Consiglio Direttivo della stessa Agenzia Nazionale l’applicazione di una tariffa speditiva per la liquidazione dei compensi ai Coadiutori dell’ANBSC precisando di aver altresì previsto “la rideterminazione del quantum relativo agli incarichi precedentemente conferiti con riserva di conguaglio, a far data dal 25 novembre 2015 e fino a conclusione dell’incarico” in recepimento delle disposizioni contenute nel citato D.P.R. 177/2015.

Bibliografia:

Codice Anti-mafia

Collana Officina del Diritto – Il Penalista – Giuffré Editore