Uso personale vs. spaccio di stupefacenti in Cass., sez. pen. III, 20 maggio 2025, n. 21859

Uso personale vs. spaccio di stupefacenti in Cass., sez. pen. III, 20 maggio 2025, n. 21859
Questione di fatto
L'imputato era stato fermato, in piena notte, durante un pattugliamento per il contrasto allo spaccio di stupefacenti. Il reo consegnava spontaneamente agli UU.PP.GG. sette bustine di cellophane ermetico, contenenti 0,88 grammi lordi, con una purezza del 70,41 %, utile per il confezionamento di 2,96 dosi medie. La Corte d'Appello confermava la condanna di primo grado, in tanto in quanto la “destinazione allo spaccio” era indubitabile a motivo del numero delle dosi, del luogo e dell'ora del rinvenimento e di ben tre precedenti penali del soggetto per il delitto p. e p. ex Art. 73 TU 309/90. Dunque, era stata esclusa la precettività dell'uso personale di cui all'Art. 75 TU 309/90
Spaccio/Uso personale nello stare decisis della Corte di Cassazione
Secondo numerosi e concordanti Precedenti della Suprema Corte, la “destinazione a terzi” di uno stupefacente reca taluni “indici sintomatici” che fanno prevalere l'applicazione dell'Art. 73 sull'Art. 75 TU 309/90. Anzitutto, la “quantità” di droga sequestrata ed il “numero di dosi ricavabili” recano il Magistrato a distinguere tra lo “spaccio”, ove la quantità della sostanza è maggiore, e l'”uso personale”, ove la dose o le dosi sono numericamente limitate. Altrettanto basilare è l'eventuale tossicodipendenza cronica dell'imputato. Da valutare sono pure, per la Cassazione, le “condizioni economiche del detentore”, giacché la precarietà socio-abitativa esclude, di solito, l'arricchimento cagionato dallo “spaccio”; al contrario, il solo “uso personale” è spesso alla base di uno status economico estremamente disagiato. Importanti sono anche le “modalità di frazionamento, di confezionamento e di custodia”, poiché un conto è la professionalità nel confezionare le dosi per lo spaccio, mentre un altro conto è la detenzione e la custodia tipicamente preordinate per il solo utilizzo individuale. A tal proposito, la Cassazione applica quasi sempre l'Art. 73 anziché l'Art. 75 TU 309/90 allorquando si verifica “la presenza di strumenti per il taglio o la pesatura”; di nuovo, la “organizzazione professionale” risulta essere una caratteristica tipica dello “spaccio” e non della mera “detenzione per uso personale”. Lo spacciatore tende sempre a manifestare modalità semi-imprenditoriali nel proprio agire.
Tale meticolosa “organizzazione” delle condotte delittuose ex Art. 73 TU 309/90 comporta spesso che il pusher abbia numerose “interazioni con terzi” le quali gli consentono di non lasciare alcunché al caso e di evitare, il più possibile, interventi repressivi della PG. Quindi lo “spaccio” ex Art. 73 TU 309/90 si caratterizza, ancora una volta, per una “professionalità” della condotta che si differenzia dalla maggiore spontaneità disorganizzata del'”uso personale” di cui all'Art. 75 TU 309/90. La Suprema Corte non sottovaluta nemmeno le “circostanze di tempo e di luogo”. P.e., nella fattispecie di cui in Cass., sez. pen. III, 20 maggio 2025, n. 21859, l'ora notturna e la zona isolata sono state considerate circostanze tipiche favorenti la cessione di sostanze illecite ad individui tossicodipendenti. Da ultimo, la Cassazione, nel proprio orientamento consueto, non manca mai di valutare pure i “precedenti penali” del soggetto agente, in tanto in quanto è ben raro rinvenire uno spacciatore abituale non pregiudicato; al contrario, il consumatore non dedito allo spaccio potrebbe essere incensurato e privo di una carriera criminale.
Si noti anche che la Suprema Corte non richiede la compresenza di tutti i predetti “indici sintomatici”, poiché ciò che conta, nell'applicazione dell'Art. 73 TU 309/90, è la “ragionevole previsione del verificarsi dello spaccio”. Al contrario, la Cassazione concede la precettività dell'Art. 75 TU 309/90 anche se ricorre un solo fattore predittivo, purché inserito in un contesto fattuale e personale che globalmente e razionalmente escluda la cessione della sostanza detenuta a terzi. In buona sostanza, pure nel differenziare lo spaccio dall'uso personale, la Corte di Cassazione invita il giudice del merito a compiere quell'indispensabile “contestualizzazione” soggettiva nonché oggettiva che sta alla base dell'Art. 133 Cp. Pertanto, la ratio del “contesto” e della “ragionevole previsione” prevalgono pure nella distinzione applicativa tra il penalmente rilevante Art. 73 TU 309/90 e l'amministrativamente rilevante Art. 75 TU 309/90. La Giurisprudenza di legittimità ripudia interpretazioni apodittiche sganciate dalla cornice oggettiva e soggettiva del fatto infrattivo.
Cos'ha deciso Cass., sez. pen. III, 20 maggio 2025, n. 21859
Nelle proprie Motivazioni, Cass., sez. pen. III, 20 maggio 2025, n. 21859 ha statuito che “la Motivazione della Corte territoriale è stata manifestamente illogica. I giudici di merito hanno attribuito rilievo eccessivo ad indici neutri, non sufficienti, da soli, a dimostrare la finalità di cessione [ex Art. 73 TU 309/90]. [Questi indici neutri sono stati:] il quantitativo minimo, pari a meno di tre dosi; l'assenza di denaro o di strumenti per il taglio; [l'assenza di] contatti con terzi durante il controllo; [la sussistenza di] precedenti penali risalenti, non idonei a costituire né prova né indizio [e la ricorrenza] di un luogo e di un orario non indicativi, di per sé, della finalità di spaccio”. Come si può notare, dunque, Cass., sez. pen. III, 20 maggio 2025, n. 21859 ha contestato al giudice di merito una contestualizzazione troppo dogmatica che ha condotto ad un'applicazione erronea dell'Art. 133 CP. I giudici di primo e di secondo grado, secondo il Precedente di legittimità qui in parola, non hanno proceduto ad un'analisi coerente che escludesse ogni “ragionevole dubbio” nella distinzione precettiva tra gli Artt. 73 e 75 TU 309/90.
Sempre nelle proprie Motivazioni, Cass., sez. pen. III, 20 maggio 2025, n. 21859 precisa che “[è insufficiente per l'applicazione dell'Art. 73 TU 309/90] la detenzione di [sole] tre dosi di cocaina, seppur frazionata in 7 bustine, in orario notturno ed in una nota piazza di spaccio […]. La sola presenza in una zona a rischio, il frazionamento della droga ed i precedenti penali non bastano a provare lo spaccio. Serve una prova seria ed univoca [per escludere l'applicazione dell'Art. 75 TU 309/90]”. Quindi, Cass., sez. pen. III, 20 maggio 2025, n. 21859 ha annullato senza rinvio la Sentenza impugnata “perché il fatto non sussiste”, con la contestuale rimessione degli Atti al Prefetto competente per territorio ex Art. 75 TU 309/90, giacché la detenzione era per mero “uso personale”, dunque rilevante solamente sotto il profilo amministrativo.
Le Motivazioni di Cass., sez. pen. III, 20 maggio 2025, n. 21859 (spaccio vs. uso personale)
In punto di fatto, consta che l'imputato, controllato dalla PG in orario notturno, consegnava spontaneamente 7 bustine di cocaina, per un totale di 0,88 grammi lordi, con un tenore di purezza del 70,41 %, da cui erano ricavabili 2,96 dosi medie. I giudici del merito avevano applicato l'Art. 73 anziché l'Art. 75 TU 309/90 poiché la quantità era troppo ingente per l'uso personale e la sostanza era già suddivisa in 7 dosi da cedere a terzi. Inoltre, i Magistrati di primo e secondo grado avevano presupposto lo spaccio, e non l'utilizzo individuale, poiché il soggetto agente, già condannato tre volte per il medesimo reato, era stato sorpreso di notte ed in una zona isolata e nota per ospitare la cessione abituale di sostanze illecite.
Le suddette ipotesi accusatorie sono state ritenute “manifestamente illogiche” da Cassa., sez. pen. III, 20 maggio 2025, n. 21859, la quale ha riformato la Sentenza d'Appello applicando il meno grave Art. 75 TU 309/90.
Come affermato da Cass., sez. pen. VI, 18 settembre 2020, n. 26738, “[in materia di stupefacenti] la prova della destinazione ad uso non esclusivamente personale della droga – prova che incombe sull'organo della pubblica accusa, trattandosi di elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice […] - può essere desunta da una serie di indici sintomatici”. P.e., Cass., sez. pen. VI, 6 marzo 2013, n. 11025 afferma che può essere decisiva la ratio della “quantità dello stupefacente”; in effetti, giustamente, Cass., sez. pen. III, 9 ottobre 2014, n. 46610 precisa che, nel differenziare tra l'Art. 73 e l'Art. 75 TU 309/90, la quantità è “un elemento che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili. Tuttavia, la Suprema Corte invita il giudice del merito a non ipostatizzare il solo indice sintomatico ponderale.
Ecco, dunque, che Cass., sez. pen. IV, 4 giugno 2004, n. 36755 specifica che, nel discriminare tra spaccio ed uso personale, vanno adeguatamente valutati anche altri criteri, come “la qualità soggettiva di tossicodipendente [dell'imputato], le condizioni economiche del detentore, le modalità di custodia e di frazionamento della sostanza, il ritrovamento di sostanze e di mezzi idonei al taglio ed al confezionamento delle dosi [e] il luogo e le modalità di custodia”. Pertanto, come si nota, Cass., sez. pen. IV, 4 giugno 2004, n. 36755 applica agli Artt. 73 e 75 TU 309/90 quella ratio della “contestualizzazione” soggettiva ed oggettiva che sta alla base del fondamentale Art. 133 CP. La Cassazione rifugge qualsivoglia interpretazione dogmatica ed assolutizzante dei lemmi “spaccio” e, viceversa, “uso personale”. Il “contesto” costituisce una variabile irrinunciabile all'interno delle dinamiche del Procedimento penale.
Va, ognimmodo, specificato che, talvolta, può prevalere anche un solo singolo criterio con funzione “assorbente” rispetto agli altri. A tal proposito, Cass., sez. pen. IV, 11 gennaio 2018, n. 7191 mette in evidenza come “non è necessario che, in ogni singolo caso, sia accertata la sussistenza di tutti gli indici sintomatici della destinazione a terzi dello stupefacente, purché detta destinazione sia appurata, oltre ogni ragionevole dubbio, sulla base di uno o più elementi che denotino chiaramente [la destinazione della droga]”. P.e., il frazionamento in dosi già sigillate difficilmente lascia spazio alla configurabilità dell'Art. 75 TU 309/90. Oppure, la detenzione di una notevole quantità mal si concilia con l'ipotesi dell'”uso esclusivamente personale”. Oppure ancora, la presenza di cellophane o di bilancini di precisione è quasi sempre sintomatica di un'attività di cessione a terzi.
In ogni caso, comunque, la Corte di Cassazione richiede una ferrea, precisa e meticolosa “contestualizzazione”. Su tale tema, inscindibilmente connesso all'Art. 133 CP, pure Cass., sez. pen. VI, 13 novembre 2008, n. 44419 mette in risalto che “il giudice di merito deve tener conto di tutte le circostanze oggettive [comma 1 Art. 133 CP] e soggettive [comma 2 Art. 133 CP] del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili, in sede di legittimità, soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della Motivazione”. Di nuovo, Cass., sez. pen. VI, 13 novembre 2008, n. 44419 invita il Magistrato del merito ad abbandonare interpretazioni assolute che non tengono conto del “contesto” complessivo dell'infrazione, soprattutto in tema di detenzione illecita di stupefacenti.
In maniera altrettanto garantistica, Cass., sez. pen. III, 22 febbraio 2023, n. 24651 ha asserito che “la prova della destinazione della sostanza ad uso personale [Art. 75 TU 309/90], come quella della sua destinazione allo spaccio [Art. 73 TU 309/90], può essere desunta da qualsiasi elemento o dato indiziario che, con rigore, univocità e certezza, consenta di inferirne la sussistenza, attraverso un procedimento logico adeguatamente fondato su corrette massime di esperienza”. Similmente, ventisei anni prima, Cass., sez. pen. IV, 13 maggio 1997, n. 4614 esortava il giudice di merito, nel distinguere tra spaccio od uso personale, a non porre in essere valutazioni dogmatiche e de-contestualizzanti inficiate da una “manifesta illogicità” che viola la ratio della ragionevolezza e della proporzionalità. Ritorna l'aberranza di un Magistrato di primo e di secondo grado legato ad automatismi algebrici che non tengono conto della situazione specifica e concreta in cui si è consumata l'infrazione antigiuridica.
Le conclusioni di Cass., sez. pen. III, 20 maggio 2025, n. 21859
Forse con eccessivo garantismo, Cass., sez. pen. III, 20 maggio 2025, n. 21859 ha concluso che “nel caso di specie, dagli elementi dinanzi indicati, pur unitariamente considerati, non è dato inferire la destinazione allo spaccio, considerando che il quantitativo sequestrato, pur suddiviso in 7 confezioni, pari a nemmeno 3 dosi, è del tutto minimale, e che, durante il servizio di appostamento precedentemente al controllo, l'imputato non è stato visto avere alcuna interazione con terzi, così come del tutto neutri sono le circostanze di tempo e di luogo ed i precedenti penali dell'imputato”.
A parere di chi redige, Cass., sez. pen. III, 20 maggio 2025, n. 21859 è giunta a conclusioni iperboliche; ciononostante, siffatto Precedente di legittimità eccelle nell'applicare un'esegesi dei fatti graniticamente e decisamente fondata sull'analisi dello specifico contesto oggettivo e soggettivo. Questa Sentenza è fedele, pur nei propri eccessi, alla ratio di quella completezza valutativa che discende dall'Art. 133 CP, applicato, in tale sede, alla tematica degli stupefacenti.
Sempre nelle conclusioni, Cass., sez. pen. III, 20 maggio 2025, n. 21859 afferma che “la mera detenzione di 3 dosi di cocaina, suddivisa in 7 bustine, in orario notturno ed in una nota piazza di spaccio è elemento muto rispetto alla prova della destinazione allo spaccio, trattandosi di una condotta del tutto compatibile con l'uso personale […]. Stante la superfluità di un annullamento con rinvio, in quanto i fatti sono stati accertati in maniera completa, si impone l'annullamento senza rinvio della Sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste, mancando un elemento costitutivo del reato contestato, vale a dire la destinazione a terzi della sostanza stupefacente […]. Nondimeno, essendosi accertata […] la detenzione dello stupefacente per uso personale, si impone la trasmissione degli Atti al Prefetto […] per quanto di competenza ai sensi dell'Art. 75 TU 309/90”. Per il vero, la Sentenza qui in esame manifesta indubitabili ipertrofie, ma è comunque preziosa in tanto in quanto trabocca di una ricca serie di “indici sintomatici” utili nella differenziazione tra spaccio ed uso personale di sostanze stupefacenti. Come sempre, a ciò che il Legislatore ha dimenticato sopperisce la Giurisprudenza di legittimità.