La “speciale tenuità” del lucro, del danno o del pericolo in materia di stupefacenti

Il parere di Cass., SS.UU., 30 gennaio 2020, n. 24990
stupefacenti
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La “speciale tenuità” del lucro, del danno o del pericolo in materia di stupefacenti

Il parere di Cass., SS.UU., 30 gennaio 2020, n. 24990

 

Ex Art. 618 Cpp, le Sezioni Unite del 30/01/2020 hanno dovuto risolvere il seguente quesito: “se la circostanza attenuante del conseguimento di un lucro di speciale tenuità, di cui al n. 4 Art. 62 CP, sia applicabile ai reati in materia di stupefacenti, e, in caso affermativo, se sia compatibile con l'autonoma fattispecie del fatto di lieve entità, prevista dal comma 5 Art. 73 TU 309/90”. Come si può notare, Cass., SS.UU., 30 gennaio 2020, n. 24990 è stata chiamata a risolvere due problematiche, tra di loro connesse. La prima consta nell'applicabilità, all'Art. 73 TU 309/90, del dato normativo attenuatorio comune dello scarso lucro; la seconda è l'eventuale intreccio precettivo tra il n. 4 Art. 62 CP ed il comma 5 Art. 73 TU 309/90. A parere di chi redige, la Cassazione è di fronte al dilemma di conciliare la lieve entità con una circostanza attenuante non espressamente e pacificamente interna al TU 309/90, da sempre lacunoso in tanto in quanto novellato assai raramente ed eccessivamente esposto alle ipertrofie ermeneutiche autonome della Giurisprudenza di legittimità.

 

Il primo e più datato orientamento della Suprema Corte

Un primo filone esegetico recato innanzi dalla Cassazione reputa che il “lucro di speciale tenuità” ex n. 4 Art. 62 CP non è applicabile alla materia degli stupefacenti e, inoltre, il reato di lieve entità ex comma 5 Art. 73 TU 309/90 è pienamente autonomo nonché incompatibile con la circostanza attenuante comune di cui al n. 4 Art. 62 CP. Dunque, entro tale ottica autonomistica, la fattispecie della lieve entità segue parametri e regole di funzionamento che non tollerano interventi atipici di norma esterne al TU 309/90. Più nel dettaglio, Cass., sez. pen. VI, 30 marzo 1999, n. 7830 ha sottolineato che “nonostante il generico riferimento operato dal n. 4 Art. 62 CP ai delitti determinati da motivi di lucro, l'evento dannoso o pericoloso di speciale tenuità deve sempre essere riferito a fatti di resto offensivi del patrimonio, nei quali non rientrano i reati in materia di sostanze stupefacenti, che sono, invece, lesivi dei valori costituzionali attinenti alla salute pubblica, alla sicurezza ed all'ordine pubblico ed alla salvaguardia del sociale”.

In effetti, anche a parere di chi scrive, la ratio della protezione della salute dei consociati, ex comma 1 Art. 32 Cost., nulla ha a che fare con il lucro particolarmente lieve nei delitti contro il patrimonio citati nel n. 4 Art. 62 CP. Del pari, anche la tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico, nel TU 309/90, non tangono nemmeno minimamente la ratio della tutela del patrimonio e della proprietà privata alla base del n. 4 Art. 62 CP.

Non sono mancati, nella Giurisprudenza di legittimità, Precedenti che mettono in risalto l'impossibilità di configurare una lesione “particolarmente tenue” della salute collettiva ex comma 1 Art. 32 Cost., giacché la pubblica sanità possiede una valore etico-giuridico-ordinamentale molto più perentorio e delicato rispetto a delitti contro il patrimonio ove il lucro illecito è stato “tenue”. Detto in altri termini, il n. 4 Art. 62 CP disciplina, in forma attenuata, infrazioni bagatellari non paragonabili ala ben più grave lesione cagionata dalle droghe in danno della salute psicofisica dell'assuntore protetta dal comma 1 Art. 32 Cost. .

D'altronde, è intuitivo che un'overdose manifesta una pericolosità anti-sociale ed anti-giuridica di gran lunga maggiore in confronto ad un reato contro il patrimonio scarso e sicuramente di secondaria importanza. Entro tale medesima ottica, Cass., sez. pen. IV, 26 febbraio 1993, n. 3621 rimarca anch'essa che, dopo la riforma introdotta dalla L. 19/1990, il n. 4 Art. 62 CP disciplina reati ove il lucro è “tenue” e la dannosità dell'illecito è “debole”, ma, di nuovo, pure Cass., sez. pen. IV, 26 febbraio 1993, n. 3621 rileva che, in materia di stupefacenti, è completamente inammissibile ipotizzare un danno sanitario ed un'anti-socialità astratti o trascurabili, soprattutto in presenza di tossicomani minorenni o giovani adulti. Alle sostanze d'abuso non si può e non si deve mai applicare l'espressione “speciale tenuità”, la quale, viceversa, può essere precettiva nell'ambito dei delitti non gravi contro la proprietà privata.

Questa distanza valoriale tra Art. 73 TU 309/90 e n. 4 Art. 62 CP è ribadita pure da Cass., sez. pen. VI, 13 ottobre 2009, n. 41758, ovverosia “nei reati in materia di stupefacenti, l'evento non può essere in alcun caso qualificato in termini di speciale tenuità, sia perché le condotte contemplate e sanzionate dal Testo Unico sugli stupefacenti sono lesive dei valori costituzionali attinenti alla salute pubblica, alla salvaguardia del sociale ed alla sicurezza dell'ordine pubblico, di fronte ai quali resta del tutto irrilevante la ridotta valenza del lucro conseguito, sia perché occorre tener conto non dei soli danni immediati, ma anche di quelli non immediati, pur sempre ricollegabili all'uso delle sostanze stupefacenti”.

Analogamente, pure in Cass., sez. pen. VI, 27 febbraio 2013, n. 23821 torna la tematica della “non speciale tenuità” ontologica che caratterizza i delitti pp. e pp. ex Art. 73 TU 309/90, giacché la sostanza stupefacente, anche se produce un lucro minimo allo spacciatore, va a ledere il fondamentale bene etico-sociale della salute pubblica. In maniera assai simile, pure Cass., sez. pen. VI, 29 gennaio 2014, n. 9722 nonché Cass., sez. pen. III, 9 aprile 2019, n. 36371 affermano con vigore che la ratio democratico-sociale ex comma 1 Art. 32 Cost. provoca un'incompatibilità strutturalmente profonda tra il principio del lucro “tenue” e lo smercio di sostanze estremamente dannose sotto il profilo sanitario. L'ambito della cessione di droghe non reca mai un carattere bagatellare o astrattamente pericoloso.

Questo orientamento negazionale della Giurisprudenza della Suprema Corte ha anche asserito la totale incompatibilità tra il n. 4 Art. 62 CP ed il comma 5 Art. 73 TU 309/90. Più nel dettaglio, Cass., sez. pen. I, 26 giugno 2013, n. 36408 ha precisato che la tenuità del lucro e del pericolo costituisce un concetto già autonomamente normato dal comma 5 Art. 73 TU 309/90 “sicché, la concessione dell'attenuante [ex n. 4 Art. 62 CP] determinerebbe una duplice valutazione degli stessi elementi ed una conseguente, indebita duplicazione dei benefici sanzionatori”. Tale è pure la conclusione cui pervengono Cass., sez. pen. III, 10 ottobre 2017, n. 46447, Cass., sez. pen. IV, 16 aprile 2019, n. 32513 nonché Cass., sez. pen. III, 9 aprile 2019, n. 36371.

 

Il secondo e più recente orientamento della Suprema Corte

Il secondo e meno datato filone ermeneutico della Cassazione ammette l'applicabilità del n. 4 Art. 62 CP alla materia della vendita illecita di stupefacenti Inoltre, questo orientamento consente la precettività della “tenuità del lucro” nel contesto della “lieve entità” circostanziale ex comma 5 Art. 73 TU 309/90. Nel dettaglio, la “Sentenza apripista” di tale modalità interpretativa è stata Cass., sez. pen. VI, 18 gennaio 2011, n. 20937, la quale, per la prima volta, ha dichiarato il n. 4 Art. 62 CP “concedibile non unicamente per i reati contro il patrimonio […] [poiché] tale attenuante è applicabile anche ai reati in materia di stupefacenti”.

Nelle Motivazioni, Cass., sez. pen. VI, 18 gennaio 2011, n. 20937 ha rigettato l'assolutizzazione estremistica pregressa del comma 1 Art. 32 Cost. in tema di tutela della salute collettiva; ovverosia “a seguito delle modifiche recate dalla L. 19/1990 al testo del n. 4 Art. 62 CP, l'attenuante in esame è configurabile per ogni tipo di delitto, purché commesso per motivi di lucro, a prescindere dalla natura dell'offesa prodotta e dal bene protetto [ex comma 1 Art. 32 Cost., ndr] dalla norma incriminatrice. Ritenere ex lege presuntivamente esclusa tale attenuante per alcune categorie di fattispecie criminose, quali quelle riguardanti le sostanze stupefacenti, considerandola circoscritta ai soli reati offensivi del patrimonio, sarebbe contrario al chiaro tenore letterale della nuova disposizione ed avrebbe di fatti vanificato la portata della modifica normativa”.

Anzi, sempre nelle proprie Motivazioni, Cass., sez. pen. VI, 18 gennaio 2011, n. 20937 osserva che, da quando il “fatto lieve” è reato autonomo, il Legislatore ha inteso dilatare maggiormente la ratio della “lieve entità”, che rinviene un valido appoggio esterno nel n. 4 Art. 62 CP. In buona sostanza, il Legislatore ha voluto congiungere, con finalità anti-retribuzionistiche, la speciale tenuità del lucro, la speciale tenuità del danno, la speciale tenuità del pericolo e la lieve entità delle modalità o delle circostanze dell'azione. Quindi, è dovere della Corte di Cassazione prendere atto di questa svolta riduzionistica de jure condito, applicando il n. 4 Art. 62 CP nel contesto di quel temperamento istituzionale rappresentato dalla “lieve entità” ex comma 5 Art. 73 TU 309/90. Anche a parere di chi commenta, bisogna salutare con favore tutti gli strumenti “attenuatori” che riducono la financo eccessiva severità dell'Art. 73 TU 309/90, il quale, purtroppo, è uno dei dati normativi maggiormente rigoristici, in tema di stupefacenti, all'interno del panorama legislativo europeo. D'altra parte, lo smercio di droghe non è il più anti-sociale dei reati.

Quando ha fatto la sua comparsa il secondo orientamento qui in parola, il comma 5 Art. 73 TU 309/90 non era ancora un reato autonomo, bensì una circostanza attenuante. Ma, a prescindere da tale dettaglio, Cass., SS.UU., 31 maggio 1991, n. 9148, Parisi ha confermato che “detta attenuante [della lieve entità, ndr] è compatibile con quella di cui al n. 4 Art. 62 CP, posto che la prima si riferisce all'azione ed all'oggetto materiale del reato, globalmente ed unitariamente vagliati, mentre la seconda attiene unicamente al lucro ed all'evento dannoso o pericoloso che siano connotati da speciale tenuità”. Dunque, pure Cass., SS.UU., 31 maggio 1991, n. 9148, Parisi sottolinea che non v'è alcuna contraddizione nell'applicazione contestuale del comma 5 Art. 73 TU 309/90 e del n. 4 Art. 62 CP, in tanto in quanto le due summenzionate attenuanti afferiscono a due riguardi distinti. Inoltre, chi commenta ribadisce l'estrema opportunità di rafforzare le possibilità di attenuazione dell'eccessiva severità sanzionatoria dell'Art. 73 TU 309/90. Si tratta, infatti, di un dato normativo retribuzionista decisamente ultra vires.

Anzi, va notato pure che altri Precedenti, soprattutto nei primi Anni Duemila, hanno applicato il comma 5 Art. 73 TU 309/90 nonché il n. 4 Art. 62 CP a “fatti di droga” a loro volta “attenuati” dal comma 2 Art. 648 CP nonché dall'Art. 323 bis CP (si vedano, a tal proposito, Cass., sez. pen. IV, 6 maggio 2004, n. 25321, Cass., sez. pen. II, 16 ottobre 2007, n. 43046 nonché Cass., sez. pen. VI, 9 dicembre 1996, n. 2620). In tutti questi casi, l'Art. 73 TU 309/90 è stato attenuato da norme “esterne” al TU 309/90 non specificamente predisposte per la tematica del traffico illecito di stupefacenti. Pertanto, non si comprende perché negare il possibile utilizzo del n. 4 Art. 62 CP all'interno dell'Art. 73 TU 309/90.

Dunque, ogni circostanza attenuante “non tipica” può essere applicata all'ambito dello smercio, del transito o della coltivazione di sostanze tossicovoluttuarie, ivi compreso il n. 4 Art. 62 CP in tema di “speciale tenuità” del lucro, del danno o del pericolo. Sempre Sezioni Unite Parisi del 1991, nelle Motivazioni, ha più e più volte evidenziato e ripetuto che la “condotta” va analizzata “nella sua globalità”, quindi anche ed eventualmente con riferimento agli elementi del lucro, del danno o del pericolo “di speciale tenuità”. Il tutto senza contrapporre il comma 5 Art. 73 TU 309/90 alle altre potenziali attenuanti.

Oltre alla basilare Sentenza contenuta in Cass., sez. pen. VI, 18 gennaio 2011, n. 20937 (c.d. “Sentenza Bagoura”), è indispensabile citare anche Cass., sez. pen. VI, 24 novembre 2016, n. 5812, la quale, in conformità al secondo orientamento qui in esame, afferma che sussiste “una generale compatibilità tra l'attenuante ex n. 4 Art. 62 CP ed i delitti in materia di stupefacenti”. Più nel dettaglio, contestando il primo orientamento della Suprema Corte, Cass., sez. pen. VI, 24 novembre 2016, n. 5812 contesta che la ratio della tutela della salute pubblica, ex comma 1 Art. 32 Cost., “[renda] impossibile il verificarsi di un evento dannoso o pericoloso tenue [ex n. 4 Art. 62 CP]”. Come si nota, Cass., sez. pen. VI, 24 novembre 2016, n. 5812 contesta l'assolutizzazione estremistica del comma 1 Art. 32 Cost. Nell'Art. 73 TU 309/90.

Ovverosia, Cass., sez. pen. VI, 24 novembre 2016, n. 5812 asserisce che “[l'assolutizzazione della ratio costituzionale della salute collettiva, ndr], predicata in maniera tanto assoluto quanto apodittica, è, infatti, normativamente contraddetta dal chiaro disposto del comma 5 Art. 73 TU 309/90, il quale riconosce espressamente la possibilità che un fatto punibile ai sensi del citato Art. 73 sia caratterizzato da una minima offensività dei beni protetti, pure certamente primari e costituzionalmente garantiti. Sicché, il contrario indirizzo giurisprudenziale si pone […] in contrasto non solo con il chiaro tenore letterale del n. 4 seconda parte Art. 62 CP, il quale prevede l'applicabilità dell'attenuante in questione a tutti i delitti determinati da motivi di lucro, ma anche con il citato comma 5 Art. 73 TU 309/90”. Finalmente, dopo una quindicina d'anni di imperio del primo orientamento, la Suprema Corte ha diminuito l'ipertrofia precettiva del comma 1 Art. 32 Cost. nel contesto delle disposizioni penali del TU 309/90.

D'altra parte non era e non è accettabile che la natura costituzionale di una ratio legislativa impedisca l'attenuabilità di una determinata infrazione. Del resto, per esempio, anche l'Art. 575 CP, in tema di omicidio volontario, può contemplare delle circostanze attenuanti nonostante il carattere primario della ratio della tutela della vita umana. A maggior ragione, pertanto, anche lo smercio o la coltivazione di stupefacenti è perfettamente attenuabile dal n. 4 Art. 62 CP, in tanto in quanto l'Art. 73 TU 309/90 non manifesta sempre e comunque un'anti-socialità acuta poiché legata al comma 1 Art. 32 Cost.; viceversa, non avrebbe senso nemmeno l'applicabilità del comma 5 Art. 73 TU 309/90, espressamente voluto de jure condito dal Legislatore stesso.

Le “aperture” riduzionistico-attenuatorie di Cass., sez. pen. VI, 24 novembre 2016, n. 5812 sono corroborate pure dall'introduzione semi-abolizionistica dell'Art. 131 bis CP nel 2015. Più specificamente, a sostegno del secondo orientamento, il Precedente qui in parola specifica che “l'assoluta impossibilità di un evento dannoso o pericoloso di lieve entità per i reati in materia di stupefacenti si rivela […] vieppiù insostenibile a seguito dell'introduzione della generale causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'Art. 131 bis CP. Infatti […] deve ritenersi che la causa di non punibilità di cui all'Art. 131 bis CP possa applicarsi alle condotte rientranti nella fattispecie della lieve entità. Sicché, anche per tal via, risulta confermata la possibilità che i delitti in materia di stupefacenti di cui all'Art. 73 TU 309/90 siano caratterizzati da una minima offensività, tale da determinare alternativamente, previa scrupolosa verifica degli elementi indicati nelle norme testé citate, la qualificazione del fatto in termini di lieve entità ex comma 5 Art. 73 TU 309/90, ovvero la sua non punibilità ex Art. 131 bis CP”.

Come si può notare, di nuovo, Cass., sez. pen. VI, 24 novembre 2016, n. 5812 ribadisce che la sacralità suprema della ratio della tutela ordinamentale della salute ex comma 1 Art. 32 Cost. non deve trasformarsi in un'assurda e rigoristica causa ostativa nei confronti della potenziale applicabilità del n. 4 Art. 62 CP, del comma 5 Art. 73 TU 309/90 o di qualsivoglia circostanza attenuante che individui un danno od un pericolo infimi. Si pensi, ad esempio, ad una dose di sostanza munita di un tenore drogante trascurabile. Oppure ancora, si ponga mente alla cessione di un quantitativo estremamente scarso. Analogo ragionamento, ex n. 4 Art. 62 CP, vale pure per una cessione bagatellare di sostanze dalla quale il pusher abbia ricavato un “lucro di speciale tenuità”.

Sempre Cass., sez. pen. VI, 24 novembre 2016, n. 5812 nega, inoltre, che la contestuale applicazione del n. 4 Art. 62 CP e del comma 5 Art. 73 TU 309/90 rechi ad una “duplicazione dei benefici sanzionatori”. Ciò non è vero, anzitutto, perché il n. 4 Art. 62 CP è una circostanza attenuante, mentre, dal 2014, il comma 5 Art. 73 TU 309/90 costituisce un reato autonomo. In secondo luogo, il n. 4 Art. 62 CP si fonda sui tre criteri della speciale tenuità del lucro, del danno o del pericolo, mentre la lieve entità è connessa ai cinque parametri della quantità, della qualità, delle circostanze, delle modalità dell'azione e dei mezzi. Dunque, non si crea alcuna antinomia ed alcuna duplicazione attenuatoria, come confermato pure da Cass., sez. pen. VI, 15 marzo 2017, n. 24533, Cass., sez. pen. VI, 23 giugno 2017, n. 36868, Cass., sez. pen. VI, 31 gennaio 2018, n. 11363, Cass., sez. pen. IV, 15 gennaio 2019, n. 5031, Cass., sez. pen. IV, 21 maggio 2019, n. 38381 nonché da Cass., sez. pen. II, 1 ottobre 2019, n. 51174.

 

L'attuale e prevalente orientamento della Cassazione

Attualmente, la Suprema Corte ha sposato il secondo e più recente orientamento esegetico, ossia quello che predica l'applicabilità del n. 4 Art. 62 CP ai delitti pp. e pp. ex Art. 73 TU 309/90. Inoltre, la ratio della “speciale tenuità” del lucro, del danno o del pericolo viene oggi reputata compatibile con i cinque parametri della lieve entità di cui al comma 5 Art. 73 TU 309/90.

Purtroppo, prima dell'entrata in vigore della L. 19/1990, il n. 4 Art. 62 CP era riservato ai soli reati contro il patrimonio. Oggi, invece, anche alla materia degli stupefacenti è applicabile la triplice ratio della tenuità del lucro, ma soprattutto del danno o del pericolo. D'altra parte, de jure condendo, anche i Lavori Preparatori del 1987 mettono in risalto che il n. 4 Art. 62 CP deve uscire dal solo campo precettivo dei reati contro il patrimonio, poiché, come noto, ovunque la pericolosità è astratta non sussiste nemmeno l'anti-socialità e l'anti-giuridicità dell'infrazione.

Nello specifico, i suddetti Lavori Preparatori hanno evidenziato che “[per] opportunità [e] per motivi di equità, [bisogna] riformulare il n. 4 Art. 62 CP […] [che deve diventare precettivo] non solo per i reati contro il patrimonio, ma anche per [tutti] quelli determinati da motivi di lucro [compreso lo spaccio di droghe, ndr] […] Non è congruo eccepire, come delimitazione oggettiva dell'operatività dell'attenuante, il parametro del danno patrimoniale di speciale tenuità arrecato alla persona offesa, che ne avrebbe contenuto la portata in margini eccessivamente ristretti e generalmente riferibili ai soli delitti che tutelano il patrimonio. E', invece, opportuno prevedere che il danno o il pericolo di speciale tenuità che viene in rilievo non è quello patrimoniale, bensì quello criminale, sicché, così delineata, la diminuente viene a costituire un valido elemento a disposizione del giudice per una più equa correlazione della pena all'effettiva lesività della condotta criminosa”.

A parere di chi redige, la scelta dei Lavori Preparatori alla L. 19/1990 risulta ottimale, in tanto in quanto essa conferma la non-consistenza fattuale dei delitti a pericolosità astratta. Non ha senso parlare di sanzione criminale quando manca un danno od un pericolo materialmente concreto. Nella Giuspenalistica, va rigettata un'interpretazione formalistica dell'anti-giuridicità, giacché, mancando il pericolo o il danno, viene meno la precettività di qualsivoglia norma incriminatrice. Detto alla germanofona, “kein Uebel, ohne Schuld”.

I Lavori Preparatori qui in parola concludono dichiarando che “[dev'essere rigettata] la categoria dei reati astratti in relazione al bene giuridico protetto [e] il giudice [per conseguenza] è tenuto a valutare le specifiche caratteristiche del caso concreto”. Il pensiero di chi scrive corre, ad esempio, alla frequente pericolosità astratta di una sostanza illecita priva o quasi priva di tenore drogante. Oppure, si ponga mente allo smercio di una quantità irrilevante di stupefacente, tale da cagionare effetti psicotropi “di speciale tenuità”.

Come si nota, le Sezioni Unite hanno abbracciato il secondo filone ermeneutico, negando l'ipostatizzazione oltranzista del comma 1 Art. 32 Cost. in tema di tutela della salute dei consociati. D'altra parte, come osservato da Cass., SS.UU., 30 gennaio 2020, n. 24990, l'esistenza del comma 5 Art. 73 TU 309/90 “dimostra, tanto sulla base della pertinente disciplina giuridica quanto sulla base della quotidiana esperienza giudiziaria, che anche per i delitti in materia di stupefacenti è senz'altro configurabile una lesione o una messa in pericolo dei beni giuridici protetti caratterizzata da lieve entità”.

All'opposto, il primo orientamento, che escludeva l'applicabilità del n. 4 Art. 62 CP in materia  di stupefacenti, estremizzava la ratio costituzionale della tutela sanitaria statale, sino al punto di creare un Art. 73 TU 309/90 troppo rigoristico e non conforme alla prassi quotidiana dell'AG. Non è in discussione la sacralità etico-normativa del comma 1 Art. 32 Cost., tuttavia non ha senso pretendere che il Magistrato emetta una sanzione senza prima valutare il “grado” del danno o del pericolo.

Il criterio della particolare tenuità del danno o del pericolo ex n. 4 Art. 62 CP è confermato, anche nel contesto dell'Art. 73 TU 309/90, dal nuovo Art. 131 bis CP, il quale dispone “la non punibilità del fatto quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi del comma 1 Art. 133 CP, l'offesa è di particolare tenuità ed il comportamento non risulta abituale”. Come si può notare, nemmeno l'Art. 131 bis CP estremizza l'eventuale cogenza di supremi principi costituzionali. L'elevato valore giuridico del bene tutelato dalla norma incriminatrice non esclude, in modo tassativo ed automatico, la potenziale attenuabilità dell'infrazione anti-sociale.

 

Conseguenze strutturali dell'applicabilità del n. 4 Art. 62 CP all'Art. 73 TU 309/90

Anche nella Giurisprudenza di legittimità degli Anni Dieci e Venti del Duemila, la Suprema Corte ha sempre ribadito che i reati a pericolosità astratta non debbono rinvenire cittadinanza nel Diritto Penale. P.e., Cass., SS.UU., 18 luglio 2013, n. 40354, Sciuscio afferma che “l'interprete delle norme penali ha l'obbligo di adattarle alla Costituzione in via ermeneutica, [ma] rendendole applicabili solo a fatti concretamente ed apprezzabilmente offensivi”. Similmente, Cass., SS.UU., 25 febbraio 2016, n. 13681, Tushaj ha confermato anch'essa che “i beni giuridici e la loro offesa costituiscono la chiave per un'interpretazione teleologica dei fatti, che renda visibile la specifica offesa già contenuta nel tipo legale del fatto, sicché tipicità ed offensività convergono sul piano ermeneutico, dovendosi considerare fuori dal tipo di fatto incriminato i comportamenti non effettivamente offensivi dell'interesse protetto”.

Torna, dunque, la ratio della “particolare tenuità del danno o del pericolo” ex n. 4 Art. 62 CP, anche in materia di traffico, cessione o coltivazione di sostanze stupefacenti. Ciò detto, in ogni caso, spetta al Magistrato, ex Art. 133 CP, contestualizzare l'illecito; ovverosia, come asserito da Sezioni Unite Tushaj del 2016, “ai fini della configurabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità dell'offesa […] non esiste un'offesa tenue o grave in chiave archetipica, ma è la concreta manifestazione del reato che ne segna il disvalore”. Nuovamente, la Cassazione invita il Magistrato ad adempiere al dovere supremo della “contestualizzazione”, anche in tema di circostanze attenuanti in materia di smercio di droghe.

Sempre con afferenza a tale tematica, magistralmente e pertinentemente, Sezioni Unite Tushaj del 2016 precisa che “l'esistenza, nel caso concreto, di un'effettiva e specifica offesa del bene giuridico protetto – qualunque esso sia – rappresenta la condizione indefettibile per l'applicazione della fattispecie astratta [e] l'intensità ed il grado di quell'offesa costituiscono il presupposto del giudizio di utilità e di necessità della relativa pena, a prescindere dalla natura dell'interesse tutelato […] Dunque […] assume decisivo rilievo la connotazione storica del fatto e l'accertamento, nel caso concreto, dell'esistenza, o meno, di un'apprezzabile offesa del bene giuridico protetto, che sia eventualmente caratterizzata da particolare tenuità”. In buona sostanza, Sezioni Unite Tushaj del 2016 intende mettere in rilievo che non può esistere un'applicazione automatica del n. 4 Art. 62 CP in materia di stupefacenti; per conseguenza, spetta al Magistrato contestualizzare ogni singola fattispecie delittuosa.