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Cinzia Bearzot LA GIUSTIZIA NELLA GRECIA ANTICA

Terminologia

Il concetto di "giustizia" è espresso, nel greco classico, dalla parola dike. Ma la lingua greca conosce anche un termine diverso, e di più antica attestazione, per esprimere l’idea di "giustizia": themis. La storia delle due parole è molto diversa, così come diversi sono i rispettivi contenuti concettuali: una diversità che, tuttavia, non esclude una certa interdipendenza.

Themis è collegata con la radice del verbo tithemi, "porre in essere": indica dunque "ciò che è posto" dall’alto, cioè dalla volontà divina, ed esprime l’idea di "giustizia" come rispetto di un ordinamento tradizionale che, sia che riguardi la natura sia che riguardi l’organizzazione umana, ha le sue radici nel trascendente. Themis designa così l’antico diritto sacrale, sentito come preesistente alla comunità e di provenienza divina, amministrato dal re sacerdote o dagli aristocratici, in una società caratterizzata dall’oralità: thémistes sono le regole di natura religiosa o familiare, thesmoi le leggi ritenute ispirate dalla divinità e sancite da una autorità.

Più difficile appare l’interpretazione della parola dike. Essa è stata collegata con la radice *deik-, "mostrare, indicare", ed esprimerebbe dunque l’idea di "mostrare con autorità di parola ciò che deve essere" (Benveniste, 1976): dike offre dunque l’"indicazione", la "direzione" del giusto, la "regola" (Chantraine, 1984-90). Questa etimologia non è stata però concordemente accettata, perché il collegamento di dike con l’idea di "regola di comportamento corretto, conforme a giustizia" è poco perspicuo in Omero e sembra uno sviluppo successivo: è stato proposto in alternativa un rapporto con diketn "colpire, gettare", dunque "emanare una sentenza", per cui dike varrebbe "decisione, giudizio" (Hirzel, 1907). Le difficoltà che questa ipotesi presenta hanno condotto a riproporre il collegamento con la radice *deik-, "mostrare, indicare" ma anche "delimitare", e a proporre per dike un duplice significato: quello di "segno, marchio, caratteristica", da cui poi il senso di "comportamento tradizionale, corretto, giusto", e quello di "confine, linea divisoria", da cui "sentenza, decisione, giudizio" che determina un accordo tra due contendenti (Palmer, 1950; Gagarin, 1974). Secondo questa ipotesi, che diversamente dalle precedenti sembra trovar riscontro nelle più antiche occorrenze del termine in ambito omerico ed esiodeo, più frequenti per la seconda area semantica, dike apparterrebbe al vocabolario giudiziario prima ancora che a quello morale.

...

Nonostante le profonde differenze che la storia delle parole evidenzia, esiste una relazione fra themis e dike. Distinguere troppo radicalmente themis, la giustizia divina, da dike, la giustizia umana e laica, non rende infatti pienamente ragione della situazione. Dike in quanto giustizia umana è, in realtà, in relazione con l’ordine trascendente espresso da themis: se dike indica l’equilibrio tra l’interesse del singolo e quello della collettività, tale equilibrio riflette l’armonia universale determinata da una norma di giustizia, appunto themis, di cui la divinità si fa garante. Nel mito, questo concetto viene espresso facendo di Dike la figlia di Zeus e di Themis.

[Marsilio Editore, 2009, pp. 52-53]

Terminologia

Il concetto di "giustizia" è espresso, nel greco classico, dalla parola dike. Ma la lingua greca conosce anche un termine diverso, e di più antica attestazione, per esprimere l’idea di "giustizia": themis. La storia delle due parole è molto diversa, così come diversi sono i rispettivi contenuti concettuali: una diversità che, tuttavia, non esclude una certa interdipendenza.

Themis è collegata con la radice del verbo tithemi, "porre in essere": indica dunque "ciò che è posto" dall’alto, cioè dalla volontà divina, ed esprime l’idea di "giustizia" come rispetto di un ordinamento tradizionale che, sia che riguardi la natura sia che riguardi l’organizzazione umana, ha le sue radici nel trascendente. Themis designa così l’antico diritto sacrale, sentito come preesistente alla comunità e di provenienza divina, amministrato dal re sacerdote o dagli aristocratici, in una società caratterizzata dall’oralità: thémistes sono le regole di natura religiosa o familiare, thesmoi le leggi ritenute ispirate dalla divinità e sancite da una autorità.

Più difficile appare l’interpretazione della parola dike. Essa è stata collegata con la radice *deik-, "mostrare, indicare", ed esprimerebbe dunque l’idea di "mostrare con autorità di parola ciò che deve essere" (Benveniste, 1976): dike offre dunque l’"indicazione", la "direzione" del giusto, la "regola" (Chantraine, 1984-90). Questa etimologia non è stata però concordemente accettata, perché il collegamento di dike con l’idea di "regola di comportamento corretto, conforme a giustizia" è poco perspicuo in Omero e sembra uno sviluppo successivo: è stato proposto in alternativa un rapporto con diketn "colpire, gettare", dunque "emanare una sentenza", per cui dike varrebbe "decisione, giudizio" (Hirzel, 1907). Le difficoltà che questa ipotesi presenta hanno condotto a riproporre il collegamento con la radice *deik-, "mostrare, indicare" ma anche "delimitare", e a proporre per dike un duplice significato: quello di "segno, marchio, caratteristica", da cui poi il senso di "comportamento tradizionale, corretto, giusto", e quello di "confine, linea divisoria", da cui "sentenza, decisione, giudizio" che determina un accordo tra due contendenti (Palmer, 1950; Gagarin, 1974). Secondo questa ipotesi, che diversamente dalle precedenti sembra trovar riscontro nelle più antiche occorrenze del termine in ambito omerico ed esiodeo, più frequenti per la seconda area semantica, dike apparterrebbe al vocabolario giudiziario prima ancora che a quello morale.

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Nonostante le profonde differenze che la storia delle parole evidenzia, esiste una relazione fra themis e dike. Distinguere troppo radicalmente themis, la giustizia divina, da dike, la giustizia umana e laica, non rende infatti pienamente ragione della situazione. Dike in quanto giustizia umana è, in realtà, in relazione con l’ordine trascendente espresso da themis: se dike indica l’equilibrio tra l’interesse del singolo e quello della collettività, tale equilibrio riflette l’armonia universale determinata da una norma di giustizia, appunto themis, di cui la divinità si fa garante. Nel mito, questo concetto viene espresso facendo di Dike la figlia di Zeus e di Themis.

[Marsilio Editore, 2009, pp. 52-53]