Edda di Snorri: L'inganno di Gylfi

Har disse: «Tu non conosci le caratteristiche di Sleipnir, né sai in che modo fu generato. Ma la cosa ti parrà degna di essere narrata. Quando ai primordi si insediarono gli dèi, dopo che essi ebbero costruito Midhgardhr ed edificato Valholl, giunse un fabbro che si offrì di erigere per loro, in diciotto mesi, una fortezza robusta e sicura contro i giganti del ghiaccio delle montagne, quand’anche fossero penetrati in Midhgardhr. Disse che, come ricompensa, voleva Freyia e prendersi anche il sole e la luna. Gli dèi si riunirono a consiglio e presero una decisione: stabilirono con il fabbro che egli avrebbe ottenuto ciò che aveva chiesto se fosse riuscito a costruire la fortezza in un inverno; ma se il primo giorno d’estate qualche parte della forticazione fosse stata incompleta, egli avrebbe dovuto [rinunciare] alla ricompensa; inoltre non avrebbe dovuto ricevere aiuto da nessuno nel lavoro. Quando gli proposero queste condizioni, egli chiese che gli consentissero di farsi aiutare dal suo cavallo che si chiamava Svadhilfoeri. Cosi consigliò di fare Loki quando l’accordo fu stipulato. Il primo giorno d’inverno [il fabbro] cominciò a costruire la fortezza, e di notte trainava le pietre con il cavallo. Agli dèi pareva straordinaria la quantità di massi che il cavallo trainava, e più di metà del lavoro era compiuto dall’animale anziché dal fabbro. Ma il loro accordo era stato stipulato con molte testimonianze e grandi giuramenti, poiché il gigante non si sentiva sicuro in mezzo agli Asi senza garanzie, specie se Thorr, che si trovava a oriente a combattere i giganti, fosse tornato a casa. Più ci si inoltrava nell’inverno, più la costruzione della fortezza procedeva, ed essa era così alta e forte da risultare inattaccabile. Quando mancarono tre giorni all’estate, era arrivata quasi al cancello. Allora gli dèi si sedettero a consiglio e tennero un consulto; ciascuno domandava all’altro chi avesse consigliato di mandare Freyia in Iotunheimr, e di spogliare la volta del cielo togliendone il sole e la luna per darli ai giganti. Furono d’accordo che doveva averlo proposto colui che dà i peggiori consigli: Loki figlio di Laufey. Dissero che era degno di morte crudele qualora non trovasse il modo di far perdere al fabbro la ricompensa, e gli si avventarono contro. Allora Loki si spaventò e fece giuramento di sistemare [la cosa] a qualunque costo, facendo in modo che il fabbro violasse il contratto. La sera stessa, mentre il fabbro trainava le pietre con il cavallo Svadhilfreri, sbucò da un bosco una puledra nitrendo. Quando si accorse che era una cavalla [Svadhilfreri] si infuriò e, fatta a pezzi la corda, le balzò addosso. Ma essa corse via nella foresta e il fabbro si lanciò dietro di loro per catturare il suo cavallo. Gli animali però galopparono tutta la notte e il fabbro dovette fare una sosta. Così il giorno dopo la costruzione non andò avanti come prima. Quando il fabbro si avvide che il lavoro non sarebbe stato finito, lo assalì la furia dei giganti. Allora gli dèi ebbero la certezza che [fra loro] era giunto un gigante: il giuramento non fu più rispettato e fu richiamato Thorr, il quale giunse immediatamente e subito fece roteare nell’aria il martello Miollnir: così pagò il gigante, ma non certo con il sole o con la luna. Gli negò anche di stare in Iotunheimr e gli vibrò subitamente un tale colpo da frantumargli il cranio in minutissimi pezzi, cacciandolo giù, sotto Nifhel.[Edda di Snorri, L’inganno di Gylfi, Introduzione e traduzione dal norreno di Gianna Chiesa Isnardi, Rusconi, 1975, pp.119-121]

Har disse: «Tu non conosci le caratteristiche di Sleipnir, né sai in che modo fu generato. Ma la cosa ti parrà degna di essere narrata. Quando ai primordi si insediarono gli dèi, dopo che essi ebbero costruito Midhgardhr ed edificato Valholl, giunse un fabbro che si offrì di erigere per loro, in diciotto mesi, una fortezza robusta e sicura contro i giganti del ghiaccio delle montagne, quand’anche fossero penetrati in Midhgardhr. Disse che, come ricompensa, voleva Freyia e prendersi anche il sole e la luna. Gli dèi si riunirono a consiglio e presero una decisione: stabilirono con il fabbro che egli avrebbe ottenuto ciò che aveva chiesto se fosse riuscito a costruire la fortezza in un inverno; ma se il primo giorno d’estate qualche parte della forticazione fosse stata incompleta, egli avrebbe dovuto [rinunciare] alla ricompensa; inoltre non avrebbe dovuto ricevere aiuto da nessuno nel lavoro. Quando gli proposero queste condizioni, egli chiese che gli consentissero di farsi aiutare dal suo cavallo che si chiamava Svadhilfoeri. Cosi consigliò di fare Loki quando l’accordo fu stipulato. Il primo giorno d’inverno [il fabbro] cominciò a costruire la fortezza, e di notte trainava le pietre con il cavallo. Agli dèi pareva straordinaria la quantità di massi che il cavallo trainava, e più di metà del lavoro era compiuto dall’animale anziché dal fabbro. Ma il loro accordo era stato stipulato con molte testimonianze e grandi giuramenti, poiché il gigante non si sentiva sicuro in mezzo agli Asi senza garanzie, specie se Thorr, che si trovava a oriente a combattere i giganti, fosse tornato a casa. Più ci si inoltrava nell’inverno, più la costruzione della fortezza procedeva, ed essa era così alta e forte da risultare inattaccabile. Quando mancarono tre giorni all’estate, era arrivata quasi al cancello. Allora gli dèi si sedettero a consiglio e tennero un consulto; ciascuno domandava all’altro chi avesse consigliato di mandare Freyia in Iotunheimr, e di spogliare la volta del cielo togliendone il sole e la luna per darli ai giganti. Furono d’accordo che doveva averlo proposto colui che dà i peggiori consigli: Loki figlio di Laufey. Dissero che era degno di morte crudele qualora non trovasse il modo di far perdere al fabbro la ricompensa, e gli si avventarono contro. Allora Loki si spaventò e fece giuramento di sistemare [la cosa] a qualunque costo, facendo in modo che il fabbro violasse il contratto. La sera stessa, mentre il fabbro trainava le pietre con il cavallo Svadhilfreri, sbucò da un bosco una puledra nitrendo. Quando si accorse che era una cavalla [Svadhilfreri] si infuriò e, fatta a pezzi la corda, le balzò addosso. Ma essa corse via nella foresta e il fabbro si lanciò dietro di loro per catturare il suo cavallo. Gli animali però galopparono tutta la notte e il fabbro dovette fare una sosta. Così il giorno dopo la costruzione non andò avanti come prima. Quando il fabbro si avvide che il lavoro non sarebbe stato finito, lo assalì la furia dei giganti. Allora gli dèi ebbero la certezza che [fra loro] era giunto un gigante: il giuramento non fu più rispettato e fu richiamato Thorr, il quale giunse immediatamente e subito fece roteare nell’aria il martello Miollnir: così pagò il gigante, ma non certo con il sole o con la luna. Gli negò anche di stare in Iotunheimr e gli vibrò subitamente un tale colpo da frantumargli il cranio in minutissimi pezzi, cacciandolo giù, sotto Nifhel.[Edda di Snorri, L’inganno di Gylfi, Introduzione e traduzione dal norreno di Gianna Chiesa Isnardi, Rusconi, 1975, pp.119-121]