Eusebio di Cesarea (265-340): Vita di Costantino
XXXV, 1 Non si deve trascurare nulla neppure riguardo alle proprietà di cui i singoli individui con pretesti diversi sono stati privati. Ma per quanto riguarda quelli che affrontarono con animo impavido e coraggioso il supremo e divino agone del martirio e furono privati delle loro sostanze o quelli che facendo la professione di fede si guadagnarono la speranza della vita eterna, e quanti furono costretti all’esilio perché non vollero cedere ai persecutori rinnegando la fede e furono espropriati essi pure dei beni o se alcune pur non essendo stati condannati a morte subirono però la confisca delle loro sostanze, ordiniamo che le proprietà di tutti costoro siano distribuite ai parenti. XXXV, 2 Poiché le leggi prescrivono in modo del tutto chiaro che l’eredità spetta ai parenti più stretti è semplice stabilire a chi vadano assegnate le proprietà e che, secondo la legge, subentrino alla successione quelli che risultino i parenti più prossimi anche nel caso di quanti siano morti per cause naturali. XXXVI Però nell’eventualità in cui tra i parenti più vicini non sia sopravvissuto nessuno che secondo la legge possa divenire erede di quanti abbiamo testé menzionato, mi riferisco ai martiri, ai confessori e agli esuli che dovettero emigrare per questo motivo, allora siano le chiese locali a ricevere l’eredità; certo non risulterà sgradito a quelli che se ne sono andati se proprio la Chiesa per la quale hanno sopportato ogni sofferenza si trovi a ereditare le loro sostanze. È necessario tuttavia aggiungere anche che se qualcuna delle persone sopra menzionate ha fatto dono di qualche suo bene a qualcuno di sua scelta è giusto che a costoro rimanga la piena proprietà.
XXXVII, 1 Affinché in questo decreto non compaia alcuna ambiguità, ma sia agevole per tutti sapere ciò che è stabilito dalla legge, tutti coloro che posseggono o un appezzamento di terreno o una casa o un orto o qualsiasi altro bene delle persone sopra menzionate, sappiano che è giusto ed è nel loro stesso interesse sia denunciarli sia restituirli al più presto. XXXVII, 2 Se risultasse infatti con tutta evidenza che alcuni di essi si sono molto arricchiti grazie a un possesso illegittimo, anche se non giudichiamo equo esigere la restituzione di questi beni, tuttavia costoro ammettano la provenienza e l’entità di quanto hanno ricavato e ci facciano domanda di grazia per questo reato, affinché da una parte con tale correttivo possano emendare l’avidità di cui furono preda e al contempo il Dio supremo, considerando un tale atto come una sorta di pentimento, possa diventare benevolo verso i peccatori. XXXVIII, Coloro che si trovano in possesso - sempre che sia ammissibile e possibile servirsi riguardo a essi di questo termine - di tali beni addurranno forse come scusa che a quell’epoca non era possibile opporsi quando lo spettacolo dei crimini perpetrati prendeva gli aspetti più svariati e i Cristiani erano crudelmente esiliati, uccisi senza pietà, sconsideratamente banditi e le confische ai danni degli innocenti erano incessanti, insaziabili le persecuzioni e i saccheggi dei patrimoni; se dunque alcuni dovessero insistere su siffatti argomenti e persistere nei loro avidi propositi, si renderanno conto che questo loro comportamento non resterà impunito, soprattutto perché il nostro operato è volto al servizio del Dio supremo. Tutto ciò che in passato una necessità funesta fece in modo che ci si sentisse quasi obbligati a fare proprio, ora è rischioso possederlo; d’altronde è necessario ridurre con ogni mezzo, sia con le parole sia con gli esempi, la brama insaziabile di ricchezze.
XXXIX Non sarà neppure consentito che l’erario, qualora si trovi in possesso di qualche bene degli individui menzionati, ne mantenga stabilmente il possesso, ma senza nemmeno permettersi di contestare le sante Chiese, rinuncerà, come è giusto, a quanto ha posseduto illegittimamente nel tempo (... ) proprio in favore delle Chiese; tutto quanto appaia a buon diritto spettare alle Chiese, che si tratti del possesso di case, campi, orti e quant’altro, noi ordiniamo che sia restituito, senza che sia inficiato in alcun modo il diritto di proprietà, ma anzi restando esso del tutto integro.
[A cura di Laura Franco, Rizzoli, BUR, 2009, pp.201, 203, 205]
XXXV, 1 Non si deve trascurare nulla neppure riguardo alle proprietà di cui i singoli individui con pretesti diversi sono stati privati. Ma per quanto riguarda quelli che affrontarono con animo impavido e coraggioso il supremo e divino agone del martirio e furono privati delle loro sostanze o quelli che facendo la professione di fede si guadagnarono la speranza della vita eterna, e quanti furono costretti all’esilio perché non vollero cedere ai persecutori rinnegando la fede e furono espropriati essi pure dei beni o se alcune pur non essendo stati condannati a morte subirono però la confisca delle loro sostanze, ordiniamo che le proprietà di tutti costoro siano distribuite ai parenti. XXXV, 2 Poiché le leggi prescrivono in modo del tutto chiaro che l’eredità spetta ai parenti più stretti è semplice stabilire a chi vadano assegnate le proprietà e che, secondo la legge, subentrino alla successione quelli che risultino i parenti più prossimi anche nel caso di quanti siano morti per cause naturali. XXXVI Però nell’eventualità in cui tra i parenti più vicini non sia sopravvissuto nessuno che secondo la legge possa divenire erede di quanti abbiamo testé menzionato, mi riferisco ai martiri, ai confessori e agli esuli che dovettero emigrare per questo motivo, allora siano le chiese locali a ricevere l’eredità; certo non risulterà sgradito a quelli che se ne sono andati se proprio la Chiesa per la quale hanno sopportato ogni sofferenza si trovi a ereditare le loro sostanze. È necessario tuttavia aggiungere anche che se qualcuna delle persone sopra menzionate ha fatto dono di qualche suo bene a qualcuno di sua scelta è giusto che a costoro rimanga la piena proprietà.
XXXVII, 1 Affinché in questo decreto non compaia alcuna ambiguità, ma sia agevole per tutti sapere ciò che è stabilito dalla legge, tutti coloro che posseggono o un appezzamento di terreno o una casa o un orto o qualsiasi altro bene delle persone sopra menzionate, sappiano che è giusto ed è nel loro stesso interesse sia denunciarli sia restituirli al più presto. XXXVII, 2 Se risultasse infatti con tutta evidenza che alcuni di essi si sono molto arricchiti grazie a un possesso illegittimo, anche se non giudichiamo equo esigere la restituzione di questi beni, tuttavia costoro ammettano la provenienza e l’entità di quanto hanno ricavato e ci facciano domanda di grazia per questo reato, affinché da una parte con tale correttivo possano emendare l’avidità di cui furono preda e al contempo il Dio supremo, considerando un tale atto come una sorta di pentimento, possa diventare benevolo verso i peccatori. XXXVIII, Coloro che si trovano in possesso - sempre che sia ammissibile e possibile servirsi riguardo a essi di questo termine - di tali beni addurranno forse come scusa che a quell’epoca non era possibile opporsi quando lo spettacolo dei crimini perpetrati prendeva gli aspetti più svariati e i Cristiani erano crudelmente esiliati, uccisi senza pietà, sconsideratamente banditi e le confische ai danni degli innocenti erano incessanti, insaziabili le persecuzioni e i saccheggi dei patrimoni; se dunque alcuni dovessero insistere su siffatti argomenti e persistere nei loro avidi propositi, si renderanno conto che questo loro comportamento non resterà impunito, soprattutto perché il nostro operato è volto al servizio del Dio supremo. Tutto ciò che in passato una necessità funesta fece in modo che ci si sentisse quasi obbligati a fare proprio, ora è rischioso possederlo; d’altronde è necessario ridurre con ogni mezzo, sia con le parole sia con gli esempi, la brama insaziabile di ricchezze.
XXXIX Non sarà neppure consentito che l’erario, qualora si trovi in possesso di qualche bene degli individui menzionati, ne mantenga stabilmente il possesso, ma senza nemmeno permettersi di contestare le sante Chiese, rinuncerà, come è giusto, a quanto ha posseduto illegittimamente nel tempo (... ) proprio in favore delle Chiese; tutto quanto appaia a buon diritto spettare alle Chiese, che si tratti del possesso di case, campi, orti e quant’altro, noi ordiniamo che sia restituito, senza che sia inficiato in alcun modo il diritto di proprietà, ma anzi restando esso del tutto integro.
[A cura di Laura Franco, Rizzoli, BUR, 2009, pp.201, 203, 205]