Friedrich Dürrenmatt (1921-1990) IL PENSIONATO

Non solo il 30 novembre, già il 29 il commissario non si era più presentato al suo ufficio sul Ringhof.

In quel giorno vi fu la sentenza di divorzio dalla settima moglie, e dopo l’udienza il presidente del tribunale civile, il dottor Ellenberger, lo pregò di di rimanere, mentre la settima moglie, il suo legale, il legale del commissario, i quattro giudici popolari e il cancelliere si allontanavano.

È vero che il commissario gridò ancora alla moglie «Addio, Lisi. Buona fortuna», ma lei finse di non sentire, e soltanto il suo legale rispose con un breve cenno del capo. Era il vecchio Habegger, già avvocato della prima moglie e poi delle altre sei. Il commissario provava simpatia per lui; l’ormai vecchio avvocato, con i baffi ora radi e non più curati, gli era diventato familiare.

Erano passate da poco le dodici. Ellenberger si alzò in piedi. Era un colosso, alto quasi due metri, pesava oltre 150 chili, calvo, con un pizzetto ben curato e occhi marroni da San Bernardo, il cui candore toglieva alle sentenze un po’ della loro atrocità. Tutti lo chiamavano: il monte del destino.

Il divorzio è proprio un colossale spreco per l’essere umano, disse il commissario con tono rassegnato. «Se penso al numero di giudici popolari che mi sono serviti».

[Edizioni Casagrande, Bellinzona, 2000, pp. 15-16]