Friedrich Reck: Tesi infame nazista

Essere conservatore vuol dire credere alle leggi immutabili della terra, credere che questo mondo tremerà quando un giorno vorrà purificarsi da tutto questo sudiciume. Ed è questo che fa dolere quella orribile ferita che oggi strazia il mio cuore e quello di ogni altro uomo che non identifichi la Germania con la Deutsche Bank o con la società tedesca dell’acciaio. Al fine di abbassare ciò che rimane dell’intelligenza tedesca al livello di questa massa amorfa e docile di bottegai, mi si chiede per «motivi patriottici» di «mettermi al passo», di adorare questo Stato e l’inquilino di camere ammobiliate che è diventato suo tiranno. Si vuole quindi che anch’io mi abbandoni al culto dell’inganno, dell’assassinio e della violazione dei trattati. Si vuole che prorompa nelle stesse grida e gioisca per i nemici vinti che cadono come torce ardenti da aerei in fiamme. Si esige anche – e qui si arriva al culmine – che si dimentichi ogni esperienza acquisita mediante viaggi e rapporti con uomini eminenti di tutto il mondo, e si faccia propri gli slogan ufficiali del Ministero della Propaganda sugli avvenimenti internazionali, le opinioni trasmesse da commessi e maestri di scuola oggi travestiti da diplomatici e corrispondenti dei servizi di stampa. Io, che cerco di portare felicemente a termine la mia ricerca di dialogo con Dio, dovrei far mia quella tesi infame e radicalmente atea secondo cui il diritto sarebbe ciò che è utile alla Germania. Io, che conosco abbastanza bene le leggi dello sviluppo storico e della geopolitica, dovrei abbassarmi al livello della canaglia e della feccia di questo popolo, credendo alla perennità di uno Stato la cui Magna Carta è la violazione dei trattati e la delinquenza, le cui fondamenta consistono nella propaganda.
[Friedrich Reck, Diario di un disperato. Memorie di un aristocratico antinazista, Lit Edizioni, 2015, p.91]