Friedrich Reck: Un processo ordinario del tribunale eccezionale nazista

Tempo fa ho assistito a Monaco a un’udienza del tribunale eccezionale. Si trattava di giudicare un’infrazione alle norme sulla valuta, commessa da un medico di sessantacinque anni, che se la cavò con otto anni di reclusione dopo aver sfiorato la pena capitale. Era una sala scura con acre odore di muffa; sul muro annerito dal fumo era rimasta per trascuratezza una fotografia del vecchio Reggente, che sembrava guardare attraverso la finestra da un altro mondo. L’accusato era un vecchio balordito, pauroso e balbettate. L’accusatrice e principale testimone a carico era un’elegantisima ragazza di un biondo aggressivo – e, detto per inciso, svizzera – che era stata governante del vecchio. Due magistrati erano assistenti del presidente, un individuo dal volto arcigno e carico di risentimento, un bruto, una fetente creatura del partito uscita dalle cloache più profonde della bassa Baviera …
Non si tratta di quell’uomo tristemente celebre, di nome Fuchs, che quache giorno fa mandò alla ghigliottina i fratelli Scholl e che un giorno andremo a cercare negli abissi dell’inferno per farlo comparire davanti al nostro tribunale. È invece un uomo che si chiama Rossdorfer, fino a ieri consulente giuridico e avvocatucolo di Platting.
Ora, questa triste comparsa dà libero sfogo al suo risentimento accumulato da decenni contro coloro «che hanno studiato», e quel povero vecchio dottore denunciato dalla concubina svizzera fa proprio al caso suo. Il dibattmento è serrato: nel sua deposizione la bionda concubina scoppia di sincerità nazionalsocialista, il vecchio balbetta quache parola, ma è ridotto al silenzio da Suo Onore. I due assistenti mi riconoscono, e vergognandosi evitano il mio sguardo, certo alquanto ironico, e per darsi il giusto contegno fanno qualche domanda che si sforza di essere obiettiva. Il vecchio, vedendo la piega che prendono le cose, sembra prendere coraggio e inizia a parlare, ma è subito colpito a morte da un atroce intermezzo …
Il giudice, pieno di saggezza e di equità e che fino a quel momento aveva scarabocchiato con una calligrafia incomprensibile delle carte riguardanti contadini lesti nel tirar fuori il coltello e paesani che frodavano il fisco, si mette improvvisamente a gridare «balle». Getta violenteemnte sul tavolo un mucchio di atti demolendo così il discorso del vecchio. Diventa paonazzo di rabbia e compie un gesto mai usato da nessun giudice prima di lui: si alza dalla sedia, si precipita sul vecchio e urla: «Se continua a raccontare le sue fesserie, le do un ceffone».
In questo modo termina la sfilata dei testimoni, e l’accusato riceve la sua condanna a otto anni di reclusione, cosa che data l’età vuol dire probabilmente morire dietro le sbarre.
[Friedrich Reck, Diario di un disperato. Memorie di un aristocratico antinazista, Lit Edizioni, 2015, pp.151-152]