Friedrich von Spee (1591-1635) CAUTIO CRIMINALIS
Questione V
Se sia legittimo istruire una procedura arbitraria in presenza di delitti eccezionali
La mia opinione è che non sia legittimo.
Infatti, se questi reati sono eccezionali rispetto al diritto positivo, come ho già detto, non lo sono comunque rispetto alla ragione umana e alla legge naturale. Quindi, qualsiasi processo si istruisca contro questi delitti, con procedura sia ordinaria sia straordinaria, si deve necessariamente svolgere in modo tale da non essere in contrasto con la ragione e la morale. Cosa questa di per sé evidente e che non dovrebbe aver bisogno di prove. Infatti, nessuno potrebbe sostenere la liceità di qualcosa che sia contrario alla ragione. Avevo, tuttavia, buoni motivi per porre questa domanda: mi è noto, infatti, che alcuni giudici, nell’istruire processi contro le streghe, si prendono libertà procedurali non lecite, con la generica giustificazione che si tratta di delitti eccezionali. Per cui, se si sono basati su indizi troppo deboli, o sono andati troppo oltre nel servirsi della tortura, o se si sono formati un giudizio con superficialità, o non hanno concesso la difesa e commesso altre leggerezze, in tutti questi casi si nascondono sempre dietro lo stesso alibi: sostengono che si tratta di un crimine eccezionale, e che, quindi, è consentito un margine assai ampio di discrezionalità; comportamento questo, sul quale mi dilungherò successivamente in più occasioni. Eppure, se non si vuole essere profondamente ingiusti, è necessario che tutti i giudici si prefiggano questo principio generale come un assioma inderogabile: che, in ogni delitto ordinario o eccezionale, non è lecito istruire un processo in contrasto con quanto prescrivono la ragione e la morale. Non è assolutamente vero, quindi, che sia lecito, nei delitti eccezionali, prescindere tranquillamente da ogni disposizione prevista dal diritto positivo. Si può derogare da alcune disposizioni, ma non da tutte: è l’unica conclusione che si può trarre dall’analisi di qualsiasi fonte del diritto.
[Traduzione di Mietta Timi, Salerno Editrice S.r.l., Roma, 2004, pp. 47-48]
Questione V
Se sia legittimo istruire una procedura arbitraria in presenza di delitti eccezionali
La mia opinione è che non sia legittimo.
Infatti, se questi reati sono eccezionali rispetto al diritto positivo, come ho già detto, non lo sono comunque rispetto alla ragione umana e alla legge naturale. Quindi, qualsiasi processo si istruisca contro questi delitti, con procedura sia ordinaria sia straordinaria, si deve necessariamente svolgere in modo tale da non essere in contrasto con la ragione e la morale. Cosa questa di per sé evidente e che non dovrebbe aver bisogno di prove. Infatti, nessuno potrebbe sostenere la liceità di qualcosa che sia contrario alla ragione. Avevo, tuttavia, buoni motivi per porre questa domanda: mi è noto, infatti, che alcuni giudici, nell’istruire processi contro le streghe, si prendono libertà procedurali non lecite, con la generica giustificazione che si tratta di delitti eccezionali. Per cui, se si sono basati su indizi troppo deboli, o sono andati troppo oltre nel servirsi della tortura, o se si sono formati un giudizio con superficialità, o non hanno concesso la difesa e commesso altre leggerezze, in tutti questi casi si nascondono sempre dietro lo stesso alibi: sostengono che si tratta di un crimine eccezionale, e che, quindi, è consentito un margine assai ampio di discrezionalità; comportamento questo, sul quale mi dilungherò successivamente in più occasioni. Eppure, se non si vuole essere profondamente ingiusti, è necessario che tutti i giudici si prefiggano questo principio generale come un assioma inderogabile: che, in ogni delitto ordinario o eccezionale, non è lecito istruire un processo in contrasto con quanto prescrivono la ragione e la morale. Non è assolutamente vero, quindi, che sia lecito, nei delitti eccezionali, prescindere tranquillamente da ogni disposizione prevista dal diritto positivo. Si può derogare da alcune disposizioni, ma non da tutte: è l’unica conclusione che si può trarre dall’analisi di qualsiasi fonte del diritto.
[Traduzione di Mietta Timi, Salerno Editrice S.r.l., Roma, 2004, pp. 47-48]