Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) - IL PUGNALE ALATO E ALTRI RACCONTI

La strana reclusione della vecchia signora

Ma infine giunse il momento che sapevo esser quello delle rivelazioni illuminanti, il momento dei brindisi e dei discorsi. Tra un levarsi di canti e d’applausi, Basil Grant si alzò in piedi.

«Signori» disse «è usanza di questa associazione che il presidente entrante apra i brindisi non già con una frase generica d’augurio, ma invitando a turno i membri a rendere un breve resoconto della loro professione. A quell’intervento si brinda e a tutti quelli che seguono. E mio compito, quale membro più anziano, iniziare illustrando l’attività che mi consente l’onore di appartenere a questo club. Anni fa, gentili signori, io ero un giudice e in quell’ufficio cercavo di fare del mio meglio per rendere giustizia e amministrare la legge. Ma a poco a poco cominciai a rendermi conto che nell’esercizio delle mie funzioni io in realtà non rasentavo neppure l’orlo della giustizia. Sedevo sul trono dei potenti, vestivo di porpora e di ermellino, pure se piccolo, modesto e vano era il posto che occupavo. Dovevo seguire la norma tanto quanto un postino e con tutto il mio oro e il mio rosso valevo quanto lui. Giorno dopo giorno sfilavano davanti a me casi la cui ferrea logica di tensioni e passioni io dovevo fingere di mitigare con stupide pene detentive e stupidi risarcimenti di danni, mentre sapevo benissimo alla luce del mio naturale buon senso che sarebbero serviti molto meglio allo scopo un bacio o una frustata, qualche parola di spiegazione o un duello o una vacanza in montagna. Così, a mano a mano che in me cresceva questa convinzione, cresceva anche il senso di una colossale inutilità. Ogni parola che veniva pronunciata in aula, fosse un bisbiglio o una bestemmia, mi pareva avesse più rapporto con la vita di tutte quelle che io ero chiamato a dire. E venne il momento in cui pubblicamente denunciai tutte queste finzioni, fui giudicato pazzo e mi ritirai dalla vita pubblica.»

Qualcosa nell’atmosfera della sala mi diceva che Rupert e io non eravamo i soli ad ascoltare affascinati questa dichiarazione.

«Insomma, scoprii che non potevo essere di alcuna utilità. Mi offrii allora privatamente come giudice puramente morale per risolvere questioni puramente morali. In breve tempo questo tribunale d’onore non ufficiale, sempre mantenuto rigorosamente segreto, ebbe un successo strepitoso in tutta la società. Davanti a me non si intentano processi per quelle inezie di tipo pratico di cui nessuno si preoccupa. No, gli imputati vengono processati per quei reati che veramente rendono impossibile la convivenza. Vengono processati per egoismo e vanità smodata, per maldicenza e tirchieria nei confronti degli amici e dei dipendenti. Naturalmente questo tribunale non ha nessun potere coercitivo. L’adempimento delle pene dipende esclusivamente dall’onore delle signore e dei gentiluomini coinvolti nel caso, compresi i colpevoli. Ma se sapeste con quale precisione i nostri ordini sono sempre stati eseguiti, vi meravigliereste. Solo recentemente ne ho avuto uno splendido esempio. Un’anziana signorina di South Kensington, che avevo condannato alla reclusione in isolamento per aver con le sue calunnie causato la rottura d’un fidanzamento, ha recisamente rifiutato di lasciare la prigione, sebbene alcune persone, animate dalle migliori intenzioni, fossero inopportunamente giunte a salvarla».

[Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 2003, pp. 112-114].

La strana reclusione della vecchia signora

Ma infine giunse il momento che sapevo esser quello delle rivelazioni illuminanti, il momento dei brindisi e dei discorsi. Tra un levarsi di canti e d’applausi, Basil Grant si alzò in piedi.

«Signori» disse «è usanza di questa associazione che il presidente entrante apra i brindisi non già con una frase generica d’augurio, ma invitando a turno i membri a rendere un breve resoconto della loro professione. A quell’intervento si brinda e a tutti quelli che seguono. E mio compito, quale membro più anziano, iniziare illustrando l’attività che mi consente l’onore di appartenere a questo club. Anni fa, gentili signori, io ero un giudice e in quell’ufficio cercavo di fare del mio meglio per rendere giustizia e amministrare la legge. Ma a poco a poco cominciai a rendermi conto che nell’esercizio delle mie funzioni io in realtà non rasentavo neppure l’orlo della giustizia. Sedevo sul trono dei potenti, vestivo di porpora e di ermellino, pure se piccolo, modesto e vano era il posto che occupavo. Dovevo seguire la norma tanto quanto un postino e con tutto il mio oro e il mio rosso valevo quanto lui. Giorno dopo giorno sfilavano davanti a me casi la cui ferrea logica di tensioni e passioni io dovevo fingere di mitigare con stupide pene detentive e stupidi risarcimenti di danni, mentre sapevo benissimo alla luce del mio naturale buon senso che sarebbero serviti molto meglio allo scopo un bacio o una frustata, qualche parola di spiegazione o un duello o una vacanza in montagna. Così, a mano a mano che in me cresceva questa convinzione, cresceva anche il senso di una colossale inutilità. Ogni parola che veniva pronunciata in aula, fosse un bisbiglio o una bestemmia, mi pareva avesse più rapporto con la vita di tutte quelle che io ero chiamato a dire. E venne il momento in cui pubblicamente denunciai tutte queste finzioni, fui giudicato pazzo e mi ritirai dalla vita pubblica.»

Qualcosa nell’atmosfera della sala mi diceva che Rupert e io non eravamo i soli ad ascoltare affascinati questa dichiarazione.

«Insomma, scoprii che non potevo essere di alcuna utilità. Mi offrii allora privatamente come giudice puramente morale per risolvere questioni puramente morali. In breve tempo questo tribunale d’onore non ufficiale, sempre mantenuto rigorosamente segreto, ebbe un successo strepitoso in tutta la società. Davanti a me non si intentano processi per quelle inezie di tipo pratico di cui nessuno si preoccupa. No, gli imputati vengono processati per quei reati che veramente rendono impossibile la convivenza. Vengono processati per egoismo e vanità smodata, per maldicenza e tirchieria nei confronti degli amici e dei dipendenti. Naturalmente questo tribunale non ha nessun potere coercitivo. L’adempimento delle pene dipende esclusivamente dall’onore delle signore e dei gentiluomini coinvolti nel caso, compresi i colpevoli. Ma se sapeste con quale precisione i nostri ordini sono sempre stati eseguiti, vi meravigliereste. Solo recentemente ne ho avuto uno splendido esempio. Un’anziana signorina di South Kensington, che avevo condannato alla reclusione in isolamento per aver con le sue calunnie causato la rottura d’un fidanzamento, ha recisamente rifiutato di lasciare la prigione, sebbene alcune persone, animate dalle migliori intenzioni, fossero inopportunamente giunte a salvarla».

[Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 2003, pp. 112-114].