Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) IL PUGNALE ALATO E ALTRI RACCONTI

La terribile avventura del maggiore Brown

Nonostante sia ormai passato molto tempo, tutti ricordano un episodio terribile e inquietante che avvenne a ***, quando uno dei giudici più acuti e vigorosi d’Inghilterra impazzì improvvisamente in aula. lo mi sono formato, di quella vicenda, una mia interpretazione personale, ma quanto ai fatti, nulla c’è da discutere. Da mesi, anzi forse addirittura da anni, si era notato qualcosa di strano nella condotta del giudice. Sembrava avesse perso l’interesse per la legge, che nella sua funzione di patrocinante della Corona aveva sempre amministrato con impeccabile intelligenza e severità, e si preoccupasse piuttosto di dare consigli personali di carattere morale agli imputati. Si esprimeva più come un sacerdote o un dottore, di quelli che parlan chiaro. Il primo indizio di un mutamento è ravvisabile forse nel giorno in cui, a un uomo che era accusato di aver tentato un omicidio per motivi passionali, disse: «lo ti condanno a tre mesi di reclusione, con la profonda e solenne convinzione, da Dio ispiratami, che quello di cui tu hai bisogno è una vacanza di tre mesi al mare». Dalla sua scranna accusava gli imputati non già delle loro evidenti mancanze contro la legge, ma di cose di cui mai si era sentito parlare in un’aula di giustizia, di egoismo illimitato, mancanza di umorismo, deliberata indulgenza alla morbosità. Il culmine si raggiunse nel famoso caso del diamante, in cui il Primo Ministro in persona dovette presentarsi a testimoniare contro il suo cameriere personale, cosa cui quell’illustre patrizio si sottopose con magnanimità non priva di riluttanza. Quando ogni segreto della casa fu ampiamente esibito, il giudice chiamò di nuovo il Primo Ministro e, come questi si presentò, pieno di serena dignità, lo investì all’improssivo con voce stridula: «Procuratevi un’anima nuova. Quella che avete non va neppure per un cane. Procuratevi un’anima nuova». Tutto questo naturalmente, agli occhi degli spiriti accorti, parve un segno premonitore della triste farsa che si svolse il giorno in cui il senno lo abbandonò definitivamente durante un ’udienza. Si trattava quella volta di una causa per diffamazione intentata da due potenti e noti finanzieri che si accusavano l’un l’altro di gravi appropriazioni indebite. Il caso fu lungo e complesso, a lungo e con gran sfoggio di eloquenza parlarono gli avvocati, ma infine giunse, dopo settimane di lavoro e di retorica, il momento in cui il grande giudice avrebbe tirato le conclusioni e vivissima era l’attesa, ché tutti si aspettavano uno dei suoi celebri capolavori di lucidità e di logica dirompente. Nel corso del lunghissimo dibattito aveva detto poco e ora che si era alla fine appariva stanco e abbacchiato. Per alcuni minuti rimase in silenzio, quindi esplose in un canto stentoreo. Ciò che disse, a quanto si ricava dalle trascrizioni, fu questo:

Oh tralleralléra trallerallà

trallerallà trallerallà

tralleralilleralléra lera

tralleralilleralléra là.

Da allora si ritirò dalla vita pubblica e si chiuse nella soffitta di Lambeth.

[Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 2003, pp. 38-39].

La terribile avventura del maggiore Brown

Nonostante sia ormai passato molto tempo, tutti ricordano un episodio terribile e inquietante che avvenne a ***, quando uno dei giudici più acuti e vigorosi d’Inghilterra impazzì improvvisamente in aula. lo mi sono formato, di quella vicenda, una mia interpretazione personale, ma quanto ai fatti, nulla c’è da discutere. Da mesi, anzi forse addirittura da anni, si era notato qualcosa di strano nella condotta del giudice. Sembrava avesse perso l’interesse per la legge, che nella sua funzione di patrocinante della Corona aveva sempre amministrato con impeccabile intelligenza e severità, e si preoccupasse piuttosto di dare consigli personali di carattere morale agli imputati. Si esprimeva più come un sacerdote o un dottore, di quelli che parlan chiaro. Il primo indizio di un mutamento è ravvisabile forse nel giorno in cui, a un uomo che era accusato di aver tentato un omicidio per motivi passionali, disse: «lo ti condanno a tre mesi di reclusione, con la profonda e solenne convinzione, da Dio ispiratami, che quello di cui tu hai bisogno è una vacanza di tre mesi al mare». Dalla sua scranna accusava gli imputati non già delle loro evidenti mancanze contro la legge, ma di cose di cui mai si era sentito parlare in un’aula di giustizia, di egoismo illimitato, mancanza di umorismo, deliberata indulgenza alla morbosità. Il culmine si raggiunse nel famoso caso del diamante, in cui il Primo Ministro in persona dovette presentarsi a testimoniare contro il suo cameriere personale, cosa cui quell’illustre patrizio si sottopose con magnanimità non priva di riluttanza. Quando ogni segreto della casa fu ampiamente esibito, il giudice chiamò di nuovo il Primo Ministro e, come questi si presentò, pieno di serena dignità, lo investì all’improssivo con voce stridula: «Procuratevi un’anima nuova. Quella che avete non va neppure per un cane. Procuratevi un’anima nuova». Tutto questo naturalmente, agli occhi degli spiriti accorti, parve un segno premonitore della triste farsa che si svolse il giorno in cui il senno lo abbandonò definitivamente durante un ’udienza. Si trattava quella volta di una causa per diffamazione intentata da due potenti e noti finanzieri che si accusavano l’un l’altro di gravi appropriazioni indebite. Il caso fu lungo e complesso, a lungo e con gran sfoggio di eloquenza parlarono gli avvocati, ma infine giunse, dopo settimane di lavoro e di retorica, il momento in cui il grande giudice avrebbe tirato le conclusioni e vivissima era l’attesa, ché tutti si aspettavano uno dei suoi celebri capolavori di lucidità e di logica dirompente. Nel corso del lunghissimo dibattito aveva detto poco e ora che si era alla fine appariva stanco e abbacchiato. Per alcuni minuti rimase in silenzio, quindi esplose in un canto stentoreo. Ciò che disse, a quanto si ricava dalle trascrizioni, fu questo:

Oh tralleralléra trallerallà

trallerallà trallerallà

tralleralilleralléra lera

tralleralilleralléra là.

Da allora si ritirò dalla vita pubblica e si chiuse nella soffitta di Lambeth.

[Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 2003, pp. 38-39].